8. Con il primo motivo di appello l’ARERA ha lamentato il mancato accoglimento, da parte del primo giudice, della propria eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnazione del TISDC (da qualificarsi, secondo l’appellante, quale atto amministrativo di carattere generale), che ha stabilito un requisito temporale tale da escludere Tyme dall’accesso alla qualifica di ASDC, per cui il rigetto dell’istanza ha costituito applicazione vincolata e direttamente discendente dalle previsioni del TISDC. In altri termini, le previsioni del TISDC – non impugnate tempestivamente da Tyme – impedivano all’appellata di ottenere, per la rete gestita, la qualifica di ASDC ed erano immediatamente e direttamente lesive, perché idonee ad esplicare una diretta efficacia escludente nei confronti dei titolari di reti private costituite dopo il 15 agosto 2009, come l’appellata. Quindi, le previsioni del TISDC erano preclusive della stessa presentazione dell’istanza di iscrizione nel registro e, pertanto, direttamente lesive della sfera giuridica dell’odierna appellata.
9. La censura, ad avviso del Collegio, è fondata.
9.1. Con la delibera 12 novembre 2015, 539/2015/R/eel, l’Autorità ha adottato (in applicazione della legge n. 99/2009 e del decreto legislativo n. 93/2011) il Testo integrato dei sistemi di distribuzione chiusi – TISDC, con il quale ha, tra l’altro, identificato le diverse tipologie di sistemi di distribuzione chiusi ammissibili sulla base della normativa primaria (reti interne di utenza –RIU- ed altri sistemi di distribuzione chiusi – ASDC); per l’inclusione nei registri dei sistemi di distribuzione chiusi, il comma 2 dell’articolo 9 del Testo integrato ha prescritto ai gestori di ASDC di inviare, entro il 30 settembre 2018, all’Autorità e, per conoscenza, al gestore della rete pubblica su cui insiste il punto di interconnessione principale e all’impresa distributrice concessionaria responsabile sul territorio su cui insiste la maggior parte della rete privata (se diversa), una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante, predisposta utilizzando il formato riportato nell’Allegato 1, contenente almeno le informazioni indicate dalla lettera a) alla j), tra cui gli “elementi necessari per identificare l’ambito territoriale dell’ASDC alla data del 15 agosto 2009, nel rispetto di quanto riportato nel presente provvedimento, allegando l’estratto di mappa catastale relativo ai terreni su cui insiste la rete privata” (lett. g).
L’appellata ha presentato istanza il 30.6.2018, nonostante il sistema sia stato configurato come rete privata successivamente alla data del 15 agosto 2009, fatto pacifico ed incontestato tra le parti.
9.2. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’impresa ha impugnato, congiuntamente al provvedimento di rigetto (delib. n.613/2018/R/EEL del 27.11.2018), anche la delibera 12 novembre 2015 n. 539/2015/R/eel.
Risulta quindi condivisibile la prospettazione dell’appellante circa l’inammissibilità del ricorso, attesa la tardiva impugnazione della deliberazione n. 539/2015/R/eel, contenente la chiara e tassativa clausola che ha imposto, ai fini del riconoscimento della qualifica, il possesso di un requisito temporale (esistenza dell’ASDC alla data del 15 agosto 2009), da dichiarare a pena di decadenza (come previsto dal punto 9.2 bis), del quale l’appellata non era in possesso, con la conseguenza che il diniego (intervenuto anni dopo l’emanazione dell’atto generale) costituiva esito obbligato dell’applicazione della delibera n. 539/2015/R/eel.
10. Il Collegio osserva che va altresì condivisa la prospettazione dell’appellante, nella parte in cui ritiene che tale ultima delibera vada qualificata atto generale. Da tale qualificazione discende l’erroneità della statuizione appellata, la quale ha dato applicazione al principio della impugnabilità degli atti a valenza generale unitamente agli atti applicativi, non tenendo conto che a tale regola generale fa eccezione l’ipotesi in cui l’atto generale contenga clausole immediatamente escludenti, da cui discende l’onere di immediata impugnazione.
10.1. Occorre, al riguardo, premettere che la delibera n. 539/2015/R/eel reca, come sopra esposto, il quadro regolatorio tecnico di carattere generale in ordine alle diverse tipologie di sistemi di distribuzione chiusi, per cui, con il suo contenuto dispositivo generale, unitario e inscindibile, riconducibile al modello di azione amministrativa basato sulla regolazione, non si rivolge a destinatari determinati, ma a un gruppo indeterminato di destinatari individuabili non a priori, ma a posteriori, sicché ha natura di atto amministrativo generale a contenuto unitario e inscindibile.
10.2. A differenza dell’atto regolamentare, volto ad introdurre una disciplina, con previsione innovativa, generale ed astratta (giacché riferita ad un numero di casi indeterminato tanto ex ante quanto ex post), quindi disapplicabile anche ex officio ove contrastante con disposizioni sovra-ordinate, in considerazione (ed a tutela) del principio di gerarchia delle fonti (cd. disapplicazione normativa, su cui, ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2958), con conseguente irrilevanza della tempestiva impugnazione, l’atto amministrativo generale è espressione di potestà amministrativa di natura gestionale ed è rivolto alla cura concreta di interessi pubblici, seppure a destinatari indeterminati ma individuabili in un momento successivo: ed è questo il caso della delibera n. 539/2015/R/eel.
Pertanto, sono precluse nella presente sede le censure relative all’atto generale ormai divenuto inoppugnabile, anche in relazione ad asserite violazioni del diritto euro-unitario, che dovevano farsi rilevare con la tempestiva impugnazione della delibera n. 539/2015/R/eel.
10.3. Come recentemente ribadito da questo Consiglio (sez.VI, sent. n.1670/2025, con ampi richiami giurisprudenziali), la violazione del diritto eurounionale, al pari della violazione di legge domestica (e addirittura al pari del caso del provvedimento c.d. incostituzionale), si risolve “solamente” in un motivo di annullabilità dell’atto, non di sua nullità. Con l’assorbente conseguenza che, se il provvedimento (che per primo è inficiato dal vizio) non è tempestivamente impugnato, il vizio non è più contestabile oltre termine, né è contestabile impugnando formalmente atti a valle rispetto a quelli nei confronti del quale si sarebbe potuto (e quindi dovuto) già far valere il vizio.
In definitiva, per la giurisprudenza, la violazione del diritto europeo implica un vizio d’illegittimità con conseguente annullabilità dell’atto amministrativo con esso contrastante e da ciò discende la conseguenza, sul piano processuale, dell’onere dell’impugnazione entro il termine di decadenza di sessanta giorni, pena l’inoppugnabilità del provvedimento stesso.
11. Conclusivamente, l’appello è fondato sotto tale assorbente profilo. Dalla tardività dell’impugnazione della delibera n. 539/2015/R/eel deriva l’irricevibilità dello stesso quanto alla domanda di annullamento dell’atto generale e l’inammissibilità quanto alla domanda di annullamento dell’atto applicativo (delib. n. 613/2018/R/eel) e degli atti conseguenziali.
12. La peculiarità e novità della vicenda giustificano l’integrale compensazione delle spese del doppio grado.
13. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati esaminati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, come chiarito dalla giurisprudenza costante (per tutte: Consiglio di Stato sez. II, n.8247/2023 e giur. ivi richiamata). Gli specifici argomenti secondari non espressamente esaminati sono stati pertanto ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
CONSIGLIO DI STATO, II – sentenza 15.10.2025 n. 8049