Va premesso il quadro normativo di riferimento in relazione alla domanda principale della parte attrice nei confronti del convenuto, 2 c.c., il quale Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che il fatto per cui è causa è sussumibile sotto il disposto di cui all’art. 205 recita: fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito. La domanda è fondata e deve essere accolta seppure sulla base delle considerazioni che seguono: I fatti come esposti sono stati confermati dalle dichiarazioni testimoniali dei testi che hanno assistito all’accaduto, entrambe già interrogate anche in fase di indagini dalla P.G. Il teste ha dichiarato: ‘ sentii un urlo e vidi la XXX che tirava in alto il cane ed il pastore tedesco che si avventava su di lei; ‘ Il teste ha dichiarato in udienza: ‘Dopo vari richiami. La era al cellulare e lo richiamava con troppa calma mentre il pastore tedesco stava aggredendo la XXX‘. Orbene, il cane di razza pastore tedesco di proprietà di XXX era condotto dalla figlia minorenne di questa. Ciò risulta dalle dichiarazioni testimoniali e dagli atti di P.G. depositati dalla parte attrice. Peraltro da questi ultimi atti risulta anche che la si rifiutò in numerose occasioni di rendere la propria dichiarazione e venne stilato verbale di vane ricerche dopo aver cercato di rintracciarla e che si procedette con avviso ex art. 415 bis cpp. Non è dato sapere l ‘esito del procedimento penale, ma è sufficiente alla prova la documentazione prodotta, le dichiarazioni testimoniali e la consulenza che ha accertato il nesso causale delle riferite lesioni con un morso di cane. È in atti altresì, nell’allegato 1 della citazione, certificato di proprietà del pastore tedesco in capo alla convenuta. È chiaro che seppure non era la a portare a spasso il cane, e quindi tenuta direttamente ed in prima persona alla sua vigilanza sul comportamento del cane, lo era la di lei figlia minorenne, della quale la stessa era responsabile. La ad ogni buon conto è da ritenersi responsabile dei danni provocati dal proprio cane sulla base della regola di cui all’art. 2052 c.c., in quanto proprietaria e custode dell’animale. L’istruttoria espletata ha provato sia l’aggressione subita dall’ attrice sia il nesso eziologico tra il fatto dell’animale e le lesioni riportate mentre la convenuta, rimasta contumace, non ha fornito alcuna prova in merito all’eventuale caso fortuito che comunque deve essere escluso nel caso in specie. La stessa CTU ha accertato che le lesioni patite dalla sono riconducibili al morso di un cane: ‘A seguito dell’aggressione da parte di un cane, occorsa in data 13.9.2021, la Sig.ra XXX ha riportato lesioni consistenti essenzialmente in una ferita lacero-contusa a carico del fianco destro. Tali essendo gli elementi probatori acquisiti in ordine al fatto storico, la domanda deve ritenersi fondata, ricorrendo i presupposti per l’applicabilità dell’art. 2052 c.c. Come noto, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2052 c.c., è condizione necessaria e sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con l ‘animale che ha dato luogo all’evento lesivo – rapporto che postula l’effettiva disponibilità giuridica e materiale sullo stesso ed il potere-dovere di intervento su di esso al fine di controllarlo, di evitare le situazioni di pericolo ed i danni – che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. La relativa responsabilità si fonda dunque non su un comportamento o un’attività del custode/proprietario del cane, ma su una relazione intercorrente tra questi e l ‘animale in custodia, cui corrisponde un effettivo potere fisico al quale si connette il dovere di custodirlo, di vigilarvi e mantenervi il controllo in modo da impedire che produca danni a terzi. Il custode, pertanto, è liberato dalla responsabilità ove dimostri che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività, tali da imporre di qualificare come fortuito il fattore esterno, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento del custode/proprietario. La giurisprudenza è infatti unitaria nell’affermare: ‘la responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all’art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un’attività commissiva o omissiva -ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l’animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la prova del quale a carico del convenuto -può avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità’ (Cass. Civ., Sez. 3^, sent. n. 10402/2016; conformemente a Cass. Civ., Sez. 6454/2007). Ancora la Cassazione ha sancito