*Procedimento – Istruttoria – Procedimento di autorizzazione integrata ambientale, discrezionalità della P.A. e motivazione del provvedimento

*Procedimento – Istruttoria – Procedimento di autorizzazione integrata ambientale, discrezionalità della P.A. e motivazione del provvedimento

1. L’odierna appellante, con il ricorso di primo grado, è insorta avverso talune prescrizioni della deliberazione concernente il “riesame con valenza di rinnovo” dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata con D.G.R. n. 428 del 14 aprile 2014 relativa all’installazione denominata “Waste to energy plant Melfi”, trasmessa in data 19 ottobre 2023.

1.1. In precedenza, con deliberazione di Giunta Regionale n. 428 del 14 aprile 2014 era stata rilasciata all’odierna appellante l’AIA relativa alla piattaforma per il trattamento di rifiuti mediante termovalorizzazione con recupero di energia denominata “ITM – Impianto di termovalorizzazione di Melfi”, ubicata in località S. Nicola di Melfi.

1.2. L’odierna appellante presentava istanza di riesame ai sensi dell’art. 29- octies d.lgs. n. 152 del 2006, acquisita al protocollo regionale al n. 168362/23AB del 10 ottobre 2019.

In esito al procedimento di riesame, è stata adottata la deliberazione della Giunta della Regione Basilicata n. 202300653 del 18 ottobre 2023 che la società ha impugnato limitatamente a talune prescrizioni, sulla base di due articolati mezzi di gravame.

2. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa il T.a.r. per la Basilicata ha respinto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.

3. La società, rimasta soccombente, ha appellato la sentenza, deducendo quanto segue.

3.1. In primo luogo, l’appellante evidenza di non essere titolare di uno “scarico” soggetto ad autorizzazione, in quanto conferisce i propri reflui a Edison Next (già Fenice), titolare dell’impianto di depurazione e dello scarico finale; quest’ultima assicura questo servizio a una serie di operatori economici insediati nel comprensorio industriale.

Un secondo aspetto segnalato in primo grado ha riguardo al corso dei suddetti reflui “in uscita” dal WTE verso l’impianto di depurazione TAR.

La precedente AIA (D.G.R. n. 428/2014) – sostituita dall’attuale AIA approvata con la D.G.R. n. 202300653 del 18 ottobre 2023 – al Paragrafo 4.2 individuava due distinti punti di raccolta delle acque reflue prodotte dal WTE denominati “S1” e “S2” tuttora presenti: il punto S1 (interno all’area Edison Next Recology e posto a confine con l’area Stellantis, già Fca Italy, Sata), riguardante i reflui tecnologici, quelli di prima pioggia e quelli civili, che ha come ricettore finale l’impianto di Trattamento Acque Reflue (TAR) ubicato nel vicino stabilimento SATA di proprietà e gestione della Società Fenice S.p.A. (oggi Edison Next) e il punto “S2” riguardante altri reflui.

Lo stesso Paragrafo 4.2 prevedeva che entrambi i reflui sono subordinati a “Regolamenti d’utenza e livelli di servizio” sottoscritti con i gestori degli impianti di trattamento (Fenice S.p.A. per l’impianto TAR ed il Consorzio ASI per il depuratore consortile) […]”; questi ultimi rappresentanti il recapito finale degli stessi reflui.

Questo assetto descritto nella vecchia AIA non sarebbe stato modificato e sarebbe tuttora rappresentativo dell’attuale situazione di fatto e di diritto.

A conferma di ciò, la nuova AIA (D.G.R. n. 202300653) prevede – sempre al Paragrafo 4.2 (cfr. pag. 12) dedicato alle “Emissioni idriche” – che le varie tipologie di refluo individuate nello stesso Paragrafo, “sono come detto convogliate all’impianto di trattamento denominato TAR, attraversando il punto denominato S1”.

Il successivo Paragrafo 5 al punto “Emissioni idriche” (cfr. pag. 15) prevede che: “I reflui che confluiscono nel punto siglato S1 […] sono recapitati all’impianto TAR e da qui, in seguito al trattamento, all’impianto gestito da Acquedotto Lucano S.p.a., nel comprensorio industriale di Melfi, che è il responsabile dello scarico in corpo idrico”.

I suddetti reflui, che confluiscono nel punto di raccolta S1 interno e al limite della proprietà del WTE della ricorrente, vengono immessi in una condotta esterna al perimetro della ricorrente, ubicata nell’area confinante di proprietà Stellantis (già Fca Italy, Sata) per poi essere trattati nel vicino impianto di depurazione privato TAR gestito da Edison Next (già Fenice), che è a servizio dei soggetti produttivi insediati nell’area di San Nicola di Melfi, tra cui la ricorrente.

Il punto S1 è dunque un punto di sola consegna delle acque reflue prodotte dal WTE che poi confluiscono, attraverso la condotta Stellantis (già Fca Italy, Sata) nell’impianto di trattamento TAR di Edison Next.

A seguito dell’istanza di rinnovo dell’AIA nel corso della Conferenza di Servizi del 27 gennaio 2022, la Regione chiedeva alla società di formulare una proposta di “set analitico”, da definire “di concerto” con la stessa società e l’ARPAB nel punto di raccolta S1; proposta che, come testualmente riportato a verbale, “sarà valutata da ARPAB” (cfr. pag. 3 doc. dep. 9 giudizio primo grado).

Detta proposta veniva formulata dalla società e trasmessa agli Enti con lettera PEC/U/2022/000112, in data 31 marzo 2022, punto 2 (cfr. doc. dep. 10, pag. 4 giudizio primo grado).

A seguito della richiesta della Regione, il 13 marzo 2023 (PEC/U/2023/000196; doc. dep. 11 giudizio primo grado) la società provvedeva a trasmettere l’aggiornamento della documentazione istruttoria, completa di allegati, formulando controdeduzioni ai pareri resi dagli Enti nel corso della procedura.

