Urbanistica e edilizia – Terzo acquirente di un manufatto abusivo e ordine di demolizione

Urbanistica e edilizia – Terzo acquirente di un manufatto abusivo e ordine di demolizione

6. La tesi sostenuta con il primo motivo di ricorso, secondo la quale l’affidamento incolpevole dell’acquirente in sede esecutiva o fallimentare costituirebbe un limite alla repressione degli abusi edilizi preesistenti, non può essere accolta.

Secondo un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, le sanzioni in materia edilizia sono legittimamente adottate nei confronti del proprietario attuale dell’immobile, a prescindere dal fatto che quest’ultimo non sia il responsabile dell’abuso, stante il carattere permanente dell’illecito e la natura reale dell’obbligo ripristinatorio (Cons. Stato, Sez. II, 12/02/2025, n. 1151; Cons. Stato, Sez. VI, 24/07/2024, n. 6703; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 19/06/2025, n. 1033; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 07/04/2025, n. 1192), che escludono la configurabilità di un legittimo affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo e la mancata precedente attivazione dell’amministrazione non possono peraltro sanare (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 12/02/2025, n. 1184; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 29/12/2023, n. 7358).

Il nuovo acquirente dell’immobile abusivo o del sedime su cui è stato realizzato succede, quindi, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al precedente proprietario e relativi al bene ceduto, compresi dunque gli oneri derivanti dalla sua abusiva trasformazione, quand’anche sia avvenuta prima del passaggio di proprietà e venga accertata solo successivamente ad esso (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23/04/2024, n. 3711; Cons. Stato, Sez. VI, 23/04/2024, n. 3710), ferma restando la possibilità dell’acquirente di buona fede di rivalersi, tramite gli ordinari rimedi civilistici, nei confronti del proprio dante causa (Cons. Stato, Sez. VII, 17/07/2023, n. 6969; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 11/10/2021, n. 6377) e/o del responsabile dell’abuso (cfr. Cons. di Stato, Sez. II, 29/12/2014, n. 3429; T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 11/09/2023, n. 5046).

Tali principi trovano applicazione, ad avviso del Collegio, non solo nel caso in cui l’acquirente incolpevole ed inconsapevole subentri nella titolarità del bene abusivo per effetto di un’ordinaria vendita volontaria da parte del precedente proprietario, ma anche nel caso di una vendita forzata realizzata nell’ambito di procedure esecutive o fallimentari.

La vendita forzata rappresenta una vendita sui generis perché risente, per struttura e funzione, del processo esecutivo, individuale o concorsuale, in cui si realizza, visto che persegue congiuntamente l’interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale) e l’interesse privato (dei creditori concorrenti e dell’aggiudicatario). Ciò giustifica l’esclusione, sul piano normativo (art. 2922 c.c.), della garanzia per vizi della cosa oggetto di vendita forzata, nonché, in via interpretativa, degli altri ordinari strumenti di tutela dell’acquirente, quali la rescissione per lesione ex art. 1448 c.c., l’actio redhibitoria per la risoluzione del contratto, l’actio quanti minoris per la riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c. e l’azione di risarcimento del danno ex art. 1494 c.c. (cfr. Cass. civ., Sez. I, 02/08/2023, n. 23569; Cass. civ., Sez. III, 29/01/2016, n. 1669).

Tuttavia, le predette particolarità della vendita forzata rispetto a quella ordinaria (cui si aggiunge anche l’effetto purgativo di cui all’art. 586 c.p.c. ed all’art. 108, comma 2, L.F., ora sostituito dall’art. 217, comma 2, del D. Lgs. 14/2019 recante il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) rilevano solo sul piano civilistico, ma non si riverberano sul piano pubblicistico, non essendo sufficienti ad inibire l’esercizio dei poteri pubblici di governo del territorio e di repressione dell’abusivismo edilizio, in considerazione del principio generale di autonomia tra l’ordinamento amministrativo e l’ordinamento civile (cfr. C.G.A.R.S., 11/10/2021, n. 843).

È dunque irrilevante, sul piano amministrativo, quale sia il titolo sulla base del quale l’attuale proprietario del bene abusivo sia subentrato nella titolarità dello stesso, rilevando soltanto che egli si trovi, al momento, in un rapporto con la res tale da poter assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 09/06/2023, n. 5657; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 03/06/2025, n. 1906; T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 26/02/2025, n. 317).

Tale conclusione non muta per il fatto che l’aggiudicatario in sede esecutiva possa avere acquistato il bene facendo affidamento, in buona fede, sulla correttezza e veridicità di quanto erroneamente asserito nella perizia di stima del consulente del Tribunale ordinario sulla conformità edilizia dello stesso.

