Urbanistica e edilizia – Scelte urbanistiche operate dalla P.A. e sindacato del G.A

Urbanistica e edilizia – Scelte urbanistiche operate dalla P.A. e sindacato del G.A

1. La ricorrente è proprietaria dell’area sita nel Comune di Cologno Monzese, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, e identificata al Catasto Terreni con il Fg. 22, mapp. 200 e 201, avente una superficie di circa 5.460 mq.

Il PGT approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 1 del 24 gennaio 2013 classificava l’area come “Ambito di Completamento soggetto a Piano Attuativo”, disciplinato nel dettaglio dalla Scheda “A.C. 22” di cui all’Allegato A del Piano delle Regole del PGT, con destinazione d’uso principale “residenza”, con previsione della cessione di aree per servizi nella misura di almeno 1.250 mq., cessione al Comune di una quota pari a 250 mq di SLP da riservare ad attività collettive nonché della realizzazione di “social housing” per 670 mq oltre ad un ulteriore intervento di housing sociale di competenza comunale.

Premessa la mancata adozione del Piano attuativo nonostante l’invio al Comune della nota prot. n. 20411 del 6 luglio 2017, con il presente di mezzo di tutela, la parte ricorrente insorge avverso la successiva variante generale al PGT, indicata in epigrafe, nella parte in cui ha riclassificato l’area di proprietà della ricorrente come Ambito di Compensazione Ambientale, nonostante le contrarie osservazioni proposte in sede procedimentale volte ad otteneae lo stralcio dell’Area dal Piano dei Servizi, il mantenimento della medesima disciplina urbanistica prevista dal PGT del 2013 e la previsione di un indice di edificabilità territoriale pari a 0,65 mq/mq, equivalente a quello previsto per gli altri Ambiti di Completamento individuati dal PGT del 2013.

Ne deduce l’illegittimità a mezzo di cinque motivi di ricorso.

Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza del gravame, invocandone la reiezione.

Previo deposito di ulteriori memorie e repliche, la causa viene ritenuta per la decisone all’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 29 maggio 2025.

2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

2.1. Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti e l’erroneità e insufficienza della motivazione.

Premesso che le possibilità di sviluppo dell’area ai sensi del previgente PGT sarebbero assistite da specifiche aspettative in quanto il Piano attuativo non sarebbe stato approvato solo a causa dell’ingiustificato atteggiamento inerte del Comune, deduce l’insufficienza della motivazione che, invece, stante il legittimo affidamento ingenerato, avrebbe dovuto specificare la scelta di classificare l’area come servizio.

Ai sensi dell’art. 20 delle NTA, infatti, gli Ambiti di Compensazione Ambientale sono:

– destinati al potenziamento dei servizi, del verde urbano e territoriale, al recupero ambientale e gravati da vincoli di inedificabilità o localizzati in aree con scarsa accessibilità;

– attuati per mezzo del principio di cessione compensativa, riconoscendo, a tale titolo, un corrispettivo in forma di diritti edificatori proporzionali alla superficie dell’area ceduta, in misura di 0,10 mq di SL ogni 1 mq di ST.

Soggiunge parte ricorrente che, peraltro, diversamente da quanto indicato in sede di controdeduzioni dal Comune, l’area non sarebbe già stata destinata a servizi dal previgente PGT del 2013 in quanto quest’ultimo consentiva l’insediamento della funzione residenziale per 4.000,00 mq di slp, di cui solamente 670,00 mq da destinare a edilizia residenziale sociale; siffatta circostanza integrerebbe gli estremi dell’eccesso di potere anche per travisamento di fatto.

Il motivo non è condivisibile.

In primis, rammenta il Collegio che le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale rappresentano scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare.

Le decisioni urbanistiche necessitano di motivazione rafforzata solo in presenza di un affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi amministrativi siglati con il Comune o, ancora, laddove si sia in presenza di aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione, o ancora nel caso in cui sia classificata come agricola un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (ex multis, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 2 aprile 2024, n. 3024).

Nel caso di specie non ricorre alcuno dei presupposti idonei a fondare un affidamento qualificato in quanto non è mai stato approvato il Piano Attuativo.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, peraltro, il piano attuativo non è mai neanche stato formalmente proposto da Immobiliare Sennes al Comune.

La comunicazione prot. n. 20411 del 6 luglio 2017 inviata dalla ricorrente, infatti, non può considerarsi una formale proposta in quanto carente di tutta la documentazione necessaria, ai sensi delle disposizioni di cui all’allegato A delle disposizioni di attuazione del Piano delle Regole allora vigente, come puntualmente rappresentato dal Comune con la nota di riscontro prot. n. 42484 del 25 settembre 2017.

