1. Il ricorrente, proprietario di due lotti edificabili contigui, in zona C e compresi nel piano di lottizzazione approvato con d.C.C. del Comune di Passignano sul Trasimeno n. 45/1989, dopo aver realizzato su uno di essi la propria abitazione ha chiesto il permesso di costruire per realizzare sull’altro una recinzione e una “struttura permanente per il ricovero di animali da affezione”.
1.1. Con provvedimento prot. 12617 in data 22 settembre 2023 il titolo edilizio è stato negato, sottolineandosi in particolare (cfr. preavviso in data 11 settembre 2023) che “… dalla lettura delle norme del piano di lottizzazione si evince che: “La tipologia edilizia prevista, conseguente alle indicazione delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. è: abitazioni uni o bifamiliari con superficie massima di ingombro determinata e altezza (medio) massima di 6,00 metri.” Che il manufatto in oggetto non può essere ricondotto ad opera pertinenziale ai sensi dell’articolo 21 comma 4 lettera b) sia in quanto supera le dimensioni previste (mq 30) sia in quanto la sua collocazione non ricade nel lotto del fabbricato residenziale di proprietà come prescritto dall’articolo 21 comma 1 lettera d) del Regolamento Regionale 2/2015. Detto manufatto inoltre, collocato a sé stante all’interno di un lotto, non risulta essere coerente con quella che è l’unica destinazione urbanistica prevista nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore vale a dire di abitazioni uni o bifamiliari.”.
1.2. In esito a richiesta di riesame, il diniego è stato confermato con provvedimento prot. 15224 in data 17 novembre 2023, ribadendosi che “in base a quanto già riportato, si riscontra che il manufatto in progetto non può ritenersi opera pertinenziale e che lo stesso, collocato a sé stante all’interno di un lotto, non risulta essere coerente con quella che è l’unica destinazione urbanistica prevista nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore vale a dire di abitazioni uni o bifamiliari”.
2. Impugna detto diniego, deducendo le censure appresso sintetizzate.
(I) – Violazione di legge in riferimento alle previsioni di PRG. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Eccesso di potere per erronea interpretazione delle disposizioni del piano attuativo.
Né il PRG approvato con d.P.G.R. n. 288/1975, vigente all’epoca della approvazione del piano di lottizzazione, né quello del 2002 attualmente vigente, dettano una disciplina secondo cui la tipologia consentita per l’edificazione sui lotti in questione sarebbe esclusivamente ad abitazione uni o bifamiliare.
In realtà, gli atti impugnati scontano una confusione tra “destinazione urbanistica” e “tipologia edilizia”: posto che si intende realizzare un manufatto ben diverso da una civile abitazione, ciò non può essere precluso in base al riferimento a caratteristiche tipologiche proprie delle abitazioni residenziali.
(II) – Eccesso di potere per illogicità manifesta. Difetto di istruttoria. Violazione dell’art. 21 del Regolamento Regionale 2/2015.
Per mero tuziorismo, atteso che il ricorrente intende edificare la costruzione non come pertinenza ma come struttura autonoma impiegando la SUC del lotto, sono infondati anche gli assunti sulla violazione del reg. reg. 2/2015. Infatti, l’art. 21, comma 1, lettera d), del regolamento, laddove dispone che l’opera pertinenziale deve essere allocata all’interno del lotto di insediamento residenziale ex art. 95, non esclude affatto che la costruzione possa essere realizzata anche su di un lotto diverso, tanto più se si tratta di lotto contiguo e dunque non sussista l’esigenza di evitare il distanziamento dell’opera pertinenziale rispetto a quella principale.
3. Il Comune di Passignano sul Trasimeno si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Le parti hanno depositato ulteriori memorie e repliche, puntualizzando le rispettive difese.
In particolare, il ricorrente ha prospettato che, mediante il permesso di costruire n. 17 in data 17 aprile 2025, è stata assentita la recinzione del lotto, e che pertanto in relazione ad essa sarebbe cessata la materia del contendere.
5. Sulla sorte della recinzione, assentita in corso di giudizio per la “delimitazione di un compendio edificabile”, la difesa del Comune ha sottolineato che il ricorrente aveva comunicato la rinuncia alla relativa impugnazione. Al Collegio, in considerazione del tenore della domanda originaria (che collegava la recinzione alla costruzione del manufatto) e del rilascio del titolo in esito ad una nuova domanda (che prescinde dalla definizione del tipo di opere realizzabili nel lotto), sembra più coerente con gli sviluppi procedimentali rilevare il venir meno dell’interesse del ricorrente ad una decisione nel merito, con conseguente pronuncia di improcedibilità parziale, in applicazione dell’art. 35, comma 1, lettera c), cod. proc. amm.
6. Per il resto (realizzazione del manufatto), il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto, in quanto il diniego si sottrae alle censure dedotte.
