1. Il ricorso va respinto per l’assorbente infondatezza del primo motivo di doglianza.
La qualificazione urbanistica dell’area di proprietà ricorrente non può definirsi alla stregua di un vincolo preordinato all’esproprio, ma è un vincolo conformativo, con la conseguente applicazione di uno statuto diverso da quello che prevede la durata quinquennale del vincolo espropriativo.
1.1. In via generale si deve premettere quanto segue.
L’attività di pianificazione urbanistica del territorio Comunale è compendiata nel fondamentale strumento generale del P.R.G. con il quale l’amministrazione può incidere sullo ius aedificandi del privato. Il compito principale del P.R.G. è dunque quello di effettuare la ripartizione del territorio comunale in aree omogenee, stabilendo la destinazione urbanistica di ognuna di esse.
Si tratta di uno strumento complesso, all’interno del quale è possibile individuare due principali tipologie di interventi: la zonizzazione e la localizzazione.
La zonizzazione consiste nella suddivisione dell’intero territorio comunale in aree che, in base a determinate caratteristiche, risultano caratterizzate da un’omogeneità di fondo. Essa risponde all’esigenza della corretta gestione del territorio e del suo armonioso sviluppo al fine di organizzare razionalmente della vita della collettività che vive in un determinato territorio. Per ognuna di queste aree il piano regolatore stabilisce le rispettive destinazioni d’uso.
La principale caratteristica della zonizzazione è quella di essere conformativa, atteso che l’attività è idonea a caratterizzare i singoli diritti di proprietà cui afferisce, imponendo loro di conformarsi a sé.
La zonizzazione, di conseguenza, non ha come caratteristica quella di essere finalizzata all’esproprio, limitandosi a comprimere i diritti di proprietà a cui afferisce, senza comportarne l’ablazione.
Per tali ragioni la zonizzazione tendenzialmente è a tempo indeterminato, seguendo il susseguirsi di piani regolatori, potendo anche rimanere confermata nel tempo. I proprietari potranno sempre opporsi alla pianificazione del territorio formulando osservazioni in sede di revisione o variante al P.R.G. (come suggerito dal Comune resistente a parte ricorrente nell’atto impugnato) fino ad impugnare in sede giudiziale entro i termini decadenziali l’eventuale adozione dell’atto generale.
Il vincolo conformativo può essere infatti rimosso solo da un provvedimento amministrativo analogo a quello che l’ha istituito, pertanto, a tal fine, è necessaria l’approvazione di un nuovo P.R.G., oppure di una variante a quello vigente.
La localizzazione, invece, consiste nell’individuazione di specifiche aree del territorio comunale da destinare a sede di una o più opere pubbliche, determinando uno stringente vincolo di inedificabilità assoluta sulla proprietà privata a cui afferisce.
Essa, infatti, impedisce che sul fondo sia realizzata qualsiasi opera da parte del proprietario e non si limita a conformare il singolo diritto di proprietà, ma lo priva della sua stessa ragione d’esistere.
Pertanto, la caratteristica principale della localizzazione è quella di essere espropriativa, il vincolo urbanistico è così stringente in quanto preordinato ad una futura espropriazione e di conseguenza dovrà essere a tempo determinato, nella durata dei cinque anni.
Per poter qualificare correttamente la natura di un vincolo urbanistico la giurisprudenza ha potuto elaborare una serie di criteri.
La Corte di Cassazione, ha più volte enunciato il principio per cui la distinzione tra vincoli conformativi ed espropriativi deve essere operata in relazione alla finalità perseguita in concreto dall’atto di pianificazione (Corte di Cassazione, sent. n. 16084 del 18/6/2018), tenendo conto dei requisiti oggettivi, di natura e struttura, dei vincoli stessi (Corte di Cassazione, sent. n. 2612 del 7/2/2006). Il primo criterio di cui tenere conto è quello dei destinatari del vincolo.
Si è in presenza di zonizzazione, quando l’atto di pianificazione incide su di una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione complessiva dell’area in cui detti beni ricadono.
Si è, invece, in presenza di localizzazione, vincolo dal carattere espropriativo, quando l’atto di pianificazione impone un vincolo su uno o più beni determinati e nei confronti di soggetti ben individuati.
