1. Il ricorso è infondato.
1.1 Il primo motivo è infondato.
Il testo vigente dell’art. 6-bis (“Conflitto di interessi”) della legge 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dalla L. n. 190/2012, c.d. legge anticorruzione) dispone che «Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».
In giurisprudenza si è sviluppata la distinzione tra: conflitto “strutturale” legato a rapporti familiari, economici o professionali al quale consegue un obbligo di astensione automatico, e conflitto “funzionale” connesso alla coincidenza tra attività istruttoria e decisoria che non è sufficiente da solo a imporre l’astensione, salvo che emergano elementi concreti di parzialità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 2025, n. 6126; Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3401).
Nel caso di specie, l’attività svolta dal funzionario comunale si è limitata alla conduzione del procedimento ed all’adozione di un atto strettamente vincolato, rispetto al quale non residuavano margini di discrezionalità ragion per cui non sussisteva l’obbligo di astensione ex art. 6-bis della L. n. 241/1990, in mancanza della prova di un concreto interesse personale in capo al funzionario e della presenza di una situazione personale specifica di conflitto.
1.2 Anche il secondo motivo è infondato.
Il provvedimento impugnato richiama per relationem la proposta del responsabile del procedimento, che ne costituisce parte integrante e sostanziale.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la motivazione per relationem è legittima, purché consenta di ricostruire il percorso logico-giuridico dell’amministrazione e il richiamo espresso ad atti istruttori allegati, conosciuti o conoscibili dal destinatario, è sufficiente ad assolvere l’onere motivazionale (TAR Sicilia, Palermo, sez. IV, 8 luglio 2025, n. 1575).
Nel caso di specie, il richiamo alla proposta di determinazione n. 70/2023, contenente l’analitica ricostruzione dei presupposti fattuali ostativi al condono (aerofotogrammetria del 1979, rogito del 1985 dell’atto di acquisto del terreno sul quale insiste l’immobile abusivo, vincolo di inedificabilità assoluta ex art. 15 della L.R. n.78/1976) è idoneo a rendere comprensibile la ragione del diniego di condono.
1.3Anche il terzo motivo è infondato.
Il ricorrente stesso ha depositato agli atti di causa la nota prot.-OMISSIS- con la quale il Comune di Campobello di Mazara gli aveva comunicato l’avvio del procedimento di diniego del condono edilizio esponendo, in modo chiaro e dettagliato, tutti motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con invito alla presentazione di eventuali controdeduzioni, al quale però non risulta che abbia fatto seguito la presentazione di osservazioni al fine della partecipazione effettiva al contraddittorio procedimentale.
In ogni caso, va ricordato che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che nei procedimenti vincolati in materia edilizia la mancata comunicazione dei motivi ostativi non determina invalidità dell’atto finale, operando l’art. 21-octies, co. 2, L. n. 241/1990; ed ancora, è stato ribadito che nei procedimenti di condono edilizio, ove l’esito è rigidamente predeterminato dalla legge, l’omissione del preavviso di rigetto non incide sulla legittimità del diniego (v. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 settembre 2025, n. 7597; TAR Sicilia, Palermo, II, 10 novembre 2022, n. 3145 e altra giurisprudenza ivi citata).
1.4 Parimenti infondato è il quarto motivo.
In tema di sanatoria edilizia, il richiedente è tenuto a fornire la prova certa e documentale che i lavori siano stati ultimati entro il termine fissato dalla normativa: tale onere probatorio non può essere alleggerito e spetta al privato dimostrare, in modo pieno, l’effettiva data di completamento, mediante idonea documentazione (attestati, certificazioni, fotografie storiche, visure catastali, licenze, autorizzazioni ante-opera).
La giurisprudenza, che il Collegio condivide anche con riguardo al caso concreto, ha costantemente affermato che detto onere grava pienamente sul privato (cd. principio della vicinanza della prova), senza possibilità di soccorso istruttorio, stante che l’Amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia con riguardo a tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono (C.G.A.R.S., 13 marzo 2023, n. 219; id., 27 maggio 2025, n. 395; Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2022, n. 10904; id., 25 maggio 2020, n. 3304; sez. IV, 1 aprile 2019, n. 2115; sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696; id., 5 marzo 2018, n. 1391).
Ne consegue che l’inerzia del privato nell’introduzione di mezzi probatori idonei determina la reiezione dell’istanza di sanatoria, poiché non può presumersi la legittimità o l’esistenza dell’opera entro il limite temporale stabilito dalla legge (Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2022, n. 526; id., sez. IV, 15 settembre 2023, n. 7899; TAR Sicilia, Palermo, sez. IV, 3 aprile 2024, n. 1123).
Nel caso di specie è pacifico che l’immobile per il quale è lite non era rappresentato nelle aerofotogrammetrie del marzo 1979 e che il ricorrente ha acquistato il lotto solo nell’ottobre 1985: poiché nessuna prova contraria documentale è stata offerta da parte ricorrente, correttamente l’amministrazione comunale resistente ha escluso la sanabilità dell’abuso edilizio.
Il ricorrente sostiene inoltre che l’immobile, realizzato nel 1985, ricadeva all’epoca in zona B6 e che solo con l’approvazione del P.R.G. del 2006 l’area è stata qualificata come “ex B6 – zona stralciata”, priva di specifica destinazione urbanistica: ne deriverebbe, a suo dire, l’inapplicabilità della disciplina sopravvenuta rispetto alla costruzione già esistente.
La censura non può essere condivisa.
Invero, l’elemento ostativo alla sanatoria non discende dalla destinazione urbanistica impressa dal P.R.G. comunale del 2006, bensì dal vincolo assoluto di inedificabilità entro i 150 metri dalla battigia, introdotto dall’art. 15 della L.R. n. 78/1976, norma introdotta prima della realizzazione dell’opera (1985) e di carattere inderogabile.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che tale vincolo ha natura assoluta e immediatamente operativa, prevalente sulle previsioni dello strumento urbanistico comunale, e rende insanabili gli abusi realizzati dopo il 31 dicembre 1976 entro la fascia di rispetto (C.G.A.R.S., 28 giugno 2021, n. 622; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 27 febbraio 2025, n. 489; id.,17 marzo 2021, n. 908).
Ne consegue che, anche a prescindere dalla classificazione urbanistica impressa dal P.R.G. comunale, l’opera in questione, pacificamente edificata nel 1985, ricadeva comunque in area vincolata e non suscettibile di condono.
Alla luce delle considerazioni svolte, il provvedimento impugnato risulta conforme alla normativa e alla giurisprudenza consolidata.
Il ricorso va pertanto rigettato, con salvezza dell’atto impugnato.
TAR SICILIA – PALERMO, IV – sentenza 29.10.2025 n. 2391