Responsabilità civile – Risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni contemplate in una convenzione urbanistica e prescrizione estintiva

Responsabilità civile – Risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni contemplate in una convenzione urbanistica e prescrizione estintiva

1. In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione sollevata dal Comune resistente inerente alla carenza di legittimazione dei ricorrenti e al loro interesse ad agire, almeno per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni.

L’amministrazione osserva che – da quanto esposto nel ricorso e dalla documentazione prodotta con esso nonché, in particolare, dalla relazione peritale dimessa in giudizio – i danni di cui si chiede il risarcimento consisterebbero nei mancati ricavi che il parcheggio, realizzato sull’area di proprietà dei ricorrenti, avrebbe patito nel periodo di durata della convenzione a causa della presunta inosservanza, da parte del Comune, della clausola della convenzione che gli imponeva di vietare l’utilizzo di determinate zone del proprio territorio come aree riservate a parcheggio.

In proposito, essa rileva come il danno in questione, ove pure si fosse prodotto, sarebbe stato comunque subito da soggetti diversi dai ricorrenti, i quali sarebbero privi di legittimazione in ordine alla domanda risarcitoria da essi proposta.

Come esposto nella parte in fatto, il parcheggio è stato gestito, in un primo momento, dalla società Parcheggio dei Tigli di Franca Massimo & C. s.n.c. e, a decorrere dal 1° gennaio 2008, da La Piramide s.r.l.

L’eventuale danno che, in ipotesi, fosse derivato dai mancati ricavi del parcheggio sarebbe, quindi, stato subito prima dalla società di persone e, successivamente, dalla società di capitali La Piramide s.r.l., che sono soggetti giuridicamente distinti dai ricorrenti.

Ciò sarebbe pacifico riguardo alla società a responsabilità limitata, dotata di autonomia patrimoniale perfetta, ma lo sarebbe anche rispetto alla società in nome collettivo, anche in forza degli orientamenti giurisprudenziali (Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2015, n. 4353).

In ogni caso, i ricorrenti non dimostrano in alcun modo di aver subito un danno in conseguenza del preteso inadempimento del Comune agli obblighi nascenti dalla convenzione.

1.1. L’eccezione è fondata limitatamente alla legittimazione attiva per quanto concerne la domanda risarcitoria.

È indubbio che i ricorrenti (i signori Massimo Franca, Paolo Franca, Alessandro Franca e Silvia Franca), quali persone fisiche eredi dei firmatari della convenzione del 1980 (i signori Gagliardino Franca, Silvio Franca, Luigi Candido Franca, Claudio Giuseppe Franca e Lino Mario Franca), possano astrattamente lamentare un pregiudizio derivante da un preteso inadempimento di un obbligo fissato dalla stessa.

Non può altresì dubitarsi che l’ipotizzato pregiudizio possa discendere da un danno subito da altri soggetti giuridici (le società, appunto) alle quali i ricorrenti (e prima ancora i firmatari della convenzione) hanno demandato la gestione del parcheggio attraverso l’esercizio di un’attività imprenditoriale.

Da ultimo, è innegabile che un eventuale inadempimento degli obblighi convenzionali possa avere avuto effetti nefasti sui ricavi e, quindi, di riflesso, sui profitti delle società gerenti il parcheggio.

Tuttavia, tutti questi elementi devono essere posti in relazione tra loro affinché possa paventarsi un danno risarcibile.

In detta prospettiva, la perizia dei ricorrenti fornisce informazioni che, nel loro insieme, risultano utili ad inquadrare meglio la vicenda. In primo luogo, si osserva che l’oggetto della perizia è “l’analisi e quantificazione del possibile danno economico a danno del parcheggio “Dei Tigli” di Garda (VR) derivante dalla non osservanza della Convezione del 31/07/1980” e che, tra la documentazione fornita dai committenti, sono indicati i “bilanci anni 2018-2019-2021-2022”; in altri termini, risulta evidente che, al di là delle formule utilizzate (“Analisi e quantificazione del possibile danno economico – Parcheggio “Dei Tigli” a Garda (VR)”), il pregiudizio economico prospettato è da riferire per intero all’attività imprenditoriale svolta in successione dalle due società che, in ipotesi, avrebbero potuto realizzare maggiori ricavi.

