In data -OMISSIS- il Questore di Brescia ha emesso nei confronti di -OMISSIS- il provvedimento di DASPO, assunto ai sensi dell’art. 6 L. n. 401/1989, con il quale gli ha fatto divieto per la durata di 10 anni di accedere “in tutti i luoghi, stadi ed impianti sportivi ubicati nel territorio nazionale nonché nel territorio degli stati esteri ove si svolgono: manifestazioni sportive, compresi gli allenamenti, di qualsiasi livello agonistico, professionistico, dilettantistico e amichevole, a carattere nazionale ed internazionale, connesse agli sport quali Calcio, Pallacanestro, Pallavolo, Rugby e Pallanuoto; in occasione del loro svolgimento, compresi i tempi di afflusso e deflusso dall’impianto sportivo, e comunque da 3(TRE) ore prima e sino a 3 (TRE) ore dopo la conclusione della manifestazione, con estensione del divieto alle vicinanze dei luoghi della manifestazione, nonché le stazioni ferroviarie, le stazioni di autolinee, le metropolitane, gli scali aerei e portuali, i caselli e le aree di servizio autostradali e altri luoghi comunque interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni, ed in particolare quegli impianti dove si svolgono le partite della squadra del Padova…”.
Il provvedimento è stato assunto in ragione dei “fatti avvenuti il -OMISSIS-alle ore 11:50 circa nell’area di servizio denominata -OMISSIS-al km-OMISSIS- sul tratto autostradale -OMISSIS- in occasione del transito dei tifosi padovani che si stavano dirigendo a -OMISSIS- presso lo stadio -OMISSIS-, ove, alle ore 14.00, si sarebbe disputato l’incontro di calcio -OMISSIS- valevole per il campionato di calcio italiano di Serie C, Now, Girone A, della stagione 2023 2024”.
In particolare, “alle ore 11:50 circa, un convoglio composto da due pullman rispettivamente targati -OMISSIS- con a bordo circa 90 ultra padovani, già accompagnato in sicurezza da un dispositivo di scorta, composto da personale di polizia di Padova e Brescia, ha deliberatamente effettuato una sosta, non preventivamente concordata presso l’area di servizio denominata -OMISSIS-, tratto autostradale -OMISSIS-, km-OMISSIS-. Iin quest’ultimo luogo, dai due pullman, repentinamente, sono usciti una quarantina di ultra padovani tra i quali alcuni armati di aste e cinghie nonché travisati in volto, che senza alcun indugio, si sono diretti verso un terzo pullman che sostava in quell’area di servizio, aggredendo fisicamente alcuni individui fermi in prossimità del mezzo di trasporto, risultati appartenenti alla compagine della “-OMISSIS-”.
Si legge nel provvedimento che -OMISSIS- dalla visione dei filmati è stato identificato “mentre si avvicina unitamente ad altri ultras al pullman dei tifosi veronesi e colpisce, con violenza, più volte, con calci e pugni, un tifoso clivense costringendolo a rifugiarsi sul veicolo”.
Il Questore ha quindi ritenuto che lo stesso si sia reso responsabile “di episodi di violenza minaccia e intimidazione” di cui all’art. 6 co. 1 lett. b) legge 401/89 e che la condotta sopra descritta, posta in essere approfittando anche della forza intimidatrice del gruppo di ultras padovani, fosse “evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, minacce e intimidazione tali da mettere in pericolo la sicurezza pubblica, creando turbativa per l’ordine pubblico in occasione a causa di manifestazioni sportive”.
La durata del Daspo è stata determinata in 10 anni, considerata la recidiva, rilevato che il -OMISSIS- risulta destinatario di due DASPO emessi dal Questore di Padova il -OMISSIS-per anni 5 e dal Questore di Parma il -OMISSIS-, aventi efficacia rispettivamente sino al -OMISSIS-.
Accanto al divieto di accesso è stato disposto l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria in occasione di ogni partita casalinga e in trasferta del Calcio Padova, per cinque anni.
Avverso il DASPO il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Brescia che, con successivo decreto del -OMISSIS- ha respinto il gravame.
Con ricorso notificato il 12 luglio 2024, successivamente depositato, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe chiedendone l’annullamento, senza proporre domanda cautelare. Le Amministrazioni resistenti si sono costituite in giudizio con atto di stile, integrato da una relazione illustrativa, corredata della pertinente documentazione.
In prossimità dell’udienza di trattazione del ricorso le parti hanno depositato memorie ex art. 73 c.p.a..
All’udienza del 16 luglio 2025 la causa è passata in decisione.
