*Urbanistica e edilizia – Enti locali – Manufatto abusivo, ordine di demolizione e ammissibilità del condono edilizio con automatica acquisizione del bene nel patrimonio indisponibile del Comune

*Urbanistica e edilizia – Enti locali – Manufatto abusivo, ordine di demolizione e ammissibilità del condono edilizio con automatica acquisizione del bene nel patrimonio indisponibile del Comune

1.- È appellata la sentenza con la quale il TAR della Campania ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante e dal di lei dante causa per l’annullamento:

– per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a) del provvedimento n. 8915 del 20.06.2017, con il quale il Responsabile dei Servizi Tecnici Comunali di Anacapri ha respinto la domanda di condono edilizio prot. 16963 del 10.12.2004 n. 274, relativa ad un “fabbricato di mq 99,71 ed un ingresso presso la proprietà sita alla via Rio Linciano” n. 47; b) dell’ordinanza n. 8916 del 20.06.2017, con la quale il medesimo Comune di Anacapri ha ingiunto ai ricorrenti la riduzione in pristino delle opere abusivamente realizzate nel suddetto immobile; c) dell’ordinanza n. 8923 del 20.06.2017, con la quale il Comune di Anacapri ha diffidato i ricorrenti a sospendere i lavori;

– per quanto riguarda i motivi aggiunti: d) dell’ordinanza n. 3082 del 25.02.2020, con la quale il Comune di Anacapri ha nuovamente ingiunto ai ricorrenti la riduzione in pristino degli abusi edilizi edificati presso la proprietà sita alla via Rio Linciano n. 47; e) dell’ordinanza n. 3085 del 25.02.2020, con la quale il Comune di Anacapri ha irrogato ai ricorrenti, ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, TU 380/01, la sanzione pecuniaria pari a 20.000,00 euro in ragione della inottemperanza alla ingiunzione di demolizione 8916/2017; f) delle determinazioni del Settore finanziario nn. 94 e 95 del 26.02.2020, di quantificazione e invito al pagamento delle indennità di pretesa occupazione abusiva degli immobili per cui è causa dal 1.10.2017 ad oggi.

2.- L’adito TAR della Campania ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, eccetto l’undicesimo motivo aggiunto, tuttavia compensando le spese di giudizio.

3.- L’appello non censura la sentenza nella sua integralità, ma solamente le parti che riguardano: a) la discrasia tra motivazione e dispositivo (in ragione del fatto che in motivazione si illustrano le ragioni dell’accoglimento dell’undicesimo motivo aggiunto, mentre il dispositivo reca la declaratoria di rigetto per tutti i motivi), e b) quelle che concernono il rigetto del settimo, ottavo, nono e decimo motivo aggiunto.

I restanti capi, che in buona sostanza censuravano l’illegittimità del diniego di condono sotto plurimi profili, non sono invece stati fatti oggetto di impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato delle relative statuizioni.

4.- Il Comune di Anacapri non si è costituto in giudizio.

5.- L’appellante ha insistito sulle proprie difese depositando una memoria integrativa.

6.- Alla udienza pubblica del 16 settembre 2025, la causa è passata in decisione.

7.- L’appello è infondato.

8.- In fatto, la vicenda è chiara.

L’appellante è proprietaria di un fondo ubicato in Anacapri, alla via Rio Linciano, 47, sul quale insistono alcune costruzioni aventi destinazione residenziale.

Con istanza di condono edilizio prot. 16863 del 10.12.2004, il sig. Orlando, marito dell’odierna appellante, deceduto in corso di causa nel 2021, ha richiesto la sanatoria di un fabbricato avente una superficie di circa 100 mq con nuovo ingresso alla proprietà, precedentemente realizzato sul fondo innanzi indicato.

Il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Anacapri, con provvedimento n. 8915 del 20.06.2017, ha respinto la domanda di condono “in quanto presentata per opere comportanti nuove superfici, peraltro non conformi alla vigente strumentazione urbanistica, realizzate su territorio dichiarato di notevole interesse pubblico dal D.M. 20.03.1951, circostanza che esclude l’applicabilità della normativa condonistica ai sensi del combinato disposto del comma 27 dell’art. 32, lettera d), L. 326/03 e dell’art. 3, comma 2, lettera a), L.R. n. 10/04”.