Tale danno non può coincidere però con quello patito dai ricorrenti, i quali, nella veste di soci delle società, avrebbero potuto eventualmente solo partecipare agli utili distribuiti da queste e nella misura da loro stabilita. Teoricamente, specie nel caso della società a responsabilità limitata, avente personalità giuridica ed autonomia patrimoniale perfetta, il distinto soggetto giuridico affidatario della gestione del parcheggio avrebbe potuto disporre il reinvestimento del maggiore profitto in altri affari, operando quelle che la scienza aziendalistica chiama differenziazioni o diversificazioni a seconda della maggiore o minore vicinanza all’attività caratteristica (il c.d. core business).

In altri termini, i ricorrenti, in quanto persone fisiche, per far valere un danno risarcibile avrebbero dovuto dimostrare l’incidenza sui loro dividendi dei mancati (potenziali) ricavi indicati nella perizia da loro prodotta e riferiti alle società gerenti il parcheggio di cui detenevano le quote.

Per il vero, essi hanno sviluppato un ragionamento molto semplificato che, soprattutto, non ha tenuto in debito conto l’esistenza dello schermo societario e che li ha portati a identificarsi con l’ente di natura privatistica ignorando la sua soggettività e, conseguentemente, la sua autonomia patrimoniale, persino quando essa si è estrinsecata nella sua forma piena.

2. Sempre in via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno nonché dell’azione di risoluzione della convenzione.

Il Comune ritiene che tutti i danni eventualmente prodotti anteriormente al 2014 nonché le altre pretese dei ricorrenti, ivi compresa quella relativa alla risoluzione del contratto, fondate su fatti verificatisi anteriormente a tale data, siano prescritti, essendo stato notificato il ricorso solo nel marzo 2024.

A suo avviso, le generiche diffide effettuate dai ricorrenti nel corso del tempo sarebbero inidonee ai fini dell’interruzione della prescrizione.

In particolare, per quanto concerne l’azione di risoluzione del contratto, l’ente resistente richiama una pronuncia della Corte di Cassazione a mente della quale il relativo termine di prescrizione decorre “non dal momento in cui si verifica un qualunque inadempimento ma soltanto da quello in cui si realizza un inadempimento di non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse della controparte, sicché nell’ipotesi di obbligazioni a termine incerto e non immediatamente eseguibili tale momento coincide con quello in cui il ritardo nell’adempimento eccede ogni limite di tolleranza (Sez. II, numero 11640, 29 luglio 2003, RV. 56 54 80)” (Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 2021, n. 40988).

Per quanto attiene al diritto al risarcimento del danno, parallelamente, evoca il consolidato orientamento della giurisprudenza in base al quale, “in tema di danno contrattuale, al fine di determinare il dies a quo della prescrizione occorre verificare il momento in cui si sia prodotto nella sfera patrimoniale del creditore il danno causato dal colpevole inadempimento del debitore” (Cass. civ., sez. VI, 20 gennaio 2022, n. 1823, che richiama Cass. n. 26020/2011 nonché Cass. n. 1889/2018).

2.1. L’eccezione è fondata per entrambi i profili indicati.

Gli atti compiuti dai ricorrenti, pur molteplici e reiterati nel tempo sotto forme diverse, non possono essere ritenuti interruttivi della prescrizione.

Con riguardo alla prima diffida, posta in essere in data 13 luglio 1981 da Gagliardino Franca (per sé e quale procuratore dei suoi fratelli Silvio Franca, Luigi Candido Franca, Claudio Giuseppe Franca e Lino Mario Franca), si osserva come la stessa sia stata seguita dall’atto di citazione del 4 marzo 1982 con il quale è stata promossa un’azione civile oggetto poi di rinuncia.

Tale ultima manifestazione di volontà è sufficiente a far ritenere come i successivi accordi intercorsi con l’amministrazione abbiano attribuito una diversa rilevanza all’inadempimento della convenzione che ha continuato a spiegare i propri effetti.

