Reato – Omicidio stradale – Morte dopo l’incidente stradale e configurazione dell’omicidio colposo: che funzione ha l’indennizzo corrisposto dall’assicurazione?

Reato – Omicidio stradale – Morte dopo l’incidente stradale e configurazione dell’omicidio colposo: che funzione ha l’indennizzo corrisposto dall’assicurazione?

1. Il motivo, che si articola in due distinti profili, è inammissibile.

1.1. Il primo profilo, ove si afferma la compatibilità del pagamento operato dall’assicurazione con l’attenuante di cui all’art. 62, n.6), cod. pen., è sostanzialmente corretto. La norma, dal punto di vista oggettivo, si accontenta del ristoro del danno patito in capo alla vittima, mentre, dal punto di vista soggettivo, esige, pur implicitamente, che tale ristoro sia il frutto di comportamento volontario imputabile all’autore del reato. Tale ultimo dato, in particolare, evidenzia che la riparazione deve provenire dall’autore del reato, e che, pertanto, l’attenuante non può essere applicata se proviene invece da un terzo. Tuttavia, occorre specificare che in determinati casi può ammettersi anche questo tipo di pagamento. Con riguardo al profilo soggettivo la disposizione non specifica con quali modalità deve volgersi il comportamento riparatorio, escludendo così eventualmente alcuni modi in cui questo può manifestarsi. Se, dunque, un terzo paga il prezzo del risarcimento al posto dell’autore, questo non significa autonomamente che l’attenuante non può essere concessa, ma deve verificarsi, prima del rigetto della richiesta, se tale pagamento non sia, in realtà, il frutto della volontà dell’autore del reato. Vero è che tale volontà, si apprezza in modo manifesto quanto l’autore paga direttamente di tasca propria l’ammontare del risarcimento; tuttavia, il pagamento risulta ugualmente riconducibile alla sua volontà anche quando questi ha incaricato un terzo di effettuarli. Il terzo, infatti, in questo caso, non agisce autonomamente, ma, al contrario, quale strumento dell’autore del reato. Pertanto, in tali casi, pur provenendo il pagamento da un soggetto diverso dall’autore del reato, non potrebbe dubitarsi che esso sia frutto della volontà di quest’ultimo.

1.2. Con riguardo al risarcimento del danno, praticato dalla compagnia assicuratrice, deve rilevarsi la presenza di due orientamenti contrapposti. In relazione al risarcimento eseguito dalla società assicuratrice, la Corte costituzionale ha affermato la configurabilità dell’attenuante anche quando l’intervento risarcitorio, comunque riferibile all’imputato, sia stato compiuto prima del giudizio dall’ente assicuratore. La decisione è stata fondata sul rilievo che l’orientamento contrario alla applicazione dell’attenuante, interpretata in chiave meramente soggettiva, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. e conduce ad una arbitraria svalutazione dell’istituto dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, istituto che svolge nel nostro ordinamento una insostituibile funzione riequilibratrice, in attuazione degli imperativi contenuti nell’art. 3 Cost. (C. Cost., 23.4.1998, n. 138, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 62, n. 6 prima parte). Per la configurabilità dell’attenuante si esprime anche una parte della giurisprudenza, che riconosce l’attenuante sul rilievo che il risarcimento deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui egli ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio (Sez. IV, 6-29.12.2023, n. 51603; Sez. VI, 15.9-9.10.2023, n. 40948; Sez. IV, 14.12.2022-23.3.2023, n. 12121; Sez. IV, 22.2-18.5.2018, n. 22022; Sez. IV, 6.2.2009, n. 13870; Sez. IV, 4.10.2004, n. 46557). Sono state ritenute insufficienti le sollecitazioni operate dal difensore dell’Imputato per dimostrare che egli avesse avuto conoscenza dell’intervento dell’assicuratore e manifestato la volontà di farlo proprio (Sez. IV, 28.11.2017-8.2.2018, n. 6144). Analogamente si è affermato che l’attenuante anche quando la riparazione del danno è stata effettuata dalla compagnia assicuratrice del veicolo di proprietà di un datore di lavoro e il fatto è stato realizzato da un dipendente che era alla guida del veicolo (Sez. IV, 11.6.2015, n. 36475 e S.U., 22.1.2009, n. 5941).

1.3. Non mancano, tuttavia, pronunce di senso contrario (Sez. VI, 9.11.2005, n. 46329; Sez. IV, 3.6.2004, n. 39065; S.U., 23.11.1988). Si è affermato che l’attenuante non può essere riconosciuta in favore del responsabile in materia di sicurezza e prevenzione allorquando il risarcimento del danno sia stato effettuato dalla compagnia assicuratrice del datore di lavoro in virtù di contratto stipulato da quest’ultimo (Sez. IV, 9.6.2015, n. 27006) ; secondo l’attenuante non è integrata quando il risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale sia intervenuto per effetto di un contratto assicurativo concluso dal soggetto titolare della automobile diverso dal conducente (Sez. III, 19.2-7.6.2019, n. 25326). Analogo principio è stato affermato per l’esclusione dell’attenuante in caso di risarcimento da parte dell’Inail (Sez. IV, 7-21.9.2023, n. 38470; Sez. IV, 27.6.2017, n. 45806).

