*Urbanistica e edilizia – interventi ammessi al condono edilizio e risanamento conservativo

*Urbanistica e edilizia – interventi ammessi al condono edilizio e risanamento conservativo

13. Il Collegio ritiene l’appello fondato, con riferimento ai lamentati vizi di carenza di istruttoria e difetto di motivazione, per le ragioni infra esposte.

13.1. La sentenza del TAR Campania appellata ha respinto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza n. -OMISSIS- recante ordine di demolizione di una : “tettoia con un fronte lungo circa m. 12,15 * con sporgenza variabile da m. 1,80 a m. 1,55 e altezza variabile da m. 2,75 a m. 2,65 sorretta su pilastri in ferro e trave orizzontale sempre in ferro, costituita da copertura di sole perline di legno sempre sovrapposte si travi in legno e impermeabilizzate, con guaina bituminosa non pitturata eseguita in sostituzione di una preesistente pennatina di tegole e coppi di minore sporgenza”; come esposto dal ricorrente, il provvedimento descrive la tettoia chiarendo che relativamente all’immobile pendono due istanze di condono edilizio presentate, rispettivamente, in base alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed alla l. 23 dicembre 1994, n. 724 per un manufatto a uso abitativo e che nel fascicolo relativo alle pratiche edilizie è stata rinvenuta una foto riproducente la facciata dell’edificio da cui risulta (“si intravede”) la preesistente tettoia posta a protezione degli infissi, che secondo il ricorrente risalirebbe al 1959.

13.2. Anche in sede di ottemperanza alle ordinanze istruttorie n. 1729 del 21 febbraio 2024 e n. 8473 del 23 ottobre 2024, il Comune ha trasmesso una relazione nella quale, in particolare, viene specificato che “Dalla suddetta integrazione si rileva che il committente e il tecnico incaricato hanno dichiarato che la tettoia, di cui al rapporto tecnico n° 269/UTC del 10.12.2023 e consequenziale Ordinanza di Demolizione n° 26 del 02.03.2016, è ricompresa tra le opere di cui si chiede sanatoria in virtù delle predette istanze di condono riunite in una sola pratica”.

13.3. Della preesistenza della tettoia rispetto la presentazione delle pratiche di sanatoria, peraltro, non dubita nemmeno il giudice di prime cure, il quale chiarisce che “l’intervento contestato al ricorrente non è la realizzazione della tettoia dato che nel provvedimento si afferma chiaramente che dall’esame del fascicolo relativo al condono (o meglio ai condoni) pendenti è risultato che la tettoia è preesistente; l’intervento contestato consiste invece nell’aver sostituito la preesistente tettoia che (come del resto ammette lo stesso ricorrente) era costituita da tegole e coppi ed era priva di pali di sostegno con una avente dimensioni maggiori e caratteristiche del tutto diverse”.

13.4. La questione oggetto del contendere si sostanzia, quindi, nella correttezza della prospettazione del Comune, che nell’atto impugnato, mediante richiamo all’accertamento tecnico del 10.12.2013, assume che la tettoia esistente sia diversa da quella oggetto delle istanze di condono edilizio (ivi inserita mediante integrazione fotografica).

A tale conclusione il Comune pare esser pervenuto per la circostanza che, al momento del sopralluogo, sul posto si sono rinvenuti squadretti di legno di circa mt.1,05 di sporgenza, come si evince anche dalla relazione del responsabile del servizio, trasmessa in esecuzione delle due ordinanze collegiali sopra citate, ove (penultimo capoverso) si assume la sostituzione della tettoia in virtù di quanto riportato nell’accertamento tecnico n.269/2013, con specifico riferimento alla parte dell’accertamento ove viene riferito il rinvenimento, sui luoghi, degli squadretti di legno.

A quanto consta dall’esame degli atti, non sembra che vi siano altri elementi dai quali l’ufficio abbia desunto la diversità tra la tettoia esistente e quella dichiarata in sanatoria.

