1. – La presente controversia riguarda l’impugnazione dei provvedimenti adottati dalla ASL Napoli 3 Sud per ottenere il recupero delle somme erogate in eccesso alle strutture accreditate, odierne appellanti, a seguito della regressione tariffaria relativamente alle annualità 2013, 2014, 2015 e 2016.
Nell’epigrafe del ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti sono indicate distintamente: le note inviate dalla ASL “a titolo recupero somme RTU” a ciascuno dei Centri ricorrenti oggetto di impugnazione; la deliberazione del Direttore Generale n. 520 del 3 giugno 2021 relativa alla procedura di recupero; le note della ASL Napoli 3 Sud relative alla “richiesta di pagamento e costituzione in mora ex art. 1219 c.c.” per le suddette annualità e le fatture della stessa ASL Napoli 3 Sud indicate nel ricorso di primo grado.
Per evidenti esigenze di semplificazione si fa rinvio al ricorso di primo grado per la precisa identificazione dei suddetti atti oggetto di impugnazione.
1.1 – La ASL Napoli 3 Sud si è costituita in giudizio formulando l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e di inammissibilità per difetto di interesse della deliberazione del 3 giugno 2021; ha poi replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.
2. – Con la sentenza n. 7639 del 2022 il TAR Campania, Sezione Prima, ha così deciso:
– ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione sostenendo che la controversia ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo, richiamando le ragioni già esposte nella precedente decisione della stessa Sezione n. 7179/2022;
– ha respinto l’eccezione di inammissibilità, per difetto di interesse, dell’impugnazione della deliberazione del 3 giugno 2021 con la quale la ASL ha dato avvio al procedimento, sostenendo che tale atto costituisce il presupposto provvedimentale su cui si fondano le note di regressione tariffaria impugnate;
– ha ritenuto la sussistenza di profili di sovrapponibilità tra la fattispecie in esame con quella in precedenza definita con la sentenza della stessa Sezione n. 438/2021, estendendo al giudizio in questione le statuizioni rese nella suddetta decisione;
– ha ritenuto che si fosse formato il giudicato sull’accertamento della non esigibilità dei crediti a titolo di regressione tariffaria relativi all’anno 2013 nei confronti delle strutture sanitarie ricorrenti in primo grado: secondo il TAR, infatti, per le ragioni esposte nella suddetta sentenza n. 438/2021, passata in giudicato, sarebbe preclusa alla ASL la possibilità di agire per la regressione sanitaria relativamente a tale annualità;
– quanto alle annualità successive, ha ritenuto invece “inammissibili gli ulteriori motivi proposti avverso le note di RTU relative agli anni successivi, atteso che tali domande devono ritenersi ormai precluse dal giudicato formatosi sulla sentenza, più volte citata, n. 438/2021”;ha comunque richiamato i principi esposti in tale decisione.
2.1 – Con tale sentenza, infatti, il TAR aveva accolto il ricorso relativamente all’annualità 2013, mentre aveva respinto il ricorso avverso gli atti di regressione tariffaria relativi agli anni successivi anni 2014 e 2015 motivando la differente decisione con riferimento ai diversi criteri utilizzati dalla ASL nel calcolo della regressione tariffaria (“per il 2013 si è proceduto ad una valutazione complessiva del fatturato maturato da ogni singola struttura e sulla base di questo si è proceduto alla determinazione della RTU, laddove per gli anni successivi si è proceduto ad una separazione delle prestazioni per branche e, sulla base del fatturato relativo a ciascuna di esse, è stata calcolata la RTU dovuta”)(cfr. sentenza n. 438/2021 cit.).
Infine, il primo giudice ha ritenuto non pertinente il richiamo alla pronuncia del Tribunale di Torre Annunziata n. 1652/2021 evocata dall’Amministrazione.
3. – Avverso tale decisione le strutture sanitarie ricorrenti hanno proposto appello chiedendo la parziale riforma della sentenza appellata e, dunque, l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.
3.1 – Si è costituita in giudizio la ASL Napoli 3 Sud che ha ribadito la propria eccezione di difetto di giurisdizione, disattesa dal TAR, sostenendo che la causa introdotta riguarda una mera pretesa economica, la riduzione del fatturato e del corrispettivo: la controversia quindi riguarderebbe l’impugnazione di atti paritetici e pertanto ricadrebbe nella giurisdizione del giudice ordinario.