come ‘del danno cagionato da animale risponde ex art 2052 c.c. il proprietario o chi ne ha l’uso, per responsabilità oggettiva e non per condotta colposa (anche solo omissiva), sulla base del mero rapporto intercorrente con l’animale nonché del nesso causale tra il comportamento di quest’ultimo e l’evento dannoso, che il caso fortuito, quale fattore esterno generatore del danno concretamente verificatosi, può interrompere, sicché, mentre grava sull’attore l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra l’animale e l’evento lesivo, la prova del fortuito e a carico del convenuto’ (Cass. Civ., Sez. 3^, sent. n. 17091/2014). E poi, ‘la responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario di animale per i danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell’intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenti i caratteri dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità e dell’assoluta eccezionalità, con la conseguenza che all’attore compete solo di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell’animale’ (Cass. Civ. Sez. n. 3^, sent. n. 15895/2011; in senso conforme Cass. Civ., Sez. 3^, sent. n. 9037/2010). Nel caso di specie la convenuta, scegliendo la contumacia, non ha assolto al proprio onere eventuale di provare il caso fortuito, esimente della fattispecie di responsabilità riconosciuta a suo carico, caso fortuito che, peraltro non è apparso neppure raffigurabile nei fatti così come provati. L’affermazione della responsabilità comporta la condanna di al risarcimento dei danni subiti dal cosi come di seguito si procede a quantificare. Quantum; Liquidazione del danno. Quanto all’entità del danno biologico, inteso come menomazione dell’integrità psicofisica in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore della persona in tutta la sua concreta dimensione, nel caso di specie può farsi integrale e sicuro riferimento alle risultanze dell’espletata CTU medico legale, dott.ssa XXX che il Tribunale reputa di condividere, in quanto appaiono tratte a seguito dei più opportuni accertamenti e di una accurata disamina dei fatti in contestazione, all’esito di una procedura immune da vizi e secondo un iter logico ineccepibile, nonché sulla base di diagnosi e valutazioni medico-legali. Va rilevato che la CTU ha ridimensionando però il quantum preteso: postumi residuati all’evento traumatico in oggetto sono essenzialmente rappresentati da un esito cicatriziale lineare a carico del fianco destro, visibile ictu oculi e sede di attendibili disestesie pericicatriziali, configurante un lieve pregiudizio fisiognomico. Anche se l’esperienza dell’aggressione da parte del cane, come riferito dalla paziente in sede di visita, ha prodotto nell’immediato un comprensibile un turbamento emotivo, non risultano documentati, nell’ampio lasso di tempo trascorso dal trauma, disturbi della sfera psichica ovvero controlli, accertamenti o terapie a carattere specialistico. D’altra parte, dal colloquio clinico eseguito in sede di operazioni peritali, non sono emersi elementi di rilievo psicopatolgico, causalmente correlabili all’occorso traumatico. Il danno biologico permanente residuato alla Sig.ra XXX si sostanzia esclusivamente nel pregiudizio fisiognomico derivante dall’esito cicatriziale sussistente a carico del fianco destro, descritto nella sopra dettagliata obiettività clinica, (ascrivibile ad una Ia classe secondo la guida valutativa della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni) e medico-legalmente valutabile nella misura del 3,5% (tre-virgola cinque per cento). L’invalidità temporanea assoluta è stata di giorni 10 (dieci), con successivi giorni 10 (dieci) di invalidità temporanea parziale al 50%. Spese mediche ritenute congrue: € 27,48 Per la liquidazione del danno biologico, si fa riferimento alle tabelle in uso ed approvate da questo Tribunale, aggiornate al 2025, rinviando al documento di approvazione delle stesse, rinvenibile sul sito web del Tribunale di Roma, per le motivazioni, ivi riportate, che ampiamente chiariscono le ragioni del discostamento dalle Tabelle elaborate dall’Osservatorio di Milano e giustificano la scelta di questo giudice di adottare tali criteri tabellari. Ciò detto, in applicazione di tali criteri nel caso di specie si liquida pertanto, in via meramente equitativa, l’importo di € 4.610,50 al valore attuale per l’invalidità permanente, sulla base della natura della malattia e della consistenza dei postumi (3,5 %), dell’età della danneggiata al momento del fatto (38 anni) e del valore del punto determinato attraverso