Urbanistica e edilizia – Denegata autorizzazione paesaggistica per dichiarazione dell’area di notevole interesse ex art. 136 D.lgs. 42/2004

Urbanistica e edilizia – Denegata autorizzazione paesaggistica per dichiarazione dell’area di notevole interesse ex art. 136 D.lgs. 42/2004

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato nelle forme e nei termini di rito, i ricorrenti, premesso di essere comproprietari di un’area edificabile sita in Comune di Maser (TV), località Coste, via Sant’Anna, acquistata con atto di compravendita del 2008, hanno invocato l’annullamento della comunicazione di diniego sull’istanza di rilascio di autorizzazione paesaggistica, prot. n. 1998/2022 del 24.02.2022 del Responsabile del procedimento paesaggistico del Comune di Maser, ricevuta in data 28.02.2022, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso e in particolare della comunicazione di parere negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso del 18.01.2022, compresa la comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis L. 241/’90 della medesima Soprintendenza del 16.11.2021.

2. A fondamento del ricorso, essi hanno allegato e dedotto che: in data 9/11/2009, hanno presentato una domanda di rilascio di permesso di costruire per l’esecuzione di lavori di «costruzione di un nuovo fabbricato ad uso residenziale con viabilità annessa e sistemazione del fondo ad uso agricolo»; con provvedimento del 29/07/2010, il Comune di Maser, trasmessa alla Soprintendenza l’autorizzazione paesaggistica relativa al progetto presentato, ha comunicato l’esito favorevole della domanda di rilascio del permesso di costruire condizionato al deposito di ulteriore documentazione; per ragioni legate alla crisi del settore edilizio, l’intervento non è stato realizzato; in data 2/12/2020, hanno presentato una nuova istanza intesa ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica per eseguire i lavori di realizzazione di «nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3.1, lett. E) del dpr 380/2001, aggiornato con d.lgs 222/2016, consistente nella realizzazione di «due nuovi edifici residenziali, suddivisi in tre unità abitative e collegati alla viabilità comunale di via S. Anna attraverso la realizzazione di una strada di servizio interna mediante ulteriori interventi di scavo e modellazione del terreno, lungo tutto l’ambito di ingombro della nuova strada»; in data 4/08/2021, la Commissione locale per il paesaggio ha rilasciato parere favorevole con prescrizioni; in data 6/10/2021, la Commissione ha trasmesso alla Soprintendenza la relazione tecnico illustrativa per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con proposta di provvedimento favorevole, ai sensi dell’art. 146, comma 7, del D. Lgs n. 42/04; in data 16/11/2021, la Soprintendenza, preso atto che l’area interessata è dichiarata di notevole interesse ai sensi dell’art. 136 D.lgs 42/2004, ha comunicato il preavviso di diniego alla realizzazione delle opere previste in quanto l’intervento proposto non risultava compatibile con la valenza paesaggistica dell’area vincolata; in data 26/11/2021, hanno presentato osservazioni; con provvedimento del 24/02/2022, il Comune di Maser, preso atto del parere negativo della soprintendenza, ha respinto la domanda e non ha autorizzato le opere richieste sotto il profilo paesaggistico in quanto «l’intervento edilizio in oggetto, ricadente in una zona vincolata, non può ritenersi necessariamente e automaticamente assentito dall’autorità preposta alla tutela del vincolo solo perché previsto dalla pianificazione comunale o NTA. La verifica della compatibilità nel caso di specie si è conclusa nel senso dell’incompatibilità tra l’interesse paesaggistico tutelato e l’intervento progettato anche in considerazione della eccessiva volumetria dello stesso che produrrebbe effetti impattanti sul contesto nonché le modifiche morfologiche dovute all’intervento medesimo».

3. Tanto premesso in fatto, i ricorrenti hanno lamentato l’erroneità e l’illegittimità degli atti gravati, sulla scorta delle seguenti doglianze in diritto.

1. «Illegittimità per violazione dell’art. 146 del D. Lgs. 42/2004 e dell’art. 3 della L. 241/’90. Eccesso di potere per carenza di motivazione e carenza di istruttoria. Illegittimità per violazione dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 1, comma 2 bis, della L. 241/’90 e s.m.i.: violazione dell’obbligo di leale collaborazione tra soggetti privati e Pubblica amministrazione espressione del principio di buona amministrazione». 

