1. Il presente ricorso verte sul provvedimento con il quale il resistente Comune ha denegato l’istanza di condono di parte ricorrente, inerente alla realizzazione di talune opere realizzate in difformità all’originaria concessione edilizia perché compiute all’interno della fascia di inedificabilità assoluta di 150 metri dalla battigia (art. 15, c. 1, lett. a, l.r. n. 78/1976).
1.1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, tenuto conto delle seguenti considerazioni.
1.1.1. Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento, avuto presente che il vincolo di inedificabilità assoluta in questione trova applicazione anche nell’area in cui sorge il fabbricato, che – come risulta dalla stessa perizia giurata di parte ricorrente (cfr. all. 6 di parte ricorrente, p. 3) – ricade in zona C.2.2 del locale P.R.G. e, dunque, non rientra tra le fattispecie per le quali la legge regionale n. 78/1976 non trova applicazione (vale a dire, le zone A e B, come meglio chiarito di seguito).
Al riguardo, questo Tribunale ha avuto modo di chiarire, richiamando la giurisprudenza conforme del giudice di appello siciliano, che “Con specifico riguardo al Piano comprensoriale di Sciacca, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha chiarito (riferendosi ad immobili collocati in zona E, ma con argomentazioni che ben possono trovare applicazione in tutte le zone diverse dalla A e dalla B) che “la dedotta circostanza che nel Comune di Sciacca fosse vigente dal 1973 il Piano Urbanistico comprensoriale che consentiva l’edificazione nelle zone “E” di immobili senza il rispetto della distanza dei 150 m dalla battigia appare priva di pregio a fronte della natura cogente del vincolo assoluto d’inedificabilità posto dal sopraggiunto art. 15 della l.r. n. 78/1976, dal quale non può derogarsi per alcuna ragione. L’area su cui insiste l’immobile, classificata come zona “E”, diversamente da quanto dedotto dai ricorrenti, esclude in radice l’applicabilità dell’invocato art. 18 della l.r. n. 78/1976 secondo cui “restano salve le disposizioni contenute nei piani regolatori generali e comprensoriali già approvati o divenuti efficaci ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, nonché quelle relative alle zone A e B dei programmi di fabbricazione già approvati”. Il regime delle eccezioni avrebbe potuto riguardare soltanto il passato (ossia le zone A e B già pianificate in sede comunale) poiché, per il futuro, il vincolo era destinato a prevalere sulla pianificazione locale, rimanendo indifferente a eventuali, difformi interventi programmatori del territorio. È il caso di ribadire, infatti, che “la norma regionale mira a tutelare l’interesse pubblico primario alla conservazione dei valori ambientali insiti nel perimetro costiero dell’intera regione siciliana ed è in grado di resistere, sotto il profilo della gerarchia delle fonti, ad eventuali tentativi di incisione realizzati dagli enti locali attraverso varianti della zonizzazione, introdotte nei propri strumenti pianificatori” (Cgars, sez giur. 21 settembre 2010, n. 1220)” (C.G.A.R.S., sez. riun., pareri 28 luglio 2021, nn. 260, 261, 262 e 265). L’art. 18 della legge n. 78/1976 non ha introdotto, pertanto, un’ulteriore deroga alla previsione del precedente art. 15, come ritiene parte ricorrente, ma si è limitato a ribadire che il vincolo ivi disposto non trova applicazione per le zone A e B, stabilite nei p.r.g., nei piani comprensoriali e nei programmi di fabbricazione” (cfr., tra le tante, TAR Sicilia, sez. II, 26 febbraio 2024, n. 764; ibidem, 13 febbraio 2024, n. 543. Tale orientamento è stato più di recente richiamato dalla Sezione con la sentenza n. 3482 del 12 dicembre 2024).
Com’è noto (e come ulteriormente chiarito dalla recente sentenza n. 72/2025 della Corte costituzionale), il vincolo di inedificabilità in questione ha natura assoluta e trova applicazione anche con riguardo ai privati per le costruzioni realizzate dopo il 31 dicembre 1976, tenuto conto del disposto di cui all’art. 2, c. 3, l.r. n. 15/1991, di interpretazione autentica della prima.