i criteri innanzi indicati. Quanto all’inabilità temporanea si liquida, in via equitativa ed al valore attuale secondo i criteri su indicati, l’ulteriore somma di € 1.953,75. Per un totale di danno biologico di € 6.564,25 già aggiornato alle tabelle 2025. Tenuto conto della pronuncia della Suprema Corte SS.UU. n. 26972 del 2008 ed al fine di garantire un risarcimento integrale e personalizzato del danno non patrimoniale nella sua accezione unitaria, comprensivo anche dei pregiudizi che integrano il danno morale -senz’altro dovuto al danneggiato ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., integrando il fatto in esame un illecito penale e comunque una violazione di diritti costituzionalmente rilevanti quale il diritto alla salute – inteso quale dolore, disagio, sofferenza e patimenti d’animo conseguenti alla malattia ed alla perdita dell’integrità fisica ed adeguato all’effettivo grado di afflittività del danno nel caso concreto, quale può desumersi dalla natura e qualità delle lesioni, dall’età del danneggiato, dalla natura degli esiti, e tenendo conto altresì del range applicabile di morale in ragione degli scaglioni di danno biologico riconosciuto, sempre in Tabelle per la valutazione del danno non patrimoniale, citate, e tenuto conto dell’esiguità del danno, si liquida in via meramente equitativa la ulteriore somma di € 500,00. In totale per i titoli su indicati si liquidano, in via equitativa ed al valore attuale € 7.064,25 comprensivi di danno biologico e morale. Danno patrimoniale A tale somma vanno aggiunte le spese riconosciute congrue dal CTU pari ad € 27,40 a titolo di danno patrimoniale. Lucro cessante Oltre alla rivalutazione del credito, già determinato nel suo complessivo ammontare ai valori attuali, vanno riconosciuti gli interessi per ritardato pagamento, interessi che vanno liquidati in conformità al consolidato orientamento assunto sul punto sulla scorta della nota pronuncia della Corte di Cassazione S.U. con la sentenza n. 1712/95. Tale sentenza, da un lato, ha riconosciuto la risarcibilità del lucro cessante derivato al danneggiato per la perdita dei frutti che avrebbe potuto trarre dalla somma dovuta se questa fosse stata tempestivamente corrisposta, danno liquidabile anche con l’attribuzione di interessi la cui misura va tuttavia determinata secondo le circostanze obiettive e soggettive relative al danno nel caso di specie, ad un tasso non necessariamente coincidente con quello legale; dall’altro, ha escluso che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia. Ha rilievo significativo la svalutazione monetaria medio tempore intercorsa nel periodo di tempo in considerazione. In applicazione di tali criteri, ed in via necessariamente equitativa ex art. 2056, co. 2° c.c., si ritiene di determinare l’ulteriore somma dovuta a titolo di lucro cessante facendo riferimento – in assenza di elementi che consentano di ritenere nel caso di specie un investimento maggiormente remunerativo della somma – al tasso medio di redditività degli investimenti mobiliari a basso rischio (titoli di Stato, BOT, CCT ecc.) nel periodo in questione, ed applicando così un ulteriore 2,37 % annuo, calcolato dalla data dell’evento dannoso (13.09.2021) sino alla data della presente sentenza (cfr. Cass. S.U. 16-7-2008 n. 19499). In applicazione dei criteri sopra indicati tale tasso deve essere calcolato non sulla somma capitale ai valori attuali bensì con riferimento al valore medio tra il capitale al valore attuale e la somma dovuta alla data dell’illecito (settembre 2021) -semisomma provvedendo ad adeguare il valore del capitale – utilizzando il coefficiente del costo della vita relativo al periodo in questione (1,161) elaborato dall’ISTAT per le famiglie di impiegati ed operai. Totale dovuto Per quanto detto precedentemente, sono dovuti alla parte attrice dalla convenuta complessivamente € 7.091,73, a cui vanno aggiunti gli interessi da lucro cessante calcolati come indicato al punto precedente, per il ritardato pagamento. Su detta somma sono dovuti poi gli interessi legali dal deposito della presente sentenza al pagamento. Le spese processuali sono liquidate come in dispositivo ex D.M. n. 147/2022 e seguono la soccombenza, pur essendo compensate per il 30% in ragione del ridimensionamento del quantum richiesto, che nella domanda attrice è risultato sostanzialmente raddoppiato rispetto a quanto accertato in giudizio. Spese di CTU, sono liquidate in € 800,00, oltre Iva se dovuta e sono poste a carico di parte convenuta soccombente.
Trib. Roma, XIII civile, sent., 22.09.2025, n. 12916