Il secondo criterio di cui tenere conto è quello del contenuto del vincolo.
Si è in presenza di zonizzazione quando, anche a fronte di un vincolo conformativo molto stringente, il proprietario del fondo conserverà un margine di libertà, potendo comunque procedere a realizzare opere edilizie sul proprio fondo secondo le limitazioni previste dal P.R.G..
Il vincolo è conformativo, quindi, quando il suo contenuto, ancorché ben determinato, è tale da non precludere in toto l’iniziativa edificatoria del privato.
Per contro, si è in presenza di localizzazione, quando il vincolo urbanistico comporta un divieto assoluto di edificazione in capo al privato, svuotando di fatto il contenuto del diritto di proprietà, in funzione non della destinazione complessiva dell’area, bensì della realizzazione di una determinata opera pubblica.
Ancora sul tema, la Corte di Cassazione ha ribadito questo orientamento, laddove ha affermato che “ove con l’atto di pianificazione si provveda alla zonizzazione dell’intero territorio comunale, o di una sua parte, sì da incidere su di una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui essi ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo assume carattere conformativo ed influisce sulla determinazione del valore dell’area espropriata, mentre, ove si imponga un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, il vincolo è da ritenersi preordinato all’espropriazione” (Corte di Cassazione, sent. n. 207 del 9/1/2020).
1.2. Ebbene, nel caso di specie il vincolo “S – attrezzature per la istruzione – S3 – scuola elementare” non può che qualificarsi come conformativo della proprietà dei ricorrenti.
Le N.T.A. al P.R.G. in vigore sul territorio comunale, all’art. 27, affermano che “I progetti relativi alle aree dei servizi residenziali dovranno sempre specificare le essenze arboree ed arbustive da impiantare nelle parti scoperte dell’area nonché le tipologie di recinzione da adottare. Nelle zone destinate alle attrezzature per la istruzione obbligatoria (S) l’indice di fabbricabilità fondiaria massima è stabilito in 2,5 mc/mq, con un rapporto di copertura non superiore al 40% ed un indice di piantumazione arborea, inteso come rapporto tra la superficie destinata a verde e la superficie rimasta scoperta da costruzioni, non inferiore al 30%. Nella progettazione degli edifici scolastici e delle relative pertinenze vanno comunque rispettate le norme tecniche specifiche per ciascuna categoria di scuola.”.
Dalla descrizione del vincolo risulta chiaramente che questo è espressione di un’attività di zonizzazione idonea a razionalizzare e rendere fruibile alla collettività il territorio comunale, identificando ex ante l’ubicazione di servizi di interesse generale. Entrambi i criteri individuati dalla Cassazione per distinguere le due tipologie di vincoli appaiono soddisfatti in tal senso. La descrizione dell’utilizzo alla quale è destinata l’area delinea chiaramente la pianificazione all’uso pubblico di una zona latamente intesa e non riguarda la singola proprietà dei ricorrenti. Inoltre, le indicazioni sull’indice di fabbricabilità fondiaria e il rapporto tra costruzioni e area verde chiariscono che i proprietari non sono interdetti dal poter esercitare il proprio ius aedificandi, il quale, al contrario, è conformato da limitazioni che devono essere ricondotte alla natura del suolo e non alla volontà espropriativa dell’Ente pubblico.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato conforta la superiore disamina affermando, nella sentenza Sez. IV, n. 2855, del 4 giugno 2014, che il carattere non edificabile della destinazione ad edilizia scolastica ha l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte, ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in base a criteri generali ed astratti. La destinazione a zone per l’istruzione dell’obbligo, non comporta, quindi, l’imposizione di un vincolo espropriativo, ma solo conformativo, conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico per definire i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale, ponendo limitazioni in funzione dell’interesse pubblico generale.
