1. Con sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. Campania. Sez. VI, ha accolto il ricorso di primo grado proposto da -OMISSIS- e, per l’effetto, ha ordinato al Comune di -OMISSIS- di esibire la documentazione richiesta da questi, sia in forma di accesso documentale (artt. -OMISSIS- e ss. l. n. 241/1990) sia in forma di accesso civico generalizzato (ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 97/2016 e dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013), nella dichiarata qualità di comproprietario di un fondo limitrofo ad altro (in possesso del signor -OMISSIS-) interessato da interventi edilizi (l’istanza di accesso aveva ad oggetto i titoli edilizi abilitativi rilasciati dal Comune in relazione ai predetti interventi edilizi).
Il giudice di primo grado ha condannato “le parti resistenti, in capo alle quali grava altresì in via solidale l’obbligo del rimborso del contributo unificato nella misura effettivamente versata dal ricorrente, al pagamento delle spese di lite, che partitamente si liquidano in € 1.500,00, oltre accessori come per legge a carico del Comune di -OMISSIS-, e in € 1.500,00, oltre accessori come per legge a carico di -OMISSIS-, con attribuzione all’avv. Gianpaolo Buono, siccome dichiaratosi antistatario”.
2. Il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza di primo grado, con ricorso in appello notificato in data 12 maggio 2025 e depositato in pari data.
2.1. Con il primo motivo deduce error in judicando et in procedendo; difetto di istruttoria; omessa motivazione; contraddittorietà; travisamento dei fatti.
L’appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado che ha ritenuto sussistente l’interesse del sig. -OMISSIS- alla ostensione dei documenti richiesti sulla base del titolo di comproprietà del fondo limitrofo e quindi sul presupposto della sussistenza della vicinitas.
Il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto del fatto che il terreno sito in -OMISSIS- alla via degli agrumi, identificato catastalmente al foglio -OMISSIS-, p.lle -OMISSIS- e -OMISSIS-, del quale il sig. -OMISSIS- assume di essere comproprietario sarebbe stato posseduto animo domini da oltre quarant’anni ininterrottamente dal sig. -OMISSIS-, che ne sarebbe divenuto proprietario per usucapione.
A riprova di quanto dedotto evidenzia di aver realizzato sul predetto fondo un manufatto di dimensioni pari a 126 mq (successivamente oggetto di ampliamento per totali 144 mq), per il quale ha presentato istanza di condono edilizio prot. n. 2216/1995 e a causa del quale è stato sottoposto a diversi procedimenti di natura penale.
Evidenzia, altresì, che il Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Ischia, con sentenza n. 2381/2022, ha respinto le azioni possessorie presentate dal signor -OMISSIS- in relazione al medesimo fondo (sentenza confermata in secondo grado dal Tribunale di Napoli, con ordinanza n. 5695/2023).
Si duole del fatto che il giudice di primo grado non abbia esaminato l’istanza di accertamento incidentale dell’intervenuta usucapione, formulata dal sig. -OMISSIS- nell’ambito del giudizio di primo grado.
Richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, qualora l’amministrazione, nel giudizio amministrativo proposto da chi alleghi di essere proprietario dell’immobile, deduca per il tramite di una memoria di replica in primo grado, di avere usucapito la proprietà, tale difesa va qualificata come eccezione riconvenzionale, risolvibile mediante cognizione incidentale da parte del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a.
2.2. Con il secondo motivo di gravame, deduce error in judicando et in procedendo; travisamento dei fatti; contraddittorietà; irragionevolezza.
L’appellante evidenzia di aver rappresentato in sede procedimentale le circostanze sopra richiamate (ossia, il possesso da oltre venti anni e i provvedimenti giurisdizionali di rigetto della domanda possessoria); l’amministrazione ha tenuto un comportamento inerte, facendo formare il silenzio rigetto (silenzio significativo).
A giudizio dell’appellante, il provvedimento (tacito) di diniego si fonderebbe proprio sulle considerazioni svolte in sede procedimentale dall’odierno appellante; a sostegno di quanto dedotto richiama le memorie prodotte dalla amministrazione comunale nel giudizio di primo grado.
2.3. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante deduce error in judicando et in procedendo; omessa istruttoria; travisamento dei fatti; irragionevolezza; illogicità; contraddittorietà.
L’appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado secondo cui “la domanda di accesso avanzata dalla ricorrente è stata puntualmente formulata in relazione: – alla tipologia dei documenti; – al bene immobile cui detti documenti afferiscono (o dovrebbero afferire, ove esistenti)…”.
L’appellante sostiene che l’istanza di accesso documentale sarebbe generica, in quanto il sig. -OMISSIS- non avrebbe specificato:
“i. quali sarebbero le opere realizzate dall’appellante;
ii. l’entità dell’asserito incremento plano volumetrico che avrebbe interessato il manufatto in titolarità -OMISSIS-;
iii. quando gli interventi edili sarebbero stati realizzati”.
