Il ricorrente è comproprietario di un immobile sito in L’Aquila nella frazione di Genzano di Sassa, danneggiato dal sisma del 6.4.2009 e ha presentato, in data 3.4.2015, in veste di rappresentante delle parti comuni, una DIA per la demolizione e ricostruzione dell’edificio.
Con provvedimento del 25.5.2017 il Comune dell’Aquila ha accertato delle difformità fra lo stato di fatto e quello di progetto, in seguito legittimate con permesso di costruire in sanatoria n. 63/2019.
In data 14.10.2019 il Comune ha annullato la DIA del 2015 e il permesso in sanatoria n. 63/2019 disponendo la demolizione dell’intero edificio con ordinanza n. 19/2020.
Su istanza del ricorrente il Comune ha poi rilasciato un secondo permesso di costruire in sanatoria con provvedimento n. 31 del 4.8.2021, prescrivendo “lavori di modifica della copertura” nel “termine di decadenza” di centottanta giorni dalla data del rilascio del provvedimento o dell’autorizzazione dell’Ufficio Regionale del Genio Civile.
In data 12.12.2022 il ricorrente, non avendo ancora provveduto all’esecuzione dei “lavori di modifica della copertura”, ha reiterato l’istanza di rilascio di un permesso di costruire in sanatoria che il Comune ha respinto, perché:
– “gli interventi realizzati non risultano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della realizzazione dell’intervento” in quanto “la modifica della copertura presenta alcune porzioni fuori sagoma con il mancato rispetto delle distanze tra fabbricati limitrofi”;
– l’istanza risulta carente dell’autorizzazione dell’Ufficio regionale del Genio civile e di numerosi altri documenti e informazioni pedissequamente indicati.
Il ricorrente ha impugnato il diniego per vizi di “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 d.P.R. n. 380/2001 e 9 d.m. n. 1444/1968, anche in relazione all’art. 3 l. n. 241/1990. eccesso di potere: falsità dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza; ingiustizia manifesta; violazione dell’art. 97 Cost.”, sostenendo:
– di aver trasmesso al Comune l’autorizzazione dell’Ufficio regionale del Genio civile appena ne ha ottenuto il rilascio;
– che non sussiste la violazione delle distanze in quanto il Comune erroneamente si riferisce a quelle stabilite per le nuove costruzioni, mentre l’intervento realizzato ha ad oggetto una ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 380/2001 che ammette la ricostruzione dell’edificio con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti, ai sensi dell’art. 2 bis, comma 1 ter, d.P.R. n. 380/2001;
– le carenze documentali non costituiscono valido motivo di rigetto dell’istanza, potendo essere emendate da una richiesta di integrazione o dall’acquisizione dei documenti mancanti già agli atti dei precedenti procedimenti di esame della DIA e di rilascio del primo permesso di costruire in sanatoria.
Resiste il Comune di L’Aquila che eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso sostenendo che l’annullamento del provvedimento impugnato non reca alcun nocumento al ricorrente in quanto egli non sarebbe più comproprietario dell’edificio, stante il decorso del termine assegnato per la demolizione con l’ordinanza del 30.7.2020.
Con atto di motivi aggiunti il ricorrente impugna l’accertamento del 30.1.2025 dell’acquisizione ope legis della proprietà dell’immobile e dell’area pertinenziale al patrimonio comunale per vizi di “violazione e/o falsa applicazione art. 31 e ss. d.P.R. n. 380/2001, anche in relazione all’art. 3 e ss. l. n. 241/1990; eccesso di potere: difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità e irragionevolezza; contraddittorietà; ingiustizia manifesta; violazione artt. 3 e 97 Cost.”, sostenendo:
– che il verbale della Polizia municipale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine demolitorio n. 19 del 30.7.2020 non terrebbe conto del rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 31/2021 che ha privato di efficacia l’ordinanza di demolizione e non è stato ritirato in autotutela o dichiarato decaduto dal Comune;
– che il Comune di L’Aquila riconduce l’effetto acquisitivo al verbale di sopralluogo della Polizia Municipale del 22.11.2023 senza aver previamente adottato il necessario atto formale ricognitivo dell’inottemperanza al quale unicamente consegue tale effetto.