Ne discende che è irrilevante l’eventuale parere favorevole della Soprintendenza (cfr. all. 5 di parte ricorrente), come del resto già affermato da questo Tribunale (ex plurimis, TAR Sicilia, sez. I, 18 ottobre 2021, n. 2845) e dallo stesso giudice di appello (C.g.a.r.s., sez. giurisd., 21 settembre 2010, n. 1220).
Parimenti irrilevante è la sentenza che ha assolto il dante causa di parte ricorrente in sede penale (cfr. all. 6 di parte ricorrente), per la dirimente considerazione che la stessa non è stata resa nei confronti di alcuna delle parti del presente giudizio (cfr. art. 654, c.p.p.).
Né risulta condivisibile quanto affermato da parte ricorrente in merito al fatto che le opere in questione non avrebbero determinato alcun avanzamento del fabbricato, posto che il vincolo in questione trova applicazione generalizzata per tutte le costruzioni.
Esigenze di completezza impongono di precisare che parte ricorrente non ha invocato l’art. 10, l.r. n. 26/1986, a mente del quale “Le opere eseguite in costruzioni non abusive che ricadano in zone vincolate da leggi statali o regionali di cui al decimo comma dell’art. 23 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, comprese quelle in zone inedificabili o pregiudizievoli per la tutela nonché le opere eseguite in costruzioni non abusive insistenti nella fascia dichiarata inedificabile ai sensi dell’art. 15, lett. a, della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, possono ottenere la concessione o autorizzazione in sanatoria con il solo adempimento di eventuali prescrizioni degli enti preposti alla tutela del vincolo, quando i lavori eseguiti consistono in ristrutturazioni e modifiche. La predetta procedura si applica anche nel caso che le ristrutturazioni e modifiche hanno comportato aumento di volume non superiore al 10 per cento di quello preesistente, con esclusione per le zone di interesse archeologico e per gli edifici di interesse storico, artistico o architettonico“. E fermo restando che non risulta nemmeno un principio di prova in ordine al fatto che l’aumento di volume (pari – si rammenta – a mc. 396,54) potrebbe rientrare nel limite del 10 percento di cui all’anzidetta disposizione.
1.1.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, tenuto conto del fatto che – come affermato dallo stesso giudice di appello siciliano con specifico riguardo al Comune di Sciacca (C.g.a.r.s., sent. non definitiva 25 gennaio 2024, n. 72) – “In disparte ogni valutazione in ordine alla ricorrenza in fatto dell’urbanizzazione della zona, la circostanza che il fabbricato ricada in un’area ampiamente urbanizzata e antropizzata non costituisce un caso di deroga al vincolo di inedificabilità a ridosso della battigia: infatti, “è del tutto estraneo alla problematica relativa alla tutela del vincolo paesaggistico il riferimento alla eventuale urbanizzazione di fatto e completa edificazione della zona in cui ricade il fabbricato abusivo” (Cgars, sez. giurisd., 28 giugno 2021, n. 622). Del resto, il paesaggio è un “valore imprescindibile e pertanto non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme di tutela, conservazione e trasformazione del territorio” (Corte cost. 21 aprile 2021, n. 74, e 17 novembre 2020, n. 240). Le esigenze di urbanizzazione non possono quindi superare le prerogative legate alla tutela del paesaggio, come evidenziato anche dal principio di prevalenza del piano paesaggistico sugli altri strumenti di pianificazione urbanistica, sancito dall’art. 146, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, che “costituisce espressione della cura esclusiva, che spetta allo Stato, degli interessi paesaggistici e ambientali, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.” (Corte cost. 25 luglio 2022, n. 192). In termini più generali non può comunque ammettersi che la reiterata violazione di un precetto, specie di diritto pubblico, valga quale motivo di superamento del medesimo, giacché, altrimenti, la forza cogente delle prescrizioni di diritto pubblico sarebbe affidata alla volontà dei destinatari del precetto. Ciò determinerebbe, oltre a un vulnus alla forza cogente dell’attività amministrativa, una irragionevole violazione del principio di uguaglianza, determinando un atteggiamento più indulgente nelle zone a più alta attività illecita, e quindi colpite da una più incisiva lesione dell’interesse sotteso alla regola violata, rispetto alle aree caratterizzate da sporadiche violazioni“.
1.1.3. Parimenti infondati sono il terzo e il quarto motivo di ricorso, inerenti a una presunta abrogazione (o incostituzionalità) dell’art. 15, c. 1, lett. a, l.r. n. 78/1976.