In particolare, nella Relazione tecnica si faceva presente il fatto che i parametri caratterizzanti i reflui che la società convoglia all’impianto TAR, gestito da Edison Next, sono quelli indicati nell’allegato B3 del Regolamento di utenza sottoscritto tra Edison Next (gestore dell’impianto di depurazione TAR autorizzato allo scarico finale) e gli altri utenti del comprensorio, tra cui la ricorrente, e che tale allegato B3 “rappresenta il riferimento proprio, anche nei riguardi del set analitico caratterizzante i reflui del WTE” (pag. 93). Veniva ribadito che la società avrebbe effettuato una “campagna di monitoraggio” della “durata di 6 mesi” per un “totale di 12 campioni”, con determinazione dei parametri previsti nella tabella 3, allegato 5, Parte III d.lgs. 152/2006 s.m.i. a scopo conoscitivo. Al termine della campagna si sarebbe potuto valutare l’eventuale esigenza di implementare i parametri di caratterizzazione dei reflui immessi nel punto S1.

Il “Piano di monitoraggio e Controllo”, sempre per quanto concerne il punto di raccolta S1, si riporta espressamente al suddetto “Regolamento di utenza” e ai parametri ivi contenuti, che la società è tenuta a rispettare (cfr. pag. 154 doc. dep. 11_2 giudizio di primo grado).

Nell’ultima Conferenza di Servizi del 16 giugno 2023 (doc. dep. 14 giudizio primo grado) il rappresentante ARPAB ha condiviso “la proposta del gestore sul set di analiti da monitorare al punto di consegna S1 ma ritiene siano da aggiungere i PFAS” (cfr. verbale della Conferenza, pag. 2 doc. dep. 13 giudizio primo grado) in conformità al parere reso dalla stessa ARPAB prot. 9611/2023 in pari data (doc. dep. 13_1 giudizio primo grado), allegato al verbale della Conferenza.

Il suddetto parere dell’ARPAB 9611/2023, dopo aver ripreso testualmente la proposta della società in termini di “campagna di monitoraggio” della durata di “6 mesi” afferma che “L’Ufficio accoglie tale proposta” richiedendo la sola aggiunta dei PFAS (cfr. pagg. 6, 7 doc. dep. 13_1 giudizio primo grado).

Nella seduta del 18 ottobre 2023 la Regione rilasciava la nuova AIA con D.G.R. n. 202300653.

La “Relazione tecnica” e il “Piano di Monitoraggio e Controllo” trasmessi in data 13 marzo 2023 sopracitati costituiscono parte integrante dell’AIA (cfr. pag. 47, appendice 1, allegati 1, 36; doc. dep. 1_1 giudizio primo grado).

A seguito del rilascio dell’AIA, in data 20 novembre 2023, la società sollevava rilievi critici in ordine alle prescrizioni AIA poi impugnate (cfr. doc. dep. 15 giudizio primo grado), senza tuttavia ottenere alcun riscontro.

La società si vedeva così costretta a proporre il ricorso di primo grado per contestare le prescrizioni AIA relative al monitoraggio dei reflui in S1, quelle relative alla redazione di un piano di controllo e manutenzione, nonché in ordine all’effettuazione di verifiche di tenuta idraulica e di integrità strutturale di una condotta di proprietà di altro operatore economico.

Nello specifico, l’appellante ha dedotto:

I. Violazione ed erronea applicazione di norme di legge: artt. 46 comma 1, 64 comma 3 C.P.A. Difetto ed errore di motivazione. Omessa pronuncia. Illogicità e ingiustizia manifesta.

Con ordinanza collegiale n. 282/2024, il T.a.r. ha disposto un incombente a carico della Regione, a quel momento non costituita in giudizio, chiedendo una “dettagliata relazione amministrativa concernente i fatti di causa e i motivi dedotti nel ricorso, unitamente a copia degli atti in essa riportati” ai sensi degli gli artt. 46 comma 1 e 64 comma 3 del c.p.a.

Nella memoria in data 24 luglio 2024, la ricorrente ha espresso una riserva in relazione a questo modo di procedere, rilevando quanto segue.

L’ art. 46 comma 1, c.p.a. indica come mera “facoltà”, e non come obbligo, alle parti intimate, di costituirsi presentando memorie, istanze, mezzi di prova, documenti.

L’art. 64, comma 3, c.p.a. prevede che il giudice può disporre, anche d’ufficio, “l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione”.

L’ordinanza in esame ha chiesto che la Regione si esprimesse sui fatti di causa, i motivi di ricorso e su un ulteriore aspetto, così che l’Ente, nell’ottemperare, ha difeso il proprio operato esprimendo valutazioni che integrerebbero un vero e proprio “atto difensivo” per contrastare i due motivi di ricorso proposti dalla società.

La norma codicistica prevede esclusivamente l’acquisizione di documenti (e informazioni) già presenti, ma non la formazione di atti e documenti nuovi da parte dell’Amministrazione, anche in ragione del divieto di integrazione postuma della motivazione.

A riprova del fatto che le finalità degli artt. 46 e 64 non sarebbero state rispettate, vi sarebbe il contenuto palesemente difensivo della relazione depositata che è stato poi utilizzato dal T.a.r. per respingere il ricorso.

L’incombente disposto avrebbe di fatto comportato la formazione di un atto nuovo “difensivo” in violazione dell’art. 64 comma 3, c.p.a. e del divieto di motivazione postuma.

II. Difetto ed errore di motivazione e di istruttoria della sentenza appellata. Travisamento dello stato di fatto e di diritto. Illogicità.

Nel secondo motivo di ricorso era stata impugnata la prescrizione AIA n. 11.7.96 lettera a) secondo cui “al fine di garantire la totale e costante efficienza idraulica del sistema di gestione dei reflui e la prevenzione di eventuali fenomeni di inquinamento, il gestore redige ogni 12 mesi un piano di controllo e manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le reti e vasche interrate presenti nell’installazione, ivi incluso l’intero tratto che collega il punto S1 all’impianto di trattamento denominato TAR. La verifica dell’integrità strutturale di condotte, reti e vasche deve essere svolta con le seguenti periodicità:

a) Condotta di collegamento del punto S1 all’impianto TAR: ogni anno […]”

Era stata censurata la prescrizione AIA richiamata nella sola parte in cui prevede di redigere un piano di controllo e manutenzione ordinaria e straordinaria con riguardo all’ “intero tratto che collega il punto S1 all’impianto di trattamento denominato TAR” e con riferimento alla lettera a) “condotta di collegamento del punto S1 all’impianto TAR”, che prevede che detta manutenzione venga effettuata con frequenza annuale.

