Proprietà, possesso e diritti reali – Illegittimo il parcheggio di motocicli nell’androne del condominio

Proprietà, possesso e diritti reali – Illegittimo il parcheggio di motocicli nell’androne del condominio

1.1. – Con atto di citazione, ritualmente notificato in data 13.11.2019, l’attrice, Parte_1, evocava in giudizio il Controparte_1 all’udienza del 09.03.2020 per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “1- Accertare e dichiarare che la sosta dei motocicli e biciclette nell’area comune ovvero nell’androne/porticato antistante il portoncino di ingresso della “scala B” è illegittimo e comunque in contrasto con l’art. 1102 c.c. e con gli artt. 2 e 4 del “Regolamento Condominiale” del “ CP_1”; 2- per l’effetto, vietare la sosta dei motocicli e delle biciclette nella predetta area comune con conseguente rimozione degli stessi; 3- condannare il Controparte_1 in persona dell’ Amministratore p.t. al pagamento della somma di € 2.000,00 a titolo di risarcimento danni, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ovvero di quella diversa somma che l’onorevole Giudicante riterrà equo liquidare; 4- con vittoria di spese e compensi del giudizio da attribuirsi al sottoscritto procuratore antistatario.”

A fondamento della domanda l’attrice premetteva in fatto di essere comproprietaria dell’appartamento sito all’interno del Controparte_1 in Boscoreale (Na) alla Via P., scala B, II piano, giusto atto di compravendita per Notaio .. del 10.07.2000.

Che, i condomini del suddetto Condominio parcheggiavano i propri motocicli e biciclette nello spazio comune, coperto e piastrellato, antistante il portoncino di accesso della scala B, utilizzato per il solo passaggio pedonale, ostacolando di fatto l’ingresso agli appartamenti ubicati nella detta scala, impedendo il pari utilizzo dell’area comune oltre a sporcare e danneggiare la pavimentazione che ricopre la suddetta area comune che, sotto il peso dei motocicli, tendeva a spaccarsi in quanto non idonea a tale uso, con notevole nocumento per gli altri condomini.

Che, tali comportamenti dovevano dirsi illegittimi in quanto non solo in contrasto con l’art 1102 c.c., che regola l’utilizzo delle cose comuni, ma anche perché vietati dal Regolamento Condominiale del “CP_1 ”.

Deduceva, dunque, di essere stata danneggiata non solo dai condomini che, noncuranti delle diverse manifestazioni di disapprovazione della stessa, continuavano a parcheggiare abusivamente i propri motocicli e biciclette nell’area comune adibita al solo passaggio pedonale, ma anche dall’operato dell’amministratore p.t., per violazione del suo generale potere di salvaguardia e conservazione della cosa comune, derivante dalla violazione dei doveri di custodia.

Pertanto, in ragione di quanto dedotto, l’attrice chiedeva il risarcimento dei danni quantificati in € 2.000,00 ovvero in quella diversa somma, maggiore e/o minore, rimessa alla valutazione del Giudicante.

Al fine di far cessare i suddetti comportamenti lesivi del proprio diritto di comproprietà, l’attrice, inoltre, invitava il CP_1 in persona dell’amministratore p.t, a mezzo Raccomandata A/R, a vietare il parcheggio dei motocicli e delle biciclette nell’area comune e, successivamente, promuoveva innanzi all’Organismo di Mediazione – istituito presso l’Ordine degli Avvocati del Tribunale di Torre Annunziata – un procedimento di mediazione volto a risolvere l’annosa questione.

1.2. – In data 18.02.2020, si costituivano ritualmente in giudizio il Controparte_1, Controparte_2, Controparte_3, siti in Boscoreale (Na) alla Via P., i quali in via pregiudiziale di rito e preliminare di merito, eccepivano l’assoluto difetto di legittimazione passiva, nonché la carenza di titolarità (passiva) del rapporto giuridico dedotto in giudizio in capo agli stessi, da considerarsi necessariamente convenuti in giudizio nella persona dell’amministratore p.t., Dott. Controparte_4.

