1. È controversa la legittimità dell’epigrafata ordinanza di demolizione, emanata dal Comune di Pompei ex art. 31 TUE, avente ad oggetto la realizzazione di opere abusive realizzate su due manufatti di proprietà del ricorrente di risalente costruzione, in assenza di titolo e, peraltro, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
1.1 Più in dettaglio, le opere contestate sono così descritte: “…l’area in questione è composta da un lotto di terreno recintato, di forma rettangolare con la presenza di due fabbricati. Tale area fa parte di una ampia particella identificata catastalmente al foglio 4 particella 3846. Il fabbricato principale (fabbricato A) è composto da un solo pianoterra avente una superficie complessiva di circa 130 mq, lo stesso è stato realizzato con pilastri in cemento armato e copertura in legno del tipo a falde con altezza minima di circa 2,95 mt e un’altezza massima di circa 4,25 mt, il tutto per una volumetria complessiva di circa 468 mc. Alla data del sopralluogo si presenta con tompagni perimetrali, intonacati esternamente e la realizzazione in corso di tramezzi interni ed impianti. Sul lotto è presente un ulteriore fabbricato (fabbricato B) di forma quadrata composto da un piano terra, con accesso diretto dal cortile, ed un piano interrato accessibile mediante una rampa scala posta sul lato ovest della costruzione. Il piano terra copre una superficie di circa 22 mq composto da pilastri in cemento armato e copertura in legno del tipo a falde con altezza minima di circa 2,65 mt e un’altezza massima di circa 2,95 mt, il tutto per una volumetria complessiva di circa 60 mc. Il piano seminterrato presenta una superficie di circa 22 mq per un’altezza di 2,00 mt, il tutto per una volumetria di circa 44 mc. Attualmente si presentano solo tompagnati e intonacati esternamente. L’intero lotto si presenta con lavori i n corso di sistemazione esterna con la realizzazione di pozzetti per impianti di servizio e la realizzazione di piccoli pilastrini in c.a. di dimensioni 0,35×0,35 mt a delimitazione del confine tra i due fabbricati. È presente per l’intero perimetro un muretto di recinzione di circa 1,00 mt, dove solo in parte sovrastato da ringhiera in ferro di altezza di circa 1,20, 3mt. sul lato sud è presente un cancello carrabile scorrevole di entrata alla corte recintata, di misura di circa 5,40 mt…”.
1.2 A fondamento dell’impugnativa, il ricorrente deduce tre articolati motivi con cui lamenta vizi di violazione di legge ed eccesso di potere per più profili, rimarcando, in particolare:
I) l’obliterazione delle regole di partecipazione procedimentale;
II) il patente difetto di istruttoria, in quanto le opere sarebbero state superficialmente ed erroneamente qualificate come interventi di nuova costruzione, in totale difformità o con variazioni essenziali e sanzionate ai sensi dell’art. 31 TUE, laddove, in tesi di parte, sarebbero invece più correttamente qualificabili come opere di manutenzione straordinaria, ex art. 3 del D.P.R. 380/2001; dunque, per la loro realizzazione non sarebbe stato richiesto il previo rilascio del permesso di costruire, bensì, ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 380/2001, la mera presentazione di una S.C.I.A. con conseguente assoggettamento al regime sanzionatorio dell’art. 37 del D.P.R. 380/2001 e, dunque, con pagamento della sanzione pecuniaria, senza applicazione della più rigorosa sanzione dell’abbattimento e acquisizione al patrimonio comunale in caso di inottemperanza;
III) la mancanza di adeguata, ponderata e ragionevole motivazione in merito alla sussistenza attuale dell’interesse pubblico posto a base della decisione sanzionatoria, a fronte dell’affidamento ingeneratosi, considerato che, in ogni caso, i manufatti sono di epoca risalente e la loro legittimità non è stata mai contestata prima dall’Ente.
2. Si è costituita in resistenza l’amministrazione comunale di Pompei, eccependo l’infondatezza di tutte le avverse cesure, stante la legittimità dell’azione amministrativa censurata, e instando per la reiezione del ricorso.
3. Sulle conclusioni delle parti, la causa è passata in decisione nell’udienza smaltimento del giorno 17 giugno 2025, tenuta da remoto.
4. Il ricorso è infondato.
4.1 Non coglie nel segno la dedotta violazione delle regole di partecipazione procedimentale, dovendosi al riguardo rilevare che, trattandosi di attività vincolata, in ogni caso la comunicazione di avvio del procedimento non costituisce circostanza di per sé idonea a inficiare la legittimità sostanziale dell’azione amministrativa oggetto di contestazione.
