Urbanistica e edilizia – Mutamento di finalità d’uso di un fabbricato denegato dal Comune per disomogeneità tra le due destinazioni

Urbanistica e edilizia – Mutamento di finalità d’uso di un fabbricato denegato dal Comune per disomogeneità tra le due destinazioni

1.Con ricorso notificato il 23.2.2023, la D.P. Immobiliare S.r.l. ha impugnato il provvedimento del Comune di Quarto, Ufficio Tecnico comunale, settore V del 29.12.2022 protocollo n. 461787/2022 che ha denegato il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato da “Edificio scolastico” a “Residenziale”, chiesto ai sensi della L.R. 16/14 art. 1 co. 144 e 145.

Premette di avere in corso di realizzazione un edificio scolastico in Quarto (NA) alla via Matilde Serao, giusto PdC n.61/2017 per il quale, con istanza del 16.11.2022 prot. 40323, ha richiesto il cambio di destinazione d’uso da “edificio scolastico” a “residenziale” ai sensi della L.R. 16/2014 art. 1 co. 144 e 145.

A fronte di preavviso di rigetto, a cui sono seguite osservazioni, con il provvedimento definitivo il Comune di Quarto ha respinto l’istanza per le seguenti ragioni ostative:

-la destinazione d’uso “residenziale” di progetto è in contrasto con le NTA del vigente PRG che per la zona Fa, ove ricade l’intervento, vieta la realizzazione di edifici per usi diversi dalle attrezzature per l’istruzione, per i seguenti motivi:

a) l’invocato art.1, comma 144 della L.R. 16/2014, da intendersi sostituito, come sopra precisato, dall’art. 4 della L.R. n.13/2022, è riferito agli edifici dismessi localizzati in aree urbane degradate con l’obiettivo di promuoverne la riqualificazione, fattispecie in cui non rientra al caso in oggetto, atteso che l’immobile esistente risulta autorizzato in attuazione dello strumento urbanistico comunale vigente risulta ancora in corso di realizzazione;

b) l’attuale destinazione d’uso dell’immobile “scuola elementare realizzato in zona Fa (aree ed attrezzature per l’istruzione) in attuazione delle previsioni del vigente PRG non è assimilabile alla destinazione terziaria come ipotizzato dal progettista, trattandosi di un’opera costituente “urbanizzazione secondaria” prevista, per legge, dallo strumento urbanistico generale e, pertanto, non rientrante tra le destinazioni “compatibili e complementari” di cui al richiamato art. 4, comma 13 della L.R. 13/2008;

c) non è stata individuata nel lotto di intervento la superficie da destinarsi a c.d. standard urbanistici, nella misura prevista dall’art. 3 del DM 1444/68 come integrata dal PRG ( 20 mq/ab) affinchè l’amministrazione comunale possa valutare l’acquisizione al patrimonio delle stesse o, in alternativa, la relativa “monetizzazione”. Non è possibile infatti imporre la monetizzazione delle predette superfici per mancanza di disponibilità nel lotto di intervento”.

2. Con un unico motivo di ricorso, la D.P. Immobiliare ha censurato la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 TUED e della l.r. 16/2014 art. 1 comma 144 e 145, quest’ultimo ritenuto sostituito dall’art. 4 L.R. 13/22.

Secondo la ricorrente l’art. 1 cit. consente, in via straordinaria, il mutamento di destinazione d’uso, sempre che (e solo a questa condizione) si tratti di interventi puntuali per edifici, come nel caso concreto.

Vi sarebbe effettiva incompatibilità nella sola ipotesi in cui le destinazioni d’uso a confronto (in questo caso terziario/scuola e residenza) siano caratterizzate da un tale elemento di disomogeneità da impedire la piena regolare esplicazione delle rispettive funzioni (es. industrie insalubri e residenze), e quindi anche per categorie disomogenee purchè coerenti con l’assetto urbanistico.

L’art.4 della L.R. 13 del 10.8.2022 richiamato nel diniego impugnato come norma sopravvenuta e quindi per non applicare l’art. 1 comma 144 cit., disciplina invece gli interventi di rigenerazione urbana al fine di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, anche in attuazione dell’articolo 5, comma 9 del decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011 n. 106.