Analoga prescrizione censurata è contenuta a pag. 91 dell’AIA nell’Appendice 6 (“Piano di monitoraggio e Controllo”), “Verifiche di tenuta”. Al parametro “Tenuta idraulica e integrità strutturale” viene imposto alla ricorrente di verificare la “Condotta di collegamento tra il punto S1 e l’impianto di trattamento denominato TAR” con frequenza “12 mesi” e quindi di effettuare verifiche di tenuta idraulica ed integrità strutturale della suddetta condotta.

La ricorrente ribadisce che la condotta in questione non è nella proprietà né nella gestione della ricorrente medesima, circostanza peraltro da tempo nota alla Regione.

Nella Conferenza di Servizi del 5 luglio 2022 (a seguito della convocazione della Provincia del 10 giugno 2022) Stellantis (già Fca Italy) aveva infatti ammesso la proprietà della condotta in questione; come riportato a pag. 2 del verbale (“Per FCA Italy Spa […] in riferimento al tratto di rete che colletta i reflui dall’area Nord del sito da Rendina Ambiente e Meta Energia, che attraversa il sito di FCA Italy Spa, dichiara che la proprietà è in capo a FCA Italy Spa; a tale rete affluiscono i reflui di Meta Energia e Rendina Ambiente. Ci sono evidenze di manutenzioni effettuate, inoltre sono state svolte prove di tenuta dell’intero tratto all’interno della proprietà con cadenza circa triennale, l’ultima è stata effettuata circa 3 anni fa”): cfr. doc. dep. 27 giudizio di primo grado.

Sarebbe quindi stato chiaro che la condotta che collega il punto di raccolta S1 all’impianto di depurazione TAR Edison Next è di proprietà della stessa Stellantis.

Per tale ragione non si potrebbe imputare alla ricorrente l’obbligo di effettuare interventi idraulici e manutentivi di una condotta esterna al proprio perimetro, in assenza di un titolo giuridicamente valido sul piano civilistico e pubblicistico che giustifichi tale onere.

Secondo il T.a.r. “Non è contestato che la condotta di cui è questione sia in uso esclusivo dell’installazione gestita dalla deducente, sicché risulta ragionevole, logico e non abnorme l’obbligo di verificarne, con cadenza annuale, la tenuta”.

Al contrario l’appellante ribadisce che, in assenza di un titolo che imponga, e allo stesso tempo consenta, ad Edison Next Recology di intervenire sulla condotta, gli interventi manutentivi e le verifiche di tenuta e di integrità strutturale spetterebbero al proprietario.

L’AIA è un provvedimento esclusivamente indirizzato alla richiedente, che non spiega effetti nei confronti dei terzi e non può disporre al di fuori dell’impianto oggetto dell’AIA stessa.

Il primo giudice avrebbe impropriamente utilizzato quanto affermato dalla Regione nella Relazione depositata in corso di causa, circa l’uso esclusivo della condotta di cui trattasi.

Si tratterebbe, peraltro, di una integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato.

In ogni caso, il primo giudice non ha tenuto conto del fatto che in Conferenza di servizi era emerso come la condotta che collega il punto di raccolta S1 all’impianto di depurazione TAR Edison Next sia di proprietà della stessa Stellantis e che a tale rete affluiscono comunque non solo i reflui della ricorrente ma anche quelli di altra società denominata Meta Energia.

III. Difetto ed errore di motivazione della sentenza appellata. Travisamento.

Nel primo motivo di ricorso, si era censurato il fatto che la proposta di “set di analiti” da monitorare in S1 fosse stata formulata dalla società come “campagna” della durata di “6 mesi” e fosse stata approvata in Conferenza tal quale. Le prescrizioni AIA impugnate avrebbero trasformato illegittimamente detta “campagna”, limitata e circoscritta nel tempo, in un monitoraggio continuativo e costante, con frequenza “mensile”, senza considerare il Regolamento di utenza.

Le prescrizioni AIA. impugnate avrebbero stravolto la proposta della società specificando “che il monitoraggio dei reflui in uscita, prescindendo dai rapporti contrattuali con il TAR, debba essere effettuato costantemente e non a campagna; si concorda con i parametri da determinare e si aggiorna coerentemente il piano di monitoraggio e controllo”.

Analogamente il paragrafo 11.5, pag. 36 dell’AIA contiene la prescrizione 84) lettera c) che recita quanto segue: “84 è fatto obbligo al gestore di: “c) al punto S1, determinare i parametri dal n. 1 al n. 42 e il n. 49 della Tabella 3, allegato 5 alla parte III del D.Lvo n. 152/2006, oltre che le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS), con frequenza mensile”.

Nel ricorso e nelle memorie depositate in corso di causa, le ragioni della società, sulla proposta di effettuare una “campagna” della durata limitata e non un monitoraggio continuativo nel tempo, erano state ampiamente argomentate nella nota tecnica, cui si rinvia (cfr. doc. dep. 30 giudizio di primo grado).

Secondo l’appellante, non corrisponderebbe al vero l’affermazione finale della sentenza appellata secondo cui la Regione avrebbe precisato in Conferenza di Servizi del 27 gennaio 2022 che il monitoraggio, “prescindendo dai rapporti contrattuali con il TAR debba essere effettuato costantemente e non a campagna”. L’affermazione riportata non è stata resa dalla Regione né nella Conferenza di Servizi del 27 gennaio 2022 (cfr. doc. dep. 9 giudizio primo grado), né nelle altre successive Conferenze del 27 settembre 2022 e del 16 giugno 2023 (cfr. docc. dep. 12, 13 giudizio primo grado) ma è contenuta nel testo dell’AIA a pag. 21, ultimo periodo.

Si tratta cioè della stessa affermazione oggetto dell’impugnativa.

Dal canto suo l’ARPAB nel proprio parere, ha accolto la proposta della società, richiedendo soltanto di aggiungere “le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS)” (cfr. doc. dep. 13.1 fascicolo primo grado).