Tanto chiarito in punto di non necessarietà di motivazione rafforzata, rileva il Collegio che non sussiste alcun travisamento di fatto idoneo a inficiare la scelta del Comune, volta a non mantenere la capacità edificatoria della previgente disciplina di PGT del 2013 e a eliminare la destinazione residenziale.

In sede di controdeduzioni alle osservazioni proposte in via procedimentale, il Comune, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non si è limitato a respingerle in quanto il compendio era destinato a servizi anche nel Piano Regolatore previgente.

Si legge testualmente nelle controdeduzioni che “l’area ricade all’interno di un compendio, dalle dimensioni significative, destinato a servizi sia esistenti che di previsione. Si sottolinea, inoltre, che il compendio era destinato a servizi nel Piano Regolatore previgente, poi divenuto Ambito di completamento non attuato nel PGT vigente. Non ultimo, si evidenzia che sulle aree libere confermate a servizi sono previsti investimenti come da Deliberazione di Giunta, da Programma Triennale dei Lavori (2019 – 2021 ed è già stato sviluppato il progetto definitivo, redatto dall’Amministrazione comunale, di potenziamento della sosta e della mobilità lenta. L’AdC 06 risulta essere un’area di completamento naturale di un nucleo a servizi importante, anche di natura sovralocale, contribuendo altresì alla realizzazione delle Rete ecologica comunale”.

Fermo restando che il Comune non ha un obbligo di risposta specifica alle osservazioni presentate dai privati nel corso del procedimento di approvazione dello strumento urbanistico generale, perché queste non costituiscono un rimedio giuridico, ma un apporto collaborativo, rileva il Collegio che

nei documenti di piano l’Amministrazione ha dato puntuale conto degli obiettivi e delle ragioni delle scelte compiute; nel caso di specie, dedicare l’area di via Carlo Alberto Dalla Chiesa ai servizi, in particolar modo per la mobilità, risulta non solo coerente con la previgente destinazione del sito, ma anche con i macro obiettivi prefissati dall’Ente, che nelle sue motivazioni espressamente parla di “ricucitura e ricomposizione urbana che consideri la città esistente nel suo insieme come un tessuto prezioso ma in cattive condizioni, e pertanto oggetto di ricostruzione e valorizzazione. Un progetto che mira ad armonizzare la complessità e l’eterogeneità della città esistente” e della necessità di “fare rete” a livello territoriale, in prima istanza per il suo alto livello di accessibilità infrastrutturale sia viabilistico (due ingressi della tangenziale est) che del trasporto pubblico (tre fermate della MM2 […] attraverso un approccio rigoroso e “sobrio” che punti a “rammendare” le diverse parti di città evitando consumo di suolo e mirando a uno sviluppo equilibrato e sostenibile”.

In definitiva, il Collegio concorda con quanto osservato dalla Difesa del Comune allorquando afferma che la scelta dell’Amministrazione di destinare a servizi un’area già in parte interessata

dalla mobilità comunale risulta logica e ragionevole.

Il primo motivo, in conclusione, è infondato e va respinto.

2.2 Con il secondo motivo, la ricorrente deduce che il provvedimento impugnato sarebbe viziato non solo dal su evidenziato errore di fatto, ma anche da abnorme illogicità, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta: soltanto all’area di sua proprietà sarebbe stata impressa la destinazione di Ambito di Compensazione Ambientale, laddove, invece, per altre aree aventi caratteristiche analoghe sarebbe stata mantenuta la destinazione ad Ambiti di Completamento, con capacità volumetrica inalterata e, in alcuni casi, finanche incrementata.

La censura va respinta in quanto la parte ricorrente non offre alcun principio di prova circa l’asserita analogia della propria area con quelle destinate ad Ambito di Compensazione Ambientale.

2.3 Con il terzo motivo, la parte ricorrente lamenta il difetto di motivazione circa la scelta di destinare aree a servizi nella soglia di 50 mq/ab. (art. 8 delle N.T.A. del Piano dei Servizi) ovvero in misura superiore al minimo previsto di 18 mq/ab di cui all’art. 3 del D.M. 1444/1968 e all’art. 9, comma 3, della L.R. 12/2005.

La censura non è condivisibile.

In primis, occorre chiarire che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la soglia di dotazione di attrezzature pubbliche di 50 mq/ab non si riferisce all’intero territorio comunale, bensì solo agli ambiti da destinare ai servizi, mentre la media generale sull’intero territorio viene stimata nella più contenuta misura di 36 mq/ab. (cfr. pag. 37 del Piano delle Regole e Servizi).

