1. Il ricorrente, cittadino moldavo, già titolare di un permesso di soggiorno per lungo periodo, ha ottenuto in data -OMISSIS- un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato con scadenza il -OMISSIS-.
2. Con sentenza depositata il 1°dicembre 2022, la Corte d’Appello di -OMISSIS- ha condannato il ricorrente alla pena di due anni e due mesi di reclusione, ritenendolo responsabile dei reati di -OMISSIS- (artt. 572 e 609-ter c.p.).
3. A seguito della condanna la Questura di-OMISSIS-, previa comunicazione di avvio del procedimento, con il provvedimento impugnato ha revocato il suddetto permesso di soggiorno, ai sensi dell’art.18 bis, comma 4 bis, d.lgs. n. 286/1998.
Come si evince dalla motivazione di tale provvedimento, i gravi fatti accertati dal Giudice penale – che hanno «comportato la limitazione della libertà personale con la Custodia Cautelare in Carcere» – sono significativi della pericolosità dello straniero «trattandosi di soggetto che ha dimostrato una particolare capacità a delinquere, desunta dall’inosservanza delle regole di una civile e pacifica convivenza nonché dalla tipologia di reato commesso, di particolare allarme sociale».
Quanto alla non definitività della sentenza di condanna e alle ulteriori circostanze illustrate nella memoria difensiva prodotta dal ricorrente, la Questura le ha ritenute non idonee a determinare una valutazione diversa, in quanto «l’Art. 18 bis comma 4—bis del D. Lgs.286/98, cosi come modificato dalla Legge nr. 119 del 15.10.2013, che prevede che nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del c.p.p., per delitti commessi in ambito di violenza domestica possa essere disposta la revoca del titolo autorizzatorio alla permanenza nel territorio nazionale in suo possesso».
4. Del provvedimento impugnato il ricorrente ha chiesto l’annullamento, deducendone l’illegittimità per «erronea falsa applicazione di legge a mezzo di discrezionalità relativamente alle norme di cui agli artt. 4, comma 3, 5, comma 5, 9 T.U. Immigrazione, carenza istruttoria, eccesso di potere». L’Amministrazione ha fondato la revoca esclusivamente sulla condanna penale, senza valutare la situazione complessiva del ricorrente, data dalla sua pluriennale permanenza sul territorio nazionale, dalla stabile occupazione lavorativa garantita da un contratto di lavoro a tempo indeterminato risalente all’anno 2021, nonché dal sopravvenuto acquisto di un immobile con i proventi dell’attività lavorativa medesima.
In subordine, il ricorrente chiede la condanna dell’Amministrazione intimata a rilasciare un diverso titolo di soggiorno ex art. 9, d.lgs. n. 286/1998.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio in data 5 maggio 2023 per resistere al ricorso e richiamando una relazione del competente Ufficio, anch’essa depositata in atti, ha osservato che: A) il provvedimento impugnato si fonda su una condanna penale per i reati di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, ossia per reati di particolare allarme sociale, con applicazione di pene accessorie perpetue; B) la pericolosità sociale del ricorrente è comprovata dal fatto che egli è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere e il fine pena è previsto per il 17 luglio 2026; C) il ricorrente non può ritenersi socialmente integrato, avendo manifestato per lungo tempo un’indole violenta e reiteratamente lesiva della dignità e dell’incolumità dei propri familiari; D) il giudizio di pericolosità sociale costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, sindacabile solo in caso di manifeste illogicità, che non ricorrono nel caso di specie.
6. All’udienza pubblica del 15 ottobre 2025 la causa è passata in decisione.
7. Il ricorso è infondato.
8. La Questura di-OMISSIS- ha revocato il permesso di soggiorno avendo accertato, a carico del ricorrente, una condanna penale pronunciata dalla sentenza della Corte d’Appello di -OMISSIS- per reati di particolare gravità, commessi in un arco temporale relativamente recente.
I fatti ascritti al ricorrente – illustrati dalla relazione dell’Amministrazione resistente cui integralmente si rinvia – non risultano affatto contestati e determinano un forte allarme sociale, ponendosi in antitesi con i valori dell’ordinamento, che garantisce la dignità, la libertà e l’integrità fisica di ogni persona e richiede il rispetto reciproco tra i genitori, nell’interesse alla stabilità del nucleo -OMISSIS-.
