*Salute e medicina – Enti locali – Fondo sanitario regionale e applicazione retroattiva del tetto massimo annuale della spesa pubblica

*Salute e medicina – Enti locali – Fondo sanitario regionale e applicazione retroattiva del tetto massimo annuale della spesa pubblica

1. La società Polimedica S.r.l., titolare di una struttura sanitaria operante in regime di accreditamento con il S.S.R. lucano per l’erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale ex art. 25 l. n. 833/1978 e contrattualizzata con l’Azienda Sanitaria Locale di Potenza, si è rivolta al T.A.R. per la Basilicata per sentirlo statuire, limitatamente all’anno 2021, l’annullamento della Delibera di Giunta Regionale della Basilicata n. 481 del 27 luglio 2022, recante ad oggetto la “Determinazione dei tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale ex art.25 legge 833/78 e smi per gli anni 2019, 2020 e 2021, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n.8161/2021”, nonché della Deliberazione del Direttore generale della Azienda sanitaria provinciale di Matera n. 605 del 7 settembre 2022, concernente la “presa d’atto DGR 481/2022 avente come oggetto: determinazione dei tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale ex art. 25 Legge 833/78 e smi per gli anni 2019, 2020, 2021, in esecuzione sentenza Consiglio di Stato n. 8161/2021”, adottata in conseguenza della prima.

2. La lesività dei provvedimenti impugnati discendeva, come chiarito dalla stessa ricorrente, dal fatto che la rideterminazione retroattiva dei tetti di spesa operata con essi aveva inciso in senso riduttivo, nella misura del 64,61%, sulle risorse ad essa liquidate a consuntivo per l’anno 2021.

3. Il T.A.R. adito, con la sentenza n. 642 del 6 novembre 2023, ha respinto tutte le censure formulate dalla ricorrente a sostegno del gravame, dopo averle sintetizzate nei termini che seguono, evidenziando:

– quanto al motivo di ricorso inteso a lamentare l’omissione, nel procedimento approvativo della delibera giuntale impugnata, della fase consultiva di cui agli artt. 12 l.r. n. 5/2015 e 6 l.r. n. 18/2018, attesa la mancata acquisizione da parte della Giunta Regionale, in vista della elaborazione degli indirizzi di carattere generale per la determinazione dei tetti di spesa, del parere della competente Commissione consiliare permanente, così come la mancata partecipazione al processo deliberativo della A.S.L., in vista della definizione dei tetti di spesa, delle organizzazioni rappresentative delle strutture accreditate, che, come già osservato dal medesimo Tribunale con la sentenza 20 maggio 2023, n. 319, “…l’art. 12 della legge regionale n. 5 del 2015 riferisce l’espressione del parere, peraltro di carattere non vincolante, della cennata Commissione consiliare alle annualità 2015 e 2016, che qui non rilevano. 5.1.2. A sua volta, l’art. 6 della legge regionale n. 18 del 2018 ha riguardo non alla definizione dei tetti di spesa, bensì all’istituzione di «un fondo integrativo regionale pari a euro 400.000,00» per l’erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale di cui all’art. 25 della legge n. 833/1978, riferito alle annualità 2019 e 2020. Il comma 2 dell’art. 6, in particolare, prevede che la competente Commissione consiliare vada “sentita” soltanto in ordine ai criteri di riparto di tali risorse. 5.1.3. Si tratta, quindi, a giudizio del Collegio, di disposizioni “ad hoc”, concernenti ben determinati periodi temporali, che non conformano “a regime” l’iter procedurale sotteso alla determinazione dei tetti di spesa e che, in particolare, non spiegano effetti con riguardo agli atti qui in contestazione. Del resto, tanto la legge n. 5 del 2015, quanto quella n. 18 del 2018 sono leggi “di stabilità”, recanti disposizioni di carattere finanziario e riferite per loro natura a periodi temporali e oggetti ben determinati e che mal si conciliano coll’intento di ritrarne regole procedimentali valevoli anche in lassi temporali o casi diversi da quelle in esse considerati. D’altro canto, la ricorrente non individua una fonte di rango primario che anche per l’annualità 2019, 2020 e 2021 implicherebbe previamente di compulsare la competente Commissione consiliare. Così come il mero richiamo, nell’atto avversato, dell’art. 6 della l.r. n. 18 del 2018 non assume portata innovativa alcuna del quadro disciplinare di riferimento, né, “a fortiori” condiziona, sul versante della legittimità, la procedura adottata. 5.1.4. Neppure risulta convincente, per le medesime considerazioni, la doglianza relativa alla mancata consultazione delle associazioni di categoria, in violazione dell’art. 12, comma 3, della stessa l.r. n. 5 del 2015. Ancora, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare come l’audizione delle associazioni di categoria abbia valore meramente conoscitivo per l’Amministrazione e non valga a instaurare un (necessario) contraddittorio procedimentale, non previsto per gli atti programmazione negoziale (T.A.R. Campania, sez. I, 26 settembre 2022, n. 5932)”;