La Relazione al Piano dà piena contezza delle ragioni della scelta effettuata: “La dotazione di aree per servizi pubblici e di interesse generale richiesta nel PGT per la destinazione d’uso residenziale è pari a 36 mq/ab, superiore a quella esistente e coerente con la dotazione attuale di servizi esistenti. Rispetto alla nuova programmazione, la dotazione derivante dagli Ambiti di Trasformazione è di ca. 34.900 mq, che arrivano a 51.000 mq attraverso l’utilizzo dell’incremento volumetrico. Nel suo insieme il PGT prevede una dotazione di servizi di interesse generale pari a ca. 160.000 mq, quantità che complessivamente porta la dotazione di servizi a 38 mq/ab. Oltre a queste quote sono introdotte delle aree acquisibili a mezzo compensazione (AdC), finalizzate al potenziamento dei servizi qualitativi previsti, legati al meccanismo di incremento volumetrico pari a poco più di 180.000 mq. Andando a considerare anche la popolazione gravitante (n. addetti) per il dimensionamento, si aggiungono ai 21.411 addetti (fonte ASIA) al 2016 altri 437 addetti da DP e 2.737 addetti da PR. L’incremento complessivo massimo pari a circa il 17% circa. La dotazione complessiva rimane sempre a valori alti, pari a 28 mq/(ab.+ad) considerando sia gli abitanti che gli addetti insediabili”.

Il motivo, pertanto, va respinto.

2.4 Parimenti infondato è il quarto motivo con cui la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 13 della L.R. n. 12/2005, che stabilisce il termine di 90 giorni dalla presentazione delle osservazioni per la decisione sulle stesse e per l’approvazione definitiva del PGT. Poiché in tesi tale termine non è stato rispettato dal Comune di Cologno, ne conseguirebbe l’illegittimità dei provvedimenti assunti.

Questo Tribunale ha già chiarito che “…della disposizione di legge regionale debba farsi necessariamente un’interpretazione costituzionalmente orientata, volta a garantire l’osservanza dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e buon andamento della pubblica amministrazione […] Pertanto, tra le possibili interpretazioni, consentite dal tenore letterale della previsione normativa, deve privilegiarsi quella, sopra illustrata, che attribuisce al termine per l’approvazione finale del piano natura ordinatoria, ponendo la sanzione dell’inefficacia in correlazione con la mancata valutazione delle osservazioni pervenute” (cfr. T.A.R. Lombardia, sez. II, 24 aprile 2015, n. 1032; in termini T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 19 novembre 2014, n. 2765; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 11 gennaio 2013, n. 86; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 dicembre 2010, n. 7614).

Il motivo, pertanto, va respinto.

2.5 Con l’ultimo motivo, la parte ricorrente censura l’art. 20 delle NTA del Piano dei Servizi, ai sensi del quale “l’attuazione degli Ambiti soggetti a compensazione [AdC], avviene per mezzo del principio di cessione compensativa. La Cessione compensativa non prevede l’attribuzione di alcuna edificabilità propria all’area che sarà oggetto di cessione, ma unicamente la corresponsione di un corrispettivo, in forma di diritti edificatori. A queste aree viene riconosciuto, a titolo di compensazione, un corrispettivo in forma di diritti edificatori proporzionali alla superficie dell’area ceduta, in misura di 0,10 mq di SL ogni 1 mq di ST, secondo il principio di cessione compensativa”.

Assume, in buona sostanza, che i diritti edificatori attribuiti all’area siano troppo penalizzanti in quanto limitati a 0,10 mq/mq e quindi non idonei a garantire il ristoro del vincolo espropriativo, allorquando, invece, dovrebbe essere previsto un indice pari a 0,75mq/mq come per le Aree del Tessuto delle Attività Economiche.

La censura è ictu oculi infondata in quanto l’area per cui è causa non fa parte del Tessuto delle Attività Economiche, mentre è invece parte di un Ambito di compensazione destinato a servizi, a cui in quanto tale corrisponde un indice di edificabilità di 0,10 mq/mq.

Tale valore discende direttamente dalla classificazione dell’area né la parte ricorrente esplicita le ragioni per cui tale indice dovrebbe ritenersi incongruo, limitandosi a pretendere lo stesso indice previsto per le diverse Aree del Tessuto delle Attività Economiche.

3. Il ricorso, in conclusione, è infondato e va respinto.

4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite in ragione della risalenza della controversia.

TAR LOMBARDIA – MILANO, II – sentenza 02.09.2025 n. 2874

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