Valutazione non dissimile può farsi anche per le successive diffide (inviate a mezzo legale incaricato) del 20 settembre 1991 e del 4 marzo 1993, all’ultima delle quali è corrisposta una nota di riscontro dell’amministrazione esortativa ai fini del raggiungimento di un accordo tra le parti. Infatti, nonostante quest’ultimo non si sia concretizzato – tanto da portare a nuove comunicazioni della parte ricorrente (31 gennaio 2001, 14 novembre 2005, 7 dicembre 2005, 20 luglio 2006, 22 marzo 2011, 15 marzo 2013, 25 luglio 2014, 25 agosto 2014 e 23 maggio 2016) con impostazioni differenti ma tutte aventi carattere sostanzialmente sollecitatorio – il vincolo contrattuale è stato comunque mantenuto in vita nel supposto malfunzionamento del meccanismo convenzionale causativo di asseriti ingenti danni economici alle persone fisiche.

In altri termini, ammesso che vi sia stato un inadempimento da parte del Comune, il comportamento tenuto dai firmatari della convenzione ovvero dai loro eredi ha materialmente contraddetto quanto lamentato nelle missive sottoscritte direttamente da loro stessi ovvero dai loro legali, rendendo concretamente impossibile individuare con esattezza il momento storico in cui il ritardo nell’adempimento delle obbligazioni da parte del Comune è stato reputato intollerabile dagli altri paciscenti sul presupposto di una grave lesione dei loro diritti.

Un discorso analogo può farsi per quanto concerne l’individuazione del momento in cui si è prodotto il danno in capo ai ricorrenti, in disparte il tema della sua quantificazione che, come sopra esposto, non può certamente coincidere con quello derivante dalla gestione del parcheggio da parte delle società partecipate dai firmatari della convenzione.

Tale danno, infatti, non emerge in modo netto dagli atti versati in giudizio che fanno riferimento genericamente ai ricavi che avrebbe potuto generare l’attività imprenditoriale da quando questa ha avuto inizio, la quale comunque ha risentito, nel suo sviluppo, dell’influenza di più fattori manifestatisi nell’intero arco temporale preso in esame (a titolo esemplificativo, l’incremento del flusso turistico, la possibilità di fare uso di un’area adiacente, la progressiva riduzione degli stalli pubblici).

3. Possono ora esaminarsi le questioni afferenti al merito e, in particolare, quella inerente alla gravità della violazione dell’art. 8 della convenzione che ha carattere dirimente.

Sul punto, l’esordio dei ricorrenti risulta persuasivo nella parte in cui riporta il testo dell’articolo menzionato che così stabilisce: “Con l’entrata in funzione del parcheggio, il Comune di Garda ravvisa la possibilità e pertanto ne assume l’impegno di realizzare senza indugio il progetto di viabilità previsto dal Piano Regolatore Comunale, per quanto riguarda la zona a sud della strada gardesana e la Gardesana stessa. Tale impegno si intende assunto dal Comune per tutta la durata della presente convenzione. Il progetto di viabilità introdotto dal Piano Regolatore Generale prevede l’interdizione del traffico e della sosta delle automobili nei periodi di cui alla precedente lettera a). Resteranno destinate alla sosta, secondo i criteri dell’amministrazione, la Piazza Roma, Via XX settembre, Piazza Calderini, Via San Giovanni, Via Antiche Mura”.

Sulla base della lettera della disposizione convenzionale e delle successive azioni poste in essere dal Comune, non vi sono margini di incertezza sul fatto che non sia stato dato esattamente seguito a quanto pattuito.

Il nodo cruciale della vicenda, tuttavia, è comprendere se le azioni della parte pubblica e, dunque, le modalità di esecuzione delle prestazioni dedotte nella convenzione siano state tali da configurare la grave violazione legittimante la sua risoluzione.

Orbene, come si è già detto in occasione dell’esame delle eccezioni preliminari, il comportamento dei ricorrenti e, a fortiori, quello dei firmatari della convenzione, in origine, non consente di propendere per una violazione dell’art. 8 da parte del Comune avvenuto in una misura tale da determinare lo scioglimento del vincolo contrattuale.