– quanto al motivo di ricorso inteso a contestare l’attribuzione di un budget pari ad € 400.000,00 in favore della Clinica Luccioni S.p.a. per l’anno 2022 (recte, 2021), pur risultando detta struttura sanitaria carente di autorizzazione e non operativa nel settore dell’attività di specialistica ambulatoriale nella Regione Basilicata in conseguenza della cessazione, a far data dal 31 luglio 2019, del relativo rapporto di convenzionamento, che esso era inammissibile per carenza di interesse, “atteso che l’interesse sostanziale perseguito con tale censura (ovvero il conseguimento di ulteriori importi rimborsabili da parte del S.S.R. in aggiunta al tetto massimo pro capite fissato dalla D.G.R. n. 481/2022) risulta già nei fatti assicurato, posto che – come pure già evidenziato nel più volte richiamato decisum – la Regione Basilicata ha osservato, in assenza di contestazione specifica, come, a prescindere dal mero appostamento contabile, le somme destinate alla Clinica Luccioni siano sempre state ripartite, dall’anno 2019, tra le strutture che erogano prestazioni oltre il tetto assegnato ai sensi dell’art. 7 dello schema tipo di contratto di cui alla D.G.R. n. 727/2018, a titolo di economie” (detta statuizione, con il relativo corredo motivazionale, è riferito in realtà dal T.A.R. al terzo motivo, di cui infra, ma trattasi di discrasia formale agevolmente superabile);

– quanto alla censura diretta a lamentare l’illegittimità del criterio determinativo del tetto di spesa contenuto nell’impugnata delibera, corrispondente al dato consuntivo dell’anno 2014, che, come già evidenziato col citato precedente, “questo Tribunale, con le sentenze nn. 635/2019 e n. 588/2022, ha avuto modo di affermare come «nell’attuale stato di fatto, e a notevole distanza di tempo dalla conclusione delle singole annualità, il criterio dotato di maggiore attendibilità e obiettività, in grado di assicurare in via postuma la programmazione della spesa sanitaria con la tutela dell’affidamento delle strutture e la certezza dei rapporti giuridici sia dunque quello del riferimento al consuntivo dell’esercizio 2014, nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all’inizio e nel corso dell’anno. E ciò anche in ragione dei ripetuti annullamenti dei provvedimenti regionali con conseguente inutilizzabilità dei dati consuntivi successivi a tale annualità in ragione di regole di riparto caducate dal Giudice amministrativo». Detto criterio si presenta, dunque, ictu oculi conforme al canone di ragionevolezza, adottato all’esito di un’adeguata istruttoria compiuta dai competenti Uffici, esente da errori, rispondente ai criteri di convenienza, opportunità ed equità in relazione alla situazione concreta ed in grado di soddisfare l’interesse pubblico” (detta statuizione, con il relativo corredo motivazionale, è riferita in realtà dal T.A.R. al secondo motivo, ma trattasi, come si detto per la precedente, di mera inversione di carattere formale).

4. La sentenza costituisce oggetto della domanda di riforma proposta, con l’appello in esame, dalla originaria ricorrente ed al cui accoglimento si oppone la Regione Basilicata.

5. All’esito dell’odierna udienza di discussione, quindi, il ricorso è stato trattenuto dal Collegio per la decisione di merito.

