Premesso che:
– col ricorso in epigrafe, Valioni Palmina impugnava, chiedendone l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari: — la nota del 30 aprile 2025, prot. n. 2728, con la quale il Responsabile del procedimento del Comune di Rutino, sulla scorta dell’indirizzo impartito con delibera della Giunta comunale (DGC) n. 24 del 5 marzo 2025 e previa comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 1638 del 13 marzo 2025 (ritrasmessa con nota del 14 aprile 2025, prot. n. 2387), l’aveva dichiarata decaduta dall’aggiudicazione dell’immobile (ex mattatoio) in proprietà comunale ubicato in Rutino, via Giardino, e censito in catasto al foglio 2, particella 155, disposta in suo favore con DGC n. 56 del 20 giugno 2008, previo verbale di gara del 9 giugno 2008, ed aveva incamerato la cauzione versata nella misura di € 6.303,00; — le note comunali del 10 marzo 2014, prot. n. 603, del 14 dicembre 2015, prot. n. 3290, del 30 giugno 2021, prot. n. 3466, del 9 febbraio 2022, prot. n. 693;
– la pronunciata decadenza della V. dall’aggiudicazione del suindicato cespite immobiliare era motivata in base al rilievo della mancata stipula del contratto definitivo di compravendita a causa dell’ingiustificata e prolungata inerzia della destinataria;
– nell’avversare siffatta determinazione, la ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che sia la dichiarata decadenza dall’aggiudicazione sia il disposto incameramento della cauzione sarebbero illegittimi, in quanto la mancata sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita non sarebbe stata imputabile al prolungato deficit collaborativo contestato, e ritenuto indicativo della rinuncia al beneficio conseguito, ma sarebbe dipesa dall’oggettiva incertezza circa l’effettiva titolarità dell’immobile in capo all’ente locale, il quale, in violazione dei principi di correttezza e buona fede, non avrebbe comprovato alla controparte di averlo acquistato, sia pure per usucapione;
– costituitosi l’intimato Comune di Rutino, rappresentava la “natura civilistica” della controversia ed eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso;
– in replica alle deduzioni di parte resistente, la difesa attorea si soffermava, tra l’altro, sulla ritenuta sussistenza della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo;
– il ricorso veniva chiamato all’udienza del 22 luglio 2025 per la trattazione dell’incidente cautelare;
– nell’udienza camerale emergeva che la causa era matura per la definizione immediata nel merito, essendo integro il contraddittorio, completa l’istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge;
– le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione del ricorso nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone;
Considerato, in rito, che:
– innanzitutto, giova rammentare che, per ius receptum, la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. un., 4 marzo 2020, n. 6075; 14 aprile 2020, n. 7830; 12 novembre 2020, n. 25575; Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2020, n. 2071);
– ora, nella specie, con l’impugnata nota del 30 aprile 2025, prot. n. 2728, il Comune di Rutino ha dichiarato la “decadenza” dall’aggiudicazione disposta nel contesto di una procedura ad evidenza pubblica di alienazione immobiliare;
– in questo modo, ha, di fatto, inteso avvalersi della propria facoltà di recesso e di incameramento della cauzione avuto riguardo all’attività preliminare alla stipula del contratto intercorsa tra le parti dopo l’aggiudicazione, caratterizzatasi, a suo dire, per la condotta renitente della V., fonte di responsabilità precontrattuale per violazione dei canoni di lealtà, correttezza e buona fede ex artt. 1337 e 1375 cod. civ.;
– nel richiedere l’annullamento di tale atto, la ricorrente ha, nella sostanza, contestato la natura giustificata o meno delle reciproche condotte delle parti, che avrebbero impedito la stipulazione del contratto: trattasi, cioè, di condotte e contestazioni che sarebbero ascrivibili a qualunque privato in un ordinario rapporto privatistico e che non sono, di certo, legate all’esercizio di uno specifico potere autoritativo;