3.2 – L’appellata ha pure eccepito l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso in considerazione dell’avvenuta sottoscrizione della c.d. “clausola di salvaguardia” a partire dall’annualità 2014; ha infine replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.
3.3 – Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica a sostegno delle rispettive prospettazioni.
4. – All’udienza pubblica del 19 giugno 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. – L’appello è infondato e va, pertanto, respinto.
6. – Preliminarmente va rimarcata l’inammissibilità dell’eccezione di difetto di giurisdizionenuovamente sollevata dall’Amministrazione, e ribadita anche nelle memorie successive (fino a quella di replica): infatti, a norma dell’articolo 9 c.p.a. per riproporre la questione della giurisdizione in grado di appello la A.S.L. avrebbe dovuto impugnare in via incidentale la sentenza di prime cure, in presenza peraltro di un’espressa statuizione sul punto con la quale il T.A.R. ha ritenuto la propria giurisdizione.
6.1 – Possono invece assorbirsi le ulteriori eccezioni di rito sollevate dalla parte appellata in considerazione dell’infondatezza nel merito dell’appello.
7. – Passando all’esame del merito è opportuno ricordare che il TAR ha accolto in parte in ricorso e per il resto lo ha respinto.
L’appello riguarda, quindi, la parte della controversia relativa alla regressione tariffaria relativa agli anni 2014, 2015 e 2016 essendo passato in giudicato il capo di sentenza che ha annullato gli atti relativi alla regressione tariffaria per l’annualità 2013, in quanto la ASL Napoli 3 Sud non ha proposto appello incidentale avverso il capo di sentenza nel quale era rimasta soccombente.
7.1 – Quanto al merito, la prospettazione delle appellanti, dirette a contestare la retroattività della regressione, la lesione del loro affidamento e la mancata partecipazione procedimentale, va rigettata alla luce dell’orientamento di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. VI, 4 giugno 2024, n. 5010; Sez. III n. 3675/21; id. n. 3809/18 e n. 6261/21) che è stato condiviso dal TAR nella sentenza n. 438/2021, richiamata nella sentenza impugnata.
Risulta ormai definitivamente acclarato in giurisprudenza che è “legittimo un controllo ed una rideterminazione del fatturato ammesso a remunerazione esercitati anche in tempi non strettamente prossimi all’anno oggetto della disposta regressione, purché possa considerarsi esercitato il potere in tempi ragionevoli” (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207; id., 16 gennaio 2013, n. 248). Invero, è lo stesso sistema “a consuntivo” a comportare necessariamente la retroattività delle riduzioni della remunerazione, la cui misura non può che essere determinata quantomeno nell’anno successivo, ossia quando siano noti i dati contabili relativi ai valori delle prestazioni effettuate e sia possibile confrontarli con le risorse finanziarie disponibili.
Quanto ai vizi procedimentali, è sufficiente richiamare la giurisprudenza della Sezione sull’irrilevanza del mancato monitoraggio ai fini della validità del computo finale della regressione tariffaria unica (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 3809/2018).
7.2 – Pur avendo l’Amministrazione sanitaria assunto l’obbligo di eseguire, per il tramite del Tavolo tecnico, un monitoraggio delle prestazioni erogate dalle strutture accreditate, in modo da poter dare tempestive informazioni alle parti private in ordine al raggiungimento dei limiti di spesa prefissati per le singole branche, tuttavia il mancato o ritardato adempimento di questa obbligazione non esclude la potestà dell’Amministrazione medesima di modulare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati, né comporta l’obbligo per la stessa di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili; in altri termini, l’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l’osservanza dei limiti di spesa non sono subordinati né sono condizionati all’esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto, pur in assenza di tale passaggio, rimane da soddisfare l’esigenza fondamentale ed ineludibile di contenere la remunerazione a carico del servizio sanitario regionale.
Come affermato infatti dal Consiglio di Stato in fattispecie analoga, “nessuna disposizione di legge prevedeva il funzionamento del tavolo tecnico e del flusso di dati scaturente dal monitoraggio come condizione per la efficacia e vincolatività del complessivo sistema di programmazione e della regressione tariffaria” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 29 marzo 2018, n. 1995).