6. Con il primo motivo di appello, la ricorrente contesta la statuizione reiettiva della censura intesa a far valere i vizi di carattere procedimentale inficianti la fase istruttoria sottesa all’adozione dei provvedimenti impugnati, rilevando che, a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., l’art. 12, comma 2, l.r. n. 5/2015 costituisce la fonte originaria del potere della Giunta Regionale lucana di determinazione dei tetti di spesa in materia di specialistica ambulatoriale, per cui, ove esso non fosse applicabile alle annualità successive al 2016, il relativo provvedimento determinativo sarebbe stato adottato dalla Giunta in carenza di potere: per contro, osserva la parte appellante, i commi 2 e 3 dell’articolo citato recano la disciplina “a regime” del procedimento de quo, come è dimostrato dal fatto la stessa Regione Basilicata ha sempre applicato integralmente il procedimento ivi disciplinato in sede di determinazione originaria dei tetti di spesa (ossia non successiva ad annullamenti giurisdizionali) per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020, acquisendo il preventivo parere della “competente Commissione consiliare permanente”, come si evince dalla lettura della impugnata delibera n. 481/2022.

A sostegno del suo assunto interpretativo, la ricorrente evidenzia altresì che l’art. 6 l.r. Basilicata n. 18/2018 è l’unica norma attributiva di potere richiamata nella D.G.R. n. 481/2022 e prevede il coinvolgimento consultivo della Commissione consiliare competente per la definizione dei criteri di riparto del “Fondo integrativo regionale per le prestazioni di specialistica ambulatoriale”, per cui il principio generale, utile anche ai fini interpretativi dell’art. 12 l. r. Basilicata n. 5/2015, è quello secondo cui, ogni qual volta occorre ripartire risorse economiche tra le strutture accreditate, sia che si tratti di tetti di spesa, sia nel caso di risorse aggiuntive, è indispensabile il coinvolgimento consultivo della Commissione consiliare competente.

La statuizione reiettiva del motivo di ricorso inteso a contestare l’attribuzione di un tetto di spesa a favore di una struttura non più autorizzata, sulla scorta della deduzione difensiva regionale secondo cui le somme destinate alla Clinica Luccioni vengono ripartite, dall’anno 2019, tra le strutture che erogano prestazioni oltre il tetto assegnato ai sensi dell’art. 7 dello schema tipo di contratto di cui alla D.G.R. n. 727/2018, ossia a titolo di economie, viene invece contestata dalla ricorrente rilevando che il budget attribuito alla suddetta struttura ha l’effetto pratico di ripartire ex post tra le sole strutture che hanno sforato il tetto di spesa somme che, in base alla legge, andavano ripartite ex ante quale tetto di spesa tra tutte le strutture accreditate, incorrendo il modus operandi regionale nei vizi evidenziati dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 8161/2021.

Infine, la ricorrente ripropone il terzo motivo di ricorso, asserendone il mancato compiuto esame da parte del T.A.R., evidenziando che la ripartizione delle risorse per l’anno 2021, cui attiene il presente giudizio, non può dirsi travolta dalla sentenza n. 8161/2021 del Consiglio di Stato, atteso che per la suddetta annualità non è stato adottato alcun provvedimento determinativo dei tetti di spesa, avendo la Regione e le AA.SS.LL. adottato, nel rispetto del tetto di spesa complessivo regionale, provvedimenti con i quali sono state integralmente remunerate le prestazioni erogate dalle strutture operanti nell’ambito della specialistica ambulatoriale (Delibere di Giunta Regionale di Basilicata n. 670/2021, n. 821/2021, n. 242/2022 e n. 273/2022) e che non sono stati impugnati, con la conseguenza che non sussisteva alcuna necessità di rideterminazione dei tetti di spesa per la suddetta annualità sulla scorta, peraltro, di un criterio – relativo al consuntivo per l’anno 2014 – non rispettoso dei principi sanciti con la sentenza citata.