Del resto, è la stessa sentenza della Corte d’Appello di -OMISSIS- ad evidenziare che i reati di -OMISSIS-si sono consumati in un contesto -OMISSIS-, posto che la vittima è -OMISSIS- del ricorrente stesso.
I reati in esame, poi, sono annoverati tra quelli previsti dall’art. 380 c.p.p. che costituiscono motivo di diniego o di revoca del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 286/1998 (T.A.R. Veneto, Sez. III, 27 gennaio 2025, n. 115).
In ragione di ciò, il percorso motivazionale esposto nel provvedimento impugnato risulta tutt’altro che carente sul piano istruttorio e motivazionale, nel senso che la valutazione operata dal Questore non può ritenersi irragionevole, stante l’ampia discrezionalità che connota il giudizio di pericolosità sociale ostativo della permanenza dell’immigrato sul territorio dello Stato che può addirittura fondarsi su comportamenti o situazioni autonomamente apprezzabili rispetto alla valutazione effettuata in sede penale (ex multis, T.A.R. Veneto, Sez. III, 8 novembre 2024, n. 2646).
Reputa, pertanto, il Collegio che il provvedimento impugnato non sia frutto di un mero automatismo; al contrario, il Questore ha congruamente motivato in ordine agli elementi dai quali ha desunto che lo straniero costituisce una minaccia per l’ordine pubblico oltre che per l’unità -OMISSIS-.
9. Le considerazioni poc’anzi sviluppate sono corroborate da quanto dispone l’articolo 18-bis , d.lgs. n. 286 del 1998 ,che riserva alla specifica fattispecie delittuosa (id est, maltrattamenti in famiglia di cui all’articolo 572 c.p.) una speciale disciplina, attribuendo espressamente al Questore la facoltà di revoca del permesso di soggiorno (T.A.R. Emilia Romagna, -OMISSIS-, sez. I, 16 gennaio 2024, n. 40).
Come già affermato da questo Tribunale, «la commissione di reati (tra i quali rientra quello in considerazione) incompatibili con i principi costituzionali che «impongono alla Repubblica di garantire i diritti inviolabili di ogni persona sia come singolo che nelle formazioni sociali – come il nucleo -OMISSIS- in esame – in cui si svolge la propria personalità con particolare riguardo nella fattispecie considerata a precetti costituzionali che impongono la tutela della vita , dell’integrità fisica della parità e della libertà della donna» (in questi termini, Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2019, n. 8175), prevale sulla valorizzazione del contesto lavorativo e dei vincoli familiari evidenziati dal ricorrente e ne esclude la portata di elisione del giudizio negativo» (in questi termini, T.A.R. Veneto, Sez. III, n.115/2025, cit.).
10. Le allegazioni difensive relative all’inserimento lavorativo e alla lunga permanenza in Italia non valgono a elidere tale giudizio, poiché l’integrazione sociale e occupazionale non può essere considerata prevalente rispetto a condotte di estrema gravità e reiterazione, che hanno determinato un pregiudizio irreparabile al nucleo -OMISSIS- e ledono beni giuridici di rango costituzionale.
Giova precisare, peraltro, che nella fattispecie in esame viene in rilievo un permesso di soggiorno per lavoro a tempo determinato e non uni permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Per il caso di permesso di lavoro l’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 si limita a stabilire che il suo rinnovo è rifiutato “quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato … e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”, mentre solo per il caso di diniego del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo l’art. 9 dello stesso testo unico, nel comma 4, prevede espressamente che “il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, -OMISSIS- e lavorativo dello straniero”.
11. Deve inoltre dichiararsi inammissibile la domanda, formulata in via subordinata, volta ad ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno ad altro titolo. Tale istanza, infatti, esula dall’oggetto del presente giudizio, che ha ad oggetto esclusivamente l’impugnazione del decreto di revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
Il ricorrente, peraltro, non risulta aver mai presentato all’Amministrazione competente una formale istanza volta al rilascio di un diverso titolo di soggiorno, con la conseguenza che il relativo potere non risulta allo stato esercitato, né può essere surrogato dal Giudice amministrativo, stante la preclusione di cui all’art. 34, comma 2, primo periodo, c.p.a..
12. In conclusione il ricorso è infondato e dev’essere respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
TAR VENETO – VENEZIA, III – sentenza 21.10.2025 n. 1841