Siffatto vincolo si è voluto preservare, da un lato, attraverso l’abbandono dell’azione civile promossa poco dopo l’inoltro della prima diffida con cui si è fatto constare il mancato rispetto dell’impegno cristallizzato nel citato art. 8 della convenzione; dall’altro, non dando corso, negli anni successivi, ad altre azioni similari a quella rinunciata, nonostante l’invio di altre comunicazioni dai toni talvolta ambigui (“[…] La pazienza come ben sai non è eterna ho provato in tutti i modi a comportarmi in maniera civile cercando di evitare contrasti ogni qual volta che veniva violata la convenzione, senza ottenere nessun risultato. Data però la profonda amicizia che ci lega sono in attesa di un una tua concreta e sincera risposta a questi miei quesiti o ad una serie discussione, altrimenti mi vedrò costretto a denunciare i fatti alla Procura della Repubblica di Verona per salvaguardare i miei e altrui diritti”; cfr. doc. 13 di parte ricorrente in data 7 dicembre 2005), talvolta più sfumati in quanto essenzialmente finalizzati a ridefinire l’assetto dell’equilibrio contrattuale (“[…] proroga dell’attuale convenzione di cui all’oggetto non inferiore a 70 anni dalla sottoscrizione della proroga stessa, con previsione nella convenzione che dalla firma della stessa non dovranno esistere zone destinate a parcheggio degli automezzi a sud della Statale Gardesana, salvo la Via San Francesco, con previsione della facoltà di richiedere da parte del Sig. Franca una penale a carico del Comune di Garda quantificata in € 200.000,00 (duecentomila/00) per ogni anno di mancato adempimento, rivalutabile per gli anni successivi secondo l’indice Istat o similare, ovvero di ritenere prorogata la convenzione per ogni anno di inadempienza da parte del Comune di Garda”; cfr. doc. 17 di parte ricorrente recante data 25 luglio 2014).

Nel contesto descritto, assume rilievo, accanto all’ondivaga condotta dei ricorrenti, la più volte menzionata progressiva riduzione degli spazi a parcheggio pubblico operata dal Comune, la cui effettività non è stata contestata per quanto riguarda i tagli complessivamente effettuati, seppure in zone diverse da quelle individuate nella convenzione.

L’equilibrio consacrato nel comune accordo, dunque, non risulta essere stato sconvolto in una dimensione tale da determinare la reazione radicale della parte privata dinanzi al malfunzionamento del rapporto, avendo, essa, solo prospettato, per lungo tempo, il ricorso alla soluzione rimediale estrema.

In detta prospettiva, pertanto, si invera la regola giurisprudenziale, richiamata con assoluta puntualità dalla difesa dell’ente civico, secondo cui l’importanza dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituendo questione di fatto, deve essere effettuata in concreto dal giudice, che deve maturare il suo prudente apprezzamento (Cass. civ., sez. VI-2, ord. 22 giugno 2020, n. 12182) avendo riguardo a parametri quali “il valore complessivo del contratto, le legittime aspettative e il danno procurato alla parte adempiente, la protrazione nel tempo dell’inadempimento” (Cass. civ., sez. II, 17 maggio 2024, n. 13784), l’eventuale tolleranza consolidatasi attraverso un comportamento protrattosi nel tempo, osservata da uno dei contraenti verso l’inadempimento dell’altro (Cass. civ., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23148).

Proprio facendo leva su questi ultimi, può concludersi che, nella fattispecie in esame, non sussistono i presupposti per la risoluzione della convenzione e, conseguentemente, non possono trovare accoglimento le domande di restituzione delle aree già cedute al Comune in esecuzione degli artt. 3, 4 e 5 della convenzione e di accertamento dell’inesistenza dell’obbligo dei ricorrenti di trasferire al Comune le aree di cui all’art. 10 della convenzione.

4. Per quanto attiene specificamente a siffatta domanda, formulata in via subordinata sulla base della lettera dell’art. 10 della convenzione (“I Fratelli Franca si obbligano, ora per allora, a cedere automaticamente e gratuitamente al Comune al compiersi del 50° anno dalla data in cui verrà firmata la convenzione, l’area adibita a parcheggio dall’attuale P.R.G. con tutte le sue accessioni e pertinenze in perfetto stato di funzionalità. Le spese di trasferimento saranno a carico del Comune”), occorre svolgere ulteriori considerazioni.

Innanzitutto, preme evidenziare come i ricorrenti richiamino la deliberazione consiliare 27 luglio 2017, n. 26, con la quale il Comune ha sostenuto che il citato articolo convenzionale imporrebbe loro la restituzione del “parcheggio e [degli] immobili”.

Gli stessi sottolineano la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le questioni attinenti all’interpretazione e all’applicazione delle clausole contrattuali-convenzionali per poi precisare come, ai fini dell’esperimento dell’azione di accertamento, sia “sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico, o sull’esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, che non sia superabile se non con l’intervento del giudice” (TAR, Genova, sez. I, 11 febbraio 2021, n. 103).