Con il motivo di ricorso in esame, i ricorrenti hanno lamentato che l’atto impugnato non espliciterebbe le effettive ragioni di contrasto riscontrate tra l’intervento stesso e i valori paesaggistici dei luoghi tutelati dal vincolo in questione, tenuto conto che non verrebbero in alcun modo indicate possibili modifiche od accorgimenti che, secondo la Soprintendenza, potrebbero far conseguire ai proprietari l’autorizzazione paesaggistica.

2. «Eccesso di potere per contraddittorietà nella condotta della Soprintendenza»

Con la doglianza in esame, i ricorrenti hanno lamentato che il modus operandi della Soprintendenza manifesterebbe un macroscopico vizio di contraddittorietà nella misura in cui la P.A., nel tempo, ha assunto posizioni contrastanti e del tutto incompatibili tra loro, rispetto al progetto edificatorio dell’area di proprietà Polloni – Simeoni.

Invero, il compendio di interesse già nel 2010 era stato oggetto di un programma di sviluppo edificatorio, che aveva ottenuto prima il benestare della Commissione edilizia integrata; quindi, l’Autorizzazione paesaggistica n. 16 del 22.06.2010, infine, la comunicazione di rilascio del permesso di costruire.

Nonostante ciò, la Soprintendenza – mutando radicalmente il parere già implicitamente espresso rispetto al progetto originario – non ha ritenuto ricevibile la proposta progettuale del 2020, giungendo a concludere che “l’intervento non risulta compatibile con i valori tutelati”, considerato il particolare pregio dell’area e la pendenza del lotto.

3. «Illegittimità per violazione dell’art. 10 bis L. 241/90 e s.m.i. Eccesso di potere per carenza di motivazione»​.

Con ultimo motivo di gravame, i ricorrenti, lamentando l’assenza di una risposta puntuale e completa agli elementi a discarico allegati in sede di osservazioni ex art. 10 bis, L. 241/1990, hanno eccepito la violazione della richiamata disposizione normativa.

Invero, a dire di parte ricorrente, salvo meri richiami di stile, la P.A. non avrebbe offerto alcuna effettiva spiegazione in replica alle controdeduzioni avanzate, né in ordine al perché le controdeduzioni non sarebbero accoglibili, limitandosi invece a riprodurre pedissequamente quanto in precedenza valutato, di fatto, omettendo ogni motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato il giudizio negativo, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, con conseguente abnorme lesione delle finalità e delle garanzie partecipative.

4. Sulla scorta delle descritte causali, hanno invocato l’accoglimento del ricorso.

All’udienza straordinaria di smaltimento, tenuta da remoto in data 30 settembre 2025, la causa è stata assegnata a sentenza.

5. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

6. Alla luce della condivisibile giurisprudenza, in primo luogo occorre rilevare che, nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “il giudizio affidato all’Amministrazione preposta è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità; l’apprezzamento così compiuto è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile” (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 4096 del 2021).

Deve, altresì, rilevarsi che, per giurisprudenza consolidata, “nella motivazione del diniego di autorizzazione paesaggistica, l’Amministrazione non può limitarsi ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del diniego, ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo. Non è sufficiente, quindi, la motivazione del diniego all’istanza di autorizzazione fondata su una generica incompatibilità, non potendo l’Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate” (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 634 del 2018; in termini, Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza n. 5393 del 2020; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 10 luglio 2024, n. 4176).

6.1. Ebbene, facendo applicazioni dei principi legislativi e delle coordinate ermeneutiche testè citati, non colgono nel segno le doglianze denunciate col primo motivo di ricorso.

Invero, dalla piana lettura del provvedimento impugnato, emerge che l’Amministrazione ha puntualmente ricostruito il quadro vincolistico insistente sull’area – sottoposta a vincolo paesaggistico ex D.M. 14.11.1968, in quanto versante collinare di eccezionale bellezza – ed ha evidenziato come l’intervento progettato, in ragione della consistenza volumetrica e della localizzazione su terreno in pendenza, comprometterebbe la percezione unitaria del contesto paesaggistico e l’unico spazio verde percepibile dall’asse stradale.

La motivazione, pertanto, non può dirsi né apodittica né stereotipata, essendo stato specificato il nesso tra opera progettata e pregiudizio ai valori tutelati.