Il 16 settembre 2025 il Comune dell’Aquila ha depositato memoria con la quale ha eccepito “l’irricevibilità del ricorso per non essere stato notificato al controinteressato Colaiuda Roberto”.
All’udienza pubblica del 17 settembre 2024 il ricorso e i motivi aggiunti sono passati in decisione sulla replica del ricorrente all’eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune dell’Aquila.
L’esame dell’eccezione di inammissibilità per carenza d’interesse del ricorso introduttivo presuppone che sia accertato se, come sostenuto dal Comune, l’opera e il relativo sedime sono stati acquisiti al patrimonio del Comune, con conseguente venir meno dell’interesse del ricorrente all’annullamento del diniego di sanatoria.
L’effetto acquisitivo previsto dall’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 si verifica ope legis se, alla scadenza del termine stabilito per eseguire l’ordine di demolizione, il destinatario non vi abbia provveduto.
Tuttavia, perché detto termine decorra, è necessario che l’ordinanza di demolizione sia efficace.
Nel caso in decisione, il termine per eseguire la demolizione ordinata con provvedimento del 30.7.2020 è stato, prima sospeso dalla presentazione dell’istanza di sanatoria del 4.8.2020, poi definitivamente interrotto con il permesso di costruire n. 31/2021 da ritenersi tuttora efficace, come di seguito sarà spiegato, perché non ritirato in autotutela né dichiarato decaduto per decorso del termine di efficacia.
Non si è quindi prodotto l’effetto – estinzione del diritto di proprietà del ricorrente – dal quale il Comune desume l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse.
L’eccezione pertanto deve essere respinta.
Parimenti infondata è l’eccezione di irricevibilità (recte inammissibilità) del ricorso per omessa notifica a Colaiuda Roberto, che il Comune indica come soggetto controinteressato.
Mancano infatti sia controinteressati in senso formale, perché i provvedimenti impugnati non ne fanno menzione, sia controinteressati in senso sostanziale.
Per giurisprudenza costante infatti, anche quella indicata dal Comune a sostegno dell’eccezione, “non sono configurabili controinteressati nel caso di impugnazione di un diniego di permesso di costruire, anche in sanatoria, atteso che la qualifica di controinteressato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (e tanto meno a che ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse), ma solo a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto ed immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica” (Consiglio di Stato , sez. II , 20/10/2020, n. 6318).
Nel merito il ricorso principale è fondato per le ragioni di seguito esposte.
Occorre premettere che il permesso di costruire perde efficacia se i lavori non sono avviati nel termine di decadenza che l’art. 15 del d.P.R. 380/2001 stabilisce in un anno e il permesso di costruire in sanatoria n. 31/2021 ha fissato in centottanta giorni, salva la reiterazione dell’istanza.
Tuttavia, l’inefficacia del permesso di costruire non è la conseguenza automatica del decorso del termine stabilito per l’avvio dei lavori, ma, per condivisibile giurisprudenza, un tale effetto deve essere accertato e dichiarato con formale provvedimento dell’Amministrazione, anche ai fini del necessario contraddittorio con il privato sull’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che possono legittimarne la determinazione (da ultimo Consiglio di Stato sez. VI, 16/05/2024 n.4391 e precedenti conformi ivi richiamati).
Nel caso in decisione è mancato un formale atto di ricognizione della scadenza del termine assegnato al ricorrente con il permesso di costruire in sanatoria n. 31/2021 per eseguire i “lavori di modifica della copertura”.
