XXX è stato chiamato a rispondere del reato a lui ascritto con decreto di citazione emesso dal P.M. in sede in data 1.12.2023. All’udienza predibattimentale del 20.5.24 è stato disposto il giudizio nei riguardi dell’imputato con rinvio all’udienza dibattimentale del 2.7.24, udienza questa differita per impedimento del giudice. Alla seduta del 19.11.24 è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti. Alla odierna udienza si è dunque proceduto all’escussione dei testi d’accusa XXX e, su accordo delle parti, sono stati acquisiti gli atti di p.g. prodotti da PM, contenenti tra gli altri, le denunce presentate nei confronti dell’imputato; all’esito il giudice, raccolte le conclusioni delle parti, si è pronunciato come da dispositivo del quale è stata data lettura in aula. Le risultanze processuali non lasciano spazio a dubbi circa la sussistenza del reato contestato e alla sua attribuibilità all’odierno imputato. Il presente processo ha tratto origine dalle denunce presentate il 28.7.22 da XXX ed altri, secondo cui, nelle ultime settimane, per le vie del centro avevano incontrato spesso un uomo senza fissa dimora dedito all’accattonaggio che si avvaleva di un cane meticcio di taglia media di nome ” nonché da alcuni giorni, anche di un coniglio che risultava legato ad una zampa tramite un guinzaglio che gli avrebbe causato delle lesioni; inoltre, gli stessi animali venivano tenuti sotto il sole sull’asfalto rovente, in particolare, il cane era costretto a rimanere vicino al proprietario nell’atto di chiedere l’elemosina, legato alla sua bicicletta, senza possibilità di muoversi, costretto per di più ad indossare a volte cappellini, a volte frontini, a volte occhiali da sole per attirare l’attenzione dei passanti; il coniglietto era legato con un guinzaglio alla zampetta che aveva cominciato procurargli una vistosa ferita (cfr. esposto di XXX), senza alcuna protezione, sull’asfalto cocente; lamentavano poi gli esponenti che il proprietario riteneva che tali modalità di detenzione non fossero incompatibili con le caratteristiche etologiche della razza; inoltre, proseguendo nel racconto dei denuncianti, l’imputato era stato visto più volte malmenare il cane nel momento in cui lo stesso manifestava l’esigenza di alzarsi e spostarsi dalla sua posizione. Tali circostanze trovano riscontro sia nelle concordi dichiarazioni testimoniali assunte nel corso dell’istruttoria, sia nelle dichiarazioni rese a da altri testimoni (utilizzabili per essere state acquisite sull’accordo delle parti). In particolare XXX oltre a confermare di aver visto gli animali nelle condizioni sopra descritte, ha riferito di non aver mai parlato direttamente con il proprietario in quanto lo aveva visto bere e aveva paura (cfr. verbale). XXX ha raccontato di aver parlato con il prevenuto e di avergli regalato un guinzaglio più lungo per consentire al cane di muoversi, invitandolo più volte a far muovere l’animale; inoltre aveva notato anche la presenza del coniglio, con la zampetta legata evidentemente sofferente e si era accorta che la ciotola dell’acqua era vuota. La teste, sentita in dibattimento, ha aggiunto che l’uomo, che comprendeva abbastanza bene l’italiano, non era in grado di tenere gli animali e, anche se non li voleva maltrattare, non era in grado di capire cosa stava facendo in quanto “probabilmente era alcolizzato”. XXX (denunciate) ha riferito di avere più volte richiamato l’uomo in quanto il cane era costretto ad indossare cose ridicole, era sotto al sole ed era limitato nei movimenti, ma lo stesso inveiva contro di lei; ha quindi aggiunto di aver visto il coniglietto legato con la zampina sanguinante, per circa un mese e mezzo (verbale). Sentita in dibattimento, la teste ha ricordato che il coniglio era denutrito, disidratato, emaciato, mentre il cane aveva sempre il guinzaglio legato alla bicicletta, senza potersi muovere, e che ogni volta che cercava di parlare con l’uomo, lo stesso le rispondeva “a brutto muso”. XXX ha riferito di aver visto in uno giorno particolarmente caldo di luglio 2022 l’uomo con il cane e il coniglietto, che conosceva in quanto sui social vi erano già state numerose segnalazioni di cittadini che avevano denunciato le condizioni di sofferenza in cui venivano detenuti questi animali; ha quindi precisato che il coniglietto, legato con un guinzaglio alla zampetta destra, era particolarmente sofferente e mogio, inoltre, le ciotoline presenti sul posto erano vuote. XXX (denunciante), sentita il 7.11.2022, oltre a confermare il contenuto dell’esposto presentato il 28.7.2022, ha inoltre aggiunto di aver più volte invitato l’uomo a liberare il coniglietto dal guinzaglio che gli stava provocando una lesione alla zampina, ma lo stesso reagiva in malo modo cacciandola; la donna dopo aver richiesto agli agenti della Polizia Municipale di intervenire, aveva quindi deciso di presentare denuncia. XXX denunciante e volontaria di associazioni animaliste, ha evidenziato di avere più volte chiesto all’uomo di avere maggiore cura di questi animali e di consegnarle il