6.1. Il ricorrente sostiene che il manufatto in questione, da considerarsi una semplice “cuccia per il cane”, sia ricompreso tra le edificazioni permesse dalla disciplina urbanistica.
Tuttavia, dalla documentazione versata in atti si evince che il manufatto, per collocazione (al di fuori del lotto su cui insiste l’abitazione) e consistenza (le dimensioni non vengono specificate, ma certamente non sono trascurabili, in quanto il manufatto – oltre ad avere pacificamente una superficie superiore al limite di 30 mq considerato dall’art. 21, citato – secondo quanto indicato nell’autorizzazione paesaggistica, consiste in “un box per 10 cani, da realizzarsi con muratura in blocchi di cemento, copertura in pannelli prefabbricati e separazioni in rete”), va piuttosto considerato un canile.
6.2. Ciò precisato, è lo stesso ricorrente a sottolineare che le NTA del PRG del 1975, sulla base del quale è stato approvato il piano di lottizzazione, disponevano che per le zone “C” la destinazione edilizia era da intendersi uguale a quella per le zone “B” (art. 23), nelle quali (art. 22) era espressamente previsto poter realizzare “abitazioni, esercizi pubblici, uffici pubblici e privati, negozi, botteghe, studi professionali, uffici di polizia, uffici postali e telefonici, piccoli laboratori artigianali, edifici pubblici, autori-messe, sedi di banche e alberghi, ristoranti, sale da spettacoli, locali per divertimenti in genere, attività commerciali e comunque tutto quanto non contrasti con il carattere preminentemente residenziale della zona”.
Ed anche se si volessero considerare le NTA del vigente PRG, esse (art. 23) consentono “nelle sottozone C […] l’apertura di pubblici esercizi, uffici, negozi per il commercio al dettaglio e attività artigianali nella misura massima del 45% della volumetria ammessa nella singola sottozona” ma ciò “purché queste attività non siano ne’ nocive, ne’ moleste e purché siano previste nello strumento urbanistico attuativo individuando un numero di parcheggi in conformità alle vigenti disposizioni di leggi in relazione al tipo di attività prevista. L’apertura delle attività sopra citate è subordinata alla compresenza di quella residenziale che dovrà essere assentita contestualmente o propedeuticamente alle specifiche attività”.
6.3. Com’è evidente, in entrambi i casi, sarebbe consentita una vasta gamma di destinazioni d’uso, ma comunque sottoposte ad un limite funzionale volto a garantire la vivibilità delle abitazioni alla luce del “carattere preminentemente residenziale della zona”, poi specificato per quell’area dal piano di lottizzazione nella esclusiva destinazione ad “abitazioni” con tipologia “uni o bifamiliari”.
Nulla, peraltro, impediva che in sede attuativa, per la zona in questione venisse introdotta dal piano di lottizzazione una previsione restrittiva quanto alla (unica) destinazione consentita, e comunque la predetta previsione – come riportata al par. 1.1., del tutto univoca – non è stata impugnata dal ricorrente.
6.4. Alla luce di tale destinazione residenziale (la tipologia di edilizia abitativa, “uni o bifamiliare”, non aggiunge nulla di rilevante ai fini della controversia, e comunque il richiamo ad essa nei dinieghi non denota la confusione lamentata dal ricorrente), un manufatto destinato a ricovero per cani avrebbe potuto essere assentito soltanto qualora riconducibile alla nozione di pertinenza, secondo le previsioni a tal fine dettate dall’art. 21 del regolamento regionale. Ma i limiti previsti dall’art. 21 non risultano rispettati dal progetto in questione, sia perché il manufatto avrebbe dimensioni eccedenti i 30 mq, sia poiché non ricadrebbe nel lotto in cui è ubicata l’abitazione (alla quale, come pertinenza, dovrebbe riferirsi).
6.5. I due limiti non sembrano superabili in via interpretativa, sia perché testualmente univoci, sia perché sono sorretti da una ratio che non riguarda solo la limitazione del distanziamento della pertinenza dall’abitazione (a tutela dei lotti vicini di proprietà altrui), ma sottende anche la necessità di un effettivo collegamento pertinenziale (destinazione all’effettivo servizio dell’abitazione). In questa prospettiva, è evidente che un conto è la cuccia del cane di famiglia, posta accanto all’abitazione, ma cosa ben diversa è un canile, o comunque un ricovero per almeno dieci cani, posto nel lotto adiacente (e magari al confine con un lotto di proprietà altrui), sotto il profilo dell’impatto, soprattutto sonoro, che l’opera ha sulla situazione di relativa quiete e tranquillità consona ad una zona residenziale e tutelata dalle previsioni dei PRG sopra ricordate.
6.6. I rilievi ostativi esternati dal Comune si sottraggono perciò alle censure dedotte.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
TAR UMBRIA, I – sentenza 19.08.2025 n. 660