7. Nessuna delle censure formulate con l’atto di appello in esame merita, ad avviso del Collegio, di essere accolta.

8. Va premesso che, mediante l’impugnata delibera n. 481/2022, la Giunta Regionale della Basilicata, considerato che, “in esecuzione della citata sentenza (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8161 del 7 dicembre 2021, n.d.e.occorre determinare i tetti di spesa da assegnare alle strutture private accreditate eroganti prestazioni di specialistica ambulatoriale per gli anni 2019, 2020 e 2021” e che “il TARB (T.A.R. per la Basilicata, n.d.e.) nella sentenza n.635/2019, relativamente al criterio per la determinazione dei tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale, afferma quanto segue: “…omissis…1.1.3. …omissis… Ritiene sul punto il Collegio che, nell’attuale stato di fatto, e a notevole distanza di tempo dalla conclusione delle singole annualità, il criterio dotato di maggiore attendibilità e obiettività, in grado di assicurare in via postuma la programmazione della spesa sanitaria con la tutela dell’affidamento delle strutture e la certezza dei rapporti giuridici sia dunque quello del riferimento al consuntivo dell’esercizio 2014, nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all’inizio e nel corso dell’anno…omissis…””, ha stabilito di “dover considerare quale criterio per la determinazione dei tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale, per gli anni 2019, 2020 e 2021, il dato consuntivo dell’anno 2014, criterio dotato di maggiore attendibilità, obiettività, non annullato con provvedimento giurisdizionale, in grado di assicurare in via postuma la programmazione della spesa sanitaria con la tutela dell’affidamento delle strutture e la certezza dei rapporti giuridici, così come riportato nella richiamata sentenza TARB n.635/2019 e confermato dall’Avvocatura regionale nella nota prot. n.92795/18AA del 12.05.2021 relativamente ai tetti di spesa per l’anno 2018”.

Va invero evidenziato che, con la sentenza n. 96 del 6 febbraio 2021, il T.A.R. per la Basilicata aveva annullato la deliberazione della Giunta regionale della Basilicata n. 432 del 4 luglio 2019, recante la determinazione dei tetti di spesa per le strutture private accreditate per la specialistica ambulatoriale ex art. 25 l. n. 833/1978 relativamente agli anni 2019/2020, così come la deliberazione della Giunta regionale della Basilicata n. 67 del 24 gennaio 2019, avente analogo oggetto, e la consequenziale deliberazione del Direttore generale dell’Azienda sanitaria di Potenza n. 2019/00537 del 2 agosto 2019.

Con la sentenza citata, che si colloca all’apice e trae le fila di un prolungato ed articolato contenzioso che aveva già portato all’annullamento dei provvedimenti regionali che, per gli anni 2015-2017, avevano determinato i tetti di spesa relativi al settore della specialistica ambulatoriale, il T.A.R. ha in particolare ravvisato l’illegittimità del criterio di determinazione dei tetti di spesa incentrato sulla “media delle produzioni non nulle riferite al triennio precedente all’anno di riferimento”, sul rilievo che “la produzione del triennio precedente non può essere utilizzata per la determinazione dei tetti di spesa per il 2019 e 2020, costituendo il risultato di provvedimenti annullati, come si è osservato, da questo Tribunale. In altri termini, il fatturato delle strutture accreditate negli anni dal 2016 al 2018 è stato inevitabilmente condizionato da atti regionali rivelatisi illegittimi”.

Con la medesima decisione, il T.A.R. ha altresì sancito l’illegittimità del criterio premiante le strutture che avessero fatto registrare incrementi di fatturato, eccedenti il tetto di spesa assegnato, con un incremento fino al 20% del “valore dell’anno precedente”, in quanto conducente al risultato di “favorire gli operatori economici di maggiori dimensioni, strutturalmente in grado di sostenere comunque le prestazioni extra budget e quindi di consentire significativi incrementi delle risorse disponibili, a discapito delle strutture di minori dimensioni” e di costringere gli operatori del settore ad esercitare la loro attività in un quadro privo di sufficiente certezza quanto alle prestazioni remunerabili.

La predetta sentenza è stata confermata da questa Sezione con la citata sentenza n. 8161 del 7 dicembre 2021, alla cui esecuzione è espressamente finalizzata, come si è visto, la delibera regionale impugnata in primo grado.

8. Ciò premesso, il fatto che la delibera impugnata non costituisca, relativamente all’anno 2021 (cui è espressamente circoscritta l’impugnazione proposta dall’odierna appellante), la riedizione di pregressi provvedimenti annullati dal giudice amministrativo non è argomento sufficiente a recidere ogni nesso di collegamento con i principi sanciti con la sentenza citata, a conferma di quella emessa dal T.A.R., e quindi con l’esigenza di conformare ad essi l’azione amministrativa anche per i segmenti temporali del suo ininterrotto dipanarsi successivi a quello formalmente coperto dal giudicato.