Nel caso di specie mancherebbe la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento rispetto al quale è esercitato l’accesso.
Secondo la prospettazione dell’appellante, il sig. -OMISSIS- si sarebbe limitato ad affermare che l’appellante aveva compiuto opere edilizie di ampliamento ad un fabbricato preesistente, senza fornire alcuna prova che tale attività sia mai avvenuta, per poi chiedere in maniera generica l’ostensione di un elenco di atti disancorati dal concreto stato di fatto dei luoghi.
Sostiene che il sig. -OMISSIS- non avrebbe indicato l’interesse difensivo sotteso alla richiesta di accesso documentale.
Sostiene inoltre che non ricorrano i presupposti per l’esercizio dell’accesso civico generalizzato; a suo giudizio, il sig. -OMISSIS- avrebbe strumentalmente fatto riferimento all’istituto dell’accesso civico generalizzato per superare la carenza di requisiti necessari per l’esercizio del diritto di accesso documentale, ai sensi degli artt. -OMISSIS- e ss. l. n. 241/1990 e s.m.i.
Nel caso di specie, il sig. -OMISSIS- non avrebbe indicato le informazioni di carattere ambientale cui chiede di accedere.
Sostiene che non è possibile consentire a chiunque l’accesso a qualsiasi titolo edificatorio; una simile interpretazione svilirebbe l’istituto dell’accesso documentale, di cui agli artt. -OMISSIS- e ss. della l. 241/1990.
2.4. L’appellante evidenzia di aver formulato istanza istruttoria finalizzata all’accertamento, in via incidentale, dell’acquisizione della titolarità dell’area per usucapione; l’istanza è riproposta dall’appellante anche per il grado di appello.
3. Si è costituito in giudizio il signor -OMISSIS-, chiedendo il rigetto dell’appello e la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado di appello, da attribuirsi al difensore antistatario.
4. Con ordinanza n. -OMISSIS-, è stata accolta l’istanza cautelare, al fine di pervenire alla fase di merito re adhuc integra.
5. Alla camera di consiglio del 25 settembre 2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. Il ricorso è infondato.
7. Questa Sezione (sentenza -OMISSIS-) ha avuto modo di evidenziare che l’ordinamento giuridico stabilisce un obbligo di pubblicazione dei titoli edilizi e una sorta di dovere di controllo (sociale) sull’attività edilizia nell’ambito del territorio comunale.
Tale obbligo rinviene il suo fondamento nell’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001, a norma del quale “dell’avvenuto rilascio di un titolo edilizio va dato avviso all’albo pretorio”, e nell’art. 27, del medesimo decreto, che prevede al comma 1: “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi” e, al comma 2, che la “inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1” può essere “constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini”; infine, al comma 4, che “Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti”.
Il regime di pubblicità dei titoli edilizi è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo “diffuso” sull’attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire; i titoli edilizi sono, infatti, atti pubblici, in relazione ai quali il titolare del titolo abilitativo non può opporre un diritto di riservatezza; la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato inoltre che al proprietario del fondo limitrofo a quello interessato da nuove opere spetta il diritto di accesso a tutti gli atti abilitativi edilizi, quando si faccia valere l’interesse ad accertare il rispetto delle previsioni urbanistiche, trattandosi di posizione qualificata e differenziata e non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, -OMISSIS-).
8. Tanto premesso, il signor -OMISSIS- risulta formalmente comproprietario del fondo limitrofo a quello dell’odierno appellante (nella istanza di accesso documentale ha dichiarato di essere “proprietario, in comune e pro indiviso con i germani -OMISSIS-… e -OMISSIS- … di un appezzamento di terreno di circa mq 1119 sito in -OMISSIS- alla via degli -OMISSIS-, località -OMISSIS-, riportato in Catasto al Foglio 2, P.lle -OMISSIS- e -OMISSIS- (ex -OMISSIS-), giusta atto di compravendita per notaio -OMISSIS- del 15 settembre 1995, rep. n. -OMISSIS-, Racc. n. -OMISSIS-” e che “tale appezzamento di terreno è confinante, tra l’altro, con il fondo, con annessi manufatti, in possesso del sig. -OMISSIS- (ora di proprietà dei figli -OMISSIS-), e riportato in Catasto al Foglio -OMISSIS-, p.lla -OMISSIS-, adibito ad attività commerciali”); il contratto di vendita del 15 settembre 1995 è stato depositato nel giudizio di primo grado.
