1. Il signor Giovanni Vastola ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto in parte il suo ricorso per ottenere l’annullamento del provvedimento di silenzio rigetto formatosi sull’istanza di accertamento di conformità presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 al Comune di San Valentino Torio.
2. L’appellante è proprietario di un fabbricato residenziale in San Valentino Torio, Via Zeccagnuolo 17, assentito con permesso di costruire in sanatoria n. 43/2004, ricadente in zona “E3 agricola” del P.R.G.
Vi sono stati successivi interventi abusivi, con la realizzazione delle seguenti opere: nuovo ingresso al piano terra, mediante lieve ampliamento di una scala preesistente; diversa distribuzione spazi interni al piano terra; bagno sull’interpiano di una scala interna; mutamento della destinazione d’uso di parte del seminterrato in tavernetta; piscina interrata.
La richiesta di sanatoria si è conclusa con un silenzio rigetto.
3. La sentenza impugnata ha respinto in parte il ricorso relativamente alla piscina interrata, dal momento che parte ricorrente non ha fornito piena prova della c.d. doppia conformità del relativo intervento con riferimento alle prescrizioni dello strumento di pianificazione vigente al momento della sua realizzazione e al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, fermo restando che al riguardo non può soccorrere la disciplina di favore di cui alla legge sul piano casa. Anche la modificazione della destinazione d’uso del seminterrato in tavernetta, non può ritenersi legittimata in forza delle prescrizioni di cui all’art. 6 bis l.r. 19/2009.
4. L’appello è affidato a due motivi.
4.1. Il primo osserva come la piscina interrata non determini incremento di volume urbanisticamente rilevante che, dunque, rientra tra le attività di edilizia libera sicuramente compatibile con la strumentazione urbanistica vigente non comportando aggravio del carico insediativo trattandosi senz’altro di una pertinenza.
4.2. Il secondo motivo lamenta che il piano interrato è perfettamente sanabile in quanto nelle zone agricole sono consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile.
La norma ha introdotto una previsione generalizzata che consente, in zona agricola, la modifica d’uso residenziale, che non comporta nuova edificazione o consumo di suolo.
Se l’art. 6 bis, in zona agricola, consente perfino interventi di nuova costruzione, ampliamento con modifica di destinazione d’uso residenziale, non può ragionevolmente dubitarsi della ammissibilità di interventi minori di mera modifica di destinazione d’uso in deroga alle previsioni del P.R.G.
5. Il Comune di San Valentino Torio non si è costituito in giudizio.
6. L’appello è fondato.
6.1. Il primo motivo è fondato in quanto si tratta di una piscina di modeste dimensioni cui può essere riconosciuta la natura di bene pertinenziale in senso edilizio. Si veda in merito una recente sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia 27 giugno 2024, n. 926, che ha ritenuto una pertinenza edilizia piscina di ridotte dimensioni in relazione alla lunghezza e profondità così da escludere il suo utilizzo per l’attività natatoria, sia essa di tipo agonistico, preagonistico.
La piscina, infatti, ha dimensioni ridotte (mc. 123,60) pari al 9% della superficie dell’intero fabbricato di gran lunga al di sotto del limite del 20% fissato dall’art. 3, comma 6, d.P.R. 380/2001.
e tenuto conto che la piscina è compatibile con la zonizzazione E2.
6.2. Quanto al secondo motivo l’art. 6 bis l.r. 19/2009 per la parte che interessa in questa sede afferma: “Nelle zone agricole sono consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederli”.
Orbene secondo la lettura del primo giudice la modifica della destinazione d’uso sarebbe possibile solamente se lo strumento urbanistico generale la consente, ma se così fosse non si riuscirebbe a capire quale sia il senso di una norma come il primo comma dell’art. 6 bis citato; infatti se il P.R.G. prevedesse la possibilità di un mutamento d’uso da agricolo a residenziale, l’appellante avrebbe potuto conseguire il risultato sperato appellandosi a tale previsione.
La norma di favore ha, invece, inteso consentire a chi dispone di un immobile in zona agricola di destinarlo alla residenza del proprio nucleo familiare ed oltretutto agli art. 4 e 5 consente interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione purché sia rispettato l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo.
E’ evidente, pertanto, che non sia necessario verificare se lo strumento urbanistico consenta il mutamento di destinazione d’uso.
7. In conclusione, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza di primo grado va accolto il ricorso colà proposto ed annullati gli atti con esso impugnati. Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 29.09.2025 n. 7570