1) Col primo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117 e 1117 bis cod. civ., per avere la Corte d’Appello ritenuto la loro unità immobiliare legata da un rapporto di condominialità (rectius supercondominialità) col vialetto condominiale (particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del NCT del Comune di (OMISSIS)) adibito a strada, chiuso da un cancello e dotato di illuminazione, per il solo fatto della fruizione di tale stradello e dei relativi servizi a beneficio anche della loro proprietà esclusiva, prescindendo dalla necessaria applicabilità ad esso dell’art. 1117 cod. civ.
Lamentano in particolare l’erronea sussunzione della fattispecie concreta accertata nella fattispecie normativa del supercondominio per inesistenza della proprietà comune tra il citato Condominio e i ricorrenti sulla citata particella 422.
2) Col secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, poiché la Corte avrebbe omesso di esaminare e di motivare in ordine alle contestazioni relative alle modalità di svolgimento della CTU espletata in primo grado, che avrebbe sovrapposto la mappa catastale di impianto alla trasposizione digitale dei rilievi eseguiti partendo dal confine della proprietà condominiale opposto a quello con la proprietà dei ricorrenti, nonostante il verificarsi di una rototraslazione della mappa di impianto, in tal modo pervenendo erroneamente all’inclusione della particella (OMISSIS), originariamente destinata a strada, all’interno del muro di cinta della proprietà degli attori, ed all’individuazione dello stradello condominiale della particella (OMISSIS) come unico collegamento della proprietà degli attori con la via pubblica (OMISSIS).
Il primo motivo è fondato.
L’impugnata sentenza, infatti, pur avendo indicato, sulla base dell’espletata CTU, a pagina 8 n. 2), la menzionata particella (OMISSIS) come stradello condominiale funzionalmente utilizzato sia dai condomini del Condominio di (OMISSIS) località (OMISSIS) via (OMISSIS), sia dai ricorrenti per raggiungere la proprietà della loro autonoma casa unifamiliare confinante, riformando la sentenza di primo grado in parziale accoglimento dell’appello incidentale, ha ravvisato un rapporto di condominialità (rectius supercondominialità) tra gli immobili delle parti per il solo fatto che la particella (OMISSIS), pur di proprietà esclusiva del Condominio, era adibita a strada di collegamento, munita di cancello e di illuminazione, a servizio degli immobili di entrambe le parti, escludendo invece l’obbligo degli attuali ricorrenti di versamento delle quote condominiali richieste, per mancanza di una delibera del supercondominio sulla ripartizione delle spese del servizio comune e di una richiesta dell’amministratore del supercondominio.
Per giungere all’affermazione dell’esistenza di un rapporto di supercondominialità tra gli immobili delle parti, la Corte distrettuale ha richiamato l’ordinanza di questa Corte n. 28280 del 4.11.2019, asseritamente relativa ad una fattispecie analoga, che ha affermato la costituzione ipso iure et facto della particolare comunione regolata dagli articoli 1117 e ss. cod. civ., senza bisogno di un’apposita manifestazione di volontà assembleare in tal senso, valevole anche per l’istituto di creazione giurisprudenziale del supercondominio, poi codificato nell’art. 1117 bis cod. civ., (introdotto dalla L.11.12.2012 n. 220, in vigore dal 18.6.2013) in tre distinte ipotesi:
a) quella dell’unico proprietario di un edificio, che lo frazioni in più porzioni autonome, trasferendone la proprietà esclusiva a più soggetti, ovvero anche al primo di essi;
b) quella di più soggetti che costruiscano su un suolo comune;
c) quella in cui l’unico proprietario di un edificio ceda a terzi piani, o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento.
La Corte distrettuale ha quindi ritenuto che la supercondominialità automatica scatti anche nelle ipotesi, come quella di specie, in cui un caseggiato (quello del Condominio) ed una casa unifamiliare (quella dei ricorrenti) abbiano in comune talune cose, impianti e/o servizi legati, appartenenti o anche utilizzati dai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.