Precisavano i convenuti che, l’attrice è proprietaria/condomina di una unità immobiliare, situata al secondo piano, all’interno del fabbricato corrispondente alla Scala B, costituito in Condominio con la denominazione “ Controparte_5 […] B”, recante C.F. ed amministrato dall’amm.re p.t. sig. Controparte_6. E che, il fabbricato della Scala B, di cui è condomina l’attrice, è in realtà parte del più ampio complesso condominiale formato da più edifici, costituiti rispettivamente in autonomi e distinti Condomini e, precisamente: da altro fabbricato corrispondente alla CP_1, costituito in autonomo e distinto Condominio con la denominazione “ […] Controparte_7 ”, recante C.F. .., gestito dall’amm.re p.t., Dott. Controparte_4, da ulteriore fabbricato corrispondente alla , costituito in autonomo e distinto Condominio con la denominazione “ Controparte_2 […] ”, recante C.F. .., gestito dall’amm.re p.t., Dott. Controparte_4, Ulteriore entità condominiale distinta ed autonoma, sorta ipso iure et facto, ex art. 1117-bis, c.c., in ragione dell’esistenza di servizi e beni comuni ai tre indicati edifici, è rappresentata dal Supercondominio avente la denominazione “ Controparte_1, Controparte_3,” recante C.F. ed anch’esso gestito ed amministrato dall’amm.re p.t., Dott. Controparte_4.

Tanto premesso deducevano che, la vocatio in ius di parte attrice presentava indubbi profili di nullità per indeterminatezza del soggetto (rectius: ente di gestione) chiamato in causa, atteso che la sig.ra Parte_1 evocava in giudizio il . Controparte_1, sito in Boscoreale (Na), alla Via P., 23, in persona dell’amministratore p.t., sig. Controparte_4, non corrispondendo la denominazione del chiamato né al CP_1 di cui al fabbricato corrispondente alla Scala B, ove è situata l’unità immobiliare dell’attrice, amministrato tra l’altro da altro soggetto, ovvero dall’amm.re p.t. Controparte_6 , e non dal Dott. CP_4 al quale veniva effettivamente notificato l’atto introduttivo del giudizio, né corrispondendo tale denominazione ai CP_8 di cui ai fabbricati corrispondenti alla Scala A ed alla CP_2, né tantomeno al predetto Controparte_9 di competenza gestoria ognuno dei quali in capo all’amm.re p.t., Dott. Controparte_4, che presentano oltre ad una differente denominazione, anche una differente attribuzione di codice fiscale.

In ragione dell’evidenziata incertezza, creata dall’attrice relativamente all’effettivo ente di gestione evocato in giudizio, l’amm.re p.t., Dott. Controparte_4, destinatario della notifica dell’atto di citazione, si vedeva costretto a costituirsi in giudizio in rappresentanza dei due Condomini e del Controparte_10 all’interno del rappresentato complesso condominiale, sito in Boscoreale (Na), alla Via P., 23, al fine di far valere il difetto assoluto di legittimazione passiva, nonché la carenza di titolarità (passiva) del rapporto giuridico dedotto in giudizio in capo alla compagine condominiale dallo stesso esclusivamente amministrata.

Nel merito, eccepiva l’infondatezza della domanda per erronea interpretazione del Regolamento condominiale che all’art. 1, rubricato “Le parti comuni” afferma solennemente che: “Sono comuni ed indivisibili tra tutti i condomini di ogni fabbricato, oltre le parti dell’edificio comuni per legge, le seguenti parti dell’edificio… – l’androne e la scala compreso il cancello d’ingresso e le finestre che vi si trovano…”. Dunque, stante la natura autonoma e distinta di ogni fabbricato rispetto agli altri, alla luce di tale norma, fondante del Regolamento dell’intero complesso condominiale, ne derivava che l’osservanza dei divieti in esso contenuti, afferenti alle singole parti comuni di ciascun fabbricato, e quindi di ogni singola scala, avrebbe dovuto essere pretesa, esclusivamente, nei confronti dell’amministratore dell’edificio di sua competenza.