L’accoglimento di “tale proposta” menzionata a pag. 7 è inequivocabilmente riferita alla “campagna di monitoraggio” della durata di “6 mesi” indicata nel passaggio precedente contenuto a pag. 6 del parere.

La frase contenuta nel verbale della Conferenza di Servizi del 16 giugno 2023 (“proseguendo con la disamina del parere dell’ARPAB, … il Dott. P. condivide la proposta del gestore su set di analiti da monitorare al punto di consegna S1, ma si ritiene che siano da aggiungere i PFAS”) richiamata nella sentenza appellata va nel senso indicato nel parere allegato al verbale della stessa Conferenza, che è

quello di “condividere la proposta del gestore” così come testualmente riportata nello stesso parere (campagna della durata di 6 mesi senza alcuna riserva su modalità e/o tempi di attuazione (fatta eccezione per la sola implementazione dei PFAS).

Le prescrizioni impugnate sarebbero illegittime in quanto assunte al di fuori e in contrasto con gli esiti dell’ultima Conferenza decisoria del 16 giugno 2023.

In ogni caso nell’AIA. non sarebbero spiegate le ragioni delle modifiche unilaterali apportate dalla Regione alla proposta della ricorrente, così come era stata approvata in Conferenza di Servizi.

La ricorrente ritiene altresì di non dover dimostrare la presunta “impossibilità” o “eccessiva onerosità” dell’attuazione della prescrizione, la quale sarebbe in radice illegittima.

L’appellante ripropone infine la censura di contraddittorietà poiché la prescrizione AIA n. 11 lett. a) di pag. 26 impone al Gestore di “rispettare quanto rappresentato nella documentazione tecnica allegata all’istanza, composta dagli elaborati elencati in appendice 1 e agli atti dello scrivente Ufficio”. Nell’appendice 1 figura la Relazione tecnica presentata dalla società in cui è riportata la proposta di “set analitici” a “campagna” semestrale con tutte le condizioni indicate nella “Relazione tecnica”, comprensive del riferimento al Regolamento di utenza e all’allegato B3.

Esse sarebbero quindi in contrasto con le prescrizioni impugnate (monitoraggio continuo e costante con frequenza mensile, prescindendo dal Regolamento di utenza).

IV. Omessa pronuncia. Difetto ed errore di motivazione

La disciplina dei reflui non potrebbe prescindere dall’assetto comprensoriale industriale esistente (sul punto si rinvia alla nota tecnica, pagg. 2, 3, dep. 30 fascicolo primo grado).

Per tale ragione erano anche stati censurati i passaggi dell’AIA in cui la Regione:

– attribuisce erroneamente l’affermazione “allo scopo di rivedere le condizioni del regolamento” in capo alla Società, con riferimento alla proposta della stessa di effettuare la campagna semestrale di campionamenti con determinazione dei parametri della tabella 3 (allegato 5, parte III) del TUA (punto 3 lettera b);

– prende atto di quanto esposto ai punti precedenti, specificando al punto b) che il monitoraggio dei reflui avvenga “prescindendo dai rapporti contrattuali con il TAR […] costantemente e non a campagna” (ultimo periodo pag. 21).

Sulla frequenza non costante ma a “campagna” si è detto in precedenza.

In primo grado era stato censurato il fatto che l’AIA imponesse non solo di rivedere ma anche di prescindere dai rapporti contrattuali con il TAR regolati dal Regolamento di utenza; impostazione che è poi stata “difesa” nella Relazione depositata dalla Regione, nel punto in cui afferma che detto Regolamento di utenza sarebbe “irrilevante” in quanto sarebbe un “accordo commerciale tra privati, che in sede di autorizzazione non può essere considerato” (cfr. pag. 2).

Nelle memorie depositate in corso di causa del 16 aprile 2024 e del 24 luglio 2024 erano state illustrate le ragioni in base alle quali le suddette affermazioni fossero, a dire dell’appellante, inaccettabili.

L’appellante ripropone quindi le argomentazioni dedotte in primo grado, secondo cui:

a) Il Regolamento di utenza detta le condizioni definite “in relazione alle caratteristiche dell’impianto di trattamento” e del “refluo conferito dalla Società”. Lo stesso Regolamento stabilisce inoltre “le modalità di verifica della conformità dei reflui alle specifiche di accettabilità (oggetto dell’allegato B3 al regolamento)”; entrambe le condizioni (specifiche di accettabilità e modalità di verifica) sarebbero “quelle necessarie e sufficienti per assicurare il corretto esercizio dell’impianto TAR e, conseguentemente, il rispetto dei vincoli allo stesso posti dalla propria autorizzazione” (cfr. pag. 6, nota tecnica, ns. doc. dep. 30 giudizio primo grado).

Prescindere da tale Regolamento non sarebbe ammissibile in quanto lo stesso è “condizione essenziale” per il corretto esercizio dell’impianto di depurazione TAR disciplinato nella propria AIA., in rapporto alla quantità e qualità dei reflui provenienti dall’impianto della Società e dagli altri utenti, regolata contrattualmente.

Sarebbe altresì censurabile l’altra affermazione che prevede il monitoraggio dei reflui proposto dalla società “allo scopo di rivedere le condizioni del Regolamento”.

Con tale affermazione la Regione avrebbe travisato quanto proposto dalla Società nella Relazione tecnica del 13 marzo 2023 (e prima ancora nella nota del 31 marzo 2022). La proposta precisava “[…] al fine di aggiornamento ed eventuale revisione del “panel” di caratterizzazione dei reflui del WTE si propone di dar corso ad una specifica campagna di monitoraggio dei flussi immessi in S1” così come di seguito strutturata ai punti a), b), c) d) (cfr. pag. 93 doc. dep. 11_1 fascicolo primo grado). Si sarebbe trattato di una condizione “eventuale” (non “certa”) di revisione di “mera scelta di parametri analitici, eventualmente da integrare nell’allegato B3 del Regolamento, mantenendo del tutto inalterate le altre condizioni di quest’ultimo”: quindi non una revisione del Regolamento, bensì una eventuale integrazione dei parametri che compongono l’allegato B3 (cfr. pagg. 6, 7 doc. dep. 30 fascicolo primo grado, cui si rinvia).

b) Un’altra ragione in base alla quale non è possibile prescindere dal Regolamento di utenza è data dal fatto che lo stesso Regolamento, con i parametri ivi contenuti, rappresenta il riferimento da rispettare per il punto di misura S1, nell’ambito del “Piano di monitoraggio e controllo” (cfr. pag. 154, ns. doc. dep. 11_2 fascicolo primo grado), comprensivo delle modalità di frequenza dei controlli e di trasmissione di report periodici, che è parte integrante dell’A.I.A. (cfr. pag. 47, appendice 1, allegato 36). In base alla prescrizione A.I.A. n. 11 lett. a) di pag. 26 cit. in precedenza “il gestore deve rispettare quanto rappresentato nella documentazione istruttoria allegata all’istanza, composta dagli elaborati elencati in appendice 1 e agli atti dello scrivente Ufficio” e quindi proprio il suddetto Regolamento di utenza.