Da questo punto di vista, deve in primo luogo osservarsi che la fissazione definitiva per ogni annualità dei tetti di spesa rappresenta un obbligo ineludibile dell’Amministrazione, in quanto strumento essenziale di governo della spesa sanitaria finalizzato a determinare la cornice finanziaria entro cui deve svolgersi l’attività delle strutture accreditate e valevole anche per la futura attività programmatoria, anche al fine di fornire alle strutture accreditate un quadro previsionale sul quale orientare le loro scelte imprenditoriali: come evidenziato tra le tante da Consiglio di Stato, Sez. III, 19 dicembre 2016, infatti, “a) spetta alle Regioni provvedere, con atti autoritativi e vincolanti di programmazione, alla fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario regionale e distribuire le risorse disponibili, per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché stabilire i preventivi annuali delle prestazioni, assicurando l’equilibrio complessivo del sistema sanitario dal punto di vista organizzativo e finanziario (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 9 aprile 2013, n. 1913); b) nell’esercizio dell’indicata funzione di programmazione, le Regioni beneficiano di un ampio potere discrezionale nelle scelte relative all’utilizzo delle risorse disponibili, che devono essere assunte in esito a un ragionevole ed equilibrato apprezzamento di molteplici esigenze quali il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, l’efficienza delle strutture pubbliche, le legittime aspettative degli operatori privati che operano secondo logiche imprenditoriali e l’interesse pubblico al contenimento della spesa (Cons. St., sez. III, 10 febbraio 2015, n. 724); c) la fissazione dei tetti di spesa in una fase avanzata dell’anno deve intendersi fisiologica, non potendo prescindere dalla conoscenza del dato finanziario di riferimento (Cons. St., sez. III, 3 agosto 2015, n. 3801); d) la determinazione retroattiva del budget, come affermato dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 3 del 2012, non vale, di per sé, a inficiare la legittimità dell’assegnazione del limite di spesa sopravvenuta nel corso dell’anno (Cons. St., sez. III, 8 giugno 2016, n. 2444)”.

Del resto, è la stessa parte appellante ad affermare che la fissazione dei tetti di spesa relativamente all’anno 2021 è avvenuta, mediante apposita deliberazione aziendale, solo a titolo provvisorio, con la conseguente necessità di determinare i tetti medesimi in via definitiva, previa enucleazione dei relativi criteri orientativi, al fine di ricondurre l’attività degli operatori privati entro coordinate coerenti con le ineludibili esigenze di equilibrio finanziario, equità nella distribuzione delle risorse disponibili ed efficiente impiego delle stesse.

9. Non rileva invece che, come dedotto dalla parte appellante, mediante appositi (e definitivi) provvedimenti regionali, l’Amministrazione abbia provveduto alla remunerazione di tutte le prestazioni erogate nel 2021, facendo venir meno, a detta della medesima appellante, ogni esigenza di determinazione retroattiva dei tetti di spesa, non potendo farsi questione di prestazioni da remunerare extra-budget.

Deve invero osservarsi che i menzionati provvedimenti regionali hanno ad oggetto l’incremento, espressamente “temporaneo ed eccezionale”, del tetto di spesa assegnato per l’anno 2021 alle strutture private autorizzate, accreditate e contrattualizzate, ai fini del recupero delle prestazioni non erogate nel corso dell’emergenza pandemica e di eliminare le liste di attesa generatesi a causa della sospensione dell’attività sanitaria verificatasi in conseguenza della stessa, senza quindi elidere l’esigenza di determinare in via definitiva il tetto di spesa “ordinario”, rilevante anche ai fini della futura attività programmatoria, mediante apposita ed autonoma delibera regionale, nell’esercizio del corrispondente potere-dovere di programmazione.