Nel caso di specie, quindi, l’attrice Parte_1 nel lamentarsi dell’abusiva occupazione ad indebito uso posteggio di motocicli e biciclette dell’area comune dell’androne/porticato della Scala B, avrebbe dovuto far valere le proprie doglianze, esclusivamente, nei confronti del Controparte_11 recante C.F. ed amministrato dall’amm.re p.t., Controparte_6; come aveva già fatto, precedentemente alla presente azione legale, quando rivolgeva le surriferite doglianze proprio nei confronti Condominio della propria scala di appartenenza, ovvero al Controparte_11 amministrato dall’amm.re p.t., CP_6 […], al quale inviava una prima missiva, a mezzo lettera raccomandata A/R, avente il seguente oggetto: “Gravi irregolarità gestione CP_1 CP_12”, datata 22.11.2017 ed una seconda missiva, del 13.03.2018, il cui oggetto era il medesimo di quello precedente, inviata a mezzo pec all’amm.re pro tempore Controparte_6. E come aveva fatto, altresì, evocando in mediazione, in data 30.01.2019, proprio il in Controparte_11 persona dell’amm.re p.t., Controparte_6, assistito dall’Avv. C.A.

I convenuti, inoltre, eccepivano la temerarietà dell’ulteriore pretesa di parte attrice che, nel rassegnare le conclusioni all’interno del proprio atto introduttivo, richiedeva il risarcimento di presunti danni subiti, valutati dalla stessa nella somma pari ad € 2.000,00, senza fornire prova alcuna degli stessi nonché un abuso del diritto soggettivo nonché dello strumento processuale, atteso che la stessa, evocando consapevolmente in giudizio un soggetto (recte: enti di gestione) estraneo al diritto controverso, per evidente carenza di legittimazione passiva dello stesso, nella persona dell’amm.re p.t., Dott. Controparte_4, violava platealmente il principio di buona fede oggettiva e di correttezza.

In ragione di quanto eccepito, i convenuti chiedevano all’intestato Tribunale: “In via pregiudiziale di rito e preliminare di merito, accertare e dichiarare l’assoluto difetto di legittimazione passiva, nonché la carenza di titolarità (passiva) del rapporto giuridico dedotto in giudizio in capo ai comparenti Controparte_7, Controparte_2 e Controparte_3, (da considerarsi necessariamente) convenuti in giudizio nella persona dell’amministratore p.t., Dott. Controparte_4 e, per l’effetto, rigettare la domanda attrice. 2. Condannare l’attrice, Pt_1 […], al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., mediante il pagamento in favore di parte convenuta della somma complessiva pari ad € 6.000,00 o della diversa somma che Vorrà, in via equitativa, determinare. 3.

Condannare l’attrice, Parte_1, al pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di giudizio, da liquidarsi ai sensi del D.M. 55/2014, con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario.”

1.3. – Assegnati alle parti i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., ammessa e assunta la prova orale, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e assunta in decisione con ordinanza ex art. 127 ter c.p.c. depositata in data 04.10.2023 in sostituzione dell’udienza del 20.09.2023 con i termini ex art. 190 c.p.c.

1.4. – In limine litis, vanno analizzate le eccezioni in rito sollevate dalla difesa di parte convenuta relative al difetto di legittimazione passiva, nonché alla carenza di titolarità passiva del rapporto giuridico dedotto in giudizio, in capo al Controparte_1, Controparte_2, e al Controparte_13, nonché all’eccezione di nullità della citazione per indeterminatezza del soggetto (ente di gestione) evocato in giudizio.

Orbene, quanto al difetto di legittimazione passiva del Controparte_1 e del Controparte_2 l’eccezione è fondata e merita di trovare accoglimento.

A tal riguardo si osserva che, dall’esposizione dei fatti dedotti in citazione parte attrice ha inteso convenire in giudizio il solo supercondominio denominato Controparte_3, in persona dell’amministratore p.t. Controparte_4, come già rilevato da questo Giudicante nel corso del giudizio, con ordinanza resa in data 18.03.2021, alla quale si rimanda.

Pertanto, in ragione di quanto considerato, non è dato ritenere sussistente la legittimatio ad causam del Controparte_1 e del Controparte_2, ussistendo, invece, solo quella del supercondominio denominato Controparte_3, […].

Infondata deve ritenersi, invece, l’eccezione di nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza del soggetto evocato in giudizio.

