1. Il Comune di Salerno chiede la riforma della sentenza in epigrafe indicata che ha accolto il ricorso proposto dai signori Giuseppe Brancaccio e Maria Cristina Lazetera avverso l’ordinanza di demolizione n. 41 del 7 giugno 2013, relativa ad alcune opere abusive realizzate sulla terrazza sovrastante l’appartamento di proprietà dei ricorrenti.
2. In particolare, le opere contestate, realizzate sul lastrico solare, consistevano in: a) un manufatto in muratura di circa mq. 1 per l’alloggiamento della caldaia a gas; b) un vano adibito a doccia di circa mq. 2 con paretina di altezza di mq. 2 e pensilina in alluminio e plexiglas; c) una costruzione in muratura costituita da n. 3 locali (veranda- studio, disimpegno e bagno).
3. Il T.a.r. adito accoglieva il ricorso, rilevando che le opere in questione, avendo natura pertinenziale, sono affrancate dall’obbligo di permesso di costruire e sono, pertanto, soggette solo a sanzione pecuniaria.
4. Il Comune di Salerno ha interposto appello, articolando i seguenti motivi di gravame:
I. Error in iudicando et in procedendo: violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 31 D.P.R. n. 380/01 – Difetto di istruttoria – Eccesso di potere sotto forma di travisamento.
II. Error in iudicando et in procedendo: violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 39 C.p.a. – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Eccesso di potere giurisdizionale sussistenza del vizio di ultrapetizione – Erronea ed inconferente motivazione della decisione impugnata – Violazione art. 3 e art 74 C.p.a.
Ripropone, infine, le eccezioni di primo grado non esaminate dal T.a.r.
5. In data 14 ottobre 2022 si sono costituiti in resistenza gli originari ricorrenti che con successiva memoria del 14 luglio 2025 hanno riproposto, ai sensi dell’art. 101 c.p.a, le censure non esaminate dal T.a.r. in quanto assorbite.
6. All’udienza di smaltimento del 17 settembre 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L’appello è fondato.
8. Con il primo motivo di appello il Comune censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha qualificato le opere oggetto di contestazione come mere pertinenze e, in quanto tali, non necessitanti del titolo edilizio.
9. La censura è fondata.
10. Per pacifica giurisprudenza, il concetto di pertinenza urbanistica è più ristretto rispetto a quella civilistico ed è applicabile solo ad opere di modesta entità, che risultino accessorie rispetto ad un’opera principale, e non a quelle che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa (Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2022, n. 6685; sez. II, 20 luglio 2022, n. 6371; sez. VI del 23 maggio 2023 n. 5087 e 02/05/2024, n. 3973).
11. La pertinenza urbanistica è, dunque, configurabile quando vi sia un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, vale a dire un nesso che non consenta altro che la destinazione del bene accessorio ad un uso pertinenziale durevole, sempreché l’opera non comporti alcun maggiore carico urbanistico (Cons. Stato, sez. II, 28/06/2024, n. 5722)
12. E’ stato altresì rilevato che le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, trattandosi di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto, sono soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, non costituendo una pertinenza in senso urbanistico. La veranda integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie (Cons. Stato, sez. VI, 23/07/2024, n. 6627).
13. Nel caso di specie, le opere oggetto di contestazione consistono in locale di 21 mq, costituito da tre locali (una veranda adibita a studio, disimpegno e bagno), e in ulteriori due piccoli manufatti (doccia e locale caldaia), strettamente funzionali al primo.
14. Si tratta di interventi funzionalmente unitari, in quanto volti a trasformare la terrazza in un locale residenziale e vivibile, che hanno determinato un indubbio incremento del carico urbanistico e che, per tali ragioni, non posso essere sottratti al permesso di costruire, come invece ritenuto dal T.a.r.
15. Le opere in questione, di cui gli originari ricorrenti affermano, ma non provano, la realizzazione in epoca coeva all’edificio principale, non sono stati assentiti con l’originaria licenza edilizia del 9 luglio 1963, la quale non fa menzione di opere sul terrazzo di copertura.
16. Per altro verso, trattandosi di opere realizzate in data antecedente al 1967, ma all’interno del centro abitato, erano comunque soggette all’obbligo di rilascio del titolo edilizio, come sancito dall’art. 31 l. n. 1150/1942, sulla base del quale è stata rilasciata anche la licenza edilizia del 1963.
17. Il titolo edilizio non può essere surrogato né dall’atto di compravendita del 29 settembre 2005 né dalle planimetrie catastali. Ciò a prescindere dalla circostanza che siffatti documenti indicano l’esistenza, sulla terrazza, di un piccolo vano bagno e di un ripostiglio e non di un locale costituito da tre vani completamente rifiniti e dotato di impianti idrico ed elettrico.
18. Per altro verso, non può assegnarsi alcuna efficacia sanante alla Scia del 1993, relativa ad alcune opere interne e alla sostituzione di infissi nell’appartamento di proprietà degli appellati poiché con essa l’allora proprietario aveva espressamente dichiarato l’insussistenza di abusi (dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà del 25 novembre 1993 a firma del signor Enrico Carmine Antonio, allegata alla pratica di SCIA).
19. Il primo motivo di appello deve essere accolto, circostanza che determina l’accoglimento dell’appello, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi il cui esame non riveste alcuna utilità per l’appellante.
20. Quanto ai motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal T.a.r. e riproposti dagli appellati con memoria del 14 luglio 2025, se ne deve rilevare l’inammissibilità, in quanto avrebbero dovuto essere proposti a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.
21. Fermo quanto sopra osservato, gli stessi sono comunque infondati nel merito, stante la mancata prova dell’epoca di datazione dell’abuso e della non necessità del titolo edilizio da cui consegue la natura vincolata dell’ordine di demolizione e il difetto di un affidamento suscettibile di tutela in capo al privato, sebbene non autore dell’abuso.
22. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve essere respinto il ricorso di primo grado.
23. Sussistono giustificati motivi, in ragione della peculiarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 24.09.2025 n. 7486