Gli odierni ricorrenti proponevano rituale opposizione avverso il Decreto del Dirigente del Settore territori interni, parchi e rete ecologica regionale della Regione Marche n. 185 del 9 agosto 2023 (doc. 2) relativo a sanzione amministrativa pecuniaria comminata ai sensi dell’art.133 c. 1 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. su contestazione Arpam Dip. Prov.le di Ascoli Piceno n. 31383 del 28/10/2020.
In particolare, con il citato provvedimento era contesta a Ci. Da. – quale trasgressore nel suo ruolo di Responsabile Tecnico della ditta (omissis) – a La.Fa. – in qualità di Legale rappresentante/Amministratore delegato della ditta (omissis) Scarl – e alla (omissis)- questi ultimi obbligati in solido – la violazione dell’articolo 105 comma 4 della parte terza del D. Lgs.152/06, per superamento dei valori limite previsti nell’atto autorizzatorio per i parametri Solidi Sospesi e BOD5, rilevato presso l’impianto di depurazione sito in loc. Campolungo, Comune di Ascoli Piceno.
Sulla base di tale contestazione la Regione Marche, con Decreto del Dirigente del Settore territori interni, parchi e rete ecologica regionale n. 185 del 9 agosto 2023, ha ordinato agli odierni ricorrenti “di provvedere al pagamento della somma di € 3.000,00, quale sanzione amministrativa pecuniaria comminata ai sensi dell’art.133 c. 1 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i”.
Il decreto opposto era ritenuto ingiusto ed illegittimo per aver erroneamente individuato nel La.
l’obbligato in solido ex art. 6 c. 2 l. 689/81– in considerazione del fatto che quest’ultimo aveva investito Ci.Da. dei poteri direttivi e delle relative responsabilità in ordine alla gestione tecnica dell’impianto, divenendo dunque il Ci. rappresentante a tutti gli effetti della medesima (omissis). Era eccepita, poi, l’erronea, infondata e parziale valutazione dei fatti, in considerazione dell’insufficienza di prove, ex art. 6 dlgs 150/11, in ordine alla responsabilità degli opponenti. In particolare, in relazione a tale ultimo motivo, gli opponenti lamentavano che l’Arpam, nel corso del sopralluogo del 21.7.2020, non aveva tenuto conto che il giorno precedente al controllo, a causa di un guasto, il carroponte di uno dei quattro sedimentatori finali si era fermato e, benché il guasto fosse stato tempestivamente riparato, si era avuta una leggera fuoriuscita superficiale dei fanghi raccolti nel sedimentatore dovuta all’alleggerimento degli stessi per lo sviluppo dell’azoto gassoso durante l’inattività del carroponte (denitrificazione). Pertanto, in base alla ricostruzione degli opponenti, la corretta applicazione dell’art. 48 NTA avrebbe dovuto comportare una deroga al rispetto dei limiti tabellari, essendosi verificato un guasto importante.
Concludevano, dunque, chiedendo “Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Ascoli Piceno adito, previa sospensione dell’efficacia esecutiva, dichiarare inefficace e/o illegittimo e/o nullo e/o annullabile e comunque infondato il Decreto del Dirigente del Settore territori interni, parchi e rete ecologica regionale della Regione Marche n. 186 del 9 agosto 2023 per tutti i motivi esposti in narrativa. Con vittoria di spese e competenze di lite”.
Si costituiva in giudizio la Regione Marche, sostenendo l’assoluta correttezza della contestazione sia in considerazione della piena legittimazione del La., in qualità di obbligato in solido ex art. 6 c. II l. 689/90 a rispondere della violazione, sia in considerazione della piena sussistenza di tutti gli elementi dell’illecito contestato. Concludeva, dunque, chiedendo “in via preliminare rigettare l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività del provvedimento opposto in assenza dei presupposti di legge, in subordine condizionare la sospensione del provvedimento alla preventiva concessione di garanzia fidejussoria, nel merito rigettare le domande proposte dai ricorrenti in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi esposti in narrative, e per l’effetto confermare la piena legittimità del decreto/OI n. 94 del 27/4/2023”.
Il procedimento era chiamato all’udienza del 4 aprile 2025 per la discussione – udienza poi sostituita con il deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c. – e, all’esito della lettura delle note depositate dalle parti anche ai fini della discussione, era emessa la presente pronuncia mediante deposito nella “consolle del magistrato”.
Principiando con l’esame della doglianza relativa all’assenza dei presupposti per muovere la contestazione anche nei confronti del La., in qualità di obbligato solidale con il “trasgressore”, va subito precisato come il motivo di opposizione si palesi infondato.
Va innanzitutto premesso come non potrebbe avere alcun rilievo la circostanza che, successivamente alla contestazione della violazione, il soggetto che all’epoca ricopriva una determinata carica apicale, sia mutato; e ciò in base all’ovvia constatazione per cui ai fini dell’individuazione del destinatario di una sanzione amministrativa occorre avere riguardo al momento della consumazione dell’illecito e della contestazione dello stesso, indifferente risultando eventuali avvicendamenti nelle cariche.
Pertanto, posto che, al tempo dell’accertamento e della contestazione, la qualità di legale rappresentante della (omissis) S.r.l. era ricoperta dal La., è quest’ultimo che andrà individuato quale obbligato solidale ex art. 6 c. II l. 689/90.