Ed invero, l’errata indicazione del codice fiscale del CP_1 convenuto non ha impedito l’identificazione del soggetto destinatario dell’atto introduttivo, essendo lo stesso chiaramente identificabile in base ad altri indici quali l’indirizzo, l’indicazione dell’amministratore p.t. nonché gli altri elementi desumibili dall’atto di citazione.

Venendo, ora, all’eccezione in rito sollevata dalla difesa di parte attrice nella memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c., relativa alla carenza di legittimazione passiva dell’amministratore pro tempore, Dott. Controparte_4, a resistere in giudizio nei confronti della sig.ra Parte_1 in assenza di autorizzazione dell’assemblea condominiale, ovvero di una successiva ratifica da parte dell’organo assembleare, si osserva che la stessa è infondata e non merita di trovare accoglimento.

Ed invero, ai sensi dell’art. 1131, comma 2, c.c., l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio.

Come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, espressasi sul punto: “Il potere dell’amministratore di rappresentare il Condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all’art. 1131 c.c., deriva direttamente dalla legge e non può soffrire limitazione né per volontà dell’amministratore, né per deliberazione dell’assemblea. Ne deriva che, la clausola contenuta in un regolamento condominiale (ancorché deliberato per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini), secondo cui l’autorizzazione a stare in giudizio debba essere deliberata dall’assemblea, semmai a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, poiché il quarto comma dell’art. 1138 c.c. prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni ivi menzionate, fra le quali appunto è appunto compresa quella di cui all’art 1131 citato” (cfr. Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 2127 del 29/01/2021).

Dunque, alla luce dei principi innanzi espressi, cui questo Giudicante intende dare continuità, deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva del dott. Controparte_4, in qualità di amministratore p.t. del supercondominio denominato Condominio “Controparte_3 con conseguente rigetto della relativa eccezione.

1.5. – Venendo ora al merito della domanda, come detto, l’attrice Parte_1 ha dedotto l’illegittimo parcheggio di motocicli e biciclette nell’androne/porticato, coperto e piastrellato, antistante il portoncino di ingresso della Scala B del Controparte_11 CP_2, ove è ubicato l’appartamento di sua proprietà, e nei vialetti di accesso ai fabbricati, in violazione dell’art. 1102, c.c. nonché degli artt. 2 e 4 del Regolamento Condominiale.

In via preliminare si osserva che, ai sensi dell’art. 1117 c.c., prima parte, sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio condominiale, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate.

Dunque, per legge, gli anditi, i portici e i cortili sono annoverati tra quelle parti dell’edificio CP_14 oggetto di proprietà comune tra tutti i condòmini.

Ciò posto, venendo al caso che ci occupa si osserva, innanzitutto, che l’unità immobiliare di cui l’attrice è proprietaria è sita al secondo piano del fabbricato corrispondente alla Scala B, costituito in Condominio con la denominazione “ Controparte_15 ed amministrato dall’amm.re p.t. sig. Controparte_6. E che, il fabbricato della Scala B, di cui è condomina l’attrice, è in realtà parte del più ampio complesso condominiale formato da più edifici, costituiti rispettivamente in autonomi e distinti Condomini e, precisamente: da altro fabbricato corrispondente alla Scala A, costituito in autonomo e distinto Condominio con la denominazione “ Controparte_1, da ulteriore fabbricato corrispondente alla CP_2 , costituito in autonomo e distinto Condominio con la denominazione “ Controparte_2 e da un supercondominio avente la denominazione “ Controparte_3 tutti gestititi ed amministrati dall’amm.re p.t.,Dott. Controparte_4.

Orbene, tanto premesso, in relazione agli spazi oggetto di contestazione da parte dell’attrice, segnatamente l’androne/porticato antistante il portoncino di ingresso della scala B nonché i vialetti di accesso ai fabbricati, meglio individuati dall’attrice come: “quell’area antistante al cancello di ingresso della scala B ovverosia tutta quella zona che dal vialetto di accesso del condominio porta al portoncino di ingresso alla stessa scala B. Solo per completezza espositiva si evidenzia che tutta questa zona è piastrellata: i vialetti con dei mattoncini di colore grigio, mentre il porticato con delle mattonelle di color marrone.” deve osservarsi che, sulla scorta delle risultanze istruttorie, tali spazi vanno qualificati quali beni comuni a tutti i partecipanti al Controparte_9, e non già come beni comuni afferenti esclusivamente ai condòmini della scala B.