Con il primo motivo il ricorrente censura i provvedimenti impugnati per carenza del presupposto necessario per l’adozione del DASPO, in quanto la condotta contestata non sarebbe stata compiuta in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Ad avviso del ricorrente non vi sarebbe alcun collegamento tra l’episodio oggetto del Daspo con la partita del Padova Calcio, che sarebbe stata disputata tre ore dopo i fatti. L’incontro tra le due tifoserie sarebbe stato accidentale, non vi sarebbe alcun astio tra i tifosi del Padova e quelli del calcinatese, in quanto squadre appartenenti a diverse categorie calcistiche, e che “non si sono mai incrociati nella loro storia”. Difetterebbe, in sostanza, il nesso eziologico con le manifestazioni sportive che costituisce elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 6.
Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a) e b), della legge n. 401/1989, il Questore può disporre il DASPO (divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive) nei confronti di coloro che, abbiano partecipato attivamente ad episodi di violenza su persone o cose o che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico in occasione o a causa di competizioni sportive.
Per pacifica giurisprudenza, il DASPO è una misura di prevenzione volta a impedire il verificarsi di episodi violenti o pericolosi nel contesto degli eventi sportivi. La fattispecie si colloca, dunque, nel diritto amministrativo della prevenzione, nel quale vale la logica del “più probabile che non”, ossia una dimostrazione fondata su indizi gravi, precisi e concordanti da cui inferire un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità (C.S., III, 29 settembre 2022, n. 8381; C.S., III, 29 novembre 2021, n. 7945; C.S., III, 11 gennaio 2021, n. 317).
Le condotte valutate dall’Amministrazione resistente sono sussumibili nelle fattispecie descritte alle lettere a) e b), le quali richiedono che la misura interdittiva sia adottata nei confronti di chi si rende protagonista di atti violenti o prodromici alla violenza “in occasione o a causa di manifestazioni sportive”.
Come chiarito anche dalla Corte di Cassazione(sez. III, 16 gennaio -OMISSIS-, n. 1767), l’espressione “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” non deve essere intesa nel senso che gli atti di violenza o comunque le restanti condotte che possano giustificare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 6 della legge n. 401/1989 debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva, ma nel senso che con essa abbiano un immediato nesso eziologico, ancorché non di contemporaneità. La ratio della disposizione in questione è quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l’insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell’ambito del gioco del calcio. Si tratta di fenomeni per i quali fungono da catalizzatore, spesso con improvvise a incontrollabili interazioni, sia l’andamento agonistico più o meno soddisfacente della compagine per la quale si parteggia, sia l’eventuale confronto con una tifoseria avversa, in una logica elementare in cui la appartenenza ad un gruppo comporta l’ostilità verso altri gruppi, immediatamente intesi come possibili nemici. È, pertanto, evidente che un’eventuale limitazione della portata della norma in questione, che ne confinasse l’applicazione alla sola durata della manifestazione sportiva, ridurrebbe di molto l’efficacia dissuasiva della medesima, posto che renderebbe inapplicabile la relativa disciplina ogniqualvolta gli eventi, pur determinati da una mal governata passione sportiva e dalla distorsione del ruolo del tifoso, si realizzino in un momento diverso dal verificarsi del fattore che li ha innescati (C.S., III, 15 febbraio 2021, n. 1297; v. pure C.S., III, 24 giugno 2020, n. 4033).
L’adozione del Daspo può dunque trovare fondamento anche in condotte poste in essere in un contesto spazio-temporale diverso dalla competizione sportiva, laddove lo sport costituisca l’origine o il pretesto di fenomeni che rappresentino un pericolo per l’ordine pubblico (TAR Friuli Venezia Giulia, 20 novembre 2024 n. 398).
Inoltre, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, “l’espressione <in occasione o a causa di manifestazioni sportive>, stante l’uso della disgiuntiva “o”, non sembra costituire un’endiadi, ma sembra piuttosto contemplare, accanto alle condotte che hanno un immediato nesso eziologico con la manifestazione sportiva (<a causa>), anche quelle che con essa presentino comunque un collegamento di tempo e di luogo, ancorché non diretto ed immediato (>in occasione>)” (cfr. ord. TAR Liguria, 10 febbraio 2023 n. 34).
Facendo applicazione dei suesposti principi alla fattispecie oggetto di causa, reputa il Collegio che le argomentazioni articolate con il motivo in esame non siano meritevoli di positivo apprezzamento.