Ne consegue che detto titolo edilizio non ha perso efficacia, né conduce a diverse conclusioni il rigetto dell’istanza presentata dal ricorrente per ottenere un nuovo permesso in sanatoria, facoltà accordata dallo stesso provvedimento n. 31/2021 per il caso in cui i lavori non fossero stati ultimati nel termine stabilito.
Infatti il rigetto della nuova istanza non ha accertato la decadenza del permesso n. 31/2021, né lo ha annullato, come sarebbe stato necessario in ragione del fatto che la nuova istanza del 12.12.2022 ha lo stesso oggetto (“smantellamento e realizzazione della nuova copertura” – pag. 12 dell’istanza del 12.12.2022 all. n. 8 del ricorso) di quella assentita con il permesso n. 31/2021 (“lavori di demolizione e ricostruzione e di modifiche della sua copertura”).
In sostanza il Comune sulla stessa richiesta e in assenza di sopravvenienze rilevanti ha adottato due provvedimenti di segno opposto, senza spiegare le ragioni per le quali il diniego di sanatoria impugnato dovrebbe prevalere sul permesso n. 31/2021.
La contraddittorietà fra i due provvedimenti è resa ancora più evidente dal fatto che il permesso n. 31/2021, nel prescrivere la presentazione di una nuova istanza di permesso di costruire “per la parte non ultimata”, qualora i lavori non fossero stati ultimati nel termine stabilito, sottintende che a detta istanza, rebus sic stantibus, avrebbe potuto far seguito una proroga, con la conseguenza che la diversa decisione di riesaminare il provvedimento di sanatoria avrebbe dovuto essere giustificata sul piano motivazionale secondo lo schema tipico dell’autotutela.
Appare contraddittoria anche l’altra ragione di rigetto dell’istanza, che il Comune individua nella carenza di numerosi documenti che avrebbero dovuto esservi allegati, perché, se, come risulta ex actis, la prima e la seconda istanza di rilascio del permesso di costruire hanno lo stesso oggetto, si presume che i documenti da allegare all’una e all’altra siano gli stessi e che il Comune, avendo già rilasciato il permesso n. 31/2021, ne avesse la disponibilità – come dedotto dal ricorrente e non contestato ex adverso – e dovesse pertanto acquisirli d’ufficio al nuovo procedimento, come previsto dal comma 5 dell’art. 20 d.P.R. n. 380/2001.
In definitiva il vizio di contraddittorietà si estende a tutti i capi di motivazione del diniego proprio perché non è possibile stabilire quale, fra le due decisioni fra loro incompatibili – l’una di accoglimento, l’altra di rigetto della medesima istanza – corrisponda alla effettiva volontà dell’Amministrazione.
Le precedenti considerazioni giustificano anche l’annullamento dell’atto di “accertamento per acquisizione al patrimonio comunale ed immissione in possesso” del 2.12.2024 impugnato con i motivi aggiunti.
Infatti la scadenza del termine stabilito per eseguire l’ordine di demolizione, senza che il destinatario vi abbia provveduto, presuppone – affinché l’opera sia acquisita al patrimonio del Comune – che l’ordinanza di demolizione del 30.7.2020 abbia prodotto i suoi effetti.
È necessario quindi ribadire, ai fini della decisione di merito, quanto in precedenza chiarito sull’eccezione di inammissibilità per carenza d’interesse, ovvero che la presentazione, in data 4.8.2020, dell’istanza di rilascio del permesso di costruire ha sospeso il termine per eseguire la demolizione che è stato poi definitivamente interrotto con il rilascio del permesso n. 31/2021.
Pertanto anche l’atto di accertamento dell’acquisto in proprietà dell’opera al Comune è illegittimo e deve essere annullato non essendosi avverata la condizione – scadenza del termine per demolire e inottemperanza al relativo ordine – che ne costituisce il presupposto.
All’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti segue la regolazione delle spese secondo il criterio della soccombenza.
TAR ABRUZZO – L’AQUILA, I – sentenza 16.10.2025 n. 454