Sarebbe quindi illogico che l’AIA chieda di prescindere dal Regolamento di utenza, quando è la stessa Autorizzazione che ne impone correttamente il rispetto, in virtù del sistema comprensoriale di cui è parte il WTE.

V. Omessa pronuncia. Erroneità e contraddittorietà

La Sentenza appellata al punto 5.1.1.3 sarebbe favorevole alla ricorrente, nella parte in cui, riprendendo la Relazione depositata dalla Regione, riconosce che il monitoraggio nel punto di raccolta S1 abbia carattere “conoscitivo” e che “non è indicato, né nella prescrizione né in altri punto della D.G.R. il rispetto di valori limite”.

Il T.a.r. avrebbe quindi, sostanzialmente, in parte accolto quanto censurato nel primo motivo di ricorso in primo grado, escludendo che il riferimento ai parametri di cui alla Tabella 3, Allegato 5, Parte III del d.lgs. 152/2006 s.m.i. contenuto nelle prescrizioni impugnate, sia da riferire al rispetto di “limiti” contenuti nella stessa tabella cit.

Il primo giudice avrebbe quindi dovuto accogliere parzialmente il ricorso relativamente a tale punto.

4. Si è costituita, per resistere, la Regione Basilicata, facendo rilevare quanto segue.

4.1. Parte ricorrente contesta la prescrizione n. 11.5.84. lett.c) e la collegata tabella di cui al Piano di monitoraggio e controllo (prima tabella, pag. 84 di 94, Allegato A alla D.G.R. n. 653/2023 che prevede la determinazione, al punto S1, di una serie di parametri chimici con cadenza mensile).

Si tratta invero di un monitoraggio di carattere conoscitivo, non essendo indicato, né nella prescrizione né in altri punti della D.G.R., il rispetto di valori limite.

Il riferimento alla Tabella 3, Allegato 5, alla Parte III del TUA è da considerarsi per l’elenco degli analiti da determinare; tanto è vero che non è presente (come, per esempio, nel caso delle emissioni in atmosfera) un quadro delle emissioni idriche con tanto di limiti da rispettare.

Il continuo riferimento della parte ricorrente al contratto di servizi che la società possiede con il gestore dell’impianto Trattamento Acque Reflue (TAR), che tratta i reflui provenienti, tra l’altro, dall’inceneritore, non sarebbe rilevante poiché è un accordo commerciale tra privati, che in sede di autorizzazione non può essere considerato.

La condotta è ad uso esclusivo dell’installazione di che trattasi ed è pertanto ricompreso nell’alveo dell’AIA anche il suo controllo, tanto più che, come è noto, da anni il sito è interessato da una diffusa contaminazione di suolo e falda.

La prescrizione andrebbe peraltro considerata alla luce del principio di precauzione di cui all’art. 301 del codice dell’ambiente.

5. Si è costituita per resistere anche la società Stellantis Europe s.p.a., la quale ha fatto rilevare:

– che la condotta che collega il termovalorizzatore all’impianto TAR non è in alcun modo utilizzata dalla società e dal suo stabilimento per la produzione di autoveicoli (cfr. doc. 26 appellante). Stellantis non vi recapita alcuno scarico né acqua reflua di sorta.

– che il rapporto tra Stellantis da un lato e la condotta utilizzata dall’appellante per i propri scarichi e l’adduzione allo smaltimento dall’altro, è quindi esclusivamente nei sensi che detta condotta attraversa la proprietà di Stellantis;

– che l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata a Edison Next Recology dalla Regione con D.G.R. 653/2023 disciplina anche la gestione delle acque tecnologiche del termovalorizzatore, dettando specifiche prescrizioni;

– che l’appellante è pacificamente, il gestore del termovalorizzatore e degli impianti che ne consentono il funzionamento, secondo la definizione posta dall’art. 5, comma 1, lett. r bis, del codice dell’ambiente. A sua volta, l’art. 29 sexies del codice dell’ambiente, nel disciplinare il contenuto dell’AIA prevede che detta autorizzazione debba tenere conto delle emissioni dell’installazione, ivi compresi i reflui e che debba prevedere, a tal fine, i controlli ritenuti opportuni;

– i rapporti privatistici tra Edison Next Recology e Stellantis, consistenti in un comodato, non avrebbero alcuna rilevanza rispetto alle esigenze di tutela dell’ambiente che caratterizzano le prescrizioni dell’AIA e alle conseguenti responsabilità del gestore.

6. Alla camera di consiglio del 6 febbraio 2025, l’appellante ha rinunciato all’istanza cautelare.

7. La società ha quindi depositato una memoria conclusionale, in vista della pubblica udienza del 17 luglio 2025, alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.