Esso, quindi, non avrebbe abrogato la L.R. 16/2014, trattandosi di norma puntuale che si rivolge alla riqualificazione, consentendo interventi di sostituzione edilizia di immobili dismessi con cambi di destinazione d’uso, compatibili e complementari, mentre l’art.1, comma 144 della L.R. 16/2014, invece, si rivolge in via derogatoria alla riqualificazione, consentendo interventi di cambio di destinazione d’uso di volumetrie esistenti e per interventi su singoli edifici perimetrali.

Inoltre, secondo la ricorrente, la destinazione ”scuola elementare”, rientra certamente tra i “servizi alla collettività” e quindi nelle destinazioni cosiddette “terziarie”, che si identificano per lo più nelle “urbanizzazioni secondarie”; vi è pertanto piena corrispondenza tra destinazioni “terziarie” ed “urbanizzazioni secondarie”.

Infine, la ricorrente ha contestato anche la rilevanza della mancata individuazione della superficie da destinare standard urbanistici nella misura prevista dal D.M. 1444/68, in quanto il Comune ben potrebbe procedere alla monetizzazione anziché alla acquisizione, come da lui stesso ammesso.

3. Il Comune di Quarto si è costituito con memoria formale.

4. In data 7.2.2024, la ricorrente ha notificato motivi aggiunti impugnando il provvedimento dell’Ufficio tecnico comunale, settore V del 18.12.2023 protocollo n. 0045077/2023, avente il medesimo oggetto e reso a fronte di una successiva istanza che la D.P. Immobiliare ha presentato il 7.2.2023, istanza oggetto di preavviso di rigetto e diniego definitivo per le seguenti ragioni:

– l’art.1, comma 144 della L.R.n.16/2014 evidenzia la chiara volontà del legislatore campano di addivenire ad “una organica disciplina in materia di urbanistica ed edilizia” che regoli tutti i casi di applicazione di deroghe alla pianificazione urbanistica ordinaria. Tale volontà è testimoniata, nei fatti, dall’introduzione dell’art.7 bis alla L.R. 19/2009 e ss.mm.ii. (cd. piano casa) e dal successivo art. 4 comma 13 della L.R. 13/2022 che pertanto “non rende più ammissibili” gli effetti dell’art.1 comma 144 della L.R n. 16/2014;

– pertanto la destinazione d’uso di progetto non rientra tra le destinazioni compatibili o complementari con l’attuale destinazione della zona omogenea Fa (Aree ed attrezzature per l’istruzione) costituente opera di urbanizzazione secondaria, rientrante negli standard urbanistici previsti dal vigente PRG e pertanto non assimilabile alla destinazione residenziale progetto;

– l’art. 4 comma 13 della L.R. 13/2022 prevede la compatibilità con la destinazione originaria; per compatibilità si intende coesistenza tra due destinazioni ognuna delle quali esplica la propria funzione senza limitare l’altra. Il concetto di complementarietà, in alternativa alla compatibilità, esprime invece un concetto di integrazione tra la destinazione principale e la nuova destinazione consentita; è un concetto di accessorietà. La compatibilità porta al concetto di coesistenza, nella indipendenza delle rispettive funzioni. La complementarietà porta allo stesso concetto di coesistenza, facendo però dipendere la destinazione domandata da quella principale di cui ne forma parte integrante;

-nel caso in oggetto si verifica effettiva incompatibilità in quanto le destinazioni d’uso a confronto sono caratterizzate da un tale livello di disomogeneità da impedire reciprocamente, ove ammesse, la piena e regolare esplicazione delle rispettive funzioni. Ne deriva, che per l’immobile in oggetto il mutamento di destinazione d’uso di progetto comporterebbe variazione allo strumento urbanistico.

5. Tale motivazione è stata censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 10 TUED, della l.r. 16/2014 art. 1 comma 144 e 145 e della l.r. 13/22, riproponendosi le medesime censure di cui al ricorso principale.