Se ne ricava, dunque, la sussistenza del vizio di istruttoria e motivazione, in quanto la semplice presenza sui luoghi del materiale citato nell’accertamento non risulta sufficiente ad inferire l’avvenuta sostituzione della tettoia, in mancanza di altri, inequivocabili, indizi.

13.5. Erroneamente il Comune assume che spettasse al ricorrente provare la esatta corrispondenza tra la originaria tettoia e quella oggetto di accertamento: richiamandosi il principio recentemente affermato dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, 21 luglio 2025, n. 596, secondo il quale “nel caso in cui il richiedente un provvedimento di sanatoria produca elementi probatori dotati di alto grado di plausibilità in ordine all’epoca di realizzazione delle opere, grava sull’amministrazione l’onere di fornire elementi di prova contraria, mediante un’adeguata attività istruttoria”, deve ritenersi che, una volta assolto dall’interessato l’onere di fornire un (più che consistente) principio di prova circa la preesistenza della tettoia (fatto incontestato tra le parti e dalla stessa sentenza appellata), deve ritenersi che l’onere della prova facesse capo all’Amministrazione procedente, tenuta ad adeguata attività istruttoria, che non poteva esaurirsi nell’avvenuto riscontro della sussistenza in loco di materiale, la cui presenza è giustificabile anche alla stregua dell’attività che il ricorrente ammette fosse in corso (mera manutenzione della tettoia).

13.6. La circostanza che l’accertamento n.269/2013 indichi che, nell’ambito della pratica di sanatoria, oltre le foto, ove risulta la tettoia, non vi fossero grafici e altri documenti, non risulta all’evidenza sufficiente a determinare il provvedimento repressivo, alla stregua delle disposizioni normative che, in relazione alle pratiche di condono ex l. n.47/1985 e 724/1994, regolamentano l’obbligo per il Comune di invitare la parte ad integrare la documentazione a corredo della pratica (si veda l’art. 39 comma 4 della L. 724/94 come modificato dalla legge 662/1996, articolo 2 comma 37 lettera d).

13.7. Poiché, allo stato degli atti, non sussistono sufficienti elementi per escludere che il ricorrente stesse eseguendo, come addotto, meri interventi di manutenzione, diviene irrilevante (e non pertinente) l’affermazione del primo giudice secondo il quale, in pendenza del procedimento di sanatoria, l’istante non era legittimato a modificare il manufatto abusivo, potendo eseguire sul medesimo opere di completamento solo utilizzando la specifica procedura dell’articolo 35 l. n.47/1985.

Infatti, per pacifica giurisprudenza di questo Consiglio, vero è che la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, se non nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35 l. n. 47 del 1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica; possono però essere effettuati interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, che non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d’uso dell’immobile. Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime (Cons. Stato, sez. VI, 22 gennaio 2025, n. 482 e 12 luglio 2024, n. 6243).

13.8. Nemmeno pare pertinente l’argomento secondo il quale “i provvedimenti che ingiungono la demolizione di opere abusive in area soggetta a vincolo paesaggistico in base all’articolo 27 D.P.R. n. 380 presuppongono puramente e semplicemente inizio o completamento di opere abusive in area vincolata senza il pertinente titolo per cui essi prescindono dalla natura dell’intervento, nel senso che essi possono essere adottati anche a fronte di opere soggette non a permesso di costruire ma a d.i.a. (ora s.c.i.a.)”: infatti, nel caso in questione le opere abusive costituiscono oggetto di istanze di condono edilizio straordinario, disciplinato da normativa speciale che ne prevede la regolarizzazione anche in aree vincolate (previo parere dell’autorità preposta al vincolo).

14. Conclusivamente, il ricorso risulta fondato sotto i richiamati, assorbenti, profili.

15. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati esaminati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, come chiarito dalla giurisprudenza costante (per tutte: Consiglio di Stato sez. II, n.8247/2023 e giur. ivi richiamata). Gli specifici argomenti secondari non espressamente esaminati sono stati pertanto ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

16. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

CONSIGLIO DI STATO, II – sentenza 14.10.2025 n. 8040

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