1. Con atto di citazione notificato il 27.02.2024 gli attori indicati in epigrafe hanno convenuto in giudizio Controparte_1 esponendo:
– di essere proprietarie, assieme al convenuto, delle porzioni materiali di cui si compone la p.ed. 1312/1 (erroneamente indicata in p.ed. 1312) in C.C. (omissis) (in particolare Parte_1 ed Parte_2 sono, rispettivamente, nuda proprietaria e usufruttuaria della p.m. 3, Pt_3 , Parte_4 e Parte_5 sono comproprietari in quote diseguali della p.m. 2, Parte_6 è comproprietario della p.m. 1 con la quota di ¾, facendo capo la restante ¼ a Parte_7 soggetto estraneo al giudizio; infine, Controparte_1 è proprietario della p.m. 4);
– che il convento avrebbe installato un impianto fotovoltaico occupando tutta la superficie fruibile del tetto comune, facendone quindi un uso contrario all’art. 1102 c.c. e imponendo, di fatto, una servitù di appoggio a carico del bene comune;
– che il convenuto avrebbe altresì invaso la proprietà esclusiva di Pt_3 , Parte_4 e Parte_5 facendo passare la canaletta contenente il cablaggio dell’impianto fotovoltaico sul balcone di loro esclusiva proprietà.
1.1. Sulla base di quanto esposto gli attori hanno chiesto al Tribunale di Rovereto:
– la rimozione, ovvero la riduzione dell’impianto fotovoltaico posizionato sul tetto comune a una porzione corrispondente alla quota ideale di proprietà del convenuto stesso, con contestuale accertamento negativo circa l’esistenza di un diritto sul tetto comune e su quelli di proprietà esclusiva degli attori, con cessazione di ogni turbativa e molestia;
– la condanna del convenuto a pagare a favore degli attori la somma di € 500,00 mensili per ogni giorno di ritardo ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c., oltre interessi;
– la condanna del convenuto alla rifusione delle spese del giudizio, ivi incluse quelle di mediazione (integranti un esborso).
2. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 03.05.2024 si è costituito Controparte_1
– eccependo, in via pregiudiziale di rito, l’improcedibilità delle domande attoree per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria nei confronti di alcuni condomini, nonché la nullità della domanda per mancata determinazione della cosa oggetto del giudizio;
– contestando la fondatezza delle domande attoree: in particolare, secondo il convenuto, l’azione volta alla rimozione/al ripristino dell’impianto fotovoltaico sarebbe animata da scopi puramente emulativi, non essendo supportata da un reale interesse a fruire della copertura condominiale, tant’è vero che nessuno degli attori vivrebbe stabilmente presso la p.ed. 1312/1, a differenza sua; egli inoltre avrebbe preventivamente inviato comunicazione a tutti i condomini circa le proprie intenzioni di provvedere all’installazione del nuovo impianto senza che vi sia mai stata risposta. Quanto alla domanda relativa alla presunta invasione della proprietà esclusiva di Pt_3 , Parte_4 e Parte_8 essa sarebbe infondata in quanto i cavi passerebbero unicamente su parti comuni.
2.1. Controparte_1 insiste, quindi, per l’accoglimento delle eccezioni
pregiudiziali e, in ogni caso, per il rigetto delle domande attoree con rifusione delle spese di causa.
3. Tanto premesso, vanno anzitutto esaminate le eccezioni formulate da parte convenuta a cui si aggiunta, in sede di comparsa conclusionale, quella relativa alla presunta non integrità del contraddittorio, che avrebbe dovuto essere instaurato nei confronti di tutti i condomini della p.ed. 1312/1, e non invece di alcuni soltanto, come avvenuto nel caso di specie, sussistendo fra loro un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
3.1. Partendo da quest’ultima eccezione, la stessa risulta infondata: come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non c’è litisconsorzio necessario fra i condomini che agiscano a tutela dei beni comuni nei confronti di colui che, condomino o terzo, ne faccia un uso illecito perché contrastante con quanto previsto dall’art. 1102 c.c. La circostanza poi che, allorché venga accertato l’uso illecito, si richieda la rimessione in pristino, non vale a modificare tale conclusione, posto che non si tratta di attività che incide sulla cosa comune, ma unicamente di attività volta al ripristino della cosa comuna nel suo stato quo ante l’illecito.