10. Chiarita, quindi, la perdurante necessità di determinazione definitiva dei tetti di spesa per l’anno 2021, quanto alla legittimità del criterio adottato, incentrato come si è detto sul consuntivo dell’anno 2014, vanno respinte le deduzioni della ricorrente intese a sostenere l’irragionevolezza e l’inadeguatezza dello stesso, avendo questa Sezione, con la recente decisione n. 3646 del 29 aprile 2025, affermato sul tema quanto segue:

7. Richiamando i precedenti di questa Sezione in relazione alla questione controversa (sentenze nn. 3298/2024, 3299/2024 e 3300/2024) osserva il Collegio che l’utilizzo dei dati consuntivi relativi all’esercizio 2014, per la determinazione del tetto di spesa relativo all’anno 2018, è stata imposta, quale scelta obbligata, a causa dei continui annullamenti giurisdizionali delle determinazioni dei tetti di spesa relativi agli anni successivi al 2014 nella Regione Basilicata. Come già rilevato da questa Sezione con la sentenza 7 dicembre 2021, n. 8161, relativamente alle annualità 2019 e 2020, l’utilizzo dei consuntivi relativi agli anni successivi al 2014 è stato impedito dalla circostanza che essi si erano basati su dati falsati, originati da altra delibera relativa all’anno 2015 annullata in sede giurisdizionale, poiché “i tetti di spesa assegnati nel triennio 2015-2018 hanno inciso sul dato della produzione: quest’ultimo, infatti, è stato condizionato dai criteri in base ai quali era stato fissato il tetto di spesa per tali annualità. Come ha puntualmente ricordato la società Polimedica S.r.l., i tetti di spesa per gli anni 2015 e 2016 sono stati annullati dal TAR in quanto il criterio introdotto dalla Regione Basilicata per la loro commisurazione non doveva ritenersi idoneo a garantire una seria programmazione delle attività, il che ha comportato evidenti ripercussioni sul fatturato, non potendo fornirsi prestazioni nell’incertezza della loro remunerazione da parte del sistema sanitario regionale. 10.3 – Anche i tetti di spesa per gli anni 2017 e 2018 sono stati annullati per gli effetti che avevano prodotto sui fatturati, con la conseguenza che il parametro scelto dalla Regione Basilicata per la determinazione del budget di spesa risente dall’illegittimità delle precedenti determinazioni” (Cons. Stato, sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8161). 8. Pertanto, considerata l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione nella determinazione dei tetti di spesa e la particolare situazione fattuale in cui l’Amministrazione medesima si è trovata ad operare, la scelta di utilizzare i dati consuntivi dell’anno 2014 non risulta manifestamente irragionevole”.

11. Dai rilievi che precedono discende anche l’infondatezza della censura intesa a lamentare il vizio procedimentale inficiante l’impugnata delibera giuntale, in quanto non preceduta dalla consultazione della Commissione consiliare permanente.

Non è condivisibile, invero, l’argomento addotto dalla ricorrente per sconfessare la tesi del T.A.R., secondo cui l’art. 12, comma 2, della legge regionale n. 5/2015 prevede il suddetto adempimento consultivo solo con riferimento alle annualità 2015 e 2016, sostenendo che, ove così fosse, non sarebbe dato ravvisare alcuna norma attributiva alla Giunta regionale del potere di determinazione dei criteri per la fissazione dei tetti di spesa.

Deve in senso contrario rilevarsi che la disposizione cardine, anche ai fini della individuazione dell’organo deputato all’esercizio della competenza in materia di programmazione sanitaria, è l’art. 32, comma 8, l. 27 dicembre 1997, n. 449, ai sensi del quale “Le regioni, in attuazione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all’articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”: invero, il potere attribuito genericamente alla Regione dalla disposizione citata, avendo natura programmatoria, non potrebbe che imputarsi all’organo esecutivo dell’assetto istituzionale regionale, quale è appunto la Giunta regionale.

Né possono trarsi decisive indicazioni di segno contrario dalla mera prassi regionale, la quale, come dedotto dalla appellante, si è caratterizzata per la consultazione della suddetta Commissione in occasione della determinazione dei tetti di spesa per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020.

Allo stesso modo, non è condivisibile la deduzione attorea intesa a trarre dall’art. 6 l.r. Basilicata n. 18/2018 elementi interpretativi a favore della tesi secondo cui occorrerebbe il coinvolgimento della Commissione ogniqualvolta occorra ripartire risorse in ambio sanitario, atteso il carattere eccezionale della previsione, espressamente concernente la definizione dei criteri di riparto del “Fondo integrativo regionale per le prestazioni di specialistica ambulatoriale”.

Deve solo aggiungersi, ad ulteriore supporto della soluzione interpretativa recepita dalla sentenza appellata, che l’invocato art. 12, comma 2, l.r. n. 5/2015 recita:

La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, determina gli indirizzi di carattere generale per la definizione dei tetti di spesa alle strutture private accreditate, nel rispetto del principio di equità di accesso e di garanzia della qualità dei servizi e sentita la competente Commissione consiliare permanente che esprime parere non vincolante entro trenta giorni”.