L’aggressione perpetrata dai tifosi del Padova calcio, incluso il ricorrente, ai danni dei tifosi clivensi, trova il proprio antecedente causale e, in ogni caso, la propria occasione, nelle due competizioni calcistiche che si sarebbero disputate di lì a poco, ovvero la partita in -OMISSIS-, alla quale erano diretti i tifosi della -OMISSIS- e la partita del Padova calcio, la quale costituisce la ragione della presenza dei tifosi padovani sui luoghi oggetto di scontro.
L’esistenza del necessario nesso eziologico o comunque del nesso di occasionalità richiesto dall’art. 6 L. 401/1989, posto dall’Amministrazione alla base dell’impugnato Daspo, è stato ragionevolmente fondato sugli elementi indiziari emergenti dagli atti istruttori, ed in particolare dall’annotazione di servizio del -OMISSIS-della Questura di Padova e della relazione di servizio di pari data della Questura di Brescia.
Risulta infatti che:
1. l’autobus che trasportava i tifosi del Padova calcio, sul quale si trovava il ricorrente, dopo una sosta della durata di 45 minuti presso l’area di servizio “-OMISSIS-”, ha effettuato, dopo solo mezz’ora, una seconda fermata presso l’area di servizio-OMISSIS- non vi era, all’evidenza, alcuna necessità di effettuare un’ulteriore sosta a così breve distanza dalla prima, se non quella di cercare lo scontro con i tifosi della clivense, già fermi in quella stazione di servizio;
2. nella stazione di servizio -OMISSIS-le forze dell’ordine hanno riscontrato la presenza di tifosi ultras della compagine padovana all’interno di vetture proprie, in sosta presso la medesima stazione, che avevano anticipato l’arrivo dei tifosi in viaggio sui pullman: ragionevolmente dunque è stato ritenuto che quei soggetti abbiano avvisato i passeggeri del pullman della presenza dei tifosi avversari nell’area di sosta di cui si tratta. Ciò consente di affermare che l’incontro tra le due tifoserie non sia stato affatto causale, bensì il risultato di una pianificazione ad opera della compagine ultras padovana;
3. come emerge dalla relazione di servizio della Questura di Brescia del -OMISSIS-e dall’annotazione della Questura di Padova, risulta che, appena giunti presso l’area di servizio -OMISSIS-, circa quaranta tifosi, incluso il ricorrente, sono scesi repentinamente dal pullman avviandosi “di corsa e senza alcun indugio” verso l’autobus in sosta dei tifosi della clivense, i quali erano diretti a -OMISSIS-, ove si sarebbe disputato l’incontro di campionato di serie D: non è verosimile, dunque, che i tifosi padovani avessero richiesto all’autista di effettuare una sosta ulteriore per l’esigenza di usufruire dei servizi, attesa la repentinità con cui i tifosi sono scesi dal mezzo, senza dirigersi verso i servizi della stazione autostradale ma anzi volgendosi immediatamente verso l’autobus avversario. Tale circostanza, avvalora la valutazione dell’Amministrazione che gli stessi, lungi dall’essersi fermati per necessità, avessero il proposito di cercare lo scontro con la tifoseria clivense.
Ebbene, l’insieme degli indicati elementi indiziari, valutati unitariamente in base al criterio probabilistico di accertamento operante in tema di misure di prevenzione, appare sufficiente a ritenere integrato un nesso causale o quantomeno un nesso di occasionalità necessaria tra le competizioni sportive alle quali i due gruppi di tifosi si accingevano ad assistere e i disordini verificatisi presso l’autogrill. Quelle manifestazioni sportive infatti (la partita del Padova calcio alla quale era diretto il ricorrente, e la partita alla quale erano diretti i tifosi aggrediti,) e il livore calcistico ad esse connesso, costituiscono l’antecedente causale prossimo della condotta violenta.
D’altra parte, nessuna spiegazione alternativa è stata fornita dall’interessato, il quale si è limitato ad allegare l’assenza di ostilità tra i due gruppi di tifosi, anche in ragione dell’appartenenza a diverse categorie, senza peraltro fornire alcun elemento di prova a supporto di quanto affermato, come era suo onere fare, ex art. 2967 c.c..
In conclusione sul punto, la connessione eziologica esistente fra la condotta posta a fondamento del provvedimento gravato e lo svolgimento della competizione calcistica è tale da giustificare l’adozione della misura di prevenzione, senza che possa incidere sulla legittimità di essa il fatto che non sia stata realizzata nel corso dello svolgimento di una manifestazione sportiva.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce il difetto di motivazione in ordine alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 241/90, sostenendo che tale omissione gli avrebbe impedito di difendersi nel procedimento e che ove avesse ricevuto tale avviso avrebbe potuto spiegare i fatti e chiarire “il motivo del contatto con un giovane e che non vi era alcuna motivazione “sportiva” (ergo di tifo violento) nell’alterco avvenuto in autogrill”.