In realtà il precedente sopra richiamato non poteva ritenersi relativo ad una fattispecie analoga a quella concreta esaminata, in quanto esso si riferiva al caso di uno scivolo di accesso ad un garage e ad una cantina al piano seminterrato ed alle relative corsie di manovra, che erano di proprietà comune tra un condominio ed un’unità abitativa estranea ad esso, e che erano posti a servizio di entrambi, mentre nel caso qui in esame è pacifico che la particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del NCT del Comune di (OMISSIS) adibita a strada, munita di cancello e di illuminazione, sia di proprietà esclusiva del Condominio di (OMISSIS) località (OMISSIS) via (OMISSIS), e non di proprietà comune anche ai ricorrenti proprietari della limitrofa casa unifamiliare, che semplicemente ne fruiscono, al pari dei condomini. D’altra parte l’ordinanza n. 28280/2019 di questa Corte aveva riferito il fenomeno dell’automatica costituzione di fatto del supercondominio a tre ipotesi, in cui le singole unità immobiliari che fruivano del servizio comune provenivano comunque per vendita, o frazionamento, da un originario unico fabbricato, mentre nella specie é pacifico che i fabbricati delle parti siano stati edificati ab origine separatamente su terreni distinti, autonomamente acquistati dai ricorrenti insieme a soggetti terzi e da una società costruttrice, che ha poi dato luogo, dopo la costruzione sopravvenuta dell’edificio, alla costituzione del Condominio, senza che mai ci sia stata una proprietà comune della citata particella (OMISSIS).
La giurisprudenza di questa Corte, del resto, anche prima dell’introduzione dell’art. 1117 bis cod. civ. da parte della L. n.220/2012, che oggi espressamente prevede l’applicazione delle disposizioni del capo I del titolo VII del libro terzo, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., esigendo quindi espressamente il requisito dell’esistenza di una proprietà comune a più edifici rientrante nella previsione dell’art. 1117 cod. civ., aveva affermato che il rapporto di condominialità dell’art. 1117 cod. civ. poteva ritenersi applicabile estensivamente ove si trattasse di parti comuni non di uno stesso edificio (condominio verticale), ma di edifici limitrofi e autonomi, purché si trattasse di beni stabilmente ed oggettivamente destinati al godimento degli stessi (Cass. 9.6.2010 n. 13883; Cass. 30.7.2004 n. 14559). Anche più recentemente, si è affermato che il supercondominio ricorre quando più condominii tra loro autonomi abbiano in comune alcuni beni, o spazi, a loro volta assoggettati a regime di condominialità ex art. 1117 cod. civ. (Cass. ord. 16.2.2022 n. 5023).
Ulteriormente la sentenza n. 32237 del 10.12.2019 di questa Corte ha affermato, in motivazione, che l’art. 1117 bis cod. civ., anche se non applicabile ratione temporis, avendo recepito l’elaborazione giurisprudenziale formatasi intorno al concetto di supercondominio, ne identifica una nozione utile anche in senso retrospettivo, allorquando si riferisce, con ampia locuzione, a “più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117”; che l’elemento identificativo del supercondominio risiede nella natura specificamente condominiale (“… ai sensi dell’art. 1117”) della relazione di accessorietà tra la parte comune servente e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un condominio unitario “… ovvero più condomini…”; che sorgendo ipso iure et facto, se il titolo o il regolamento non dispongono altrimenti, il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomini, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sicchè trova ad essi applicazione, proprio in ragione della condominialità del vincolo funzionale, la disciplina specifica del condominio, anzichè quella generale della comunione (in tal senso anche Cass. 14 novembre 2012, n. 19939).
Ne deriva che in base all’orientamento costantemente seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 1117 bis cod. civ., per poter affermare l’esistenza di un rapporto di supercondominialità di fatto tra due edifici, anche non condominiali, con conseguente applicabilità delle norme del capo I del titolo VII del libro terzo, in quanto compatibili, anziché delle norme in materia di comunione, è indispensabile l’esistenza di una proprietà che possa essere qualificata come comune ad essi in base all’art. 1117 cod. civ. sulla quale si trovino, cose, impianti, o servizi a favore di entrambi gli edifici, non essendo invece sufficiente la sola fruizione da parte di entrambi di cose, impianti, o servizi insistenti su proprietà esclusiva di uno solo degli edifici medesimi.
L’impugnata sentenza non si è uniformata a tali principi e va quindi cassata con rinvio.
Il secondo motivo deve ritenersi logicamente assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
Il giudice di rinvio – che si individua nella medesima Corte d’Appello in diversa composizione – regolerà anche le spese di questo giudizio.
Cass. civ., II, ord., 21.10.2025, n. 27998