Ritiene il Collegio che non si possa pretendere che l’amministrazione in sede di accesso documentale accerti se la proprietà è stata o meno acquisita (per usucapione) da altri; né questo accertamento può essere richiesto in via incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., nell’ambito del rito sull’accesso documentale, in quanto l’accertamento dell’acquisto della proprietà per usucapione richiede degli approfondimenti istruttori che non sono compatibili con il rito dell’accesso (che è un rito speciale che si connota per la celerità).
Il rigetto delle azioni possessorie proposte dal signor -OMISSIS- non è giuridicamente dirimente; il fatto che, attualmente, il signor -OMISSIS- non abbia il possesso del fondo non significa che non sia proprietario o che altri ne abbia acquisito la proprietà per usucapione, essendo differenti i presupposti dell’azione possessoria rispetto a quelli dell’azione petitoria.
9. Non può essere condivisa la censura relativa alla dedotta genericità del richiesto accesso documentale.
L’istanza di accesso documentale presentata dal signor -OMISSIS- risulta sufficientemente circoscritta, con la indicazione dei dati catastali del fondo oggetto della istanza di accesso, e la precisazione che “Tale ultima proprietà ha formato oggetto, anche di recente, di interventi di trasformazione urbanistico-edilizia con conseguenti incrementi plano volumetrici, che hanno causato l’alterazione dell’originario stato dei luoghi, in aperta violazione sia dei diritti dominicali vantati dall’istante in conseguenza del degrado urbanistico ed ambientale determinato dall’altrui attività, sia delle prescrizioni del vigente P.R.G. e della normativa vincolistica, che vietano interventi di tal tipo in un territorio, quale è quelli del comune di -OMISSIS-, di eccezionale pregio paesaggistico”.
Il divieto di aggravamento del procedimento, se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento della istruttoria (di cui all’art. 1, comma 2, l. n. 241/1990), preclude alla amministrazione il potere di richiedere la puntuale e precisa indicazione del contenuto e degli estremi dei titoli da visionare, dovendo ritenersi sufficiente una richiesta, come quella formulata, in grado di consentire all’amministrazione, senza spendere attività di formazione ed elaborazione di dati, l’individuazione della pratica edilizia, da cui estrapolare i titoli abilitativi che hanno legittimato i relativi interventi edilizi.
10. In ogni caso, il signor -OMISSIS- ha presentato la domanda di ostensione documentale anche in forma di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013.
Anche se il signor -OMISSIS- dovesse aver perduto la titolarità del fondo limitrofo per intervenuta usucapione, sussisterebbero comunque i presupposti per consentire l’ostensione documentale, nella forma dell’accesso civico generalizzato.
L’accesso civico generalizzato è azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione di un interesse, concreto e attuale in relazione alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazioni in tal senso (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2021, n. 60; Sez. VI, 5 ottobre 2020, n. 5861); a tale riguardo, è stato precisato (Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2020, n. 5861) che con l’accesso civico generalizzato il legislatore ha inteso superare il divieto di controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni, su cui è incentrata la disciplina dell’accesso di cui agli artt. -OMISSIS- e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241, così che l’interesse individuale alla conoscenza è protetto in sé, ferme restando le eventuali contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, di cui alle eccezioni espressamente stabilite dalla legge a presidio di determinati interessi ritenuti di particolare rilevanza per l’ordinamento giuridico (Consiglio di Stato, Sez. IV, -OMISSIS-).
Nel caso di specie, non si ravvisa la violazione del divieto di abuso del diritto, individuato come limite invalicabile rispetto al possibile utilizzo distorto dell’accesso civico generalizzato (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 10/2020).
Secondo la definizione più accreditata in giurisprudenza, l’abuso del diritto è configurabile allorché il titolare di un diritto, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti al fine di conseguire risultati diversi e ulteriori rispetto a quelli per i quali il diritto è stato attribuito dall’ordinamento e/o con modalità non necessarie e irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato e ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, al fine di conseguire risultati diversi e ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono stati attribuiti (Consiglio di Stato, Sez. IV, -OMISSIS-).
In relazione alla natura pubblica dei titoli edilizi, al titolo di comproprietà del soggetto istante e al carattere delimitato e circoscritto dell’oggetto della istanza di accesso presentata (rispetto alla quale non vengono in rilievo, né sono rappresentate difficoltà oggettive in ordine alla individuazione dei titoli edilizi richiesti e alla loro ostensione), non risultano superati i limiti stabiliti dal legislatore in materia di accesso civico generalizzato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 5 agosto 2024 n. 6958), né si ravvisa un uso sviato del predetto istituto.
11. In conclusione, l’appello è infondato e va respinto.
12. Le spese del grado di appello, liquidate nel dispositivo a favore del signor -OMISSIS-, sono poste a carico dell’appellante, secondo l’ordinario criterio della soccombenza.
CONSIGLIO DI STATO, IV – sentenza 01.10.2025 n. 7675