coniglio in quanto particolarmente sofferente, di avergli detto di mettergli almeno dell’acqua, senza alcun esito. Il vice Brig. XXX che ha identificato l’imputato i seguito alle segnalazioni, ha riferito che l’uomo si aggirava per le vie del centro chiedendo l’elemosina insieme al suo cane e che lo stesso capiva e parlava abbastanza bene la lingua italiana; ha quindi precisato di aver verificato che il cane era regolarmente registrato e vaccinato, mente nulla ha saputo riferire in merito al coniglio; ha infine aggiunto che l’uomo viveva in simbiosi con il cane di cui si prendeva cura, né aveva riscontrato maltrattamenti sull’animale. Il XXX della locale Polizia Municipale, ha riferito che l’uomo era noto per essere stato destinatario di DASPO e di verbali per accattonaggio; ha quindi spiegato che, a parte queste segnalazioni, era un soggetto tranquillo e che quando ebbe a controllarlo in seguito agli esposti a suo carico, il cane stava bene, aggiungendo che ” XXX tratta meglio gli animali che se stesso”; ha infine precisato di non aver affidato il coniglio ad una ragazza di nome XXX che aveva chiesto di occuparsene. Quest’ultima, conformemente con quanto dichiarato il 4.10.22, ha riferito che nel luglio 2022 aveva notato un clochard fermo sulla strada con un cane ed un coniglietto che era legato e disteso sull’asfalto, che ansimava a causa del caldo, quindi aveva domandato all’uomo dove l’avesse preso; l’imputato le aveva risposto di averlo trovato nei pressi di un cassonetto dell’immondizia legato a testa in giù e di averlo raccolto per poi tenerlo con sé; dopo qualche giorno la giovane aveva incontrato di nuovo il mendicante che nell’occasione custodiva il coniglietto dentro al cestino della bicicletta immerso nell’insalata, quindi, gli aveva chiesto di regalarglielo temendo che l’animale potesse perire, pur sapendo che non lo aveva ceduto ad altri che già si erano interessati; l’imputato, che nel frattempo si stava sottoponendo ad un controllo da parte del personale della Polizia Municipale, aveva deciso di accettare la proposta della ragazza e le aveva consegnato il coniglietto alla presenza degli agenti che avevano stilato il relativo verbale; la teste ha quindi precisato che l’animale era bisognoso di cure, quindi, lo aveva portato presso la clinica veterinaria dove gli avevano riscontravano piaghe infettate alle zampette. La teste ha infine concluso dicendo di aver seguito la terapia e di aver continuato a tenere con sé l’animale. Sono in atti in atti i referti medici e le foto che danno conto delle condizioni degli animali. Quanto sopra esposto integra gli estremi del reato contestato. Il reato di cui all’art. 727 c. p. è senz’altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (per tutte, Sez.3, n. 37859 del 4/6/2014, R., Rv. 260184; Sez. 3, n. 6829 del 17/12/2014, G., Rv.262529). Va invero precisato che, ai fini dell’art. 727 c.p., assumono rilievo non necessariamente le condizioni di incompatibilità che possono determinare un vero e proprio processo patologico, bensì anche quelle che possono determinare i meri patimenti. Non rientrano, quindi, nel concetto ampio di “sofferenza” solo danni fisici, lesioni o ferite, ma anche quei patimenti che determinano stress, angoscia, ansia, paura, disagio psicofisico, inquietudine, nervosismo, stato di affaticamento, agitazione, privazioni emotive ecc. Pertanto, non è possibile valutare le conseguenze della detenzione in cattività unicamente sulla base di lesioni o sofferenze visibili; viceversa, occorre considerare che gli animali in cattività devono poter vivere, e non sopravvivere, in condizioni compatibili con la loro natura e che la costrizione in situazioni innaturali e il continuo impedimento del naturale svolgimento di pulsioni comportamentali innate provocano il raggiungimento di uno stato di deperimento psichico e di conseguenza fisico che può causare danni gravi e irreparabili. Ciò posto, rileva il Tribunale che la detenzione degli animali come sopra descritta, legati ad un guinzaglio corto, costretti a mantenere a lungo la stessa posizione senza possibilità di deambulare liberamente, sotto al sole, adagiati sull’asfalto rovente, talvolta senza acqua, debba ritenersi certamente incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze, indipendentemente dalla presenza di lesioni evidenti e pur non causando tale condotta vere e proprie sevizie: ciò in quanto tali condizioni di detenzione, rendendo difficoltosa per l’animale anche la semplice deambulazione lo costringe a posture innaturali producendo grave sofferenza. Si richiama in tal senso il principio di diritto secondo cui, in tema di reato di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, previsto dall’art. 727, comma 2, c.p., la grave sofferenza dell’animale, elemento oggettivo della fattispecie, deve essere desunta dalle modalità della custodia che devono essere inconciliabili con la condizione propria dell’animale in situazione di benessere, essendosi precisato che anche le sole condizioni dell’ambiente di detenzione possono essere