Per costante orientamento giurisprudenziale, anche di questa Sezione (sentenze 12.3.2025, n. 188 e 5.4.2023, n. 297), la mancata comunicazione di avvio del procedimento sfociato nell’emanazione del DASPO non ne determina l’illegittimità, in considerazione delle esigenze di celerità intrinseche alla stessa natura preventiva del provvedimento, che sono funzionali a scongiurare i pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica, in particolare allorché il provvedimento sia connotato dall’urgenza derivante dal succedersi delle manifestazioni sportive calendarizzate, che rappresentano occasione di scontro tra tifoserie, e determinano l’esigenza di garantire l’ordine pubblico, evitando la possibilità di scontri e violenze sulle persone e sulle cose (ex multis, TAR Veneto, sez. I, 22.2.2024, n. 315 e 25.9.2023, n. 1322; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 31.7.2023, n. 2401; TAR Toscana, sez. II, 25.10.2022, n. 1203; cfr. anche Cons. Stato, sez. III, 29.11.2021, n. 7945).
Nel caso di specie, il Questore di Brescia ha fornito adeguata motivazione in ordine alla sussistenza delle particolari ragioni di celerità che hanno giustificato l’omessa instaurazione del contraddittorio con l’interessato, dando atto della necessità di impedire il verificarsi di ulteriori gravi episodi di violenza in occasione dell’incontro “-OMISSIS-” calendarizzato per il -OMISSIS-, ovvero dopo soli due giorni dagli accadimenti contestati nel provvedimento di DASPO, tempistiche evidentemente non compatibili con l’adempimento di cui all’art. 7 L. n. 241/1990.
Non assume rilevanza, inoltre, la circostanza che in altre occasioni la questura di Brescia abbia emesso la comunicazione di avvio del procedimento: quei casi riguardavano altri incontri calcistici ed episodi diversi da quello in esame, ai quali erano sottese valutazioni calibrate su quelle specifiche situazioni e che non sono apprezzabili in questa sede, né comunque il ricorrente ha indicato quali sarebbero i profili di identità delle situazioni poste a confronto né ha altrimenti dedotto un vizio di disparità di trattamento.
A conferma dell’infondatezza della censura, inoltre, va aggiunto che il ricorrente ha omesso di allegare e dimostrare gli elementi che, ove preventivamente sottoposti all’Amministrazione, avrebbero potuto condurla a una diversa determinazione da quella che invece ha concretamente assunto. Sebbene infatti, si affermi nell’atto di gravame che il ricorrente “avrebbe potuto chiarire il motivo del contatto con un giovane e che non vi era alcuna motivazione “sportiva” (ergo di tifo violento) nell’alterco avvenuto in autogrill”, tuttavia, nessuna spiegazione è stata in effetti fornita in ordine alle ragioni, diverse da quelle connesse al livore calcistico, che hanno determinato la violenta aggressione posta alla base del DASPO.
Con il terzo motivo si lamenta l’eccessività della durata del DASPO, fissata nella misura massima di 10 anni, entità che il ricorrente ritiene sproporzionata rispetto al comportamento tenuto e non motivata.
Va premesso che il ricorrente è stato destinatario di due precedenti Daspo, emessi rispettivamente dal Questore di Padova nel -OMISSIS- e dal Questore di Parma nel -OMISSIS-, entrambi per la durata di 5 anni: si applica quindi l’art. 6, comma 5 della L. n. 401/1989, secondo cui, nei confronti della persona già destinataria di un DASPO, la durata del nuovo divieto non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni.
Il Questore di Brescia ha ritenuto di applicare al ricorrente la durata massima di dieci anni, senza esplicitare le ragioni per le quali, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia ritenuto congruo applicare la durata massima della misura, tenuto conto della condotta specificamente posta in essere.
Il motivo è pertanto fondato e va accolto, con conseguente annullamento parziale del provvedimento di Daspo nella parte in cui ha fissato la durata del divieto nella misura massima.
Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta vizi di violazione di legge (art. L. 377/01) e di eccesso di potere per la mancata specificazione dei luoghi cui si estende il divieto di accesso, avendo il provvedimento ricompreso un numero innumerevoli di luoghi, correlati ad una pluralità di discipline sportive diverse dal calcio, al punto che egli non sarebbe libero di circolare posto le manifestazioni sportive indicate nel Daspo si svolgerebbero in ogni luogo e a cadenza giornaliera. Il rispetto di un divieto di portata tanto estesa non sarebbe concretamente esigibile.