7.3 – L’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria, stante la sua strumentalità rispetto all’attività di calmierazione della spesa in ambito sanitario, non può, dunque, essere subordinato o condizionato all’esecuzione di qualsivoglia attività di monitoraggio in itinere, “né al ritardo o imprecisione nell’adempimento all’obbligo di eseguire i controlli per il tramite del tavolo tecnico (organo di fonte contrattuale e cui partecipano anche i rappresentanti aziendali e delle associazioni di categoria più rappresentative), avendo lo scopo fondamentale di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati e con l’impiego delle risorse disponibili e programmate, che a loro volta recepiscono il quadro delle risorse e dei vincoli determinati con legge statale” (Cons. Stato, Sez. II, 30 ottobre 2013, n. 4540; Sez. III, 5 febbraio 2013, n. 679; id., 27 febbraio 2018, n. 1206).
7.4 – È stato ritenuto in giurisprudenza che “il sistema della regressione tariffaria delle prestazioni sanitarie che eccedono il tetto massimo prefissato a livello regionale è espressione del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo pubblicistico della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidata alle regioni in quanto, ove venisse consentito lo sforamento dei tetti complessivi di spesa fissati, il potere di programmazione regionale ne risulterebbe vanificato con conseguenze perniciose anche per il bilancio statale” ( cfr. Cons. Stato, Sez. III, 17 ottobre 2011, n. 5550).
7.5 – L’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, come novellato dal d.lgs. n. 229 del 1999, pone infatti il rapporto di accreditamento su una base negoziale per la quale al di fuori del contratto la struttura accreditata non è obbligata a erogare prestazioni agli assistiti del servizio sanitario regionale e, per contro, l’Amministrazione sanitaria non è tenuta a pagare la relativa remunerazione dovendosi escludere che essa possa essere costretta ad acquistare prestazioni sanitarie in esubero rispetto alle esigenze programmate o in eccesso rispetto alle risorse finanziarie disponibili. La consolidata giurisprudenza sul punto ha reiteratamente affermato che la regressione tariffaria è meccanismo noto ed accettato dalle strutture accreditate, che si sottopongono convenzionalmente ai limiti e alle conseguenze derivanti dalla necessità del rispetto dei limiti di spesa imposti dalle esigenze di finanza pubblica. Sulla stessa linea si colloca la contestata affermazione del T.A.R. per la Campania.
7.6 – A ciò deve aggiungersi che la innegabile speciale natura del rapporto di accreditamento, “a metà strada tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, nell’ambito di un servizio pubblico essenziale obbediente non già a criteri di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione di prestazioni assistenziali remunerate a tariffa a carico dell’erario, impone al privato accreditato precisi doveri di leale collaborazione con l’amministrazione ed amplifica l’ordinario dovere di diligenza e correttezza esigibile nei comuni rapporti obbligatori. In altri termini, gli operatori privati accreditati non sono semplici fornitori di servizi, in un ambito puramente contrattualistico, sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore, ma sono soggetti di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di fini di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, su cui gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa sanitaria” (Cons. St., Sez. III, 29 luglio 2011, n. 4529; id. 14 giugno 2011, n. 3611 e 13 aprile 2011, n. 2290; v. anche Corte Cost. 28 luglio 1995, n. 416, cit. supra). In sintesi, le strutture private accreditate si sottopongono contrattualmente al regime della regressione tariffaria, quale meccanismo, la cui natura sanzionatoria atipica non è in discussione in questa sede, atto a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati (cfr. Cons. Stato, Sez. III 27 febbraio 2018, n. 1206, che ne afferma la natura sanzionatoria).
Non sussiste quindi alcun affidamento tutelabile in capo alle strutture sanitarie appellanti, né sussiste il vizio di carenza di motivazione dedotto dalle appellanti.
8. – Quanto alla doglianza relativa alla dedotta erronea declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione dei provvedimenti di regressione tariffaria, in quanto coperta dal giudicato formatosi sulla sentenza n. 438/2021, è sufficiente rilevare l’assoluta inconferenza del richiamo di parte istante al “giudicato a formazione progressiva” che si riferisce al giudizio di ottemperanza, mentre nel caso di specie, si tratta di un giudizio di annullamento; inoltre, la avvenuta sostituzione delle note con le quali era stato in precedenza richiesta il rimborso, e sulle quali si era pronunciato il TAR nella sentenza n. 438/21, non può ritenersi dirimente, tenuto conto che l’oggetto della pretesa è il medesimo.
In ogni caso, le doglianze sollevate dalle appellanti sono infondate nel merito, come già esposto in precedenza richiamando i principi espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.
9. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto.
10. – Quanto alle spese del grado di appello sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese tra le parti in considerazione della natura della controversia.
CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 03.09.2025 n. 7181