– in argomento, la giurisprudenza ha più volte chiarito che, anche nella contrattualistica pubblica, una volta disposta l’aggiudicazione, e, quindi, individuato il contraente privato, salve puntuali prerogative pubblicistiche per lo più previste nella disciplina degli appalti, i rapporti tra amministrazione e privato si collocano tendenzialmente su un piano paritetico di buona fede nel portare a compimento le prescrizioni del bando nel cui contesto, al più, possono verificarsi i presupposti di un recesso;
– in particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha precisato che è inconfigurabile un potere di “revoca” di tipo pubblicistico che si sovrapponga, svuotandolo, ad un ordinario recesso, governato dalla normativa civilistica (sent. n. 14/2014); e che, quando si dibatte di inadempimento dei beneficiari, quale che sia la terminologia impiegata (revoca, decadenza, risoluzione), il privato resta titolare di un diritto soggettivo perfetto azionabile dinanzi al giudice ordinario (sent. n. 2/2014);
– in questo senso, Cass. civ., sez. un., n. 15816/2016 ha statuito che: «In tema di dismissione di immobili del patrimonio disponibile comunale, che, all’esito infruttuoso dell’asta pubblica, sia avvenuta con le modalità della trattativa privata, la facoltà dell’ente di recedere, in ogni momento, dalle operazioni di vendita, riconosciuta nell’offerta irrevocabile di acquisto del bene dal medesimo accettata, non è predicabile in termini di determinazione autoritativa, a fronte della quale l’aggiudicatario è titolare di un mero interesse legittimo, perché l’ambito dello “ius poenitendi” così pattiziamente circoscritto riguarda la fase già esecutiva del rapporto»;
– tale pronuncia si attaglia al caso in esame, posto che, a prescindere dalla modalità di individuazione del contraente, il giudice del riparto ha chiaramente statuito che, una vola esaurita la fase procedimentale di stampo pubblicistico finalizzata all’individuazione del contraente, ossia una volta valicato lo spartiacque dell’aggiudicazione definitiva, subentra un ordinario rapporto di tipo contrattuale nel cui alveo l’eventuale facoltà di recesso (e, nel caso di specie, connesso incameramento della cauzione) «non appare predicabile in termini di determinazione autoritativa perché in realtà trattasi di facoltà inserita in un tessuto pattizio in cui l’offerta è stata accettata dall’ente», benché ulteriori successivi adempimenti possano condizionare la stipulazione e il perfezionamento del contratto; con il che, ha proseguito il giudice del riparto, «il ius poenitendi è stato volontariamente circoscritto in un ambito afferente già la fase di esecuzione del rapporto nella quale si è entrati a seguito della conclusione di quella pubblicistica: fase in cui i comportamenti delle parti appaiono declinabili in una chiave che implica la competenza a conoscerne del giudice ordinario»;
– nello stesso senso, Cass. civ., sez. un., n. 2411/2018 ha affermato, in materia di appalti pubblici, che: «la giurisdizione amministrativa esclusiva indicata dall’art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, del d.lgs. n. 104 del 2010 concerne solo le controversie relative al procedimento di scelta del contraente fino al momento in cui acquista efficacia l’aggiudicazione definitiva, mentre le controversie vertenti sull’attività successiva, anche se precedente alla stipula del contratto, seguono l’ordinario criterio di riparto, imperniato sulla distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, da individuare con riferimento alla posizione che la domanda è diretta a tutelare sotto il profilo del “petitum” sostanziale. Ne consegue che la controversia vertente su un provvedimento di “decadenza dall’aggiudicazione” adottato dalla p.a. dopo l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, è soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che quel provvedimento, non essendo riconducibile all’esercizio di un potere autoritativo, può qualificarsi, alternativamente, come atto dichiarativo dell’intervenuta risoluzione per inadempimento di un accordo concluso mediante esecuzione anticipata, ovvero, in difetto di quest’ultima, come recesso dalle trattative dirette alla stipula del contratto dopo l’aggiudicazione, rimanendo comunque espressione di un potere di natura privatistica» (cfr., in senso adesivo, TAR Lazio, Roma, sez. III, n. 4853/2020; TAR Toscana, Firenze, sez. I, n. 1255/2020);
