*Urbanistica e edilizia – Elevato grado di plausibilità della realizzazione di un manufatto abusivo antecedente al 1942, ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

*Urbanistica e edilizia – Elevato grado di plausibilità della realizzazione di un manufatto abusivo antecedente al 1942, ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

6. L’appello è fondato.

6.1. È da tempo acclarato dalla giurisprudenza che l’onere della prova circa la preesistenza delle opere a una certa data gravi sul proprietario dell’immobile e che la stessa debba essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, quest’ultimi debbano essere basati su elementi come ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, ecc.

Detta prova però può essere offerta anche mediante il ricorso alle presunzioni che siano dotate dei caratteri della gravità, precisione e concordanza così come richiesto dall’art. 2729 c.c.

Il requisito della gravità delle presunzioni implica che queste debbano avere un alto grado di attendibilità e probabilità per convincere il giudice e debbano essere chiare e non ambigue. In pratica non è necessaria la certezza assoluta ma è sufficiente un grado di probabilità superiore a quello dell’opposta tesi. La giurisprudenza concorda con questo orientamento, sostenendo che non è richiesto raggiungere la certezza assoluta attraverso l’inferenza presuntiva, ma che sia sufficiente accertare il rapporto logico tra il fatto noto e il fatto da provare, basandosi su canoni di probabilità e regole di esperienza.

Il requisito della concordanza delle presunzioni semplici significa che più presunzioni devono convergere sulla stessa conclusione.

Nel caso di specie trattasi di una costruzione assai risalente nel tempo per la quale bisogna datare l’epoca di realizzazione del secondo piano che per i proprietari è avvenuta nel 1942, antecedentemente all’entrata in vigore della l. n. 1150/1942 che ha previsto l’obbligo del titolo edilizio per edificare all’interno dei centri abitati, mentre per il Comune di Palma di Montechiaro risale agli anni sessanta.

Il Comune di Palma di Montechiaro, con ordinanza dirigenziale n. 108/2017, ha ingiunto, pertanto, agli odierni appellanti «di provvedere alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi», in quanto in assenza del permesso di costruire era stato realizzato «su un preesistente fabbricato composto da una elevazione fuori terra…secondo piano, una struttura portante e muri perimetrali in conci di tufo arenario, avente una superficie coperta di mq.38,00 circa e mc. 122,00 circa, rifinito internamente, il tetto copertura del sottotetto è stato realizzato con travi in legno e cannucciato a falda con altezza al colmo di ml. 1.00 e ml. 0.30 circa alla gronda; Grado di rifinitura».

Il Comune motiva la propria convinzione circa la risalenza del secondo piano agli anni sessanta e non in epoca antecedente al 1942, sulla base delle finiture esterne diverse rispetto al primo piano «il primo piano, date le caratteristiche costruttive, pietrame e gesso è stato realizzato antecedentemente all’anno 1942, mentre il secondo piano in conci di tufo arenario, presumibilmente costruito intorno all’anno 1960, senza nessuna regolarità edilizia».

Gli odierni appellanti per provare la realizzazione del secondo piano in epoca antecedente all’anno 1942 hanno depositato una perizia tecnica, a firma dell’Arch. Lillo Inguanta, con la quale si deduce, tra l’altro, che, dall’esame di antiche stampe e cartoline d’epoca, risalenti al 1920 e comunque antecedenti al 1942, si intravede la sagoma del fabbricato nella sua attuale conformazione altimetrica: piano terra, primo piano e secondo piano.

L’Ente appellato, per ottemperare all’ordinanza istruttoria disposta dal T.a.r., ha prodotto in giudizio una relazione con la quale giustifica la propria convinzione che il secondo piano sia stato realizzato in epoca successiva al 1942, sulla base del tipo di materiali utilizzati (conci di tufo) e sulla presunzione che lo stesso non sia stato accatastato nel 1939 unitamente ai piani terra e primo.

Questo Collegio ritiene, contrariamente a quanto assunto dal T.a.r. che, nel caso di specie, gli appellanti abbiano fornito con “alto grado di plausibilità” più che un valido principio di prova in ordine alla realizzazione del secondo piano in data antecedente al 1942, avendo fornito alcuni elementi indiziari, fotografia datata 1920 e relazione tecnica sul materiale usato del tutto conforme a quelli utilizzati in quel periodo, indizi che se unitariamente considerati sono sufficienti a far dedurre che le opere siano state realizzate prima dell’entrata in vigore della normativa istitutiva dell’obbligo del titolo edilizio per edificare all’interno dei centri abitati.

Infatti, come spiegato nella relazione tecnica «i materiali da costruzione sono quelli tradizionali, la copertura è quella tipica delle costruzioni ottocentesche e presente in tutto il centro storico di Palma di Montechiaro, prospetti non presentano elementi di superfetazione o modernismo» inoltre a detta perizia viene allegata cartolina storica in cui si intravede la sagoma del fabbricato de quo nella sua attuale conformazione altimetrica con il secondo piano.

Spiega il consulente di parte che detta Cartolina sia certamente antecedente all’anno 1942 perché raffigura la strada pubblica non pavimentata ed è ben noto che la pavimentazione della strada sia stata realizzata solo nel dopoguerra, nel 1952 sotto l’amministrazione del sindaco Domenico Aquilino che fece eseguire la pavimentazione della Piazza Matteotti e della via 4 Novembre in questione (assunto non contestato dal Comune) inoltre la strada risulta priva delle lampade dell’impianto di illuminazione, ed è altrettanto notorio che la pubblica illuminazione delle vie principali del paese, e questa era la principale, avvenne per volontà del Podestà Vincenzo Grillo con delibera del 1929 (anche tale assunto non contestato dall’Ente).

