Il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Aci Castello n. 5056 in data 4 febbraio 2025, con cui l’Amministrazione ha qualificato come “ristrutturazione edilizia” le opere – che l’interessato aveva invece indicato quale “manutenzione straordinaria” e “risanamento conservativo” – da realizzare sull’immobile sito in Aci Castello, Via XXI Aprile 23, censito in catasto al foglio 7, particella 52, ritenendole incompatibili con le prescrizioni di cui all’art. 42 del regolamento edilizio per i manufatti ricadenti nella zona territoriale B2b* in area di risanamento idrogeologico e di riequilibrio ambientale, denegando così la domanda di permesso di costruire presentata dal ricorrente in data 17 gennaio 2024.
Nel ricorso, in sintesi, si rappresenta in fatto e diritto quanto segue: a) l’immobile di cui trattasi è situato in un lotto edificabile in area classificata B2b*, soggetta a piano di risanamento idrogeologico, nella quale sono consentite solo alcune tipologie di intervento edilizio; b) secondo il Piano di Assetto Idrogeologico (di seguito, “PAI”) approvato nell’anno 2021, l’area ha un basso livello di rischio e pericolosità, sicché è teoricamente possibile un’espansione edilizia nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 42 delle Norme Tecniche di Attuazione; c) l’edificio presentava cedimenti strutturali dovuti all’assenza di fondazioni e alla natura del terreno, come evidenziato nella relazione geologica che è stata versata in atti; d) nell’anno 2022 l’interessato ha presentato una segnalazione certificata di inizio attività per opere di manutenzione straordinaria e consolidamento (per la quale è intervenuto l’assenso del Genio Civile e della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali); e) le opere prevedevano la realizzazione di sottomurazioni in cemento armato e di canali di drenaggio, il consolidamento statico e il miglioramento sismico dell’immobile, con passaggio dell’edificio dalla classe di rischio E alla classe A; f) a causa delle piogge e della precarietà strutturale del manufatto si è verificato un crollo accidentale durante i lavori, che sono stati perciò sospesi; g) è stata, quindi, presentata una nuova segnalazione certificata di inizio attività onde provvedere al ripristino della porzione dell’immobile interessata dal crollo; h) il Comune intimato, con nota dell’anno 2023, ha qualificato le opere come ristrutturazione edilizia, ritenendo invalida la segnalazione certificata di inizio attività e richiedendo la presentazione di un’istanza di permesso di costruire in sanatoria; i) una successiva segnalazione certificata di inizio attività dell’anno 2023, presentata ai fini del ripristino dell’edificio, è stata accettata dal Comune, il quale non ha formulato osservazioni; l) nell’anno 2024 è stata presentata istanza di permesso di costruire per il completamento delle opere, ma il Comune ha respinto la richiesta, ritenendo trattarsi di ristrutturazione edilizia vietata in zona B2b*; m) l’Amministrazione ha contestato la modifica della sagoma del tetto, la realizzazione di un garage e l’impiego di una struttura metallica in sostituzione della funzione portante dei muri; n) in realtà si è previsto il mantenimento dei muri originari, non è stato contemplato alcun incremento volumetrico o alcuna modifica della sagoma ed è stata rispettata la destinazione d’uso e la tipologia edilizia preesistente; o) il garage è interrato e non comporta aumento del carico urbanistico, oltre ad essere stato autorizzato dal Genio Civile e dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali; p) nel provvedimento finale il Comune, rispetto a quanto indicato nel preavviso, ha introdotto nuovi motivi per sostenere il proprio diniego (con specifico riferimento al tema del cordolo quale indice della ristrutturazione edilizia e alla possibile opzione del garage esterno); q) le opere di cui trattasi rientrano nell’ipotesi della manutenzione straordinaria e del risanamento conservativo; r) il Comune ha invaso le competenze del Genio Civile quanto alla valutazione dell’intervento sotto il profilo strutturale e all’adeguatezza delle tecniche di consolidamento; s) il comportamento dell’Amministrazione appare contraddittorio, atteso che il Comune ha approvato la segnalazione certificata di inizio attività relativa alle stesse opere su cui ha poi espresso il suo diniego a fronte della presentazione della domanda di permesso di costruire; t) ad ogni buon conto, con l’approvazione del Piano di Assetto Idrogeologico, che certifica l’assenza di rischi idrogeologici nell’area, non trovano più applicazione le limitazioni previste dall’art. 39 delle Norme Tecniche di Attuazione e possono, quindi, essere assentite anche opere di ristrutturazione edilizia.