3.1.1. Il convenuto insiste inoltre sulla necessità di chiamare in causa anche i condomini delle pp.ed. 1312/3, 1312/4 e 1312/5: orbene, poiché oggetto del presente giudizio è l’impianto fotovoltaico installato unicamente sul tetto della p.ed. 1312/1, non solo non sussiste un litisconsorzio necessario rispetto ai condomini di altri edifici, ma rispetto a costoro vi è un evidente difetto di legittimazione passiva.
3.2. Quanto all’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione nei confronti di tutti i condomini, anch’essa è priva di fondamento dal momento che, se non sussiste alcun litisconsorzio necessario fra i condomini in relazione all’azione proposta, non si può dubitare del fatto che il tentativo obbligatorio di mediazione possa essere esperito da alcuni condomini soltanto nei confronti del condomini/terzo nei confronti del quale si contesta l’uso illecito del bene condominiale.
3.3. Infine, rispetto all’eccezione di nullità della domanda per incertezza dell’oggetto, pare sufficiente richiamarsi a quanto già argomentato in sede di verifiche preliminari, ove si era chiarito che: l’errore nella indicazione della particella edificale (1312 anziché 1312/1) ha evidente natura materiale e la precisa indicazione dell’immobile oggetto di domanda di rimessione in pristino si ricava senza incertezze dal documento 4 allegato all’atto di citazione; rispetto alle lagnanze circa le mancate precisazioni in ordine alla falda, alla superficie occupata dai pannelli solari ecc., non si ritiene che si tratti di elementi essenziali ai fini della determinazione dell’oggetto della domanda.
3.4. Va disattesa anche l’eccezione di nullità della C.T.U. formulata da parte convenuta, dal momento che a fronte di tale eccezione non ha però tratto le debite conclusioni: anziché insistere, infatti, per il richiamo del C.T.U., ha domandato la rimessione della causa in decisione.
3.5. In definitiva, quindi, le eccezioni di rito e quella relativa alla nullità della C.T.U. formulate dal convenuto devono essere tutte rigettate.
4. Si deve passare ora a esaminare la domanda di eliminazione/riduzione dell’impianto fotovoltaico installato sul tetto della p.ed. 1312/1 in C.C. (omissis).
4.1. L’installazione di impianto fotovoltaico sul tetto condominiale è, in astratto, lecita, dal momento che è espressamente ammessa dall’art. 1122 bis, comma 2 c.c., che stabilisce che “è consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato”; ai sensi del quarto comma della medesima disposizione, inoltre, non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative; solo nel caso in cui la realizzazione dell’impianto comporti delle modificazioni alle parti comuni il condomino deve dare comunicazione all’amministratore CP_2 e l’assemblea può prescrivere adeguate modalità alternative e può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione di idonea garanzia (art. 1122 bis comma 3 c.c.).
4.2. Ciò che nel caso di specie va quindi verificato è se – ferma la liceità astratta dell’installazione dell’impianto fotovoltaico – in concreto detta installazione si sia tradotta, per modalità ed estensione, in un abuso nella fruizione del bene comune, ovvero in un utilizzo più intenso ma comunque lecito ai sensi dell’art. 1102 c.c.
4.2.1. Dalla relazione peritale risulta che il convenuto abbia occupato quasi tutta la superficie utile all’installazione di impianti fotovoltaici, tenuto conto della presenza dei camini, degli abbaini, della necessità di collocare i pannelli fotovoltaici a distanza adeguata dal bordo del tetto e dell’esposizione solare: CP_1 infatti, ha posizionato tredici moduli fotovoltaici, occupando tre delle quattro falde di cui si compone il tetto condominiale (cfr. allegato 4 relazione peritale del 15.01.2025), le uniche fruibili per l’installazione di impianto fotovoltaico considerata l’esposizione solare non adeguata dell’unica falda lasciata libera; in aggiunta ai moduli posizionati dal convenuto ad oggi sarebbe possibile installare unicamente due ulteriori moduli, che tuttavia non sarebbero sufficienti a realizzare un normale impianto a uso domestico.
4.2.3. Le risultanza a cui è pervenuto il consulente evidenziano senz’altro un uso abusivo della cosa comune da parte del convenuto, pur inteso nell’accezione giurisprudenziale ampia di uso non identico, né paritario o contemporaneo e persino più inteso rispetto a quello posto in essere dagli altri condomini e più esteso rispetto a quello corrispondente alla propria quota millesimale dell’immobile condominiale: CP_1 infatti, ha occupato in via pressoché integrale la superficie del tetto fruibile ai fini dell’installazione di un impianto fotovoltaico, di fatto escludendo gli altri condomini da qualsiasi uso analogo e appropriandosi totalmente di tale specifica utilità ritraibile dalla copertura dell’immobile. Un utilizzo così intenso e totalizzante rappresenta senz’altro un uso non consentito ai sensi dell’art. 1102 c.c., perché esclude in radice qualsiasi possibilità di uso analogo da parte degli altri comproprietari.