8. Per una migliore comprensione dei fatti di causa, giova anzitutto richiamare la pag. 21 del Rapporto istruttorio (Allegato A, dell’autorizzazione in oggetto), nella parte in cui vengono sintetizzati, per quanto qui interessa, gli esiti dell’esame svolto in conferenza di servizi in data 27 gennaio 2022: “3. In riscontro a quanto richiesto in conferenza di servizi, il gestore ha trasmesso la documentazione tecnica e una nota di riscontro in cui, alla luce degli argomenti affrontati in conferenza, ha esposto quanto segue:

a) sullo scarico: è precisato che il punto S1 non è uno scarico, bensì un punto di conferimento dei reflui verso l’impianto di trattamento TAR di Edison Next S.p.A.; il gestore è tenuto al solo rispetto dei limiti dei parametri indicati nel regolamento di utenza tra le parti e, con particolare riferimento ai parametri di cui alla Tabella 5 dell’Allegato 5 alla Parte III del TUA, “non risultano particolari criticità, alla luce delle verifiche periodiche eseguite sui reflui”;

b) sul set analitico da considerare per i reflui: i carichi e gli inquinanti riportati nel regolamento di utenza con il TAR sono stati definiti in base ai trattamenti svolti. Allo scopo di rivedere le condizioni del regolamento, il gestore propone di effettuare una campagna semestrale di campionamenti, con frequenza quindicinale, con determinazione dei parametri dal n. 1 al n. 42 e il n. 49 di cui alla Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del TUA;

c) sul monitoraggio del cloro nei rifiuti che alimentano il forno a tamburo rotante: […]

d) sulle acque della MISE […].

L’Ufficio prende atto di quanto esposto, specificando sul punto b) che il monitoraggio dei reflui in uscita, prescindendo dai rapporti contrattuali con il TAR, debba essere effettuato costantemente e non a campagna; si concorda con i parametri da determinare e si aggiorna coerentemente il piano di monitoraggio e controllo”.

Per quanto riguarda la seduta del 16 giugno 2023 (pag. 24) viene riportato che:

Scarichi idrici:

In merito alla proposta del gestore di ampliare il set analitico da determinare al punto S1 (come da

documentazione di marzo 2023), l’ARPAB la accoglie proponendo di integrarlo con le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS).

Quanto poi ai controlli sull’integrità strutturale di condotte, vasche e reti interrate, l’ARPAB ritiene importante che almeno la rete delle acque tecnologiche e la vasca di sollevamento tecnologico siano sottoposte a verifica annuale, anziché triennale come proposto dal gestore. Quest’ultimo specifica che la verifica delle reti sia un’operazione complessa e costosa, durante la quale occorre interrompere le attività aziendali e questa è la ragione per cui un monitoraggio annuale sarebbe troppo oneroso. La posizione dello scrivente Ufficio in merito è la seguente: benché si ritenga ovviamente utile e opportuna la verifica della rete delle acque tecnologiche e della vasca di sollevamento tecnologica, anche alla luce della nota contaminazione del sito e per prevenire e scongiurare ulteriore inquinamento, si comprende la difficoltà del gestore nell’eseguire tale intervento. Oltre a ciò, non esistono specifici riferimenti normativi che regolamentino la frequenza delle tubazioni interrate dei termovalorizzatori. Per analogia, neanche tanto spiccata per la verità, ci si potrebbe riferire alle linee guida Serbatoi interrati riguardanti la rete di distribuzione carburanti in Valle d’Aosta” che prevedono una frequenza quadriennale di verifica delle reti. Pertanto, bilanciando le esigenze di tutela ambientale con quelle economiche legittime del gestore, lo scrivente Ufficio nelle successive prescrizioni stabilisce una frequenza di verifica pari a due anni”.

Correlativamente, al punto 11.5, par. 84, viene prescritto: “è fatto obbligo al gestore di:

a) […];

b) gestire tutti i reflui in conformità a quanto riportato nella documentazione tecnica di cui all’Appendice 1 (in particolare allegati da 7 a 10);

c) al punto S1, determinare i parametri dal n. 1 al n. 42 e il n. 49 della Tabella 3, Allegato 5 alla Parte III del D. L. vo n. 152/2006, oltre che le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS), con frequenza mensile. Il gestore deve far pervenire con almeno quindici giorni di anticipo all’ARPAB la comunicazione delle date in cui intende effettuare gli autocontrolli; entro i successivi trenta giorni lavorativi dall’effettuazione dei campionamenti, il gestore deve trasmettere i certificati analitici firmati e timbrati da tecnico abilitato all’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione Basilicata, all’ARPAB e al Comune di Melfi;

d) […]”.

Al punto 11.7, viene poi prescritto che “Al fine di garantire la totale e costante efficienza idraulica del sistema di gestione dei reflui e la prevenzione di eventuali fenomeni di inquinamento, il gestore redige ogni 12 mesi un piano di controllo e manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le reti e vasche interrate presenti nell’installazione, ivi incluso l’intero tratto che collega il punto S1 all’impianto di trattamento denominato TAR. La verifica dell’integrità strutturale di condotte, reti e vasche deve essere svolta con le seguenti periodicità:

a) condotta di collegamento del punto S1 all’impianto TAR: ogni anno;

b) realizzanda condotta di collegamento da Tecneco 1 e Tecneco2 all’impianto TAR: ogni anno;

c) rete acque tecnologiche e vasca di sollevamento tecnologico: ogni 2 anni;

d) sottovasche di stoccaggio rifiuti linea forno rotante, vasca di stoccaggio rifiuti linea forno a griglia e bacino di contenimento del serbatoio liquidi e solventi: ogni 2 anni;

e) ulteriori reti e manufatti (bacini, vasche): ogni 4 anni.

Il gestore deve comunicare la data di effettuazione della verifica con almeno quindici giorni di anticipo all’ARPAB; entro i successivi sessanta giorni dal termine della verifica, deve trasmetterne gli esiti, segnalando eventuali tratti e/o punti critici, all’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione Basilicata, all’ARPAB e al Comune di Melfi. Per ognuno degli elementi di cui ai precedenti punti a), b), c) e d) i primi controlli dell’integrità strutturale e dell’efficienza idraulica devono essere svolti al massimo entro 1 anno dalla notifica del presente atto”.

10 Ciò posto, il primo mezzo dell’appello contestata anzitutto il fatto che, attraverso gli incombenti istruttori disposti dal T.a.r., alla Regione sarebbe stato dato modo, in via postuma, di integrare la motivazione delle prescrizioni impugnate.

10.1. Giova anzitutto ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, non sempre, e non necessariamente, i chiarimenti resi dall’Amministrazione nel corso del giudizio, anche se offerti attraverso atti processuali o scritti difensivi, costituiscono un’inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto, “in particolare allorché essi risultino effettuati mediante richiamo agli atti del procedimento amministrativo e nella misura in cui i documenti dell’istruttoria svolta in quella sede offrano elementi sufficienti e univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione in concreto assunta” (ex multis, cfr. Consiglio di Stato sez. II, 7 gennaio 2025, n.40).