Con il conseguenziale provvedimento n. 8916 del 20.06.2017, il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Anacapri ha, pertanto, ingiunto la demolizione delle opere oggetto del diniego di condono (individuate nell’ordinanza al numero 5) e descritte come “fabbricato ad uso abitativo di circa mq 115 e mc 316 con latistante rampante”), nonché di altri lavori, successivamente realizzati presso il medesimo immobile di via Rio Linciano, consistenti in: “1) manufatto in muratura e copertura in lamiera coibentata avente dimensioni esterne pari a circa mt 3,92×4,21”; “2) corpo di fabbrica, avente superficie utile di circa mq 38 con altezza media di mt. 2,40”; “3) fabbricato ad uso abitativo ci circa mq 44 e mc 116”, “realizzato in luogo di preesistenti volumetrie interessate da opere che hanno comportato una totale ristrutturazione con aumento volumetrico”; “4) tettoia di circa mq 36”; …”6) piscina in muratura”; “7) opere di sistemazione esterna”, quali “area di corte”, muratura di confine”, aiuola”, “nuovo ingresso”, “ampliamento della piazzola di ingresso”, “completamento viale di accesso”.

I ricorrenti in primo grado, dopo aver presentato, con SCIA del 07.07.2017, un progetto finalizzato alla riduzione in pristino delle opere sanzionate e individuate sub 1) e 2) dell’ordinanza di demolizione, hanno spontaneamente ottemperato a questa parte del provvedimento impugnato, prestandovi acquiescenza.

Per quanto riguarda, invece, gli altri lavori di cui all’ordinanza di demolizione n. 8916/2017, gli stessi hanno proposto il ricorso n. 3770/17 introduttivo del giudizio innanzi al Tar Campania, con il quale è stato impugnato anche il rigetto di condono 8915/2017 innanzi citato.

Successivamente alla parziale ottemperanza e alla proposizione del ricorso in primo grado, il Comune appellato, con una nuova ordinanza di demolizione n. 3082 del 25.02.2020, ha concesso un nuovo termine ex art. 31 del TU 380/01 per la riduzione in pristino delle opere non demolite spontaneamente dai ricorrenti in primo grado.

Con ulteriore provvedimento n. 3085 adottato in pari data, l’Amministrazione, contestualmente alla concessione ai ricorrenti di un nuovo termine per demolire ha, tuttavia, contraddittoriamente irrogato loro la sanzione pecuniaria per la mancata (totale) ottemperanza alla precedente ingiunzione n. 8916/2017, benché sostituita dalla nuova ordinanza di demolizione 3082/2020.

Del pari contraddittoriamente, oltre che in violazione del giusto procedimento, il Comune appellato, con le determinazioni 94 e 95 del 26.02.2020, ha inoltre quantificato e invitato i ricorrenti in primo grado a pagare l’indennità di occupazione degli immobili per cui è causa in assenza della previa acquisizione al patrimonio dei manufatti. È per l’annullamento di questi ulteriori provvedimenti che sono stati proposti i motivi aggiunti al ricorso introduttivo n. 3770/17. In particolare, si è dedotto che (i) il Comune di Anacapri ha illegittimamente adottato la sanzione pecuniaria ex art. 31, comma 4bis, del TU 380/01, prima della scadenza del nuovo termine di legge per l’ottemperanza concesso dalla Ordinanza n. 3082 del 28.02.2020 (settimo motivo aggiunto); (ii) altrettanto erroneamente il Comune appellato ha quantificato le indennità di occupazione abusiva e ha invitato l’appellante al loro pagamento, in assenza della previa acquisizione gratuita delle opere per cui è causa al patrimonio comunale (ottavo motivo aggiunto); (iii) i manufatti abusivi devono essere demoliti e non sono suscettibili di essere sfruttati economicamente dal Comune di Anacapri (nono motivo aggiunto); (iv) l’indennità è stata calcolata senza alcuna valutazione delle singole caratteristiche di ciascuna delle opere per cui è causa e, comunque, considerando gli interi manufatti da demolire e non la sola loro area di sedime (decimo motivo aggiunto); (v) le determine di quantificazione e pagamento delle indennità di occupazione sono illegittime anche nella parte in cui hanno affermato che “in caso di mancata ottemperanza entro il termine assegnato sui procederà coattivamente a mezzo di ordinanza ingiunzione”, in quanto per la riscossione dei crediti della P.A. da rapporti di diritto privato occorre sempre un titolo di formazione giurisdizionale (undicesimo motivo).