Ed invero, il Regolamento Condominiale versato in atti disciplina i rapporti intercorrenti tra tutti i fabbricati A, B e C e non esclusivamente quelli relativi al fabbricato B, disponendo espressamente che: “Il presente Regolamento definisce e disciplina i rapporti di natura patrimoniale e quelli condominiali tra i futuri proprietari superficiali dei fabbricati A B C destinati ai soci dei gruppi 1 2 3 della cooperativa.”.

A conferma di quanto detto, infatti, il medesimo Regolamento, all’Art. 1 rubricato “Parti comuni” annovera il porticato e l’androne tra le parti comuni a tutti i condòmini di ogni fabbricato, testualmente si legge: “Sono comuni ed indivisibili tra tutti i condomini di ogni fabbricato, oltre le parti dell’edificio comuni per legge, le seguenti parti dell’edificio: (..) -il porticato; – l’androne e la scala compreso il cancello di ingresso e le finestre che vi si trovano fino alla copertura del torrino oltre all’impianto elettrico d’accensione luci”.

Dunque, acclarato che gli spazi in contestazione risultano ex actis beni comuni del Controparte_13, […], ai sensi dell’art. 1117 c.c. e del Regolamento condominiale, resta da verificare se, nel caso che ne occupa, la doglianza dell’attrice, volta a denunciare un uso illegittimo dei predetti spazi comuni da parte degli altri condòmini, risulti fondata.

A tal riguardo, va richiamato l’art. 1102, comma 1, c.c. in tema di uso della cosa comune, a mente del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

La nozione di pari uso della cosa comune, di cui all’art. 1102 c.c., sebbene non debba intendersi nel senso di uso identico e contemporaneo – dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione – implica, tuttavia, che la destinazione della cosa resti compatibile con i diritti degli altri partecipanti, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.

Orbene, con riferimento alla fattispecie in esame, si osserva innanzitutto che, il più volte richiamato Regolamento condominiale versato in atti, che, come noto, costituisce fonte normativa vincolante per tutti i partecipanti alla comunione, sancisce in via tassativa il divieto di occupare le aree comuni con qualsivoglia oggetto, fatta eccezione unicamente per la temporanea sosta di automezzi nel viale condominiale limitata alle operazioni di carico e scarico, oltre al divieto per i condomini e aventi causa di trattenersi o depositare beni ingombranti in porticati, androni o scale. All’Art. 2 rubricato “Uso delle parti comuni” testualmente si legge: “Sono vietati i seguenti usi delle cose comuni, in modo tassativo, e con facoltà dell’amministratore di agire anche giudizialmente per ottenere l’osservanza dei divieti: 1) occupare gli spazi comuni con qualunque oggetto, come bidoni per immondizie, vasi di fiori, bauli, mobili eccetera. Fa solo eccezione la sosta di automezzi, nel viale, per operazioni di carico e scarico e per il tempo necessario.” All’Art. 4 rubricato “Divieti” si legge: “Ai condomini o aventi causa è vietato di: a) trattenersi nelle parti comuni – porticato, androni o scale; b) depositare mobili o cose ingombranti nei luoghi comuni.”

Ne consegue, dunque, che gli spazi comuni oggetto di contestazione hanno una destinazione formalmente diversa da quella di parcheggio che negli anni, gli hanno, di fatto, impresso i condòmini.