È quanto avvenuto nella fattispecie in esame, in cui la Regione si è limitata a chiarire, sulla base degli atti istruttori, le finalità delle prescrizioni contestate, evidentemente ispirate all’applicazione del principio di precauzione.

Ciò è particolarmente evidente per quanto concerne la prescrizione di cui al par.11.7 (in cui il Rapporto istruttorio richiama espressamente la necessità “di garantire la totale e costante efficienza idraulica del sistema di gestione dei reflui e la prevenzione di eventuali fenomeni di inquinamento”), ma, analoghe considerazioni possono farsi anche in ordine alle prescrizioni relative all’integrazione del Piano di monitoraggio e controllo le quali, sostanzialmente, si limitano ad integrare una proposta della stessa società, già integrata dall’ARPAB per quanto riguarda il set di analiti da monitorare.

Il motivo, pertanto, deve essere rigettato.

11. Con il primo motivo del ricorso di primo grado, l’appellante ha contestato quanto disposto nel citato Rapporto istruttorio, al paragrafo n. 11.5 “prescrizioni relative alla gestione della risorsa idrica e dei reflui”, n. 84), lett. c), e nella collegata tabella di cui al piano di monitoraggio e controllo (prima tabella, pag. 84 di 94, Allegato A alla D.G.R. n. 653/2023).

In particolare la società ha contestato la cadenza periodica mensile dei controlli ivi previsti, sostenendo che “la proposta della Società riportata nella comunicazione del 31 marzo 2022 e successivamente nella Relazione tecnica allegata all’AIA del 13 marzo 2023 (cfr. Allegato 1, Appendice 1, pag. 47) discussa e approvata in Conferenza di Servizi ha sempre e solo avuto riguardo a una “campagna di monitoraggio” e quindi a un monitoraggio limitato e circoscritto nel tempo dei reflui immessi in S1, che è cosa ben diversa da un monitoraggio costante e continuativo nel tempo. La proposta della Società in termini di “campagna” è stata condivisa espressamente da ARPAB nell’ultima Conferenza di Servizi del 16 giugno 2023”.

Dunque l’affermazione dell’Ufficio contenuta nell’ultimo periodo di pag. 21 dell’AIA avrebbe stravolto la proposta della società, così come sarebbe stata “approvata” in Conferenza di servizi, senza che sia rinvenibile, in merito alle prescrizioni più gravose adottate, una congrua ed esaustiva motivazione.

11.1. Sotto un secondo profilo, “dalla lettura delle prescrizioni AIA richiamate, sebbene non sia affatto chiaro, potrebbe desumersi che la Regione, prescindendo dal regolamento di utenza, e quindi dall’allegato B3 (riferimento esclusivo per i parametri da rispettare in S1 per il trattamento dei reflui destinati al TAR in un contesto comprensoriale privato), abbia inteso stravolgere la proposta della Società, attraverso l’imposizione, immotivata e in contrasto con le norme, di un Piano di monitoraggio e controllo continuativo e costante; Piano di monitoraggio che potrebbe tradursi nella imposizione, del tutto indebita, di limiti di cui alla tabella 3” di cui all’allegato 5, parte terza del d.lgs. 152/2006 rubricata “valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura”, non applicabile alla società.

11.2. Il primo motivo del ricorso di primo grado è stato complessivamente riproposto attraverso il terzo, quarto e quinto motivo di appello, i quali risultano, sempre complessivamente, infondati.

11.2.1. In primo luogo, il Collegio osserva che il fatto che in sede di Conferenza di servizi sia stata discussa e valutata positivamente la proposta della società di avviare una campagna di monitoraggio limitata ad un semestre, non significa cha alla Regione – Autorità competente al rilascio dell’AIA – fosse inibito di introdurre in via cautelativa una frequenza mensile, attraverso l’adeguamento del Piano di monitoraggio e controllo elaborato dalla società.

In tal senso, giova ricordare che, in base agli articoli 29- sexies, commi 4-bis e 4-ter, d.lgs. n. 152/2006 l’Autorità competente può fissare livelli di emissione più rigorosi rispetto a quelli associabili alle migliori tecniche disponibili.

Più in generale, in base al comma 9 della medesima disposizione, “L’autorizzazione integrata ambientale può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell’autorità competente”.

In tal senso, la giurisprudenza amministrativa, con specifico riguardo al procedimento di autorizzazione integrata ambientale, ha osservato che la stessa non costituisce la mera “sommatoria” dei provvedimenti di competenza degli Enti chiamati a partecipare alla Conferenza di servizi, ma è un titolo autonomo caratterizzato da una disciplina specifica (Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 2021 n. 7021), ribadendo, ancora di recente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2025, n. 1569) che “Le valutazioni sottese al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e alle relative modifiche implicano il ricorso a nozioni tecnico scientifiche in materia ambientale, connotate da un’ampia discrezionalità in merito ai possibili effetti ambientali o sanitari della modifica proposta, sindacabili dalla giurisdizione amministrativa di legittimità nei soli casi di esiti abnormi o manifestamente illogici”.

In tale ottica, risulta quindi pienamente condivisibile, nel caso in esame, il rilievo del T.a.r., secondo cui si è in presenza “di una prescrizione che costituisce esercito dell’ampia discrezionalità riconosciuta in materia all’Amministrazione, all’esito di un compiuto approfondimento istruttorio. La frequenza periodica dei controlli ivi stabilita, contemperando l’interesse all’esercizio dell’installazione e la tutela ambientale, non risulta affetta da evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errori di fatto. Neppure sono ravvisabili gli estremi dell’impossibilità o dell’eccessiva onerosità della sua attuazione, non a caso neanche allegati dalla deducente”.

Va soggiunto, sul piano procedimentale, che in sede di Conferenza dei servizi gli Enti intervenuti (in particolare l’ARPAB), hanno sì valutato positivamente la proposta della società, ma non hanno affatto escluso che la Regione, quale Autorità competente, potesse dettare ulteriori, più rigorose prescrizioni.