Con memoria in data 3 luglio 2025 il Comune di Aci Castello ha svolto, in sintesi, le seguenti difese: a) l’immobile ricade in zona territoriale omogenea B2b* di completamento, interna all’area di risanamento idrogeologico e di riequilibrio ambientale, nonché in area di rispetto cimiteriale; b) a seguito del sopralluogo di cui al rapporto in data 10 ottobre 2021, in occasione del quale sono state accertate demolizioni delle pareti del locale destinato a garage e uno scavo di sbancamento in difformità alla segnalazione certificata di inizio attività del 21 aprile 2022, l’interessato ha presentato una segnalazione certificata di inizio attività integrativa in data 25 novembre 2022 per la ricostruzione dei muri asseritamente crollati per cause meteorologiche; c) con nota n. 6233 del 10 febbraio 2023 – non impugnata dal ricorrente – l’Amministrazione ha dichiarato irricevibile e nulla la segnalazione certificata di inizio attività ex art. 21-septies della legge n. 241/1990, stante l’illegittima demolizione parziale dell’edificio, ed ha, altresì, diffidato l’interessato dall’esecuzione della restante parte del progetto oggetto della segnalazione in data 21 aprile 2022; d) con ordinanza n. 52 del 22 febbraio 2023 è stato imposto il ripristino della sagoma preesistente e delle reti tecnologiche, conformemente allo stato di fatto allegato alla segnalazione certificata di inizio attività in data 21 aprile 2022, previa presentazione al Comune di un progetto di ricostruzione; e) nell’anno 2023 sono state presentate ulteriori segnalazioni certificate di inizio attività per il ripristino dell’immobile; f) in data 17 gennaio 2024 è stata depositata domanda di permesso di costruire per la manutenzione straordinaria con opere strutturali e per la realizzazione di una struttura precaria, seguita da una segnalazione certificata di inizio attività in data 30 gennaio 2024 relativa ai muri di confine; g) in data 25 novembre 2024 il Comune ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego, sul rilievo che l’intervento, tenuto conto delle previste opere strutturali, integrava quantomeno la fattispecie della ristrutturazione edilizia, non consentita nella sottozona di cui si tratta; h) è stato, infine, adottato il provvedimento di diniego in questa sede impugnato; i) già nella comunicazione di avvio del procedimento l’intervento è stato qualificato dall’Amministrazione come ristrutturazione edilizia in ragione delle sottomurazioni, del muro di contenimento, del sistema di travi in acciaio (che muta la tipologia strutturale), della trasformazione parziale della copertura a tetto piano con modifica della sagoma e della realizzazione di un garage interrato; l) trattasi di interventi incompatibili con l’art. 39 delle Norme Tecniche di Attuazione; m) va anche evidenziata l’omessa impugnazione del provvedimento in data 10 febbraio 2023 che ha dichiarato nulla la segnalazione certificata di inizio attività del 25 novembre 2022; n) nessuna efficacia ultrattiva può, inoltre, attribuirsi alla segnalazione certificata di inizio attività in data 21 aprile 2022, relativa ad opere in realtà rientranti nella tipologia della ristrutturazione edilizia; o) nel provvedimento di diniego il Comune ha recepito e approfondito le ragioni già esposte nella comunicazione di avvio del procedimento e ha contraddetto puntualmente le memorie dell’interessato; p) va precisata la distinzione tra prescrizioni del Piano Regolatore Generale e disciplina del PAI, dovendosi confutare la tesi secondo cui l’aggiornamento del PAI possa introdurre deroghe alle limitazioni contemplate dalle Norme Tecniche di Attuazione; q) l’area è soggetta a vincolo di risanamento dal Piano Regolatore Generale, mentre l’autorizzazione del Genio Civile opera sul diverso piano della sicurezza strutturale; r) quanto alla segnalazione certificata di inizio attività dell’anno 2022, l’intervenuto crollo o le demolizioni ne hanno fatto venir meno i presupposti e gli effetti.