4.2.4. Per ricondurre a liceità l’uso del tetto condominiale attuato da CP_1 si ritiene necessario ridurre i moduli fotovoltaici da lui installati sì da consentire la realizzazione del numero massimo di impianti fotovoltaici a uso domestico concretamente realizzabili sul tetto della p.ed. 1312/1: tale soluzione pare essere quella che meglio coniuga un uso efficiente del bene comune, senza pregiudicare inutilmente il condomino che ha già installato l’impianto; ridurre infatti l’impianto fotovoltaico di Manfrini a una porzione di tetto corrispondente alla sua quota millesimale di edificio – oltre a porsi in contrasto con l’interpretazione consolidata dell’art. 1102 c.c., secondo cui il bene comune può essere usato dal singolo comunista anche in maniera più intensa e più ampia rispetto all’uso astrattamente riconducibile alla sua quota – rischia di impedire di fatto ai singoli condomini di trarre dal bene comune determinate utilità (si pensi, per esempio, all’ipotesi in cui la riduzione dei pannelli fotovoltaici a una superficie di tetto corrispondente alla quota millesimale si traduca nella realizzazione di un impianto sottodimensionato rispetto a un normale impianto a uso domestico).
4.2.5. Il C.T.U. ha accertato che il tetto della p.ed. 1312/1 può ospitare tre impianti fotovoltaici a uso domestico di analoga potenza e ciò operando una riduzione dell’impianto fotovoltaico di CP_1 da tredici a otto moduli, riconducendo quindi il suo impianto a quello indicato in rosso nello schema di cui all’allegato 7 alla relazione peritale del 15.01.2025 a firma dell’ing. Persona_1 il tutto con una spesa di circa € 1.000.
4.3. Alla luce di quanto argomentato, quindi, si condanna Controparte_1 a ricondurre l’impianto fotovoltaico realizzato sul tetto della p.ed. 1312/1 in C.C. (omissis) a quello indicato in rosso nello schema di cui all’allegato 7 alla relazione peritale del 15.01.2025 a firma dell’ing. Persona_1 entro novanta giorni dalla data di pubblicazione della presente sentenza.
4.3.1. Decorso infruttuosamente il termine indicato (e quindi allorché entro il termine di novanta giorni l’impianto fotovoltaico non sia stato ricondotto a quello indicato dal C.T.U.), si condanna Controparte_1 a pagare € 50,00 complessivi per ogni giorno di ritardo.
5. Passando alla domanda relativa all’eliminazione della canaletta contenente il cablaggio dell’impianto fotovoltaico di CP_1 essa è infondata.
5.1. Il C.T.U, ma la stessa parte attrice lo ha riconosciuto nei propri atti conclusivi, ha accertato che esso passa esclusivamente su parti comuni e non invade la proprietà esclusiva di alcun condomino.
5.2. L’ulteriore allegazione di parte attrice, secondo cui il passaggio dei cavi di CP_1 sulle parti comuni, si tradurrebbe in un utilizzo illegittimo delle parti comuni è inammissibile prima ancora che infondata, trattandosi di allegazione nuova, effettuata per la prima volta in sede di comparsa conclusionale.
6. Le spese del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo (avendo riguardo ai valori medi dello scaglione da € 26.000 a € 52.000, trattandosi di causa di valore indeterminato/indeterminabile di media complessità) vanno compensate per 1/3, in ragione della reciproca soccombenza, mentre con riferimento alla restante quota di 2/3, va condannato Controparte_1 al pagamento a favore degli attori, attesa la sua soccombenza in relazione alla domanda di maggior rilievo.
6.1. Le spese di mediazione obbligatoria, assimilate a spese processuali in senso stretto (Cass. n. 32306/2023), vanno regolate secondo i medesimi criteri.
7. Analogamente va previsto quanto alle spese di C.T.U. che, rispetto ai rapporti interni fra le parti, vanno definitivamente poste a carico (nella misura a suo tempo liquidata) degli attori nella quota di 1/3 e del convenuto nella quota di 2/3, ferma la responsabilità solidale nei confronti del consulente.
Trib. Rovereto, sent., 01.08.2025