Urbanistica e edilizia – Realizzazione di una tenda realizzata con struttura in alluminio con chiusura su tre lati, riconducibilità all’opus di una pergotenda legittimità dell’ordine di demolizione

Urbanistica e edilizia – Realizzazione di una tenda realizzata con struttura in alluminio con chiusura su tre lati, riconducibilità all’opus di una pergotenda legittimità dell’ordine di demolizione

Il ricorrente ha agito, dinanzi a questo T.A.R., per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia anche ai sensi dell’art. 56 c.p.a., dell’ordinanza n. 53 del 06.06.2024 del Comune di Maglie, avente ad oggetto “Demolizione delle opere abusive realizzate presso l’immobile sito alla via Roma civ. 143 in C.U. al foglio 16 p.lla 391 sub. 7 e ripristino stato dei luoghi”.

A sostegno del ricorso, parte ricorrente ha proposto i seguenti motivi:

1)Violazione di legge ed eccesso di potere, per errore nei presupposti di fatto e diritto in rapporto alla normativa vigente; violazione di legge ed eccesso di potere per errore nella valutazione dei presupposti di fatto e diritto, per carenza e/o mancanza di istruttoria, abnormità e illegittimità del provvedimento, nonché per illogicità manifesta del provvedimento impugnato, per vizio di motivazione.

2)Violazione di legge ed eccesso di potere, per errore nei presupposti di fatto e diritto in rapporto alla normativa vigente; violazione di legge ed eccesso di potere per errore nella valutazione dei presupposti di fatto e diritto, per carenza e/o mancanza di istruttoria, abnormità ed illegittimità del provvedimento, nonché per illogicità manifesta del provvedimento impugnato in rapporto agli abusi in esso indicati.

3)Violazione dei principi di correttezza e buona fede ed eccesso di potere del provvedimento impugnato, violazione della fase partecipativa, riserva di azione risarcitoria del danno.

Il Comune di Maglie, in data 17.10.2024, si è costituito in giudizio per resistere al ricorso.

Con decreto monocratico n. 634 del 03.10.2024, è stata accolta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

All’esito della camera di consiglio del 23.10.2024, questo Tribunale, con ordinanza collegiale n. 671 del 24.10.2024, nel confermare il decreto monocratico n. 634/2024, ha sospeso gli effetti dell’ingiunzione demolitoria gravata.

All’udienza pubblica del 22.10.2025 la causa è stata introitata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Infondate sono, innanzitutto, le censure sollevate con il primo motivo.

Per pacifica e condivisa giurisprudenza “l’ordinanza di demolizione costituisce un atto dovuto e vincolato e non necessita di alcuna motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e l’individuazione e qualificazione degli abusi” (da ultimo Cons St. Sez. VI, 30.06.2023, n. 6404).

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato è sufficientemente motivato.

Lo stesso contiene una descrizione specifica delle opere contestate e individua con esattezza le norme violate.

Le ulteriori contestazioni sollevate sul punto, oltre ad essere generiche sono contraddette dagli esiti degli accertamenti compiuti – previa comunicazione all’interessato – dal personale del Settore Urbanistica comunale e dalla Polizia Locale, richiamati per relationem nella gravata ordinanza.

Privo di pregio è anche il riferimento attoreo alla presunta violazione delle garanzie partecipative – procedimentali previste dagli artt. 7 e ss. della Legge, 7 agosto 1990, n. 241.

Invero, secondo un’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale “L’attività di repressione degli abusi edilizi tramite l’emissione dell’ordine di demolizione di cui all’art. 31 del d.p.r. 380 del 2001 costituisce attività di natura vincolata e, pertanto, la stessa non è assistita da particolari garanzie partecipative, tanto da non ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 e ss. della l. n. 241 del 1990” giudizio (cfr. tra le tante Cons. di Stato, Sez. VI, 05.04.2022, n. 2523, Id. Sez. II, 17.11.2023, n. 9892).