Con memoria in data 10 luglio 2025 il ricorrente, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) la segnalazione certificata di inizio attività in data 12 giugno 2023 per le sottomurazioni e la ricostruzione dei muri crollati è ormai definitivamente efficace e sulla base di essa sono state parzialmente realizzate le fondazioni di sottopalo; b) viene contestata la ritenuta nullità della segnalazione certificata di inizio attività in data 25 novembre 2022 e si osserva che la sospensione delle opere dichiarate con segnalazione certificata di inizio attività del 21 aprile 2022 non è stata seguita da alcun esercizio dell’autotutela amministrativa; c) l’intervento conserva i muri perimetrali, l’identità tipologica e le sagome essenziali dell’edificio, perseguendo un miglioramento sismico senza incremento di volumi e di carico urbanistico; d) la presenza di elementi strutturali in acciaio è funzionale al consolidamento e non consente di configurare l’intervento come una ristrutturazione edilizia; e) al Comune spetta la verifica sulla conformità urbanistico-edilizia, mentre il giudizio tecnico sulla congruità delle soluzioni strutturali rientra nelle competenze del Genio Civile; f) quanto al garage pertinenziale interrato, si invoca l’art. 9 della legge n. 122/1989, evidenziandosi che l’opera, integralmente sotto la quota di campagna e priva di impatto volumetrico, può essere assentita anche in deroga agli strumenti urbanistici ed è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività, come confermato dalla giurisprudenza; g) il vincolo cimiteriale non osta, poi, agli interventi di recupero, di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo su edifici esistenti (art. 338 del regio decreto n. 1265/1934); h) come affermato dalla giurisprudenza, il crollo di porzioni dell’edificio durante i lavori di conservazione non preclude il rilascio del titolo per il ripristino della sagoma e dei volumi preesistenti; i) il PAI, inoltre, ha natura immediatamente vincolante ai sensi dell’art. 65 del decreto legislativo n. 152/2006 e tale strumento ha declassato l’area a livelli “bassi” di pericolosità e rischio, rendendo recessiva la previsione delle Norme Tecniche di Attuazione che condizionava gli interventi nella zona ad uno specifico piano di risanamento ambientale; l) non è stato mai attivato un procedimento formale di autotutela in relazione alla segnalazione certificata di inizio attività del 21 aprile 2022 e sussiste una contraddizione tra l’invito a presentare una domanda di permesso di costruire e il successivo diniego adottato dal Comune.
Con memoria in data 21 luglio 2025 il Comune ha ribadito e ulteriormente precisato le proprie difese.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio osserva quanto segue.
Deve preliminarmente evidenziarsi, in relazione alla relativa eccezione spiegata dal Comune resistente, che non osta all’ammissibilità del presente ricorso la mancata impugnazione della nota dell’Amministrazione n. 6233 in data 10 febbraio 2023, con la quale il ricorrente è stato diffidato a non eseguire le opere di cui all’originaria segnalazione certificata di inizio attività in data 21 aprile 2022.