L’ARPAB stessa, come si è visto, ha chiesto di integrare il set di analiti mentre, a ben vedere, anche la proposta della società è stata fatta esplicitamente con la finalità di procedere ad una eventuale revisione delle condizioni del Regolamento di utenza dell’impianto TAR, quantomeno – come sottolineato dalla stessa appellante – con riferimento all’integrazione dei parametri che compongono l’allegato B3.

Non è quindi chiaro perché ciò non sarebbe potuto avvenire anche con riferimento alla frequenza dei controlli previsti dal Piano di monitoraggio e controllo, parte integrante dell’autorizzazione integrata ambientale di cui è titolare l’appellante.

Va poi tenuto conto del fatto che il sito di cui trattasi presenta contaminazione della falda e del suolo per cui vi è una M.i.s.e. in corso.

In tale contesto, era quindi onere della ricorrente provare che la frequenza mensile del monitoraggio fosse una prescrizione abnorme, priva di qualsivoglia fondamento tecnico – scientifico.

11.2.2. A differenza di quanto prospettato in sede di appello, il primo giudice ha poi vagliato anche le ulteriori doglianze articolate nel primo motivo ed in particolare quelle compendiate nell’argomentazione secondo cui “dalla lettura delle prescrizioni AIA richiamate, sebbene non sia affatto chiaro, potrebbe desumersi che la Regione, prescindendo dal regolamento di utenza, e quindi dall’allegato B3 (riferimento esclusivo per i parametri da rispettare in S1 per il trattamento dei reflui destinati al TAR in un contesto comprensoriale privato), abbia inteso stravolgere la proposta della Società, attraverso l’imposizione, immotivata e in contrasto con le norme, di un Piano di monitoraggio e controllo continuativo e costante; Piano di monitoraggio che potrebbe tradursi nella imposizionedel tutto indebita, di limiti di cui alla tabella 3” di cui allegato 5, parte terza del d.lgs. 152/2006 rubricata “valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura”.

Il primo giudice, al riguardo, ha rilevato la prospettazione ipotetica del motivo il quale non è stato rigettato ma è stato, correttamente, dichiarato inammissibile.

Tale statuizione è infatti corroborata dai chiarimenti forniti in sede istruttoria dalla Regione, la quale ha confermato quanto era già desumibile dal Rapporto istruttorio ovvero che la prescrizione riguarda un monitoraggio di carattere conoscitivo, giacché “non è indicato, né nella prescrizione né in altri punti della D.G.R., il rispetto di valori limite. Il riferimento alla Tabella 3, Allegato 5, alla Parte III del TUA è da considerarsi per l’elenco degli analiti da determinare; tanto è vero che non è presente (come, per esempio, nel caso delle emissioni in atmosfera) un quadro delle emissioni idriche con tanto di limiti da rispettare”.

12. Il secondo motivo del ricorso di primo grado, riproposto con il secondo motivo di appello, riguarda la prescrizione secondo cui “al fine di garantire la totale e costante efficienza idraulica del sistema di gestione dei reflui e la prevenzione di eventuali fenomeni di inquinamento, il gestore redige ogni 12 mesi un piano di controllo e manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le reti e vasche interrate presenti nell’installazione, ivi incluso l’intero tratto che collega il punto S1 all’impianto di trattamento denominato TAR. La verifica dell’integrità strutturale di condotte, reti e vasche deve essere svolta con le seguenti periodicità: a) condotta di collegamento del punto S1 all’impianto TAR: ogni anno […]”.

La ricorrente ribadisce di non essere né la proprietaria, né comunque il gestore della condotta di cui trattasi.

Non è tuttavia contestato che la società sia abilitata a farne uso (esclusivo o meno) e che la condotta in questione sia parte integrante dell’installazione per cui ha chiesto il rinnovo dell’AIA.

In tal senso, depone il par. 4.2. del Rapporto istruttorio, relativo alle “Emissioni idriche”, dal quale risulta che “Le acque di scarico prodotte dall’installazione sono costituite da reflui tecnologici, acque meteoriche e reflui civili, raccolti e convogliati tramite reti separate.

Le acque tecnologiche includono reflui da raccolta, spegnimento, stoccaggio e drenaggio delle ceneri pesanti, reflui dei piazzali antistanti le fosse di stoccaggio dei rifiuti pericolosi, acque di raffreddamento e spurgo della caldaia, eluati di rigenerazione, reflui di laboratorio e reflui di raccolta delle aree tecnologiche. Si sottolinea che i processi di depurazione degli effluenti gassosi non producono acque reflue, dal momento che gli spurghi provenienti dalla sezione a umido del trattamento dei fumi sono ricircolati nel processo.

Tali flussi sono convogliati in una vasca di raccolta e successivamente in una vasca di equalizzazione; ivi giungono attualmente anche i reflui di acque bianche sporche e quelli provenienti dagli impianti denominati Tecneco 1 e Tecneco 2, che trattano le acque emunte nell’ambito degli interventi di MISE (cfr. par. 7). I reflui giungono poi in una vasca di sedimentazione e infine, tramite un sistema di pompaggio, vengono recapitati al vicino impianto di trattamento della Società Edison Next S.p.A. (ubicato nel comparto dello stabilimento FCA Italy S.p.A.) denominato TAR e dotato di propria autorizzazione integrata ambientale […]. Le varie tipologie di refluo sono come detto convogliate all’impianto di trattamento denominato TAR, attraversando il punto denominato S1”.

Deve quindi presumersi che la società abbia, o, comunque, debba procurarsi un titolo di disponibilità al fine assicurare la manutenzione dell’impianto oggetto dell’autorizzazione di cui è titolare, il quale comprende anche la condotta che collega il punto S1 all’impianto TAR.

In questo caso, non è peraltro contestata nemmeno la ragionevolezza della prescrizione che, per quanto è dato desumere dal Rapporto istruttorio, ha la finalità di assicurare “la totale e costante efficienza idraulica del sistema di gestione dei reflui e la prevenzione di eventuali fenomeni di inquinamento”.

13. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

CONSIGLIO DI STATO, IV – sentenza 28.07.2025 n. 6701 

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