Del resto, venendo in rilievo procedimento vincolato all’accertamento delle violazioni urbanistiche edilizie, in nessun caso, l’apporto collaborativo del privato potrebbe e/o avrebbe potuto mutare l’esito del giudizio.

Vanno, del pari, respinte le doglianze sollevate con il secondo motivo di ricorso.

In senso contrario all’assunto attoreo depone la pacifica e condivisa giurisprudenza secondo la quale non è possibile valutare singolarmente gli abusi caratterizzati, come nella specie, da unitarietà sotto il profilo finzionale.

Infatti “la valutazione dell’abuso edilizio presuppone, tendenzialmente, una visione complessiva e non atomistica dell’intervento, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento, ma dall’insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio. Ne consegue che, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento, l’amministrazione comunale deve esaminare contestualmente l’intervento abusivamente realizzato, e ciò al fine precipuo di contrastare eventuali artificiose frammentazioni che, in luogo di una corretta qualificazione unitaria dell’abuso e di una conseguente identificazione unitaria del titolo edilizio che sarebbe stato necessario o che può, se del caso, essere rilasciato, prospettino una scomposizione virtuale dell’intervento finalizzata all’elusione dei presupposti e dei limiti di ammissibilità della sanatoria stessa.(cfr. tra le tante Cons. di Stato, Sez. VII; 20.4.2023, n. 4029; id. Sez. VI, 30.06.2021, n. 4919, Sez. VI, 30.06.2020, n. 4170, Sez. VI, 12.03.2020, n. 17839.

Ma anche a voler esaminare singolarmente gli abusi contestati, le censure attoree, non sono condivisibili, risolvendosi le stesse in asserzioni difensive contraddette, come sopra detto, dagli esiti del sopralluogo del 30.01.2024 posti a fondamento dell’ordine demolitorio in esame.

Con riferimento all’abuso n. 1 – modifiche del vano tecnico originariamente assentito – privo di pregio si appalesa il richiamo attoreo all’asserita sanabilità dello stesso ai sensi dell’art. 36 e/o all’applicabilità dell’art. 34 bis del D.P.R. n. 380/2001, trattandosi di circostanze che non escludono l’esistenza delle acclarate modifiche poste in essere in difetto dei necessari titoli autorizzatori.

Quanto, poi, all’abuso n. 2 – tenda realizzata con struttura in alluminio con chiusura su tre lati nella terrazzina posta a est – ad avviso del Collegio, non sono condivisibili le argomentazioni svolte sul punto dalla difesa della ricorrente attraverso il richiamo alla pergotenda ed alla sua realizzabilità in edilizia libera.

Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza la pergotenda consiste in una struttura leggera non stabilmente infissa al suolo, con copertura retrattile, tale da escludere la creazione di un nuovo volume per fungere sostanzialmente da mera protezione temporanea dagli agenti atmosferici (cfr. Cons. di Stato, Sez. II, 08.07.2025, n. 5918).

E le riproduzioni fotografiche in atti – foto da n. 9 a 12, della relazione del 30.1.2024, all.to difesa comunale del 17.102.2024 – denotano l’esistenza di una struttura tutt’latro che precaria destinata a creare nuovo volume; il tutto, mediante un collegamento diretto, con l’abuso n. 1 attraverso la creazione di una porta di accesso in luogo dell’originaria finestra (foto n. 7 e 9 allegate alla relazione del 30.1.2024).

Tanto basta a respingere tutte le ulteriori doglianze prospettate con il motivo in esame.

Infondate, infine, sono le censure sollevate con il terzo ed ultimo motivo di ricorso perché generiche e indimostrate.

In conclusione il ricorso, per quanto esposto, è infondato e va, pertanto, respinto.

Le spese, in considerazione della particolarità della vicenda esaminata, possono essere integralmente compensate tra le parti.

TAR PUGLIA – LECCE, I – sentenza 03.11.2025 n. 1455

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