Inoltre, l’art. 4 della L.R.13/22 sarebbe anche ulteriormente superato in quanto esso specifica che gli interventi edilizi di rigenerazione urbana, previsti dallo stesso, sono consentiti fino al 30.06.2023, laddove il provvedimento definitivo di diniego risulta redatto in data 18.12.2023 quindi successivamente.

Inoltre, secondo la ricorrente, la destinazione ”scuola elementare” rientra tra i “servizi alla collettività” e quindi nelle destinazioni cosiddette “terziarie”, che si identificano per lo più nelle “urbanizzazioni secondarie”; vi è pertanto piena corrispondenza tra destinazioni “terziarie” ed “urbanizzazioni secondarie” come previste dall’art. 4 comma 2 della l. n. 847/64, che ricomprende la scuole, laddove la destinazione terziario-direzionale è articolata ricomprende anch’essa “ strutture specializzate per servizi (cliniche, scuole e centri di formazione).

6. Il Comune ha depositato memoria in vista della udienza di merito, eccependo l’improcedibilità del ricorso principale (per presentazione di una nova pratica edilizia) e articolando le proprie difese chiedendo il rigetto dei motivi aggiunti, valorizzando le caratteristiche della zona omogenea ove ricade il fabbricato (Fa – aree ed attrezzature per l’istruzione) la cui destinazione rientra nelle aree calcolate per il soddisfacimento degli standards urbanistici che già all’epoca di approvazione dello strumento urbanistico presentava una carenza rispetto alle previsioni.

Secondo il Comune, il cambio di destinazione d’uso richiesto avrebbe comportato quindi, da un lato, un notevole maggiore carico urbanistico nella zona, atteso che il progetto prevedeva la realizzazione di n. 9 abitazioni (3 per piano primo, secondo e terzo) e, al piano rialzato, di tre aree uffici e soprastanti volumi tecnici e, dall’altro, una notevole riduzione degli standards urbanistici previsti per il soddisfacimento delle aree ad attrezzature scolastiche, già carenti nel PRG, ai sensi del d.m. 1444/68.

La tesi del Comune è quindi che l’intervento proposto non rispetti la condizione prevista dall’art. 1, co. 144, L. Reg. 16/2014 a prescindere dalla sua applicabilità dopo l’approvazione della L.R. 13/2022 e tale ragione sarebbe sufficiente a consentire il rigetto dei motivi aggiunti.

In ogni caso, l’art. 1 co. 144 e 145, L. R. 16/2014 non sarebbe più applicabile dopo l’approvazione della L.R. 13/2022, il cui art. 4 è effettivamente applicabile fino al 30.6.2023, senza tuttavia che questo comporti la reviviscenza dell’art. 1, co. 144 e 145 L. Reg. 16/2014.

7. All’udienza del 30.6.2025 la causa è passata in decisione.

8. Preliminarmente va dichiarato improcedibile il ricorso principale, in quando esso ha ad oggetto un provvedimento che fa riferimento a una pratica edilizia (del 16.11.2022) che la stessa ricorrente ha sostituito con quella del 7.2.2023.

9. I motivi aggiunti non possono essere accolti perché l’art. 1 comma 144 della l.r. 16 del 2014 non può essere applicato alla fattispecie oggetto di giudizio.

La disposizione in questione stabilisce che “ Nelle more dell’approvazione di una organica disciplina in materia di urbanistica ed edilizia, in attuazione dell’articolo 5, comma 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia) convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 sono ammissibili, mediante permesso di costruire, le modifiche di destinazione d’uso di volumetrie esistenti, non comportando le stesse variazione allo strumento urbanistico vigente. Le suddette modifiche di destinazione d’uso sono possibili solo relativamente ad interventi puntuali riferiti a singoli edifici e purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari. Per consentire il mutamento di destinazione d’uso sono permessi gli interventi previsti nell’articolo 3, lettere a), b), c, e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) senza variazione di sagoma.”

Viene quindi in rilievo il concetto di destinazione d’uso “compatibile e complementare”, per definire il quale deve necessariamente individuarsi la destinazione d’uso principale.