Ebbene, la conclusione che la previsione sia esclusivamente riferibile al potere di determinazione dei criteri per la fissazione dei tetti di spesa relativamente agli anni 2015 e 2016, ai sensi del comma 1, si desume dal fatto che il potere da essa disciplinato, anche dal punto di vista procedimentale, è quello che, in diretta attuazione della legge citata, deve essere esercitato “entro sessanta giorni dall’entrata in vigore” della stessa, laddove il potere “generale” di determinazione dei criteri per la fissazione dei tetti di spesa, di cui è espressione la delibera impugnata, era già presente nell’ordinamento.

12. Infine, non può essere accolta la censura concernente l’attribuzione ad una struttura non operativa del budget, il quale ad avviso della ricorrente andava invece redistribuito ex ante tra le strutture accreditate e non utilizzato ai fini della remunerazione delle eccedenze di produzione registrate nel corso dell’anno.

Deve in primo luogo osservarsi che la distribuzione ex ante del budget previsto nel 2014 per la struttura sanitaria che nel 2019 ha smesso di operare per conto del S.S.R. confliggerebbe con il criterio di riparto utilizzato, incentrato sui dati a consuntivo del 2014, finendo per incrementare, rispetto a tale annualità, il budget delle strutture ipoteticamente beneficiarie dell’incremento.

Inoltre, è lo stesso schema di contratto, richiamato dalla sentenza appellata, a prevedere la possibilità di utilizzare le economie al fine di remunerare le prestazioni extra-budget.

Del resto, anche l’art. 8-quinquies, comma 1, lett. d), d.lvo n. 502/1992, nel prevedere che “le regioni…definiscono l’ambito di applicazione degli accordi contrattuali ed individuano i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:…criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura”, ammette la possibilità per le Regioni di stabilire i criteri per la remunerazione delle prestazioni eccedenti il limite di spesa assegnato a ciascuna struttura.

Né può ravvisarsi contrasto alcuno con i principi sanciti con la citata sentenza n. 8161/2021.

Deve invero osservarsi che, con la stessa, la Sezione si è pronunciata sulla legittimità di un criterio determinativo dei tetti di spesa che, in termini sistematici, stabiliva di fare riferimento alla media delle produzioni non nulle del triennio precedente e che il valore del tetto di spesa, calcolato in base alla media delle produzioni del triennio precedente, non potesse, in ogni caso, essere superiore al 20% del tetto di spesa della precedente annualità: ha affermato in proposito la Sezione l’illogicità della scelta, in tal modo operata, di “premiare gli operatori che abbiamo violato il limite del budget di spesa, realizzando prestazioni extra budget, incrementando il fatturato in modo da far aumentare il valore della media dei fatturati dell’ultimo triennio per ottenere un valore più alto, attraverso cui conseguire l’assegnazione di un tetto di spesa superiore nell’anno successivo”.

Nella fattispecie in esame, invece, la previsione contestata – nel senso di attribuire, come chiarito in sede difensiva dall’Amministrazione regionale, il budget appostato per la struttura non più operativa, a titolo di economie, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese extra-budget – non produce alcun effetto distorsivo sulle scelte programmatiche ed imprenditoriali degli operatori, incentivandoli a produrre in misura superiore al budget al fine di influire sulla determinazione del budget per gli anni successivi.

Invero, sebbene essa possa spingere le strutture accreditate a sforare il tetto di spesa al fine di beneficiare del surplus di risorse corrispondenti al budget della struttura non più autorizzata, trattasi di effetto quantitativamente contenuto, siccome parametrato al budget della suddetta struttura, preventivamente determinato anche nel quantum e comunque insito nella previsione contrattuale, innanzi citata, di remunerare con le economie di spesa le eventuali prestazioni extra-budget.

13. L’appello in conclusione, per le ragioni illustrate, deve essere complessivamente respinto, mentre la complessità dei temi trattati ed il fatto che solo di recente questa Sezione si è pronunciata su analoghe problematiche giustificano la compensazione delle spese del giudizio di appello.

CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 31.10.2025 n. 8462

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