A tal proposito, si consideri la testimonianza resa dal teste di parte convenuta, Controparte_6, amministratore in carica del Parte_2 da circa 10 anni, il quale, escusso sul capitolo c) della memoria di parte convenuta, all’udienza del 22.03.2023 riferiva che, sebbene il Regolamento di condominio non prevedesse la sosta in detto porticato, la stessa doveva dirsi una situazione di fatto che si protraeva da anni: “Si, la Pt_1 si lamenta che tale area è destinata a tale tipo di parcheggio per io non posso impedirlo; preciso che però il Regolamento di condominio non prevede la sosta in detto porticato ma è una situazione di fatto che va avanti da anni e che io ho già trovato in atto; dopo la mediazione fatta nel 2019 tra Pt_1 e il Parte_2 mi ero impegnato a fare le comunicazioni ai vari condomini affinché evitassero di parcheggiare nel porticato ma gli stessi eccepivano che era così da anni. (..) Preciso che il Regolamento condominiale non consente la sosta sotto il porticato e tale previsione non è mai stata modificata dall’assemblea.”

Dunque, l’utilizzo di tali spazi come area di parcheggio per motocicli e biciclette (cfr. documentazione fotografica di parte attrice) ha comportato un’arbitraria alterazione della destinazione tipica del bene comune, determinando al contempo una compressione del diritto degli altri condòmini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Né, può ritenersi sufficiente, in senso contrario, la circostanza riferita dal medesimo teste, Controparte_6, che una buona parte dell’area rimane comunque libera per consentire il passaggio (“C’è una parte del porticato che viene lasciata sempre libera per il passaggio, mentre le moto e le biciclette vengono parcheggiate entro la linea bianca da me segnata con una X nelle foto prodotte da parte attrice e su cui appongo la mia firma”) e, dunque, a disposizione della collettività condominiale atteso che, il divieto ex art. 1102 c.c. opera ogniqualvolta venga meno la compatibilità tra l’uso individuale e quello collettivo.

A ciò si aggiunga, inoltre, che all’interno del compendio CP_14 sono già presenti spazi appositamente destinati a parcheggio.

Tali circostanze, già di per sé dirimenti a confermare un’alterazione della destinazione degli spazi comuni, in spregio dell’art. 1102 c.c. nonché del Regolamento condominiale vigente, sono risultate poi ulteriormente corroborate dalla prova orale assunta in corso di causa.

Si consideri, a tal proposito, quanto reso dall’attrice in sede di interrogatorio formale, la quale, chiamata a rispondere se l’area condominiale di competenza del Controparte_11, composta da un androne/porticato, coperto e piastrellato da mattonelle di colore marrone, fosse una zona adibita al solo passaggio pedonale (cfr. capitolo di prova lett.a) e se ivi avvenisse da diversi anni, ormai, la sosta illegittima di biciclette e motocicli, anche di grossa cilindrata (cfr. capitolo di prova lett. b) dichiarava: “Si, è vero che l’area condominiale di competenza della scala B, composta da androne/porticato coperto e piastrellato di mattonelle marroni è zona adibita al solo passaggio pedonale”, “Si, è vero che nell’area condominiale di competenza della scala B, composta da androne/porticato coperto e piastrellato di mattonelle marroni da anni ormai avviene la sosta illegittima di biciclette e motocicli tutti di grossa cilindrata, anche se tale sosta non avviene solo lì da dappertutto.”

Inoltre, i testi di parte attrice, Testimone_1 e Testimone_2, hanno coerentemente riferito della illegittima sosta di biciclette e motocicli in detti spazi comuni e della circostanza che tale sosta aveva procurato, negli anni, danni alla detta area. A tal proposito si veda la testimonianza di Testimone_1, escusso all’udienza del 18.01.2023, il quale, in risposta al capitolo di prova n.1) della memoria istruttoria di parte attrice, confermava quanto detto dichiarando che: “Si, vengono parcheggiati anche nell’area antistante degli altri edifici ciclomotori di grassa cilindrata, c’erano spesso macchie d’olio a terra e il pavimento era proprio rovinato; quando ero lì vedevo una cosa anomala perché vedevo moto parcheggiate sul porticato nonostante ci fosse uno spazio per parcheggiare, c’erano anche biciclette piccole e rovinate e in estate i ragazzi ci giocavano anche a pallone e ho assistito ad offese alla Pt_1 stessa la quale si era lamentata per gli schiamazzi; per spazio antistante intendo l’androne della palazzina che è coperto dalla palazzina stessa che è in pavimentazione scura di color marrone e poi c’era un’area antistante per l’accesso pedonale; anche l’area pavimentata è di accesso pedonale; preciso che la parte piastrellata marrone è sotto la palazzina e poi c’è un’altra area di colore grigio bianco dove io salgo le scale per salire sulla palazzina; preciso che le moto erano parcheggiate sia nell’area con il pavimento marrone che nell’area antistante sempre pedonale di colore grigio” “Ho visto in più occasioni moto di grossa cilindrata in sosta e biciclette anche nell’area pavimentata in grigio antistante all’androne/porticato con pavimentazione in marrone; questi viali di colore grigio conducono anche all’ingresso delle altre palazzine e non solo a quella dove vive la Pt_1 ”.