Il motivo è infondato.
Il provvedimento impugnato vieta al ricorrente “di accedere per il periodo di anni 10 … in tutti i luoghi, stadi ed impianti sportivi ubicati nel territorio nazionale nonché nel territorio degli stati esteri ove si svolgono: manifestazioni sportive, compresi gli allenamenti, di qualsiasi livello agonistico, professionistico, dilettantistico ed amichevole, a carattere nazionale ed internazionale, connesse agli sport quali Calcio, Pallacanestro, Pallavolo, Rugby e Pallanuoto; in occasione del loro svolgimento, compresi i tempi di afflusso e deflusso dall’impianto sportivo, e comunque da 3 (TRE) ore prima e sino a 3 (TRE) ore dopo la conclusione della manifestazione, con estensione del divieto alle vicinanze dei luoghi della manifestazione, nonché le stazioni ferroviarie, le stazioni di autolinee, le metropolitane, gli scali aerei e portuali, i caselli e le aree di servizio autostradali ed altri luoghi comunque interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano od assistono alle medesime competizioni, in particolare di quegli impianti sportivi ove si svolgono le partite della squadra del Padova” In particolare, viene circoscritta la nozione di “luoghi circostanti gli impianti sportivi” mediante la precisa indicazione delle strade limitrofe allo stadio Euganeo di Padova e allo stadio Tombolato di Cittadella (PD) e la limitazione del divieto ai luoghi ricompresi nel raggio di un km dai suddetti impianti.
Il Collegio ritiene che tale indicazione dei luoghi inibiti sia sufficientemente precisa e che le censure del ricorrente non abbiano fondamento.
Infatti, con riferimento ai luoghi interdetti in relazione ai due stadi di Padova e Cittadella vengono analiticamente specificate le vie oggetto di divieto, mentre con riguardo alle vie di transito e trasporto di coloro che partecipano o assistono a manifestazioni sportive, si tratta di luoghi determinabili secondo un criterio di collegamento funzionale alle manifestazioni sportive oggetto del provvedimento inibitorio, non essendo possibile porre a carico della Questura l’onere di individuare i singoli percorsi interdetti per ogni singola città e per ogni singola manifestazione sportiva potenzialmente interessata.
Con riguardo all’estensione del divieto ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni inerenti alle altre discipline sportive diverse dal calcio, e nello specifico a pallavolo, pallanuoto, pallacanestro e rugby, essa rientra nella sfera di discrezionalità dell’Amministrazione, e costituisce l’esito non irragionevole di una valutazione prognostica che ha individuato in tali ambiti quelli maggiormente a rischio sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica (cfr. TAR Brescia, I, sent. N. 269/2025).
Quanto invece, ai denunciati profili di illegittimità del divieto sotto il profilo dell’esigibilità del rispetto della misura, possono richiamarsi le considerazioni espresse dalla Sezione, in relazione ad un provvedimento di contenuto analogo a quello impugnato, nella sentenza n. 984 del 9.12.2024, dovendosi ribadire che la prescrizione, interpretata secondo ragionevolezza e buona fede, può essere rispettata senza particolari difficoltà, e che è indubbio che nel periodo stabilitoil ricorrente “potrebbe per errore incolpevole trovarsi in prossimità di uno dei luoghi interdetti, ma in tal caso egli potrà e dovrà senz’altro subito allontanarsene e, soprattutto, non assumere alcun contegno che lo metta in qualche modo in relazione con gli stessi, stante lo scopo eminentemente preventivo del divieto”.
In definitiva, quanto alla portata spaziale della misura, il provvedimento appare sufficientemente determinato, considerato poi che le limitazioni alla libertà di circolazione dell’interessato sono circoscritte in un preciso e contenuto arco temporale (tre ore prima e tre ore dopo rispettivamente l’inizio e la fine delle manifestazioni sportive indicate).
In conclusione, vanno respinti i primi due motivi e l’ultimo motivo di ricorso, mentre va accolto il terzo motivo di gravame inerente alla portata temporale del divieto.
I provvedimenti impugnati vanno pertanto annullati limitatamente a tale parte, con obbligo dell’Amministrazione, entro sessanta giorni dalla comunicazione della presente sentenza, di rideterminarsi in ordine alla durata della misura, motivando le ragioni sottese alla decisione assunta.
Le spese di lite, stante la parziale soccombenza reciproca, possono essere compensate.
TAR LOMBARDIA – BRESCIA, I – sentenza 12.08.2025 n. 762