*Processo – Giurisdizione – Competenza – Discrezionalità del giudice di primo grado e censura in appello delle statuizioni sulle spese giudiziali

*Processo – Giurisdizione – Competenza – Discrezionalità del giudice di primo grado e censura in appello delle statuizioni sulle spese giudiziali

1.Con ricorso, ritualmente notificato a Roma Capitale e successivamente depositato, il ricorrente in epigrafe indicato adiva il T.a.r. per il Lazio, ex art. 114 cpa, per l’ottemperanza e l’esecuzione della sentenza del medesimo T.a.r., n. 2596/2024 del 9.2.2024, resa a definizione del giudizio r.g. n.456/2024, la quale, in accoglimento del ricorso, disponeva:

1) l’annullamento del parere negativo reso dalla Commissione Valutativa Spazio sosta personalizzato, relativo all’istanza del ricorrente motivata da ragioni sanitarie, di cui alla nota prot. -OMISSIS- del 9 novembre 2023 e del verbale n. 20 alla stessa allegata;

2) la condanna di Roma Capitale all’adozione del provvedimento richiesto, entro e non oltre il termine di giorni 30 (trenta) decorrenti dalla comunicazione della sentenza ovvero dalla sua notifica, se anteriore.

1.1. In particolare il ricorrente lamentava l’inerzia dell’amministrazione che non aveva provveduto al rilascio del provvedimento nel termine assegnato in sentenza.

2. L’adito T.a.r., con sentenza della sez. II, 18 luglio 2024, n. 14713, dichiarava la cessata materia del contendere ex art. 34, co.5 c.p.a., conformemente alla concorde prospettazione delle parti, atteso che Roma Capitale, con determinazione n.-OMISSIS-/2024 del 7 maggio 2024, versata in atti, aveva provveduto in ordine a quanto richiesto, adottando la determinazione del permesso di sosta personalizzata a beneficio del ricorrente, condannando Roma Capitale alla refusione delle spese di lite, conformemente al principio della soccombenza virtuale, liquidandole in complessivi € 1.000,00, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, se versato, con attribuzione al procuratore antistatario.

3. Avverso tale sentenza il ricorrente ha interposto appello, censurando il capo riferito alla liquidazione delle spese di lite, in quanto inferiore ai minimi edittali previsti per le cause di valore indeterminabile, lamentando in particolare la violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 1, c.p.a., dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 4 e 21 d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 147/2022, nonché l’omessa motivazione in ordine alle ragioni della liquidazione delle spese di lite al di sotto dei parametri minimi di legge, con conseguente violazione del dettato normativo di cui all’art. 132, comma 4 c.p.c., assumendo che, applicando i parametri medi previsti, tenendo in considerazione tutte le fasi ivi previste (escluse cautelare collegiale e cautelare monocratica non previste nel caso in esame), il compenso avrebbe dovuto essere almeno pari ad € 10.923,00, contrariamente e diversamente da quanto statuito dal giudice di primo grado, in € 1.000,00.

4. Si è costituita Roma Capitale, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello, per difetto di legittimazione ad agire, sulla base del rilievo che lo stesso era stato proposto dalla parte personalmente, peraltro rappresentata da un nuovo difensore, e non dal procuratore costituito in primo grado, dichiaratosi antistatario, in favore del quale era avvenuta la liquidazione delle spese di lite e pertanto, in tesi, unico legittimato ad agire.

4.1. In subordine Roma Capitale ha insistito per il rigetto del ricorso, avuto riguardo alla correttezza della somma liquidata in ragione della peculiarità del caso concreto, poiché aveva provveduto, nelle more dell’instaurato giudizio di ottemperanza (ricorso notificato in data 25 aprile 2024) a rilasciare il provvedimento, in data 7 maggio 2024, in esecuzione della sentenza n. 2596/2024, per cui il primo giudice aveva dichiarato cessata la materia del contendere, con definizione con sentenza in forma semplificata ai fini della relativa declaratoria, senza ulteriore attività difensiva delle parti.

5. Con la memoria di replica l’appellante ha controdedotto alle affermazioni di Roma Capitale, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza camerale del 10 luglio 2025.

7. In limine litis va delibata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da Roma Capitale, riferita al difetto di legittimazione ad agire.

7.1. È infatti noto che l’esame delle questioni preliminari di rito deve precedere la valutazione del merito della domanda (Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4), salve esigenze eccezionali di semplificazione che possono giustificare l’esame prioritario di altri aspetti della lite, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali (Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5); inoltre l’ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti (Cons. Stato, ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9).

La norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., impone infatti di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito anche da Cons. Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).

7.2. L’eccezione va peraltro disattesa, dovendosi al riguardo richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis Cass., sez. VI,  ordinanza n. 6481 del 09/03/2021) secondo cui “in sede di gravame, il difensore distrattario delle spese processuali assume la qualità di parte, sia attivamente che passivamente, solo quando l’impugnazione riguarda la pronuncia di distrazione in sé considerata, con esclusione delle contestazioni relative al loro ammontare, giacche l’erroneità della liquidazione non pregiudica i diritti del difensore, che può rivalersi nei confronti del proprio cliente in virtù del rapporto di prestazione d’opera professionale, bensì quelli della parte vittoriosa, che, a sua volta, è tenuta al pagamento della differenza al proprio difensore e che è legittimata, pertanto, ad impugnare il capo della sentenza di primo grado relativo alle spese, pur in presenza di un provvedimento di distrazione, in caso di loro insufficiente quantificazione, avendo interesse a che la liquidazione giudiziale sia il più possibile esaustiva delle legittime pretese del professionista”.