Mentre Testimone_2, interrogata, a prova contraria, sul capitolo d) della memoria di parte convenuta, all’udienza del 22.03.2023 così riferiva: “Si, quando vado per prendere l’ascensore fuori alcune mattonelle sono rotte, poi c’è olio, benzina, macchie”.

Dunque, alla luce delle risultanze di causa ed in mancanza di un espresso accordo unanime dei condòmini circa un diverso uso delle parti comuni ovvero di una deliberazione assembleare adottata in tal senso, la destinazione di tali parti, rilevante ai fini del divieto di alterazione ex art. 1102 cit., non può che essere quella prevista dalla legge e, nel caso di specie, dal Regolamento condominiale, con conseguente illiceità delle condotte con esso contrastanti.

Per tali motivi, la domanda merita di trovare accoglimento.

1.6. – L’attrice chiedeva, infine, sentire condannare il CP_1convenuto al risarcimento dei danni patiti a cagione degli abusi sopra descritti, quantificato in € 2.000,00, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ovvero in quella diversa somma rimessa al giudizio, secondo equità, di questo Giudicante.

La domanda così formulata non merita di trovare accoglimento in quanto generica e del tutto sfornita di adeguata prova a supporto, non avendo la difesa di parte attrice provato e, prima ancora che provato, allegato in maniera specifica i pregiudizi subiti, con la conseguenza che l’incertezza ed insufficienza della prova sul punto, non può che riverberarsi in danno della stessa parte che non abbia adeguatamente assolto l’onere probatorio su di essa gravante, conformemente al dettato dell’art. 2697 c.c.

1.7. – Va, infine, analizzata la domanda avanzata da parte convenuta volta a condannare l’attrice, Parte_1, al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., mediante il pagamento in suo favore della somma complessiva pari ad € 6.000,00 o della diversa somma determinata da questo Giudicante in via equitativa.

La domanda è infondata e non merita di trovare accoglimento in ragione delle motivazioni che seguono.

A tal riguardo si osserva che, il fondamento dell’art. 96 c.p.c. va ravvisato nella malafede o nella colpa grave della parte che ha instaurato un giudizio nella piena consapevolezza della sua infondatezza, per cui, come precisato dalla giurisprudenza di merito: “Affinché parte attrice sia condannabile per ‘lite temeraria’ di cui all’art. 96 c.p.c. è necessario che emerga, in tutta evidenza, la mala fede ovvero la colpa grave, consistenti nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda e della tesi difensiva ovvero nell’assenza dell’ordinaria diligenza nell’acquisizione di tale consapevolezza. In tale ottica, non è sufficiente che parte attrice abbia portato avanti tesi giuridiche che il giudice abbia ritenuto errate, ma è necessario che la controparte deduca e provi la consapevolezza dell’infondatezza ovvero il mancato utilizzo del minimo di diligenza ordinaria.” (cfr. Corte appello Napoli sez. VIII, 13/02/2020, n.679).

Ciò posto, nel caso di specie, non vi è prova di tali presupposti; inoltre, parte convenuta non ha allegato alcun elemento in grado di supportare la relativa domanda, apparendo essa irrimediabilmente generica. Dunque, la domanda va rigettata e alcuna somma va liquidata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

1.8. – Le spese di lite, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale della domanda e della circostanza che le difese di parte attrice hanno causato la costituzione in giudizio di soggetti non legittimati passivamente, possono essere integralmente compensate.

Trib. Torre Annunziata, sent., 03.09.2025, n. 1970

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