– più di recente, in linea con tale arresto, Cass. civ., sez. un., n. 10975/2023 ha ritenuto «vertente in materia di diritti soggettivi e, quindi, rientrante nella giurisdizione ordinaria, la controversia avente ad oggetto un provvedimento di “decadenza dall’aggiudicazione” – non di revoca – adottato da una stazione appaltante dopo l’aggiudicazione definitiva, momento questo conclusivo del procedimento amministrativo finalizzato all’affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, art. 11, e prima della stipulazione del contratto, in quanto intervenuto in relazione ad “un’anticipata esecuzione del contratto”, in assenza di poteri autoritativi, nonché affermato sussistere, invece, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella fase antecedente, dall’avvio della procedura di affidamento dei lavori sino all’adozione dell’aggiudicazione definitiva efficace»;
– non vale, poi, a radicare in capo al giudice amministrativo la cognizione sulla presente controversia la circostanza – enfatizzata da parte ricorrente – che la decadenza dall’aggiudicazione sia stata disposta dal Comune di Rutino anche al fine di scongiurare il «pregiudizio per l’interesse pubblico alla tempestiva valorizzazione e alienazione del bene», così da lasciare inferire una ipotetica connotazione della fattispecie in termini di autotutela decisoria;
– in base al tenore della DGC n. 24 del 5 marzo 2025, è, infatti, agevole avvedersi che trattasi di determinazione di recesso assunta per l’elettiva ed assorbente ragione del contestato illecito prenegoziale di ingiustificato rifiuto di concludere il contratto aggiudicato, laddove il riferimento all’esigenza di «tempestiva valorizzazione e alienazione del bene» è da intendersi semplicemente finalizzato a corroborare, sul piano dell’interesse pubblico istituzionalmente permeante l’attività dell’amministrazione, l’esercizio di una prerogativa paritetica a quest’ultima spettante in virtù degli ordinari paradigmi civilistici;
– «la sig.ra V. – recita, segnatamente, la nota del 30 aprile 2025, prot. n. 2728 – non ha mai provveduto alla stipula dell’atto definitivo, né ha fornito giustificazioni formali o proposto alternative operative idonee a rimuovere l’impedimento alla conclusione della procedura di compravendita. L’inerzia serbata, protrattasi per un arco temporale ultradecennale, integra un comportamento omissivo univocamente riferibile all’aggiudicataria, rilevante ai sensi dei principi generali di diritto amministrativo e privatistico, in quanto … privo di elementi ostativi oggettivi noti all’amministrazione … in violazione dei canoni di lealtà, correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti procedurali e precontrattuali (artt. 1337 e 1375 cod. civ.)»;
– così, il «comportamento serbato dalla sig.ra V. – consistente nella persistente inerzia a perfezionare l’atto di compravendita, nel mancato adempimento ai ripetuti inviti dell’amministrazione e nella totale assenza di manifestazioni di volontà negoziale utili alla conclusione del trasferimento – ha rappresentato una volontà implicita e inequivocabile di non addivenire alla stipula del contratto definitivo di compravendita, tale da rendere definitivamente infruttuosa l’aggiudicazione intervenuta nel 2008»;
– ciò posto, è da reputarsi sussistente, nella specie, la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che il thema decidendum risulta incentrato sulla natura giustificata o meno – in un contesto, di certo, non di supremazia pubblicistica – della scelta della parte privata di non addivenire alla stipulazione del contratto e della contrapposta scelta dell’amministrazione di ritenere ingiustificato il recesso ed incamerare la cauzione (cfr., in termini, TAR Piemonte, Torino, sez. II, n. 167/2020);
Ritenuto, in conclusione, che:
– alla luce delle superiori considerazioni, sulla presente controversia va dichiarato il difetto di giurisdizione di questo adito giudice amministrativo, dovendosi indicare nel giudice ordinario l’autorità munita di giurisdizione in materia, dinanzi alla quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine di cui all’art. 11, comma 2, cod. proc. amm.;
– quanto alle spese di lite, la natura formale della decisione ne giustifica l’integrale compensazione tra le parti;
TAR CAMPANIA – SALERNO, III – sentenza 22.08.2025 n. 1420