Secondo la consolidata giurisprudenza, difatti, l’ordinanza di demolizione conseguente all’accertata abusività di opere edilizie non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento, “trattandosi d una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge per reprimere un abuso edilizio; inoltre, il presupposto di fatto del provvedimento di demolizione, ossia l’abuso, costituisce un elemento di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo ” (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1452).
4.2 Quanto alla contestazione della disciplina sanzionatoria applicabile al caso di specie, il Collegio intende richiamare la pacifica giurisprudenza per cui nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, indipendentemente dalla natura dell’intervento e dal titolo necessario per la sua edificazione, è in ogni caso doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria.
Invero, a prescindere dal titolo ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio in zona vincolata (DIA, Scia o permesso di costruire), ciò che rileva è il fatto che lo stesso intervento è stato posto in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo e, pertanto, ai sensi dell’art. 27, comma 2, DPR 380/2001, deve essere sanzionato attraverso il provvedimento sanzionatorio nella specie correttamente adottato dall’amministrazione (cfr. CdS, sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 62). Va al riguardo rimarcato che la norma contenuta nella indicata disposizione riconosce all’Amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate e in assenza dei necessari titoli abilitativi, come nella specie, anche a prescindere dall’entità e dalla asserita natura pertinenziale dell’intervento realizzato, all’evidente fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato e a salvaguardia dei valori salvaguardati dal vincolo. E ciò mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati (cfr. TAR Na, sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 310).
Nella specie, come incontestatamente eccepito dal Comune, tutte le opere già realizzate nonché quelle in corso di finitura, insistenti in una zona classificata “agricola” dal vigente strumento urbanistico comunale e soggetta al vincolo paesaggistico, risultano prive dei relativi permessi urbanistici, di talché sono state correttamente inquadrate come opere che, complessivamente considerate, hanno prodotto un incremento di volume avente diretta incidenza sul carico antropico; è quindi indubbio che per siffatta opere sarebbe stato necessario acquisire in via preventiva non solo il permesso di costruire, ma anche l’autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 167 d.lgs. 42/2004 e l’autorizzazione sismica, risultando l’area in oggetto sottoposta a vincolo sismico classificato con il grado di sismicità pari a 9.
Ad ogni modo le opere in parola si inseriscono in un contesto territoriale protetto. Per giurisprudenza costante (da ultimo cfr. sent. Consiglio di Stato, n. 7426 dell’ 8 novembre 2021), in caso di vincolo paesaggistico, qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica (con conseguente sanzione demolitoria in caso di titolo carente), e ciò anche quando trattasi di opere realizzabili mediante d.i.a; infatti l’articolo 27 del DPR n. 380 del 2001 (applicato dal Comune intimato) impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano comunque costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico (cfr. Tar Campania Napoli, sez. VI, 11 giugno 2021 n. 3940) a prescindere dalla classificazione degli abusi valevole nel diverso contesto dei titoli edilizi.
Si tratta, infatti, nella sostanza, di plurimi aumenti volumetrici, che hanno comportato la realizzazione di nuovi corpi di fabbrica con incremento del carico urbanistico in zona agricola e paesaggisticamente tutelata.
Le esaminate censure sono, dunque, infondate.
4.3 Inoltre, non colgono nel segno i rilievi di difetto di motivazione e di istruttoria.
Sul punto il Collegio intende richiamare la costante giurisprudenza amministrativa che, con molteplici arresti, anche consolidati nell’orientamento di questo Tribunale (cfr. da ultimo, TAR Campania, sez. VI, 10 marzo 2021, n. 1625 e giurisprudenza ivi citata), ha più volte ribadito il principio secondo cui il provvedimento che ingiunge la demolizione in conseguenza della rilevata abusività delle opere è atto rigidamente ancorato al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto e, dunque, proprio per la sua natura vincolata, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongano la rimozione dell’abuso. È infatti evidente che l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento dell’attività urbanistico-edilizia e all’armonico sviluppo del territorio è “in re ipsa” e, dunque, non può trovare limite nell’interesse al mantenimento di opere abusive da parte di chi le abbia realizzate; né può parlarsi di tutela dell’affidamento dato che non è meritevole di tutela un affidamento che si basi su un’attività illecita (cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2020, n. 6498).
4.4 Infine, vanno respinte le censure di difetto di istruttoria essendo chiaramente indicata la normativa edilizia violata, stante la realizzazione in zona vincolata di opere in assenza di titolo abilitativo a realizzarle.
5. In conclusione il ricorso è respinto.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
TAR CAMPANIA – NAPOLI, IX – sentenza 04.09.2025 n. 6053