9.- Ciò premesso, la sentenza va corretta limitatamente al dispositivo, essendo stato l’undicesimo motivo aggiunto effettivamente accolto, e non già respinto dall’adito TAR della Campania, sulla base del chiaro tenore testuale della motivazione: “(l)’art. 21, comma 1, del decreto legislativo n. 46 del 1999 dispone che, ‘salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, e salvo, altresì, quanto stabilito dall’art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall’articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva. Da tale disposizione, emerge che non possono essere iscritte a ruolo le somme che riguardino pretese basate su ‘rapporti di diritto privato. Tra queste pretese, rientrano quelle riguardanti il risarcimento del danno spettante in conseguenza di un altrui fatto illecito”.

10.- Quanto ai restanti motivi di appello, invece, gli stessi vanno respinti.

11.- In particolare, con il settimo motivo aggiunto si era dedotto che il Comune appellato avesse illegittimamente irrogato la sanzione pecuniaria per l’inottemperanza all’ordine di demolizione dei manufatti abusivi, malgrado il fatto fosse stato lo stesso Comune ad assegnare ai privati un nuovo termine ai sensi dell’art. 31, d.P.R. n. 380/01.

Il TAR ha motivato la reiezione del motivo affermando che se il Comune emana una ‘seconda’ ordinanza di demolizione, si consente al suo destinatario di eseguire in extremis le opere di demolizione, evitando che queste siano effettuate in danno dal Comune, con rivalsa nei confronti del responsabile. In altri termini, si dà una ‘seconda possibilità’ che, pur senza incidere sulla titolarità del bene (ormai entrato nel patrimonio indisponibile dell’ente), consente al responsabile di valutare se gli convenga o meno eseguire egli stesso i lavori, oppure se farli effettuare all’Amministrazione, con spese a suo carico.

La decisione si appalesa corretta, posto che, contrariamente a quanto sostiene dall’appellante, il Comune di Anacapri aveva già esercitato il potere sanzionatorio ai sensi dell’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, e non avrebbe quindi potuto assegnare un nuovo termine nel senso auspicato dall’appellante medesima.

La sentenza n. 16 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato dell’11 ottobre 2023 ha difatti chiarito le conseguenze dell’inottemperanza a un’ordinanza di demolizione, specificando che in caso di mancata demolizione dell’opera abusiva si configura l’acquisizione automatica e di diritto dell’immobile e del terreno al patrimonio comunale, e l’applicazione di una sanzione pecuniaria. 

In particolare, la procedura ex lege prevede quattro fasi: (i) accertamento dell’abuso e ingiunzione di demolizione; (ii) verifica dell’inottemperanza; (iii) acquisizione al patrimonio comunale e imposizione della sanzione pecuniaria; e infine (iv) la gestione del bene da parte del Comune.

Nessuna di tali fasi rientra nel novero dei diritti disponibili dell’ente locale, con la conseguenza che è da escludere che vi sia stato un rinnovato esercizio del potere ripristinatorio da parte del Comune, in quanto in caso di inottemperanza scatta immediatamente l’acquisizione automatica del bene e dell’area di sedime al patrimonio del Comune. Contestualmente, poi, viene applicata una sanzione amministrativa pecuniaria, distinta dall’ordinanza di demolizione, perché essa sanziona la disobbedienza all’ordine. 

Ne discende, di conseguenza, la legittimità della irrogazione della sanzione pecuniaria, non essendo mai stato, il primo provvedimento, sostituito da alcuna nuova ingiunzione, e benché meno adottata, la ingiunzione di pagamento, prima della scadenza di un asserito nuovo termine per demolire concesso dal Comune resistente.

Il riproposto settimo motivo aggiunto va quindi respinto.

12.- Pure da respingere è il riproposto ottavo motivo aggiunto, con il quale si era dedotto che il Comune appellato avesse erroneamente invitato i ricorrenti al pagamento delle indennità di occupazione, nonostante non fosse mai stata disposta l’acquisizione gratuita delle opere al patrimonio comunale.

