*Urbanistica e edilizia – Scia, trasformazione di una finestra in un balcone a sbalzo e divieto di prosecuzione dei lavori

*Urbanistica e edilizia – Scia, trasformazione di una finestra in un balcone a sbalzo e divieto di prosecuzione dei lavori

1. Con ricorso n. 802 del 2023, proposto innanzi al T.a.r. Liguria, la signora Giuseppina Fossale aveva chiesto l’annullamento del provvedimento del Comune di Loano, Servizio Urbanistica e Edilizia 25/10/2023 prot. n. 43596, di divieto, ai sensi dell’art. 19 comma 3 L. n. 241/1990, di prosecuzione dell’attività di cui alla SCIA n. 113/2023. Tale provvedimento riguardava la realizzazione, in corrispondenza di una porta finestra già esistente, di un balcone a sbalzo incidente sul decoro architettonico della facciata in difetto dell’atto di assenso condominiale al progetto.

2. A sostegno del ricorso aveva dedotto quanto segue:

i) Violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 1102, 1117, 1120, 1122 c.c.; artt. 1, 2, 3 e 19 L. 241/1990, vizio di motivazione, contraddittorietà manifesta;

ii) Violazione e falsa applicazione dell’art. 103 Cost., degli artt. 1, 2, 3, 19 L. 241/1990, degli artt. 1102, 1120 ss. c.c. – eccesso di potere – divieto di aggravare il procedimento amministrativo – carenza e/o contraddittorietà e/o irragionevolezza della motivazione – nullità e/o annullabilità;

iii) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 ss., 1117 ss., 1120 e 1122 c.c.; artt. 1, 2, 3, 19 L. 241/1990 – carenza di motivazione, travisamento di fatti – nullità e/o annullabilità – sul decoro architettonico.

3. Nella resistenza del Comune di Loano e del Condominio Residenza Eucalipto, il Tribunale adìto (Sezione II) ha così deciso il gravame al suo esame:

– ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnazione del parere preventivo vincolante (tale statuizione non risulta impugnata ed è pertanto passata in giudicato);

– ha respinto il ricorso;

– ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

– “non sono necessarie complesse indagini per concludere che la realizzazione di un balcone in facciata incida su di un bene comune, qual è il decoro architettonico

– “Tra le facoltà di controllo e vigilanza del Comune rientrava dunque certamente anche la veridicità della dichiarazione contenuta nella SCIA … secondo la quale il proprietario attesta di avere la titolarità esclusiva all’esecuzione dell’intervento … o, in caso contrario, di disporre comunque della dichiarazione di assenso dei terzi titolari di altri diritti reali”.

5. Avverso tale pronuncia la signora Fossale ha interposto l’appello in trattazione, notificato e depositato il 23/12/2024, articolando sette motivi di gravame (pagine 7-35) così rubricati:

I) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA GRAVATA PER MANCATO O COMUNQUE CONTRADDITTORIO PRONUNCIAMENTO SUL DEDOTTO VIZIO DI VIOLAZIONE DA PARTE DEL PROVVEDIMENTO DEGLI ARTT. 1, 2, 3 E 19 L. 241/1990 – MOTIVAZIONE SUL PUNTO CARENTE E MANIFESTAMENTE CONTRADDITTORIA VIOLAZIONE ART. 3 D.LGS. 104/2010 – TRAVISAMENTO;

II) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA GRAVATA PER VIOLAZIONE DI LEGGE – ARTT. ARTT. 1102, 1117, 1120, 1122, 1138 C.C.; ARTT. 1, 2, 3 E 19 L. 241/1990 – MOTIVAZIONE SUL PUNTO CARENTE E MANIFESTAMENTE CONTRADDITTORIA; A) La differenza tra modificazioni ex art. 1102 c.c. ed innovazioni ex art. 1120 c.c.; B) Il differente regime giuridico previsto per modificazioni ex art. 1102 e innovazioni ex art. 1120 c.c.; C) I limiti inderogabili e comuni alle opere ex art. 1102 c.c ed alle innovazioni ex art. 1120 c.c.; in particolare, del divieto di alterare il decoro architettonico; D) Il caso di specie;

III) ILLEGITTIMITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER CONTRASTO CON L’ART. 23 E 42 COST. – ECCESSO DI POTERE;

IV) ILLEGITTIMITA’ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE DELL’ART. 7 D.LGS. 104/2010 – ECCESSO DI POTERE – CARENZA DI GIURISDIZIONE;

V) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA GRAVATA PER VIOLAZIONE DI LEGGE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1102, 1120, 1122 C.C. – DEL DIVIETO DI ALTERARE E/O LEDERE IL DECORO ARCHITETTONICO;