Al riguardo può ancora una volta richiamarsi quanto affermato con specifico riguardo al Comune di Sciacca dal giudice di appello siciliano con la menzionata sentenza non definitiva n. 72/2024, ovvero che “La tesi dell’abrogazione tacita non può trovare seguito, perché semmai la sopravvenienza di nuovi o ulteriori principi – giacché non si tratta, nella specie, di previsioni puntuali, come tali eventualmente idonee a determinare un’immediata abrogazione secondo il criterio della lex posterior, quand’anche essa sia di rango sovraordinato – di livello costituzionale si risolverebbe in un’incostituzionalità sopravvenuta (di cui si dirà infra), ma sicuramente non in un’abrogazione direttamente rilevabile dal giudice senza bisogno di passare attraverso l’intermediazione della Corte costituzionale. Invece, quanto alle questioni di costituzionalità implicate dalle testé riferite tesi di parte appellante, alcuni dei relativi profili costituiranno, almeno in parte, argomenti spendibili nella proposizione della questione incidentale di costituzionalità che si va a sollevare con separata ordinanza, di tal ché non v’è luogo a una loro trattazione o confutazione in questa sede: va da sé che per il resto, ossia per i profili che non siano stati utilizzati a supporto della rimessione alla Corte costituzionale, ad avviso del Collegio s’intenderanno sforniti del requisito della non manifesta infondatezza. Nel residuo essi, unitamente a quanto dedotto dall’appellante a sostegno dell’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha ritenuto infondato il motivo relativo alla violazione dell’art. 15, comma 1, lett. a), della l.r. n. 78 del 1976, confluiranno nell’ordinanza di rimessione alla Corte, osservandosi (anche ai fini della rilevanza della questione) che il diniego di condono di cui qui trattasi si fonda sull’assunto che l’opera realizzata sia insanabile perché ubicata nella fascia dei 150 metri dalla battigia, non risultando provata la data di realizzazione dell’immobile in epoca precedente al 1976, sebbene essa sia sicuramente anteriore al 1° ottobre 1983“.
Com’è noto, a seguito dell’anzidetta sentenza non definitiva (e di altre analoghe pronunce), il C.g.a.r.s. ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, c. 3, l.r. n. 15/1991 e dell’art. 32-33, c. 11 (già 10), ultima proposizione, introdotto in Sicilia dall’art. 23, l.r. n. 37/1985.
Più nel dettaglio, l’ordinanza n. 363 del 14 maggio 2024 (resa a valle della menzionata sentenza non definitiva n. 72/2024) non ha ritenuto di argomentare sulla violazione dell’art. 117, c. 2, lett. l (ordinamento civile) ed s (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali) della Costituzione, pure citati nel ricorso definito dalla sentenza n. 72/2024 quali possibili parametri di violazione della Costituzione, con ciò confermandone – alla luce di quanto detto con la suddetta pronuncia – la manifesta infondatezza.
Tale conclusione è condivisa dal Collegio, il quale rammenta l’orientamento già espresso dalla Sezione, a mente del quale «la l.r. n. 76/1978 trova fondamento nell’art. 14, comma 1, lett. f) e n) dello Statuto della Regione Siciliana che delinea l’ambito di legislazione esclusiva della Regione Siciliana con riguardo alle materie relative all’urbanistica e alla tutela del paesaggio cui deve ricondursi la disposizione regionale sopraindicata (C.G.A.R.S., sez. giur., 28 giugno 2021, n. 622). Nessun contrasto, inoltre, può predicarsi con il d.lgs. n. 42/2004 poiché, nell’ambito della potestà legislativa esclusiva riservata alla Regione Sicilia, è funzionale a garantire un livello di tutela del paesaggio più elevato rispetto alla normativa nazionale» (T.A.R. Sicilia, Sez. II, 24 giugno 2022, n. 2055).
Per il resto, è noto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 72/2025, alle cui ampie argomentazioni si fa espresso rinvio, ha dichiarato in parte inammissibili e nel resto infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal giudice di appello siciliano, con ciò confermando la conformità alla Costituzione della disposizione che ha introdotto in Sicilia la fascia di inedificabilità assoluta entro i 150 metri dalla battigia.
2. Stante quanto precede, il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 21.10.2025 n. 2304