Invero, il provvedimento in questa sede impugnato ha ad oggetto una distinta istanza per il rilascio di permesso di costruire e si fonda su più articolate motivazioni, che rendono l’impugnazione del provvedimento ammissibile, a prescindere dalla mancata contestazione della nota n. 6233 in data 10 febbraio 2023, ove l’Amministrazione si è limitata a fare riferimento – peraltro in forma dubitativa – ad interventi di demolizione di porzioni del fabbricato (“Si evidenzia ancora che da un’attenta valutazione del progetto originario (SCIA del 21/04/2022), poiché lo stesso sembrerebbe prevedere la demolizione di altre porzioni del fabbricato, non ancora effettuate, e riscontrato nei grafici di progetto la presenza di opere strutturali che sembrano configurare un radicale intervento di demolizione e ricostruzione, si diffida all’esecuzione della restante parte del progetto segnalato in data 21/04/2022 e si informa che laddove si dovessero rilevare demolizioni di ulteriori porzioni di fabbricato, si determinerebbe violazione alla norma urbanistiche, in quanto l’intervento si configurerebbe quale ristrutturazione edilizia, così come definita dal DPR 380/2001 art. 3 comma 1 lett. “d”, fattispecie vietata nella zona urbanistica dichiarata B2b* in zona di risanamento idrogeologico e ambientale (artt. 39 e successivi delle NTA)”).
Nel merito, il Collegio osserva, in primo luogo, che correttamente l’Amministrazione intimata ha inquadrato i lavori da assentire nell’ambito della categoria della ristrutturazione edilizia, cui, a norma dell’art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 380/2001, sono riconducibili “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza…”.
Inoltre, a norma del medesimo art. 3, comma 1, del menzionato D.P.R., si intendono quali interventi di manutenzione straordinaria (lett. b) “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Infine, si definiscono interventi di restauro e di risanamento conservativo (lett. c) “gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.
Come precisato dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sez. II, 18 maggio 2023, n. 315, e le sentenze di seguito citate),“La ristrutturazione edilizia si configura laddove, attraverso il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, si realizzi un’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibile con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo che presuppongono, invece, la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie” (Consiglio di Stato, sez. VI – 21/11/2022 n. 10200). Per giurisprudenza da tempo consolidata, la distinzione fra le categorie del restauro e risanamento conservativo e della ristrutturazione edilizia ha natura funzionale: essa non risiede nella tipologia di interventi realizzabili, in gran parte comuni, quanto nella finalità degli interventi, essendo il risanamento destinato alla conservazione dell’organismo edilizio preesistente, mentre la ristrutturazione è tesa alla sua trasformazione. Negli interventi di restauro e risanamento conservativo deve ritenersi consentita la sostituzione di parti anche strutturali e in generale di elementi costitutivi degli edifici e quindi anche un rinnovo sistematico e globale, purché nel rispetto degli elementi essenziali tipologici, formali e strutturali originari: eccedono dunque il risanamento conservativo e rientrano nella ristrutturazione gli interventi che portano a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal preesistente, alterandone la morfologia e consistenza fisica (T.A.R. Toscana, sez. III – 20/10/2022 n. 1183). In altre parole, il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio ed un’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile sono incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo (Consiglio di Stato, sez. VI – 26/9/2022 n. 8291). Gli interventi da ultimo menzionati, in quanto caratterizzati dal mancato apporto di modifiche sostanziali all’assetto edilizio preesistente, hanno la finalità di conservare l’organismo ovvero di assicurarne la funzionalità (Consiglio di Stato, sez. VI – 26/9/2022 n. 8284), nel rispetto dei suoi elementi tipologici (in specie, architettonici e funzionali), formali (tali da contraddistinguere il manufatto, configurandone l’immagine caratteristica) e strutturali (concernenti la sua composizione di base). Come ha statuito il Consiglio di Stato, sez. VI – 15/9/2022 n. 7793, ““la caratteristica degli interventi di mero restauro è quella di essere effettuata mediante opere che non comportano l’alterazione delle caratteristiche edilizie dell’immobile da restaurare, e quindi rispettando gli elementi formali e strutturali dell’immobile stesso, mentre la ristrutturazione edilizia si caratterizza per essere idonea ad introdurre un quid novi rispetto al precedente assetto dell’edificio (Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-09-2020, n. 5350)” (Consiglio di Stato, sez. II, 18 giugno 2021, n. 4701)””.