VI) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA GRAVATA PER VIOLAZIONE DI LEGGE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 103 COST., DEGLI ARTT. 1, 2, 3, 19 L. 241/1990, DEGLI ARTT. 1102, 1120 SS. C.C. – ECCESSO DI POTERE – DIVIETO DI AGGRAVARE IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – CARENZA E/O CONTRADDITTORIETÀ E/O IRRAGIONEVOLEZZA DELLA MOTIVAZIONE. Della legittimazione al rilascio del titolo edilizio;

VII) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1102 SS., 1117 SS., 1120 E 1122 C.C.; ARTT. 1, 2, 3, 19 L. 241/1990 – CARENZA DI MOTIVAZIONE, TRAVISAMENTO DI FATTI – SUL DECORO ARCHITETTONICO.

5.1. Deduce l’appellante, detto in sintesi, che: – il T.a.r. non avrebbe considerato il previo parere favorevole rilasciato dal Condominio; – vi sarebbe una differenza oggettiva rispetto alle innovazioni ex art. 1120 c.c., risultando così l’intervento ascrivibile nel perimetro applicativo dell’art. 1102 c.c.; – per la sua realizzazione non sarebbe richiesta alcuna autorizzazione assembleare; – se è vero che il divieto di alterare il decoro architettonico è norma inderogabile tale limite, se non può essere superato dal regolamento condominiale, nemmeno lo può essere ad opera di una delibera assembleare; – avrebbe errato il T.a.r. anche nel ritenere che la p.a. ben possa richiedere la previa delibera autorizzativa condominiale anche al fine di prevenire il contenzioso; – per la trasformazione di una finestra in balcone non sarebbe necessaria alcuna autorizzazione condominiale; – nessuna norma di legge prevederebbe che il condomino debba ottenere il consenso degli altri condomini per usufruire della cosa comune; – il T.a.r. non avrebbe giurisdizione su questione che attiene alla eventuale sussistenza di una lesione del decoro architettonico condominiale; – non si può ritenere, come ha fatto il T.a.r., che “qualsiasi mera modifica materiale è vietata”; – la sentenza gravata sarebbe erronea nella parte in cui ha affermato che, nel caso di specie, il Comune di Loano avesse titolo per valutare l’incidenza sul decoro architettonico dell’opera de qua; – il Comune avrebbe esorbitato dalle proprie attribuzioni; – la legittimazione del condomino al rilascio del titolo edilizio sarebbe assolutamente indipendente dall’esistenza, o meno, di una previa approvazione assembleare; – non avrebbe considerato il T.a.r. il difetto di simmetria tale da minare ab origine l’uniformità estetica del fabbricato e non sarebbe corrispondente al vero che il realizzando balcone sia visibile dalla pubblica via.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati.

7. In data 10 gennaio 2025 il Comune di Loano si è costituito in giudizio al fine di chiedere il rigetto dell’avverso gravame.

8. In data 14 gennaio 2025 parte appellata ha depositato memoria insistendo per il rigetto del gravame. In particolare ha evidenziato che non vi sarebbe alcun pronunciamento assembleare a favore dell’intervento de quo e ciò che rileva è la mancanza di autorizzazione condominiale rispetto ad un intervento senz’altro incidente sul decoro del fabbricato; valorizza un recente pronunciamento di questa Sezione (n. 8663 del 30 ottobre 2024)

9. In data 7 febbraio 2025 il Condominio Residenza Eucalipto si è costituito in giudizio al fine di chiedere il rigetto dell’avverso gravame.

10. In data 28 maggio 2025 il Condominio appellato ha depositato memoria al fine di insistere per il rigetto del gravame.

11. In data 9 giugno 2025 il Condominio ha depositato ulteriore memoria al fine di insistere per il rigetto dell’avverso gravame.

12. La causa, chiamata per la discussione all’udienza del 15 luglio 2025, è stata trattenuta in decisione.

13. L’appello, per le ragioni di seguito rappresentate, è da reputare infondato.

14. Infondato è il primo motivo (pagine 7-8 del gravame), col quale si lamenta che il T.a.r. sarebbe incorso in errore nel non aver preso in considerazione il rilascio del parere favorevole da parte del Condominio. Invero, come evidenziato da parte appellante, nella seduta dell’Assemblea condominiale svoltasi in data 2 gennaio 2017 (v. doc. n. 4 di parte ricorrente), non è stato rilasciato alcun consenso alla realizzazione dell’intervento.