Da ciò la piena legittimazione ad causam della parte personalmente, sia pure rappresentata, come nell’ipotesi di specie, da altro professionista.

8. Nel merito peraltro il ricorso è infondato in quanto nella liquidazione delle spese di lite, sebbene sia stata omessa la motivazione sul punto, il giudice di prime cure ha tenuto conto delle peculiarità del caso concreto e dell’attività difensiva spiegata, atteso che con il ricorso per ottemperanza ci si era limitati a lamentare l’inerzia dell’amministrazione, nonostante il decorso del termine assegnato con la sentenza di cognizione per il rilascio del provvedimento e che, avendo nelle more della definizione del contenzioso, pochi giorni dopo la notifica del ricorso, Roma Capitale rilasciato il provvedimento, la successiva attività difensiva si è limitata alla presa d’atto della cessata materia del contendere e alla richiesta della refusione delle spese di lite, quantificate in € 5.140,00 (cfr. memoria depositata in data 15 luglio 2024); ciò in disparte dal rilievo che la parte, rappresentata odiernamente da altro difensore, in relazione all’attività difensiva spiegata dal procuratore antistatario in prime cure, assume come le spese di lite dovessero essere liquidate in € 10.923,00, ovvero in oltre il doppio della somma richiesta in prime cure.

9. Ciò posto, va richiamata la giurisprudenza consolidata secondo cui nel processo amministrativo il giudice di primo grado dispone di ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa. Ne discende che la sindacabilità in appello delle statuizioni in materia di spese deliberate in primo grado, in quanto espressive della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata all’ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, nonché all’ipotesi in cui la statuizione sulle spese sia connotata da quei profili di abnormità o di manifesta irrazionalità, che costituiscono i soli presupposti in presenza dei quali è consentita al Consiglio di Stato la riforma del capo della sentenza di primo grado (cfr., ex multis, Cons. Stato, A.P., 24 maggio 2007, n. 8; Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2025, n. 1032; 12 giugno 2024, n. 5265; 23 febbraio 2024, n. 1816; 15 novembre 2023, n. 9791; 22 agosto 2023, n. 7890; 10 marzo 2023, n. 2543; 7 febbraio 2023, n. 1298; sez. III, 10 ottobre 2022, n. 8665; 5 settembre 2022, n. 7739; 11 luglio 2022, n. 5802; 6 maggio 2022, n. 3565; 11 aprile 2022, n. 2685; sez. IV, 15 luglio 2022, n. 6036; 17 gennaio 2022, n. 278; sez. VI, 20 gennaio 2022, n. 362; 1 marzo 2021, n. 1720; sez. II, 30 novembre 2021, n. 7962; sez. IV, 17 ottobre 2017, n. 4795; IV, 10 gennaio 2014, n. 46; cfr., al riguardo, anche i principi affermati da Corte cost., 19 aprile 2018, n. 77).

9.1. Pertanto si deve ritenere che la decisione in ordine alla quantificazione delle spese di lite resa dal primo giudice – che nell’ipotesi di specie si è correttamente attenuto al criterio della soccombenza virtuale – sia sindacabile solo nell’ipotesi di abnormità, che non appare ravvisabile nell’ipotesi di specie, tenuto conto della peculiarità della fattispecie concreta e dell’attività difensiva effettivamente spiegata, rispetto alla quale si rileva incongrua la liquidazione delle spese di lite secondo i parametri tabellari propri delle cause di valore indeterminabile; ciò avuto riguardo anche al comportamento processuale delle parti e in particolare dell’amministrazione resistente, che pochi giorni dopo la notifica del ricorso, ha provveduto al rilascio del provvedimento, secondo quanto dianzi precisato, dispensando il procuratore della ricorrente dallo svolgimento di ulteriore attività difensiva diversa dalla mera richiesta del pagamento delle spese di lite, secondo il principio della soccombenza virtuale.

9.2. Ed invero anche secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Cass. civ., Sez. III, 07 marzo 2022, n. 7350; Cass. civ., sez. III, ordinanza, 07 gennaio 2021, n. 89).

9.3. Né nel senso dell’accoglimento dell’appello depone la mancanza di motivazione resa sul punto dal primo giudice, in quanto, per effetto dell’appello sul capo della sentenza relativo alle spese di lite, si è realizzato sul punto un effetto devolutivo pieno, con la conseguente possibilità pertanto per questo giudice di appello di motivare sul punto.

9.3.1. Giova in fatti al riguardo richiamare la giurisprudenza in materia secondo la quale nel giudizio amministrativo l’art. 101 c.p.a. (d.lgs. n. 104 del 2010) – che fa riferimento a specifiche censure contro i capi della sentenza gravata – deve essere coordinato con il principio di effetto devolutivo dell’appello, in base al quale è rimessa al giudice di secondo grado la completa cognizione del rapporto controverso, con integrazione e correzione – ove necessario – della motivazione della sentenza appellata e senza che rilevino, pertanto, le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima (ex multis Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 2021, n. 3308; 17 gennaio 2020, n. 430; 13 febbraio 2017, n. 609).

10. L’appello va pertanto respinto.

10.1. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alle peculiarità della fattispecie concreta e alla circostanza che il giudice di prime cure non ha specificatamente motivato in ordine alle ragioni della quantificazione delle spese di lite al di sotto dei minimi tabellari, a fronte della richiesta di liquidazione contenuta nella memoria di replica, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite del presente grado.

CONSIGLIO DI STATO, V – sentenza 25.08.2025 n. 7104

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