Anche in tale ipotesi, infatti, l’ordinamento riconosce tutela all’aggiudicatario di buona fede attraverso rimedi civilistici, quali la possibilità di agire ai sensi dell’art. 617 c.p.c. per la dichiarazione della nullità del decreto di trasferimento (ritenendo, la giurisprudenza civile, che la vendita forzata di un immobile la cui abusività non sia stata dichiarata nell’avviso di vendita rappresenti un aliud pro alio rispetto al quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa di cui all’art. 2922 c.c.: cfr. Cass. civ., Sez. III, 11/10/2013, n. 23140; Tribunale di Cagliari, Sez. II, 10/04/2025, n. 563), oppure il diritto di agire a titolo di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’esperto nominato dal giudice per i danni arrecati dall’errata valutazione del bene staggito imputabile a sua colpa grave ex art. 64 c.p.c. (cfr. Cass. civ., Sez. III, 06/05/2020, n. 8496; Cass. civ., Sez. III, 18/09/2015, n. 18313).

Peraltro, anche la disciplina pubblicistica tiene in debita considerazione la particolare posizione dell’acquirente in sede di esecuzioni immobiliari, individuali o concorsuali. Difatti, l’art. 46, comma 5, del DPR 380/2001, oltre ad escludere che il relativo atto di acquisto possa essere dichiarato nullo per mancata indicazione degli estremi dei titoli edilizi dell’immobile, consente anche all’aggiudicatario, ove ne ricorrano i presupposti di legge, di richiedere il permesso di costruire in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto di trasferimento.

Pertanto, stante il carattere reale della sanzione demolitoria (espressione della prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino della legalità violata) e considerata la sussistenza di rimedi concessi dall’ordinamento a favore del proprietario non responsabile dell’abuso (anche, come visto, nel caso in cui egli abbia acquistato il bene abusivo in sede esecutiva, individuale o concorsuale), il Collegio non ravvede i dubbi di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1 e 1 bis, e 31, comma 2, del D.P.R. 380/2001 sollevati dalla ricorrente in relazione agli artt. 3, 24, 27, comma 1, e 97, comma 2, Cost., non condividendo, per le ragioni già dette, la tesi di quest’ultima secondo cui le richiamate norme costituzionali imporrebbero che il privato cittadino il quale abbia confidato sulla correttezza delle certificazioni rilasciate dai tribunali (o dalla pubblica amministrazione in genere) debba ottenere una tutela giurisdizionale piena nei confronti dell’esercizio del potere di repressione degli abusi edilizi, con sostanziale prevalenza della propria posizione di affidamento qualificato sull’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistico-edilizia violata.

7. Deve, invece, trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso con cui si contesta l’illegittimità dell’ordinanza nella parte in cui ha disposto il ripristino anche della seconda finestra del primo piano rappresentata nella tavola 4 del progetto assentito con il permesso di costruire n. 11/03 del 19.01.2004.

Nella predetta tavola grafica, infatti, tale seconda finestra non rientra tra le nuove opere progettate o tra quelle da modificare (a mezzo di demolizioni e/o ricostruzioni), ma è semplicemente rappresentata quale stato esistente (doc. 7)

La ricorrente ha tuttavia offerto sufficienti elementi probatori idonei a dimostrare che tale rappresentazione grafica sia il frutto di un presumibile errore materiale del tecnico progettista che ha redatto la tavola, posto che il muro su cui dovrebbe situarsi tale finestra confina, in realtà, con un altro fabbricato costruito in aderenza allo stesso, in una via del centro storico in cui i fabbricati sono stati realizzati uno accanto all’altro secondo una configurazione che risalirebbe quantomeno all’inizio del secolo scorso (in tal senso depongono, infatti, le planimetrie catastali, le foto aeree della zona e le foto della strada pubblica e dei fabbricati confinanti di cui si discute: doc. 11).

Tali elementi non sono stati esaminati e presi adeguatamente in considerazione dall’Amministrazione comunale, di talché l’ordinanza di demolizione finisce per poggiare su un travisamento di fatti o, comunque, per essere viziata da un difetto di istruttoria che ne impongono l’annullamento in parte qua (vale a dire, nella parte in cui la stessa si riferisce alla finestra in questione).

8. In definitiva, il ricorso va parzialmente accolto nei limiti sopra indicati.

9. L’accoglimento solo parziale dell’impugnativa giustifica la compensazione delle spese di lite.

TAR PIEMONTE, II – sentenza 21.08.2025 n. 1291

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live