1.4. Alla luce di quanto più su esposto, deve rilevarsi che tale contrasto risulta, nei fatti, più apparente che reale. Il primo orientamento, infatti, afferma che il pagamento dell’assicurazione è ammesso in quanto può considerarsi espressione della volontà dell’autore del reato, che l’ha incaricata al pagamento, o, in alternativa, ha scelto successivamente di farlo proprio. Si sostiene, in altri termini, quanto detto in precedenza, ovvero che il pagamento operato dal terzo può ritenersi ammissibile ai fini dell’applicazione dell’art. 62, n.6), se questo può ritenersi riconducibile alla volontà dell’autore del reato. Il secondo orientamento, a ben guardare non sconfessa questa conclusione, in quanto ha escluso l’applicazione dell’attenuante nei casi in cui il pagamento proveniva da un’assicurazione o da un ente previdenziale che aveva stipulato un contratto, con soggetto diverso dall’imputato, es. il datore di lavoro (e non il lavoratore danneggiante), il proprietario dell’automobile (e non il conducente danneggiante). Tale conclusione non fa che ribadire la premessa che il pagamento del terzo deve risultare riconducibile alla volontà del danneggiante: se così è, quel risarcimento è riconducibile alla volontà dell’autore del reato, che agisce utilizzando il terzo come strumento per il pagamento del debito risarcitorio, e si applica l’attenuante; se invece il terzo non esegue la volontà dell’autore del reato, quel pagamento si atteggia come quello di un terzo, non può essere ricondotto all’autore del reato, e l’attenuante non può trovare applicazione.

1.5. In definitiva, deve affermarsi il principio secondo cui ai fini dell’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n.6), è ammesso il pagamento dell’impresa assicuratrice, a patto che esso si atteggi come il pagamento di un terzo incaricato dall’autore del reato, e dunque riconducibile alla volontà di quest’ultimo, mentre deve escludersi l’ammissibilità dei pagamenti operati da compagnie assicuratrici o enti previdenziali, che non operano su incarico di tale soggetto, trattandosi in questo caso di pagamenti non riconducibili alla sua volontà.

1.6. Nel caso in esame, essendo provenuto il pagamento da compagnia assicuratrice che agiva su incarico dell’imputato, sarebbe stato corretto riconoscere l’applicazione dell’attenuante. Ha errato, pertanto, la Corte d’appello a negarla facendo leva sulla terzietà dell’istituto assicurativo e sull’impossibilità di rinvenire la volontà risarcitoria propria dell’imputato.

2. Il secondo profilo della doglianza, relativo al mancato risarcimento dell’associazione “(OMISSIS) Onlus”, è tuttavia inammissibile. Al riguardo merita premettere che l’art. 62, n.6), riferisce il risarcimento alla persona “offesa”, ovvero che ha subito le conseguenze negative del reato, senza limitare l’effetto attenuante al caso in cui il risarcimento sia prestato, invece, in favore del soggetto passivo del reato, ovvero di un soggetto determinato. Se ne ricava che la fattispecie attenuante si riferisce al soggetto cui risulta attribuibile la qualifica di “offeso” dal reato concretamente verificatosi. Tale qualifica può pertanto essere riferita ad un unico soggetto, se il reato ne ha offeso solo uno, ovvero a più soggetti, se ne ha offesi più. Nel quale ultimo caso l’attenuante potrà applicarsi solamente quando il risarcimento abbia riparato il torto subito da ciascuno di essi.

2.1. La qualifica di persona offesa dal reato è stata inoltre riconosciuta non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti esponenziali di interessi collettivi a patto che gli interessi statutariamente tutelati dagli enti corrispondano a quelli protetti dal reato in contestazione, da valutarsi in stretta e specifica aderenza con la struttura e la natura della fattispecie criminosa (Sez. 1 n. 39243 del 04.07. 2024 Rv. 287131 – 01, e in precedenza, Sez. II, 27.09.2016, n. 43494).

2.2. Inoltre, va rilevato che l’onere dell’autore del reato di risarcire il danno nei confronti di tutte le persone offese, per ottenere l’effetto attenuante, è che queste siano identificabili “prima del giudizio”. L’imputato, cioè, se ha interesse alla riduzione della pena, è tenuto a risarcire ogni soggetto, al quale possa attribuirsi la qualifica di persona offesa, ma questo onere logicamente vale solamente nei confronti dei soggetti che possano essere riconosciuti come tali prima del giudizio, e non, invece, nei confronti di quelli che si disvelino in un momento successivo. Infatti, solo la costituzione prima del giudizio permette al soggetto offeso di assumere anche la qualifica giuridica di parte offesa dal reato. Tale fenomeno si verifica anche nel caso in cui questi si costituisca come parte civile, giacché il termine per la costituzione, prevista per tale qualifica dal diritto processuale, è, comunque, il momento del giudizio.

2.3. Tale costituzione, inoltre, non solo guadagna al soggetto costituito la qualifica poc’anzi menzionata, ma permette anche all’imputato di venire a conoscenza di tale status, sapendo così nei confronti di chi deve essere indirizzato il risarcimento.

2.4. Nel caso in esame, deve rilevarsi che l’associazione “(OMISSIS) Onlus”, era legittimata a costituirsi persona offesa, quale ente collettivo, e che si era correttamente costituita come parte civile nel giudizio, risultando perciò destinataria della qualifica di persona offesa, e in particolare danneggiata, e riconoscibile come tale dall’imputato quale destinatario del risarcimento del danno. Pertanto, il mancato risarcimento nei confronti della stessa, rilevato dalla Corte d’appello, rende inapplicabile l’attenuante risarcitoria, e inammissibile il motivo di ricorso dell’imputato.

4. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.

Cass. pen., III, ud. dep. 29.09.2025, n. 32174

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