Nemmeno vi è contraddittorietà con il parere preventivo del Comune essendosi espresso nel senso “che la modifica della cosa comune dovrà avvenire previo parere dell’assemblea condominiale in quanto la modifica prospettica si configura quale innovazione che incide sul decoro architettonico delle facciate e normato dagli articoli 1120 e seguenti del Codice civile.”.

15. Viene, quindi, in considerazione il secondo articolato motivo di gravame (pagine 8-18), col quale si contesta quanto opinato dal T.a.r. ai fini della individuazione della normativa di riferimento, laddove prende atto della << operatività del successivo art. 1120 cod. civ., applicandosi anche alle

modificazioni di cui all’art. 1102 cod. civ., da attuarsi dal singolo condomino, per identità di ratio, il divieto di “alterare” il decoro architettonico di cui all’art. 1120 cod. civ. >>.

La questione sollevata in tale contesto argomentativo, avente rilievo centrale nell’economia del gravame, impone di stabilire se l’intervento de quo rientri nell’ambito dell’art. 1102 c.c. o anche dell’art. 1120 c.c. (“I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni così da rendersi necessario il consenso del condominio”).

Parte appellante, nel contestare quanto sul punto opinato dal giudice di prime cure, deduce che sarebbe l’intervento riconducibile all’alveo applicativo dell’art. 1102 c.c., non rendendosi così necessaria alcuna autorizzazione condominiale, tanto più che, in base all’ultimo comma dell’art. 1120, sarebbero comunque vietate “le opere lesive del decoro dello edificio condominiale”.

Al fine di accedere alla disamina di tale censura, avente rilievo centrale nell’economia del gravame, occorre prendere atto della effettiva consistenza dell’intervento in progetto, che, come evidenziato da parte appellata nella sua memoria, è costituito dalla trasformazione di “una preesistente propria finestra collocata sulla facciata principale del Condominio in un balcone a sbalzo – con conseguente intuitiva incidente modifica della stessa, essendo questa caratterizzata dalla presenza di soli balconi incassati”.

Dovendosi prendere atto delle precise caratteristiche dell’intervento, tale da obiettivamente incidere sull’impronta estetica del fabbricato, trova applicazione il principio sancito da questo Consiglio di Stato (sez. IV, n. 7277 del 25 luglio 2023), secondo cui “Alle “modificazioni” consentite al singolo si applica altresì il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2020, n. 25790; cfr. anche Cass. civ., sez. II, 18 luglio 2022, n. 22541)”.

Sul tema altresì si registra, come segnalato da parte appellata, un preciso e recente pronunciamento di questa Sezione, che così si esprime:

E’ da ritenere purtuttavia infondata la censura inerente all’assenza della necessità del consenso di condominio, nella fattispecie del Sig. Tonini, per l’apertura delle finestre sulla facciata dell’edificio, che secondo l’appellante non sarebbe necessaria ai sensi dell’art. 1102 del codice civile, nell’assunto che esso riconosce il diritto di ciascun proprietario della cosa comune, come viene ritenuta la facciata, di farne uso, anche per un fine esclusivamente proprio, e di realizzare interventi sulla cosa comune (per il miglior godimento della proprietà esclusiva), purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta il pari uso degli altri condomini.

Secondo l’appellante, poiché l’apertura di finestre sul muro comune di facciata non incide sulla destinazione del muro stesso e non impedisce, essendo le finestre aperte in corrispondenza della proprietà privata, il pari uso da parte degli altri condomini l’appellante aveva pieno “titolo” a presentare la SCIA, senza provvedersi di alcuna autorizzazione al riguardo, nella specie non richiesta.

Nella giurisprudenza civile si registra, infatti, un orientamento in base al quale l’utilizzazione, da parte del singolo condomino, del muro perimetrale dell’edificio per le sue particolari esigenze, è legittima purché non alteri la natura e la destinazione del bene, non impedisca agli altri di farne un uso analogo e non arrechi danno alle proprietà individuali di altri condomini, atteso che il condomino di un edificio può apportare al muro perimetrale comune, senza il bisogno del consenso degli altri condomini, tutte le modifiche che consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva, purché non impedisca agli altri condomini di farne un uso analogo.

Ciò nel rispetto dei limiti dell’art. 1120 c.c. che vieta le innovazioni che alterano il decoro architettonico, e per innovazione in senso tecnico giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modifica della cosa comune, ma solo quelle modificazioni che ne alterino l’entità sostanziale o ne mutino la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutata la consistenza e la destinazione, non possono definirsi innovazione nel senso suddetto (Corte cass., Sez. II, 5 novembre 2002 n. 15460).

La giurisprudenza amministrativa ha, tuttavia, rilevato come occorra il consenso del condominio quando uno dei condomini intenda realizzare (o sanare), come nel caso di specie, opere che modifichino la facciata dell’edificio (Cons. Stato Sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6529; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 16 novembre 2020, n. 5253).