Orbene, relativamente agli edifici scolastici essi non rientrano nelle cinque categorie funzionali di cui all’art. 23 ter TUED e nessuna normativa regionale li classifica come una categoria separata.

Tuttavia, il comma 2 dell’art. 27 della legge regionale 31 del 2021 stabilisce che “ ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, anche se non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, determina mutamento rilevante della destinazione d’uso, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati a una diversa categoria funzionale, tra quelle elencate dal comma 1 dell’articolo 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), se la stessa genera incremento del fabbisogno di standard urbanistici. La nuova destinazione d’uso è ammissibile esclusivamente se rientra tra quelle individuate dallo strumento di pianificazione urbanistica come compatibili per la parte del territorio comunale considerata.”

Pertanto, a parere del Collegio, quando un manufatto urbanisticamente rilevante non rientri in una delle categorie funzionali previste per legge e non vi sia normativa regionale sul punto, non può che farsi riferimento al trattamento ed essi riservato dallo strumento urbanistico locale (PRG, PDF, PUC).

L’ultimo periodo della disposizione citata è dunque dirimente sul punto, in quanto è stato ampiamente chiarito che l’edificio di proprietà della ricorrente si trova in zona del territorio comunale Fa, che è quella riservata alle aree del territorio comunale destinate ad attrezzature e servizi di interesse generale, sia pubblici che di uso pubblico tra cui le scuole.

Questo consente di ritenere corretta la decisione del Comune di Quarto, che non ha considerato possibile l’assimilazione tra l’edificio scolastico, inizialmente autorizzato, e quello residenziale al quale la società puntava.

In ambito urbanistico, infatti, la destinazione d’uso compatibile o complementare non può che riferirsi alla possibilità di coesistenza di diverse attività all’interno di un’area o di un edificio, senza che ciò comporti un cambio di destinazione urbanisticamente rilevante. In altre parole, si tratta di attività che possono integrarsi tra loro o che sono funzionalmente legate alla destinazione d’uso principale, senza creare un aggravio del carico urbanistico.

Ad esempio, all’interno di un’area industriale, la presenza di uffici, magazzini, aree di sosta per i dipendenti, mensa aziendale, alloggio del custode, può essere considerata compatibile o complementare alla destinazione d’uso principale di tipo industriale.

Non è invece in alcun modo pensabile che vi sia compatibilità o complementarità tra una scuola e civili abitazioni, che non appartengono a categorie omogenee posto che la scuola, come detto, anche se non classificata dall’art. 23 ter, ha una destinazione di tipo pubblico e collettivo che la differenzia nettamente da quella residenziale.

La prospettazione utilizzata dalla ricorrente nel ricorso è priva di riscontri normativi e fattuali, anzi, l’analisi di alcune discipline vigenti conduce a conclusioni opposte, nel senso della non assimilabilità della categoria.

Ad esempio, l’art. 3 del DPR 26 agosto 1993, n. 412 – Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, laddove prevede la “ Classificazione generale degli edifici per categorie” separa gli edifici adibiti a residenza (E.1) da quelli adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili (E.7).

Anche se si tratta di normativa specifica per l’ambito energetico, si tratta comunque di un indice di disomogeneità che può essere utilmente utilizzato ai fini della valutazione di legittimità della decisione del Comune, laddove non riconosce la complementarità delle destinazioni.

Inoltre, in numerose normative regionali, anche se non in Campania, gli edifici scolastici sono ricompresi nella categoria funzionale d) (direzionale, commerciale).

Infine, anche a livello catastale, gli edifici residenziali rientrano nel gruppo “A”, mentre le scuole in quello “B”.

A fronte di tali evidenti segnali di disomogeneità, il comma 144 dell’art. 1 della l.r. 16/2014 non può essere considerato applicabile al caso concreto.

I motivi aggiunti vanno quindi respinti, con compensazione delle spese considerata l’oggettiva peculiarità del caso e l’assenza di precedenti giurisprudenziali.

TAR CAMPANIA – NAPOLI, II – sentenza 27.08.2025 n. 5976

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live