Il TAR ha respinto il motivo affermando che, ai sensi dell’art. 31, d.P.R. n. 380/2001, decorso il termine di novanta giorni, il proprietario perde ipso iure la proprietà del bene e dell’area di sedime, oggetti dell’abuso, salvo il potere del Comune di acquisire con un proprio atto un’area ulteriore: la disposizione sull’acquisto ipso iure è testuale e le contrarie deduzioni dei ricorrenti risultano infondate. Già la prima ordinanza di demolizione ha dunque comportato l’acquisizione dei beni in questione al patrimonio comunale, sicché l’Amministrazione ha ben potuto chiedere il pagamento delle somme, per l’utilizzo dei beni entrati nel suo patrimonio. L’atto di accertamento è necessario per la necessaria trascrizione che rende opponibile ai terzi l’avvenuto acquisto, ma nel disegno del legislatore non è necessario nei rapporti tra il Comune ed il responsabile dell’abuso.

La sentenza impugnata è corretta anche in parte qua, rappresentando, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime, un effetto automatico della mancata ottemperanza.

Quanto alla esatta perimetrazione dell’area oggetto di acquisizione, essa rappresenta una questione che andrà valutata al momento della messa in esecuzione del provvedimento.

Dell’articolo 31, d.P.R. n. 380/2001 va infatti data una lettura conforme a Costituzione, e cioè che l’affermazione secondo cui l’acquisizione opera di diritto e il provvedimento acquisitivo è obbligatorio e vincolato nel contenuto, in quanto consegue al mancato adempimento dell’ordine demolitorio del bene, non entra in contraddizione con quella alla stregua della quale il Comune è comunque tenuto alla apertura di una fase di ricognizione che si conclude con l’accertamento dell’effettiva porzione di area da acquisire, in quanto la individuazione dei confini rappresenta un’operazione meramente materiale che può essere rimessa alla successiva fase esecutiva.

Essendo quindi ormai acclarato il perfezionamento della fattispecie acquisitiva della proprietà in capo al Comune, del tutto legittimamente lo stesso ha preteso il pagamento della indennità di occupazione dell’immobile già entrato a far parte del proprio patrimonio disponibile.

13.- Ancora infondato è il nono motivo aggiunto riproposto, con il quale si era argomentato che il Comune appellato avesse erroneamente invitato i ricorrenti al pagamento delle indennità di occupazione, sotto il diverso profilo che si era in presenza di manufatti abusivi da demolire e per di più non suscettibili di essere sfruttati economicamente.

La motivazione reiettiva del TAR è corretta anche in questa parte, in quanto non è corretto sostenere che l’art. 31 cit. sia funzionale alla sola demolizione d’ufficio del bene abusivo, essendo anzi la predetta demolizione solo uno degli esiti, peraltro tutt’affatto che scontato, della previsione normativa, che giust’appunto contempla la possibilità che l’Amministrazione conservi il bene per destinarlo, nella successiva fase di gestione, al perseguimento di scopi di pubblico interesse. Nel frattempo, essendo il bene già definitivamente acquisito al suo patrimonio disponibile, è quindi ragionevole e proporzionato che l’Amministrazione lo gestisca fruttuosamente, così rivendicando, nei confronti di chi lo detiene sine titulo, il corrispettivo del godimento.

14.- Infine da respingere è il riproposto decimo motivo aggiunto, con il quale si era dedotto che il Comune di Anacapri avesse erroneamente quantificato l’indennità di occupazione.

L’indennità non può infatti che riguardare l’intero edificio di cui continua a godere l’ex proprietario inottemperante all’ordine di demolizione, e non potrebbe di converso legittimamente essere limitata alla sola area di sedime, in quanto, come poc’anzi si è detto, la demolizione rappresenta solo uno, ma non il solo, dei possibili esiti della decisione discrezionale dell’Amministrazione di procedere alla demolizione in danno del bene ovvero di conservarlo per destinarlo a fini di pubblica utilità.

La quantificazione degli importi è stata dunque correttamente effettuata tenendo conto delle singole caratteristiche del bene nella sua interezza (ubicazione, tipologia), anziché alla sola area di sedime, posto che il privato continua a godere del bene per l’intero, e non per la sola area di sedime.

15.- In definitiva, l’appello va respinto, mentre va disposta la correzione del dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui si è omesso di indicare l’accoglimento dell’undicesimo motivo aggiunto, nei sensi di cui in motivazione.

16.- Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione del Comune appellato.

CONSIGLIO DI STATO, VII – sentenza 22.10.2025 n. 8212

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