Tale orientamento sullo specifico vincolo che ci occupa è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV, del 31.8.2018 secondo cui “I vincoli apposti dal Comune in sede di piano regolatore generale ai fini della zonizzazione delle aree hanno natura conformativa e non espropriativa; in particolare, il vincolo di destinazione urbanistica “zona attrezzature di interesse pubblico” impresso ad un’area dal piano regolatore generale non ha natura sostanzialmente espropriativa tale da comportarne la decadenza quinquennale, bensì costituisce un vincolo conformativo con validità a tempo indeterminato e senza obbligo di indennizzo in quanto le attrezzature in questione (nella fattispecie verde di quartiere) sono realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato e non dal solo intervento pubblico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2018, n. 3116; 13 ottobre 2017, n. 4748; 12 aprile 2017, n. 1700).”.
Sempre il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 1142 del 16 febbraio 2022 ha ribadito quanto sopra, soccorrendo la propria argomentazione con quanto deducibile dalle N.T.A. al P.R.G. che, anche in quel caso, “nell’indicare la possibilità di realizzare nell’area attrezzature di pubblico interesse (come biblioteche, musei, parchi giochi) non preclude infatti che le stese possano essere riconducibili ad iniziative imprenditoriali del proprietario, dovendosi solo rispettare la obiettiva vocazione del luogo, contraddistinta dalla presenza di una vicina riserva naturare.”.
Da ultimo, il Collegio si richiama all’ analogo orientamento ribadito, anche recentemente, dal C.G.A.R.S. sul tema della qualificazione dei vincoli urbanistici su aree di interesse pubblico, in particolare sulla destinazione ad attrezzature scolastiche. La sentenza C.G.A.R.S. n. 811 del 24.9.2021 afferma che non “appaiono condivisibili le deduzioni dell’appellante sulla natura espropriativa del vincolo derivante dalla circostanza che, nelle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Mazara, «le zone F1 sono attrezzature ed impianti pubblici e di uso pubblico», poiché tale previsione non esclude la possibilità di realizzare e gestire attrezzature ad uso pubblico (nel caso di specie scolastiche) per iniziativa dei privati”. Inoltre, nel parere n. 112 del 4.6.2025, il C.G.A.R.S. afferma “In ordine al secondo motivo di censura, che attiene alla presunta “natura espropriativa” del vincolo urbanistico avente, come tale, validità temporale quinquennale, si rileva che il suddetto terreno risulta ricompreso, sulla scorta della documentazione in atti, in una zona di previsione ad attrezzatura pubblica “F” (attrezzatura scolastica — scuola media), restando delimitato ad ovest da una zona stralciata “S” (nella variante generale per il centro storico identificata quale zona DRS “attrezzature ricettive alberghiere”); ad est dall’ampia zona “C2” già lottizzata ed edificata dalla società ricorrente; a nord da una zona 4 (verde pubblico attrezzato) e, infine, a sud da una strada pubblica comunale, soggetta a vincolo conformativo.
È pacifico in giurisprudenza che il vincolo conformativo dà luogo ad una suddivisione, totale o parziale, del territorio comunale in zone assoggettate ad una disciplina dello ius aedificandi omogenea (c.d. zonizzazione), incidendo su una generalità di beni potenzialmente appartenenti ad una pluralità indifferenziata di soggetti che vengono accomunati in ragione delle loro caratteristiche intrinseche e del contesto nel quale si inseriscono.
Dalla configurazione giuridica in parola discende che il vincolo conformativo – tramite il quale lo strumento urbanistico imprime ai terreni, esclusivamente, una destinazione urbanistica a finalità pubbliche che richiedono l’adozione di ulteriori provvedimenti amministrativi per la loro realizzazione – conserva validità a tempo indeterminato, a differenza del vincolo espropriativo (cosiddetto “lenticolare”), che è volto invece alla realizzazione di una specifica opera pubblica su una parte precisa del territorio comunale in base alle previsioni dello strumento urbanistico (ex plurimis, Cons.Stato, sez. VI, 28.12.2020, n. 8384 e sez. II, 24.11.2020, nn. 7353 e 7354).”
2. In conclusione si deve rigettare il ricorso sul presupposto che la motivazione del diniego impugnato ha logicamente e coerentemente opposto alla erronea prospettazione ricorrente quanto previsto dallo statuto del vincolo conformativo previsto dal P.R.G. in vigore.
3. Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza tra le parti.
TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 03.09.2025 n. 2013