fonte di gravi sofferenze per l’animale, quando sono incompatibili con la sua natura (cfr. Sez. 3, n. 52031 del 04/10/2016, Rv. 268778 – 01). È stato invero affermato che anche la detenzione di un animale in condizioni tali da costringerlo ad un portamento innaturale, tale da impedire o rendere difficoltosa la deambulazione o dal mantenere una posizione eretta e stabile, integra la violazione dell’art. 727 c.p. (Cassazione Penale sez. III Sentenza 04/04/2019, n. 14734), specificando che assumono rilievo non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psicofisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione (Sez. 7, n. 46560 del 10/7/2015, F. e altro, Rv. 265267), prendendo in considerazioni situazioni quali, ad esempio, la privazione di cibo, acqua e luce (Sez. 6, n. 17677 del 22/3/2016, B., Rv. 267313). Giova inoltre ricordare la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, prevista come reato dall’art. 727 c.p., anche nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla L. 20 luglio 2004, n. 189 non è una contravvenzione necessariamente dolosa, in quanto può essere commessa anche per semplice colpa: quindi, il detentore di animali in condizioni incompatibili con la loro natura o in stato di abbandono, è penalmente imputabile anche per semplice negligenza (cassazione penale sezione iii sentenza del 25/06/2014 n. 41362). Trattandosi di reato contravvenzionale punito sia titolo di dolo che di colpa, sono sanzionabili tutti gli atti colposi d’incuria che danneggiano l’animale, sicché la condizione di sofferenza, secondo quanto sopra specificato, degli animali dal prevenuto è certamente a lui imputabile, anche sotto il profilo soggettivo. Il fatto dunque che il XXX “non intendesse maltrattare gli animali” non serve ad escludere la sussistenza del reato che punisce chi ” detiene gli animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”, a titolo di colpa, che si differenzia dal delitto di maltrattamenti di animali, previsto dall’art. 544 ter c.p., che configura una fattispecie a dolo specifico quando la condotta lesiva dell’integrità dell’animale consiste in un comportamento tenuto per crudeltà e a dolo generico quando il comportamento è senza necessità. Né quanto sopra esposto può essere messo in dubbio dal contenuto della nota a firma del Magg. XXX in risposta alle segnalazioni della denunciante XXX che attiene ad un episodio – per vero privo di riferimento al caso del XXX – in cui il personale veterinario intervenuto a fine luglio 2022 (in luogo non specificato) aveva verificato che la custodia dei cani all’interno di un prefabbricato risultava necessaria per la salute degli animali e non configurava ipotesi di maltrattamenti. Parimenti, per le ragioni sopra evidenziate, la circostanza che nel corso del controllo effettuato nei confronti dell’odierno imputato in data 1 agosto 2022 il personale veterinario abbia rilevato che il cane era in buone condizioni di salute e senza sintomi di malattie infettive proprie della specie, serve ad escludere che nel periodo oggetto di contestazione lo stesso fosse detenuto con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la sua natura, integranti la fattispecie in esame. Né, al fine di escludere la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, si può ricorrere alla categoria della inesigibilità del comportamento in capo al prevenuto in ragione della sua condizione di soggetto senza fissa dimora, come tale impossibilitato a fornite gli animali una condizione idonea alla loro natura, posto che all’imputato, per quanto emerso dagli atti, era già stato proposto di cedere il coniglio ad altri soggetti o associazioni animaliste, piuttosto che evitare al cane di stazionare con lui sotto al sole e sull’asfalto rovente, privo della possibilità di muoversi, al solo fine di attirare i passanti per ottenere da loro l’elemosina. Ciò posto in punto di sussistenza del fatto e della rilevanza penale di esso, ritiene il giudicante che possa trovare applicazione la fattispecie introdotta dal D.Lgs. n. 28 del 2015. Ed infatti, pacifico il rispetto del limite edittale, tenuto anche conto delle modalità del fatto e della durata contenuta della condotta, delle dichiarazioni dei testi riferite alla personalità e al comportamento del soggetto, i criteri orientativi previsti dall’art. 133 co. 1 c.p. dalla disposizione espressamente richiamati, conducono a reputare il fatto di particolare tenuità. Non si rileva, inoltre, la sussistenza di alcuna delle cause ostative al pronunciamento ex art. 131 bis c.p., di natura tassativa, ed elencata dalla medesima disposizione di legge. Il comportamento dell’imputato – gravato da un unico precedente per porto di armi- non può in alcun modo dirsi abituale. La pena detentiva, pur nel minimo edittale, sarebbe, in ottica retributiva, sproporzionata per eccesso, mentre, in chiave special preventiva, controproducente. L’imputato va perciò mandato assolto dal reato ascritto per la particolare tenuità del fatto dallo stesso commesso.
Trib. Pescara, sent., 05.05.2025, n. 213