1.1 – Con il primo motivo si lamenta “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – Violazione dell’art. 2051 c.c.”, per aver la Corte d’appello erroneamente attribuito rilievo, nell’accertamento del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, alla visibilità del pericolo, senza tener conto né della natura “insidiosa” della cosa, né della circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato. Prosegue il ricorrente: “Non si può, dunque, affermare che la responsabilità del custode possa essere configurata soltanto a fronte del concreto riscontro di un’insidia (o pericolosità occulta della cosa), così richiedendo all’attore di provare la ‘non visibilità del pericolo’ e la ‘non prevedibilità dell’evento dannoso’, pervenendo così all’esclusione della responsabilità del custode sull’assunto che l’anomalia del marciapiede potesse (e dovesse) essere rilevata dal danneggiato”.
1.2 – Con il secondo motivo si denuncia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – Violazione dell’art. 2051 c..c.. e dell’art. 1227 c.c.”, per aver la Corte d’appello ritenuto che la distrazione del danneggiato integrasse prova del caso fortuito anziché, al più, condotta concorrente causativa dell’evento dannoso.
2.1 – I motivi possono essere valutati unitariamente, stante la connessione, e sono infondati.
Invero, è noto che la responsabilità del danneggiante ex art. 2051 c.c. è di natura oggettiva: in epoca recente, il Massimo Consesso (Cass., Sez. Un., n. 20943/2022) ha infatti definitivamente chiarito, con argomenti del tutto condivisibili, che “La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.
Pertanto, una volta appurata la sussistenza del nesso di causalità tra la res custodita (la presenza del palo sul marciapiede) e la conseguente caduta accidentale (questione rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito e sostanzialmente pacifica tra le parti), il custode può andare esente dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. solo alle seguenti condizioni (per tutte, si veda la recente Cass. n. 8346/2024, anche per richiami; ma da ultimo v. anche Cass. n. 1404/2025):
a) la responsabilità del custode è esclusa dalla prova del “caso fortuito”;
b) il caso fortuito può consistere in un fatto naturale, in una condotta d’un terzo estraneo tanto al custode quanto al danneggiato, oppure in un comportamento della vittima;
c) se il caso fortuito è consistito in un fatto naturale o del terzo, esso in tanto esclude la responsabilità del custode, in quanto sia oggettivamente (e cioè per qualunque persona, e non solo per il custode) imprevedibile ed inevitabile;
d) se il caso fortuito è consistito nella condotta della vittima, al fine di stabilire se esso escluda in tutto od in parte la responsabilità del custode debbono applicarsi i seguenti criteri:
d’) valutare in che misura il danneggiato avrebbe potuto prevedere ed evitare il danno;
d”) valutare se il danneggiato ha rispettato il “generale dovere di ragionevole cautela”;
d”’) escludere del tutto la responsabilità del custode, se la condotta del danneggiato ha costituito una evenienza “irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”;
d””) considerare irrilevante, ai fini del giudizio che precede, la circostanza che la condotta della vittima fosse astrattamente prevedibile.
2.2 – Rapportando quanto precede alla vicenda per cui è processo, la decisione impugnata si rivela dunque corretta, perché effettivamente coerente con detti principi, essendosi valutata l’imprudenza o la negligenza del D.M. in relazione alla indubbia piena visibilità del palo segnaletico sul marciapiede, tanto più che il sinistro avvenne in pieno giorno; in dette condizioni, quindi, è evidente che se il D.M. avesse prestato la necessaria attenzione, il sinistro non si sarebbe verificato, a nulla rilevando – nella prospettiva del custode – la astratta prevedibilità della condotta del danneggiato stesso, come appunto ritenuto dalla Corte romana.
3.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013)può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
Infine, vista la causa petendi, va disposto l’oscuramento dei dati del ricorrente S. D.M..
Cass. civ., III, ord., 01.08.2025, n. 22242