Il T.a.r non ha attribuito la dovuta rilevanza probatoria a tale cartolina ritenendo che la stessa consenta «di intravedere al più uno scorcio di profilo senza però poter avere adeguata e comprovata contezza della reale consistenza dell’immobile».

Trattandosi di un secondo piano che ha una superficie di appena 38 mq. (come indicato nel provvedimento impugnato) il T.a.r. avrebbe dovuto ritenere indizio sufficiente il semplice fatto che nella foto il secondo piano in contestazione si veda prescindendo dalla sua effettiva consistenza trattandosi, come già rilevato, di una piccola superficie (38 mq).

Questi elementi probatori forniti dal privato avrebbero dovuto essere adeguatamente confutati dall’Amministrazione con prove di segno opposto, invece la stessa ha solo supposto l’abusività dell’opera sulla base di elementi del tutto generici e incerti riportati nella relazione tecnica redatta dall’Ente soltanto a seguito di espressa ordinanza istruttoria disposta dal T.a.r.

Il Comune, come detto, presuntivamente colloca temporalmente la realizzazione del secondo piano ai primi anni sessanta perché lo stesso non risulta accatastato nel NCEU del 1939 come gli altri due piani dell’edificio e perché risulta realizzato con materiali diversi rispetto a quelli usati per l’edificazione degli altri piani sottostanti, materiali che a suo dire sarebbero stati utilizzati in loco sul finire degli anni cinquanta.

Sul punto nella relazione tecnica di parte appellante si precisa che nel centro storico di Palma di Montechiaro, vi sono esempi di costruzioni con materiale analogo e la cui legittima realizzazione non è in discussione.

Sebbene gli elementi probatori offerti da parte appellante non assolvano un onere probatorio pieno non fornendo prova certa della data esatta di realizzazione del manufatto abusivo in questione, gli stessi rappresentano comunque sufficienti elementi probatori «dotati di alto grado di plausibilità» (Cons. Stato, 29 luglio 2020, n. 4833) che pur non raggiungendo la certezza processuale sulla datazione delle opere in contestazione, impongono che sia l’amministrazione a fornire elementi di prova contraria – idonei a supportare il proprio assunto, alla base dell’impugnato provvedimento di ripristino – in mancanza dei quali il provvedimento impugnato in primo grado deve essere annullato per difetto di istruttoria.

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 1924 del 7 marzo 2025 così si è espresso «Grava sul privato interessato l’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis perché realizzate legittimamente senza titolo; va, tuttavia, ammesso un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui, il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti) e, dall’altro, il Comune non analizzi debitamente tali elementi e fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio. In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce – solo quella – l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione» (conforme anche Cons. Stato, Sez. VI, 24/06/2024, n. 5547).

Il Collegio ritiene, pertanto, che le contestazioni del Comune si dimostrino inidonee a smentire gli indizi probatori addotti dagli appellanti e la foto in atti.

6.2. Il Collegio ritiene che nel caso in esame l’incertezza della datazione dell’opera ritenuta abusiva che comunque risale alla prima metà del secolo scorso e certamente la carenza assoluta di ragioni di urgenza avrebbero dovuto indurre il Comune quantomeno a rispettare le norme sul procedimento amministrativo garantendo il contraddittorio degli interessati permettendo loro di partecipare attivamente al procedimento.

La natura vincolata degli atti impugnati non costituisce valido motivo per omettere il rispetto delle garanzie partecipative in «situazioni peculiari e giuridicamente complesse» (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288) e inoltre, i principi della collaborazione e della buona fede, che certamente trovano applicazione anche ai rapporti fra amministrazione e privati impongono di dare un’interpretazione quanto più garantista alle norme sulla partecipazione.

Nel caso di specie la partecipazione degli interessati non sarebbe stata ininfluente e che, anzi, il loro intervento avrebbe consentito all’Ente di usufruire di informazioni tecniche e elementi probatori che avrebbero potuto indurlo a ritenere che il secondo piano in contestazione fosse stato realizzato antecedentemente all’anno 1942.

Per cui l’omissione procedimentale, lungi dall’integrare un mero vizio formale, ha di fatto precluso un idoneo approfondimento istruttorio delle questioni sollevate da parte appellante, alcune delle quali bisognose di un adeguato riscontro concreto; di conseguenza, la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 ha esplicato un effetto invalidante sul provvedimento di ripristino impugnato.

Di fatto non può essere sottaciuta l’incertezza sull’effettiva data di realizzazione del secondo piano dell’immobile degli appellanti né si può ritenere che le argomentazioni di quest’ultimi siano infondate se solo si considera la realizzazione assai remota dell’opera, la data di realizzazione dei lavori di pavimentazione e soprattutto di illuminazione di detta via storica e centrale del Comune di Palma di Montechiaro su cui si affaccia l’immobile in esame.

7.3. Il Collegio accoglie pertanto il primo motivo di appello con l’assorbimento degli altri motivi seppure esaminati e valutati e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato in primo grado.

7. Si ritiene tuttavia equo che le spese del doppio grado del giudizio siano compensate.

CGA, GIURISDIZIONALE – sentenza 14.08.2025 n. 661 

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