Reato – Furto di uno zaino lasciato su una panchina, non può esserci l’aggravante dlel’esposizione a pubblica fede

Reato – Furto di uno zaino lasciato su una panchina, non può esserci l’aggravante dlel’esposizione a pubblica fede

1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con conseguente assorbimento degli altri motivi.

Prescindendo dalla indubbia e non controversa falsità del contenuto della denuncia, deve rilevarsi l’erronea valutazione operata dalla Corte di appello in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante relativa al furto di cosa esposta per necessità o consuetudine alla pubblica fede prevista dall’art. 625, n. 7 cod. pen.

La Corte di appello dopo aver ribadito il consolidato orientamento di legittimità secondo cui non è configurabile il delitto di simulazione di reato quando la perseguibilità d’ufficio del reato oggetto della denuncia simulata sia stata esclusa e la querela non sia stata presentata (Sez. 6, n. 13109 del 21/01/2009, Lodeserto, Rv. 243126), ha affermato che la falsa denuncia di furto sporta dall’imputato andava considerata come riferita ad un delitto procedibile di ufficio.

In particolare, è stata riconosciuta sussistente la circostanza aggravante prevista dall’art. 625 n.7 cod. pen., afferente alla sottrazione di una cosa esposta alla pubblica fede, oltre ad evidenziarsi la irrilevanza della sopravvenuta modifica legislativa del regime di procedibilità a querela introdotto per effetto del d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022 in epoca successiva ai fatti.

Deve rilevarsi l’erroneità della valutazione operata dalla Corte di appello, rispetto alla configurabilità della predetta circostanza aggravante in ragione della sua applicazione ad una fattispecie in concreto non suscettibile di giustificarne l’integrazione.

Secondo la decisione qui impugnata, il furto di uno zaino lasciato incustodito su una panchina per raggiungere una vicina fontanella integrerebbe detta aggravante “rientrando nelle abitudini sociali e nella pratica di fatto lasciare incustoditi i propri effetti personali, abbandonandoli temporaneamente in un luogo prossimo per assolvere ad un’esigenza transitoria”.

Appare evidente la erroneità di siffatta valutazione.

Se è certamente corretta l’affermazione secondo cui la procedibilità d’ufficio ai fini della integrazione della simulazione di reato deve essere valutata al momento della denuncia, con la conseguente irrilevanza delle modifiche normative sopravvenute (come quella che ha reso procedibile a querela anche il furto aggravato delle cose esposte alla pubblica fede, a norma dell’art.2 ,comma 1, lett. l) del cit. d.lgs n. 150/2022), risulta priva di fondamento la ritenuta configurabilità dell’aggravante nella fattispecie di furto in esame, oggetto della simulazione per cui si procede.

L’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen., riguarda le cose esposte “per necessità e consuetudine” alla pubblica fede e tali devono intendersi soltanto quelle lasciate dal possessore, in modo permanente o per un certo tempo, senza diretta e continua custodia, per “necessità” o per “consuetudine” e che, per tale ragione, si trovino più esposte al rischio di essere più facilmente sottratte.

I casi in cui ricorrono le predette due alternative condizioni, di necessità o consuetudine, non sono specificati dalla norma, essendone rimessa l’individuazione all’interprete attraverso il richiamo implicito all’applicazione di regole di comune esperienza.

Nel caso in esame il riferimento a tali condizioni fuoriesce anche dalla portata più ampia possibile che si possa riconoscere alle regole dettate dall’esperienza, non potendosi ravvisare alcuna consuetudine o necessità nel lasciare incustoditi i propri effetti personali sopra una panchina in luogo aperto al pubblico, senza adottare alcuna cautela per scongiurare il rischio di furti.

La condizione di necessità di lasciare incustoditi determinati beni, presuppone la difficoltà se non addirittura l’impossibilità di adottare dei comportamenti più prudenti, come si riconosce ad esempio per gli oggetti lasciati all’interno dell’abitacolo di un’autovettura parcheggiata sulla pubblica strada, ove si tratti di oggetti ivi custoditi per necessità o comodità (Sez. 5, n. 38900 del 14/06/2019, Lucchiari, Rv. 277119), ma non certamente rispetto a quelle cautele che possono essere agevolmente adottate e che rendono del tutto incauto ed imprudente il comportamento di chi le omette solo per distrazione o leggerezza, non essendovi alcuna necessità che ne renda impossibile o anche soltanto disagevole la custodia.

La condizione alternativa di esposizione “per consuetudine” è quella riferita alle prassi sociali consolidate, che dipendono dall’affidamento riposto nelle condotte generalizzate e radicate nel tempo, secondo usanze comuni e diffuse in determinati contesti sociali (ad es. come potrebbe essere per gli effetti personali lasciati incustoditi sul luogo di lavoro, in locali non aperti al pubblico).

I comportamenti superficiali ed incauti di chi lascia incustodita la cosa in suo possesso per distrazione o leggerezza in luogo aperto al pubblico, pur potendolo agevolmente evitare e al di fuori di un contesto sociale di generale affidamento, non consente certamente di ritenere configurabile detta aggravante che punisce più gravemente solo i casi in cui l’assenza di custodia del bene sia imposta da situazioni di necessità o da consuetudini sociali, di cui possa trarre profitto l’autore del furto.

Nei casi di mera imprudenza o distrazione, al contrario, vertendosi in situazioni di volontaria e non imposta mancanza di cautele nella custodia delle proprie cose, manca del tutto l’esposizione alla pubblica fede, da intendersi quale rispetto verso la proprietà altrui in cui confida chi deve lasciare una cosa, anche solo temporaneamente, incustodita per necessità o uso sociale condiviso nella ordinarietà dei casi per acquisita e generalizzata abitudine di vita.

In conclusione, non potendosi configurare l’aggravante prevista dall’art. 7 dell’art. 625 cod. pen., né comunque altra aggravante che possa giustificare la procedibilità di ufficio del furto oggetto della falsa denuncia sporta dall’Imputato, la sentenza impugnata deve essere annullata per insussistenza del fatto.

Cass. pen., VI, ud. dep. 09.10.2025, n. 33503

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