1. La società ricorrente, che opera nel settore dell’edilizia, agisce per l’annullamento del provvedimento di quantificazione del contributo di costruzione adottato dal Comune di Civitanova Marche con nota prot. n. 0067750-17/10/2022 del 17.10.2022, in relazione al rilascio del permesso di costruire n. 86/PC del 8.11.2022, del relativo schema di quantificazione di detto contributo e di tutti gli atti comunque preliminari, presupposti, connessi e conseguenti; chiede, altresì, l’accertamento del proprio diritto alla restituzione della somma di € 21.320,81 versata a titolo di contributo di costruzione, asserendone la non debenza.
Più in dettaglio, la ricorrente afferma che, per il titolo edilizio rilasciato dal Comune di Civitanova Marche e richiesto per “Ristrutturazione edilizia con demolizione, ricostruzione e ampliamento di un edificio di civile abitazione sito in Via Papa Giovanni XXIII n.108, con innovazioni per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico dell’edificio preesistente” (cfr., relazione tecnica a corredo dell’istanza di rilascio del titolo, sub documento n. 8 depositato dall’Amministrazione e documento n. 11 allegato al ricorso), il Comune non avrebbe dovuto quantificare gli oneri concessori applicando tariffa e coefficienti previsti per le nuove costruzioni, nella misura quindi di complessivi € 85.783,23 (somma richiesta alla società e da essa versata), ma avrebbe dovuto determinarli facendo riferimento alle tariffe previste per la ristrutturazione edilizia, essendo a tale seconda categoria di intervento riconducibile quello assentito dal Comune con il permesso di costruire n. 86/PC del 8.11.2022. In altri termini, applicando i coefficienti, le tariffe e le riduzioni previste per le ristrutturazioni, la società avrebbe dovuto versare il minor importo di € 64.462,30; di qui la sua richiesta di accertamento del proprio diritto a tale minore versamento e di condanna del Comune alla restituzione della differenza, ossia della somma di € 21.320,81, a suo dire indebitamente corrisposta, maggiorata di interessi, rivalutazione e maggior danno.
A sostegno del gravame deduce, premessa la propria legittimazione ad agire e la tempestività dell’azione (avendo la posizione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela la consistenza di un diritto soggettivo, come tale suscettibile di prescrizione nell’ordinario termine decennale), violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 1, lett. d) e 17, comma 4 bis, del DPR n. 380/2001, delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 82 e n. 84 del 19 dicembre 2015 e delle norme e dei principi in materia di quantificazione degli oneri concessori, dal momento che l’intervento assentito rientrerebbe nella tipologia della ristrutturazione edilizia e non della nuova costruzione, sia in ragione della definizione dello stesso contenuta nel permesso di costruire, sia in ragione della descrizione riportata nella relazione tecnica, e ai relativi parametri il Comune avrebbe dovuto fare riferimento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Civitanova Marche, resistendo al gravame e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 12 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso non è fondato e va respinto.
Il Collegio condivide la prospettazione dell’Amministrazione resistente, secondo cui l’intervento edilizio in questione, consistente nella trasformazione, mediante demolizione, ricostruzione e ampliamento di un edificio destinato a civile abitazione, originariamente costituito da un’unica unità abitativa, composta da piano interrato, piano terra, piano primo e soffitta, collegati con una scala interna e una esterna di accesso al piano primo e con copertura a padiglione, rientri nella tipologia della ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante di cui agli artt. 3, comma 1, lett. d), e 10, comma 1, lett. c), del DPR n. 380/2001, comportante la realizzazione di un organismo edilizio diverso, anche parzialmente, dal precedente e la modifica della volumetria complessiva, in quanto tale assoggettato al regime edilizio proprio delle nuove costruzioni. Come infatti si legge nella relazione tecnica innanzi menzionata, la costruzione realizzata in virtù del permesso rilasciato consiste in “un piano interrato adibito a garage, collegato ai piani superiori da un corpo scala con ascensore, accessibile da Via Papa Giovanni XXIII; al piano terra e primo verranno realizzati quattro appartamenti e al piano secondo tre appartamenti. Al piano lastrico solare verrà realizzato un terrazzo esclusivo fruibile dall’appartamento corrispondente al piano inferiore. Inoltre, sarà prevista un’area tecnica per l’alloggio dell’impianto fotovoltaico in copertura”.
E’ innegabile che un siffatto intervento abbia determinato una pressoché totale e stabile trasformazione dell’organismo edilizio preesistente, oltre che un aumento del carico urbanistico, ed è pertanto da ricondurre alla tipologia della ristrutturazione cosiddetta pesante, se non addirittura della nuova costruzione. Come questa Sezione ha già avuto modo di osservare, “il criterio discretivo tra l’intervento di demolizione e ricostruzione e la nuova costruzione è costituito, nel primo caso, dall’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio, per cui, in assenza di tali indefettibili e precise condizioni si deve parlare di intervento equiparabile a nuova costruzione, da assoggettarsi alle regole proprie della corrispondente attività edilizia. Tali criteri hanno un ancora maggiore pregio interpretativo a seguito dell’ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione operata dal d.lgs. n. 301 del 2002 in quanto proprio perché non vi è più il limite della ‘fedele ricostruzione’ si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, in particolare per i volumi, per cui la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (Tar Sicilia Palermo 18 agosto 2023, n. 2655)” (cfr., TAR Marche Ancona, sez. II, 18 ottobre 2024, n. 809).
In altri termini:
– sussiste una ristrutturazione edilizia nel caso in cui viene modificato un immobile già esistente, ma nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso; nel caso in cui, invece, il manufatto sia stato totalmente trasformato, non solo con un apprezzabile aumento volumetrico, ma anche mediante un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli della struttura originaria, l’intervento deve essere considerato quale intervento di nuova costruzione (Cons. Stato, sez. VI, 19 ottobre 2022, n. 8906);
– anche se qualificabili come interventi di ristrutturazione edilizia, a fronte di interventi volti a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva o della sagoma, occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente (Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2022, n. 8751);
– il criterio che distingue l’intervento di demolizione e ricostruzione e la nuova costruzione è rappresentato dall’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio, di conseguenza, in mancanza di tali indefettibili e precise condizioni, l’intervento deve essere configurato come una nuova costruzione (Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 2022, n. 2106);
– nella nozione di nuova costruzione possono rientrare anche gli interventi di ristrutturazione qualora, in considerazione dell’entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione dell’immobile, possa parlarsi di una modifica radicale dello stesso, con la conseguenza che l’opera realizzata nel suo complesso sia oggettivamente diversa da quella preesistente (Cons. Stato, sez. II, 6 aprile 2020, n. 2304).
Nel caso in esame, manca la conservazione degli elementi fondamentali dell’edificio originario perché possa parlarsi di ristrutturazione edilizia ordinaria, essendo stato quest’ultimo significativamente modificato; l’intervento, al di là del nomen iuris utilizzato, rientra nel novero della ristrutturazione edilizia pesante ed è quindi equiparabile ad una nuova costruzione, con la conseguenza che il Comune bene ha fatto a determinare gli oneri concessori facendo riferimento alle tabelle previste per quest’ultima.
In conclusione, il ricorso, è infondato e va respinto.
3. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, sia per i profili peculiari della vicenda, sia tenuto conto degli sviluppi giurisprudenziali che hanno contribuito a definire la materia.
TAR MARCHE, II – sentenza 30.10.2025 n. 849
 
								