Questo principio ha una portata generale e si applica anche quando l’interessato ritenga che le innovazioni sulle parti comuni non avrebbero alcuna rilevanza estetica, non essendo rimesso allo stesso considerare irrilevanti le innovazioni sotto il profilo estetico, qualora sia verificata la loro incidenza sostanziale sulla facciata dell’edificio condominiale.

Il “decoro architettonico” delle facciate costituisce, infatti, bene comune dell’edificio e pertanto ogni lavoro che su di esso sensibilmente incide, necessita dell’assenso dell’assemblea dei condomini, a prescindere dal giudizio sul risultato estetico dei lavori progettati (Cons. Stato, Sez. IV, 26 giugno 2012, n. 3772; Cass. II, 30 agosto 2004, n. 17398)” (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 8663 del 30 ottobre 2024).

Deve concludersi sul punto controverso che l’intervento in progetto, già solo per la sua indubbia attitudine ad incidere sull’impronta estetica del fabbricato, rientra nel perimetro applicativo dell’art. 1120 c.c.

Nemmeno coglie nel segno quanto dedotto da parte appellante nel senso che, ad opinare nel senso auspicato dall’Amministrazione, l’intervento sarebbe comunque interdetto dalla menzionata disciplina a prescindere all’eventuale consenso del condominio, trattando di un rilievo non sorretto dal necessario profilo d’interesse. Ad opinare in tal senso sarebbe preclusa, infatti, la realizzazione dell’intervento anche in caso di consenso condominiale.

Priva di refluenza sull’esito del giudizio è altresì ogni considerazione di parte appellante intesa a minare il quadro argomentativo che connota la sentenza impugnata, risultando comunque suffragato dal richiamato quadro normativo.

16. Infondati sono anche gli ulteriori motivi di gravame sub 3-7 (pagine 18-35), in quanto:

– infondato è il terzo motivo, atteso che non ricorre ad imis il prospettato vizio di costituzionalità (in relazione agli artt. 23 e 42 Cost.), atteso che, contrariamente all’assunto di parte appellante, la normativa di settore specificamente contempla la necessità del consenso del condominio per l’effettuazione di interventi in grado di alterare l’impronta estetica del fabbricato;

– infondato è anche il quarto motivo, atteso che nemmeno ricorre la dedotta violazione dei confini relativi alla giurisdizione del giudice amministrativo, proprio in considerazione del valorizzato tenore della disciplina di settore secondo l’interpretazione alla quale è dato accedere secondo i richiamati precedenti giurisprudenziali, con conseguente emersione di una precisa potestà autorizzativa suffragata dall’acquisizione del consenso condominiale;

– l’infondatezza del quinto motivo si deve a quanto sopra evidenziato circa la necessità del consenso condominiale ai fini della realizzazione dell’intervento de quo, e ciò in base alle sue stessa caratteristiche in grado di incidere significativamente sull’impatto estetico del fabbricato (tanto più che si tratterebbe della realizzazione di un balcone su una facciata prospettica che presenta solo finestre);

– infondato è anche il sesto motivo, in quanto la necessità del previo consenso condominiale va verificata in base alla disciplina di settore, con conseguente irrilevanza del comportamento, ambiguo o meno, assunto dall’amministrazione comunale e dai condomini, comportamento comunque mai consolidatosi nel rilascio della necessaria autorizzazione; per le medesime ragioni non può ritenersi che il Comune abbia esorbitato dalla sfera della sua competenza; l’infondatezza poi delle considerazioni afferenti all’alveo applicativo dell’invocato art. 1102 c.c. si deve a quanto sopra evidenziato in relazione al motivo sub 2);

– è da considerare infondato, infine, il settimo motivo di gravame, col quale si ripropone il terzo motivo del ricorso di primo grado non esaminato, atteso che l’appellante, evidenziando alcuni profili fattuali – quali la “carenza di simmetria” nella collocazione delle finestre, la non visibilità del balcone dalla pubblica via e la genericità delle contestazioni del Condominio nemmeno suffragate dalla necessaria documentazione – formula considerazioni che attengono a valutazioni di merito, come tali prive di refluenza sull’esito del presente giudizio, necessariamente basato su profili di carattere tecnico-giuridico.

17. Tanto premesso, l’appello deve essere respinto.

18. Le spese del presente grado di giudizio, secondo il canone della soccombenza, sono da porre a carico di parte appellante nella misura stabilita in dispositivo.

CONSIGLIO DI STATO, II – sentenza 06.08.2025 n. 6951 

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