Sulla scorta di tali premesse, essi ritengono che l’oggetto di obbligo di trasferimento, ove efficace, sia la sola area parcheggio con le pertinenze allo stesso con esclusione degli immobili costituenti gli edifici che non hanno nulla a che vedere, in termini di accessione e pertinenza, con il funzionamento del parcheggio, essendo, questi, destinati ad usi diversi (officina meccanica, distributore carburante, locale commerciale, bar, residenze per custode e gestore bar, ecc.).

Invero, l’obbligo di cessione, alla scadenza della convenzione, dell’area adibita a parcheggio “con tutte le sue accessioni e pertinenze”, previsto dall’art. 10 della convenzione, si riferisce non alla sola area destinata a parcheggio e alle sue pertinenze in senso stretto (biglietteria, servizi igienici, arborature, macchinari, recinzioni, cancelli), ma anche agli edifici che si affacciano sul piazzale per la sosta delle corriere e che separano tale piazzale dalla Gardesana.

In proposito, il Comune enumera una serie di dati obiettivi dai quali non è possibile prescindere; oltre alla formulazione della norma pattizia, la quale chiaramente non sottende la nozione di pertinenza urbanistica bensì quella civilistica, sono richiamati i contenuti della domanda presentata il 29 giugno 1978 dal signor Gagliardino Franca – ove si fa menzione di un “parcheggio a pagamento con volume per servizi relativi all’esercizio”–, della relazione tecnica al progetto presentato per l’ottenimento della concessione edilizia n. 119/80 nonché della relazione tecnica al progetto di variante esitato nella concessione edilizia n. 15/81

In questi due ultimi documenti può testualmente leggersi quanto segue: (i) “La zona servizi che forma parte integrante del parcheggio custodito […] si affaccia sulla strada Gardesana con un grande piazzale” a chiusura del quale “vi è una cortina di edifici destinati a servizi come: officina meccanica, eventuale distributore di carburante, locale commerciale, bar con zona all’aperto, abitazioni per il custode del parcheggio e per il gestore del bar, controllo e pagamento del parcheggio e biglietteria per il servizio di corriere”; (ii) “Nella zona aperta, con accesso unicamente da via Colombo, vi è un grande piazzale, di circa 1580 mq., su cui si affaccia una cortina di edifici che chiude e nasconde, dalla Gardesana, la zona custodita. Gli edifici sono destinati a servizi connessi come: officina meccanica, eventuale distributore di carburante, negozio, bar con zona all’aperto, abitazione per il custode del parcheggio o per il gestore del bar e a piano terra, della parte che si affaccia su via Colombo, uffici, sala d’aspetto per le corriere, servizi igienici, controllo e pagamento del parcheggio. Gli edifici, con esclusione dell’abitazione, sono ritenuti accessori, per tanto non cubabili. Davanti ad alcuni edifici vi è una lunga pensilina per l’attesa delle corriere. Nel piazzale, oltre all’eventuale servizio di distribuzione di carburante, è stato previsto anche un servizio di lavaggio di vetture”.

In buona sostanza, tutti gli edifici elencati al momento del rilascio della concessione edilizia come accessori del parcheggio rientrano tra le “accessioni e pertinenze” dell’area adibita al parcheggio, delle quali l’art. 10 della convenzione prevede l’obbligo di cessione gratuita al Comune al momento della scadenza della convenzione.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso va dichiarato in parte inammissibile e, per il resto, va respinto.

In particolare, per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni, l’inammissibilità discende dal difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti; per quanto riguarda la domanda di risoluzione della convenzione, il rigetto deriva dalla mancanza di una violazione grave dell’art. 8 della norma pattizia non ravvisabile nell’inesatta esecuzione degli obblighi ivi stabiliti; per quanto attiene alla domanda di accertamento degli obblighi restitutori nascenti dalla convenzione e astrattamente gravanti sull’amministrazione, il rigetto consegue alla infondatezza della precedente domanda presupposta; per quanto attiene alla subordinata domanda di accertamento dell’inesistenza degli obblighi di trasferimento in capo ai ricorrenti, il rigetto consegue alla sua infondatezza.

6. Le spese di lite, secondo la regola della soccombenza, sono poste a carico dei ricorrenti e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

TAR VENETO, II – sentenza 21.08.2025 n. 1436 

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live