Nel caso di specie è ascrivibile alla ristrutturazione edilizia la trasformazione di una porzione del tetto a falde in tetto piano calpestabile (con la prevista realizzazione, su detta terrazza di copertura, di una veranda), configurandosi una modifica della sagoma del tetto e, dunque, un’alterazione dell’originaria fisionomia dell’immobile.
Parimenti, gli interventi di consolidamento dell’edificio, con l’introduzione di un sistema di travi in acciaio e la sostituzione, quindi, della funzione portante dei muri con una struttura di tipo metallico, importano una modificazione (caratteristica della ristrutturazione) degli elementi tipologici costitutivi e strutturali dell’organismo edilizio e della sua consistenza materiale.
Deve escludersi, dunque, che si tratti di interventi di risanamento conservativo, individuabili solo in presenza di opere che non comportino l’alterazione delle caratteristiche edilizie dell’immobile, rispettandone gli elementi tipologici, formali e strutturali.
Anche la realizzazione di un garage interrato non è compatibile con la manutenzione straordinaria e il risanamento conservativo, comportando un organismo edilizio (in parte) diverso dal preesistente, del quale è modificata l’originaria morfologia, e venendo in rilievo opere destinate funzionalmente non alla conservazione dell’immobile bensì alla sua trasformazione.
Tanto premesso, nondimeno, il provvedimento di diniego impugnato deve ritenersi illegittimo in quanto fondato su una previsione delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale divenuta inapplicabile a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Piano di Assetto Idrogeologico.
In particolare, il Collegio – in assenza di ulteriori elementi, neanche in giudizio addotti dall’Amministrazione – ritiene inapplicabile, nel caso in esame, il “vincolo di risanamento” posto dalle predette Norme Tecniche di Attuazione, il quale trova fondamento su un precedente, e non più attuale, quadro di pericolosità idrogeologica.
Le previsioni del PAI, invero, spiegano efficacia immediata, trattandosi di strumento sovraordinato rispetto alla disciplina comunale (cfr. art. 65 decreto legislativo n. 152/2006), e sono suscettibili di integrazione in senso più restrittivo da parte dei subordinati piani comunali solo in presenza di ulteriori situazioni di rischio o dissesto idrogeologico autonomamente accertate; circostanza, quest’ultima, non dedotta nel caso di specie.
Né è ravvisabile a fondamento del vincolo di risanamento opposto dal Comune un’autonoma ratio, diversa dal rischio idrogeologico, oggetto delle previsioni vincolistiche del PAI.
Invero, l’art. 39 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale indica un’area di risanamento idrogeologico e di riequilibrio ambientale coincidente con “le aree individuate come “poco stabili”, “instabili”, “con particolari configurazioni morfologiche e “caratterizzate dagli affioramenti dei corpi lavici sub-marini in seno e a tergo degli affioramenti argillosi” di cui al parere ex art. 13 della L.N. 64/74, espresso dal Geni Civile di Catania il 28/01/94”, e prevede la realizzazione di un piano di risanamento ambientale comportante limitazioni o modifiche della disciplina urbanistica di tali aree, per le quali si rende necessario il “recupero” e il “ripristino delle condizioni di equilibrio fisico (idrogeologico e geomorfologico)”.
Tale presupposto, in assenza di prova contraria, deve ritenersi superato dalle successive (e prevalenti) previsioni del PAI, in quanto, come dedotto in ricorso e non contestato dall’Amministrazione in giudizio, l’area di cui si tratta – ove ricade l’immobile del ricorrente – risulta classificata come avente “basso” livello di pericolosità e di rischio idrogeologico.
Per quanto precede, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di diniego impugnato.
La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali.
TAR SICILIA – CATANIA, II – sentenza 22.10.2025 n. 2937