Allo stesso modo andrà rigettata la contestazione mossa al provvedimento impugnato per aver ritenuto il La. obbligato solidale nonostante l’esistenza di ampi poteri gestori conferiti al Ci. È principio costantemente affermato in giurisprudenza quello per cui “l’art. 2392 c.c. impone a tutti gli amministratori un generale dovere di vigilanza sul complessivo andamento della gestione, che non viene meno – come si evince dall’espressione “in ogni caso” di cui al comma 2 – neppure nell’ipotesi di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori, e l’art. 6 l. 24 novembre 1981 n. 689 prevede la responsabilità solidale di chi viola il dovere di vigilanza, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto. Pertanto, il presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali, chiamato a rispondere come coobbligato solidale per omissione di vigilanza, non può sottrarsi alla responsabilità adducendo che le operazioni integranti l’illecito sono state poste in essere con ampia autonomia da un dirigente della società medesima” (cfr. Cass. 13/05/2010 n.11643 24/06/2004 n.11751 – 02/12/2003 n. 18389 – 11/04/2001n. 5443). E proprio in applicazione di tale principio, l’art. 6 c. 2 l. 689/90 prevede la responsabilità solidale, con il trasgressore che sia soggetto “all’altrui autorità, direzione o vigilanza”, della “persona rivestita dell’autorità o incaricata della direzione o della vigilanza […] salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto”, prova che, nel caso di specie, non è stata nemmeno allegata dal La. D’altro canto, dalla stessa visura camerale si desume come lo stesso La. fosse titolare delle “competenze e responsabilità di legge in materia di ambiente, di sicurezza ambientale e di gestione dei rifiuti” con la conseguenza che l’amministratore delegato aveva il dovere di “provvedere affinché la gestione della piattaforma avvenga nel totale rispetto della normativa vigente in materia di tutela ambientale e nei limiti dell’autorizzazione provinciale vigente, verificare che i rifiuti accedenti ed in uscita dall’impianto siano conformi all’autorizzazione vigente […] dovrà comunicare al consiglio di amministrazione le necessarie misure di adeguamento […] provvedere alla puntuale applicazione della normativa che regola gli scarichi idrici e la relativa autorizzazione allo scarico […] qualora l’adozione di adeguate misure e determinati provvedimenti siano ritenuti o divenuti necessari, indispensabili ed urgenti per evitare danni immediati a persone, cose o all’ambiente […] dovrà adottare immediatamente tutte le misure ed i provvedimenti necessari anche in deroga alle limitazioni di poteri […]” (doc. 7 fascicolo Regione).
Sempre sul punto, priva di qualunque supporto normativo è la paventata incompatibilità o alternatività, nell’individuazione del responsabile solidale, tra il comma 2 (ove si prevede la responsabilità dell’amministratore per culpa in vigilando) e il comma 3 (ove si prevede, invece, la responsabilità solidale della società) posto che entrambi i distinti soggetti, sussistendone i presupposti, sono chiamati dalla norma a rispondere solidalmente dell’obbligazione di pagamento del trasgressore.
Passando all’esame dell’ulteriore motivo di opposizione, ai fini del rigetto dello stesso, basti in questa sede rilevare, in primo luogo, come non vi sia alcun elemento in atti dal quale desumere che il guasto occorso all’impianto per cui è causa, qualche ora prima del controllo da parte dell’Arpam, rientrasse tra quelli idonei a giustificare la deroga al rispetto dei limiti tabellari imposti. In secondo luogo – ed allo stesso modo – non vi è alcuna prova che proprio a causa del guasto i valori tabellari siano stati superati, così come non vi è prova della specifica causa dell’allegato malfunzionamento del carroponte del sedimentatore ovvero del carattere imprevedibile ed inevitabile dello stesso. Si è detto, sul punto, che “il guasto meccanico [..] non esonera da responsabilità il titolare dell’impianto, essendo in tal caso ascrivibile una responsabilità non certo “oggettiva” […], ma indubbiamente “colposa”, posto che il fatto in sè del guasto nel funzionamento dell’impianto di depurazione, senza che sia individuabile una causa, per sua natura imprevedibile od inevitabile, lungi dall’escludere, vale a comprovare l’insufficienza delle misure predisposte e, dunque, a dimostrare la responsabilità del soggetto, quanto meno a titolo di colpa […] Più volte, sul punto, questa Corte ha infatti affermato […] che in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, l’improvviso guasto verificatosi nell’impianto di decantazione dei fanghi […] che abbia causato lo sversamento dei reflui ed il relativo inquinamento idrico, non costituisce ipotesi di caso fortuito escludente la responsabilità, in quanto siffatto evento non realizza quel “quid” di imponderabile ed imprevedibile che deve concretare il caso fortuito, risultando i guasti meccanici tutt’altro che episodici ed occasionali” (cfr. ex multis Cass. Pen. Sez. III n. 31262/2017).
In ogni caso, è evidente come sia prerogativa dell’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione – dopo aver valutato la ricorrenza dei casi previsti dalla normativa di riferimento – disporre limiti diversi da quelli stabiliti dal comma 3 dell’art. 48 NTA in valore e durata, limiti che, sempre l’ente competente, definisce di volta in volta in relazione alla specificità del caso di specie.
Alla luce delle considerazioni che precedono l’opposizione non potrà che essere respinta ed il provvedimento impugnato confermato.
Le spese di lite seguiranno la soccombenza ed andranno liquidate come da dispositivo in relazione al valore del procedimento, al numero e complessità delle questioni trattate ed all’attività effettivamente svolta dal procuratore della parte resistente.
Trib. Ascoli Piceno, sent., 29.04.2025, n. 214