In particolare, nel preavviso di rigetto, l’Amministrazione ha dato conto che “i volumi, di cui unità abitativa “A” unifamiliare e unità abitativa bifamiliare (“B”+“C”), con copertura piana, sono sviluppati su più livelli, costituendo di fatto dei “terrazzamenti di cemento” prorompenti, di notevole impatto paesaggistico, che annullano la valenza del luogo, nei rapporti e nell’armonia con il contesto.

Visto il particolare pregio dell’area, caratterizzata da vigneti e prati collinari, data la consistente pendenza che caratterizza il lotto, si evidenzia la notevole alterazione dello stato dei luoghi per i pesanti sbancamenti edilizi e inserimenti di muri di contenimento che alterano in maniera irreversibile l’elemento identitario del luogo”.

Muovendo da tali considerazioni, deve ritenersi che il parere impugnato rispetta i requisiti previsti dalla giurisprudenza.

Il radicale contrasto enucleato dalla Soprintendenza rende evidente che il progetto non possa essere reso compatibile con le finalità di tutela del paesaggio.

In virtù delle suesposte considerazioni, le contestazioni in esame non possono essere accolte.

7. Quanto al profilo di disparità di trattamento, è appena il caso di rilevare che, come condivisibilmente rappresentato nella memoria difensiva dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato,  il precedente progetto approvato era significativamente diverso da quello oggetto del presente giudizio, trattandosi di un unico corpo di fabbrica, in cui la copertura veniva totalmente inerbita e che le prescrizioni impartite prevedevano ulteriori accorgimenti (laddove, invece, nella specie, viene in rilievo un progetto che propone la costruzione di due nuovi edifici residenziali, suddivisi in tre unità abitative e collegati alla viabilità comunale di via S. Anna attraverso la realizzazione di una strada di servizio interna mediante ulteriori interventi di scavo e modellazione del terreno, lungo tutto l’ambito di ingombro della nuova strada).

Vi è più che, come di recente statuito da questo Tribunale (19 giugno, n. 1549/2024), la disparità di trattamento non è vizio in sé, bensì elemento sintomatico dell’eccesso di potere.

Pertanto, ove, come nel caso di specie, la Soprintendenza abbia adeguatamente dato conto delle ragioni della sua valutazione di incompatibilità, con una motivazione che sfugge a censura, è da escludersi che la sua decisione sia viziata, eventualmente potendosi discorrere – ma non è di rilievo in questo caso – se siano state piuttosto incongrue le valutazioni svolte sulle altre ipotesi di edificazione.

Dunque, la Soprintendenza ha chiarito come il precedente progetto del 2010 presentasse soluzioni architettoniche di minore impatto visivo, prevedendo un unico corpo con copertura totalmente inerbita e pannelli addossati alla scarpata.

Pertanto, la diversità degli interventi giustifica la differente valutazione resa dall’Amministrazione, la quale non è tenuta a uniformare le proprie determinazioni a pregresse autorizzazioni ove i progetti non siano realmente sovrapponibili.

Ne deriva che la doglianza non può essere accolta.

8. Anche l’ultimo motivo di doglianza si rivela privo di pregio.

Invero, sempre dalla lettura dei provvedimenti impugnati (preavviso di rigetto e parere definitivo contrario), emerge che sono state prese specificatamente in considerazione tanto le caratteristiche dei valori paesaggistici tutelati, in relazione alla concreta situazione di fatto (un cono ottico che si apre verso i colli asolani attraverso una ripida scarpata, raccordando lungo un percorso ascensionale, secondo un ritmo dinamico, gli elementi identitari del luogo) quanto le caratteristiche dell’intervento, che comporta “pesanti sbancamenti”, e “inserimenti di muri di contenimento” e non solo limitatamente al fabbricato (“prorompenti terrazzamenti di cemento”) ma anche per la strada di servizio che comporta altri “lavori di scavo e modellamento del terreno”.

In ogni caso, deve escludersi che gravi sull’Amministrazione l’obbligo di confutare in modo analitico e dettagliato tutte le deduzioni difensive dell’interessato, purché il provvedimento finale sia sorretto da una motivazione idonea a rendere comprensibili le ragioni per cui le osservazioni presentate non hanno condotto a un diverso esito del procedimento (da ultimo, sentenza TAR Lazio Roma, sez. IV, sentenza del 30/09/2025, n. 16879).

Siffatta circostanza, unitamente ai rilievi innanzi svolti, non può che condurre al rigetto del gravame.

9. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie e del complessivo andamento del giudizio, sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.

TAR VENETO, II – sentenza 14.10.2025 n. 1786

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