È fondata la censura con la quale il Comune di Pantelleria contesta la legittimità del parere impugnato sul presupposto che esso sia stato reso tardivamente, oltre i termini di legge, con conseguente formazione del silenzio assenso.
È pacifico in fatto che l’istanza di acquisizione del parere paesaggistico è stata inoltrata alla Soprintendenza in data 27 novembre 2023 e che l’impugnato parere è stato reso soltanto in data 4 luglio 2024, ossia a distanza di 186 giorni.
Il Collegio – pur consapevole della sussistenza in materia di orientamenti giurisprudenziali divergenti – ritiene che sia applicabile la disciplina generale del silenzio assenso nei rapporti tra pubbliche amministrazioni.
L’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 124 del 2015 e recepito in Sicilia con l’art. 30 della l.r. n. 7 del 2019 – che disciplina gli effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici -ha sancito un principio generale: nei procedimenti pluristrutturati, ove l’amministrazione procedente debba acquisire l’assenso di altra amministrazione, il mancato rilascio entro i termini stabiliti dalla legge equivale ad assenso.
La ratio dell’istituto è evidente: evitare che l’inerzia di un’amministrazione paralizzi l’intero procedimento e garantire la celere definizione di procedimenti nei quali confluiscono competenze diverse.
In tal senso la giurisprudenza amministrativa ha sottolineato come il silenzio assenso di cui all’art. 17-bis operi con portata trasversale, applicandosi anche ai procedimenti nei quali sia richiesto il parere obbligatorio e vincolante di altra amministrazione. Si è così parlato di un “nuovo paradigma”, volto a superare l’assetto tradizionale che vedeva l’inerzia quale causa di blocco del procedimento (Cons. Stato, Comm. spec., parere 13 luglio 2016, n. 1640).
È vero che l’art. 20, comma 4, della stessa legge n. 241/1990 esclude in via generale l’operatività del silenzio assenso nei procedimenti in materia di beni culturali e paesaggistici, ma tale esclusione, letta nella sua corretta portata sistematica, si riferisce ai procedimenti autorizzatori promossi da privati (quali, ad esempio, l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. n. 42/2004), non anche ai rapporti interni tra amministrazioni pubbliche coinvolte nella formazione di strumenti urbanistici e pianificatori.
Ed invero, più volte la giurisprudenza ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 17-bis – aggiornato con le modifiche introdotte con la legge n. 124/2015 – anche nei procedimenti che implicano l’apporto di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, laddove si tratti di pareri obbligatori che concorrono alla formazione di un atto complesso o pluristrutturato (v., per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2023, n. 8610, ove ripercorso brevemente il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, si afferma che anche in procedimenti che riguardano “interessi sensibili” (tra cui i beni culturali/paesaggistici) il meccanismo del silenzio-assenso orizzontale può operare, salvo che la normativa di settore non disponga altrimenti) cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 14 gennaio 2022, n. 255; idem, sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4559; idem Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6556; v. anche Corte costituzionale 22 luglio 2021, n. 160, che nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 6, della legge della Regione Siciliana 6 maggio 2019, n. 5 (Individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), che aveva introdotto il silenzio-assenso c.d. verticale (ovvero nel rapporto con il privato) sulla domanda di autorizzazione paesaggistica, formula delle argomentazioni significativamente a sostegno della compatibilità costituzionale dell’applicazione del silenzio assenso orizzontale agli interessi paesaggistici; v. anche TAR Sicilia, Palermo, sez. IV, 6 settembre 2024, n. 2506).
A conferma della superiore conclusione, vi è la disciplina speciale prevista dall’art. 12, comma 3, della l.r. n. 71/1978, secondo cui “qualora i piani particolareggiati interessino immobili sottoposti ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497, è necessario, ai fini dell’approvazione, il parere della competente soprintendenza, che deve essere emesso entro due mesi dalla richiesta. Trascorso infruttuosamente detto termine, il parere si intende espresso favorevolmente”.
Ebbene, l’art. 53 della l.r. n. 19/2020 dispone espressamente che i piani territoriali ed urbanistici già depositati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della legge si concludono secondo la disciplina previgente. Nel caso di specie, il Piano Particolareggiato del centro storico di Pantelleria era stato adottato con deliberazione consiliare n. 15 del 2010 e mai definitivamente approvato: conseguentemente, trova applicazione la disciplina della l.r. 71/1978, ragion per cui il parere della Soprintendenza doveva essere reso entro due mesi, pena la formazione dell’assenso tacito.
Ne discende che l’impugnato parere, reso oltre i termini, è inefficace e deve considerarsi tamquam non esset.
L’assenso nel caso in esame si è dunque formato per silentium, con effetti equivalenti al parere favorevole espresso, e l’atto gravato risulta illegittimo in quanto contrastante con la disciplina legale di riferimento.
Cionondimeno, resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus (che la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni richiamato con riferimento all’autotutela sui provvedimenti adottati all’esito della conferenza di servizi) in base al quale l’eventuale esercizio dell’autotutela deve seguire il medesimo procedimento d’emanazione dell’atto che si intende rimuovere o modificare. Questo significa che l’amministrazione autrice dell’assenso silenzioso non potrà limitarsi ad esprimere il proprio sopravvenuto dissenso, ma dovrà sollecitare l’avvio del procedimento di riesame, condotto dall’amministrazione procedente, secondo le regole dell’art. 21-nonies o 21-quinquies, evidenziando le ragioni di illegittimità o le ragioni che giustificherebbero la revoca dell’atto, nell’ottica del principio di leale collaborazione tra Amministrazioni.
Tale conclusione trova, del resto, con riferimento alla fattispecie della conferenza di servizi, un riconoscimento espresso nell’art. 14-quater, comma 2, l. 241 del 1990 a mente del quale “le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare con congrua motivazione l’amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21 nonies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 14 ter, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21 quinquies”.
In conclusione, il motivo di ricorso fondato sull’avvenuta formazione del silenzio assenso ex art. 17-bis della l. n. 241/1990 e art. 12 della l.r. n. 71/1978, come richiamato dall’art. 53 della l.r. n. 19/2020, è fondato e assorbente rispetto alle altre doglianze e da ciò consegue l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento del parere prot. n. 9062 del 4 luglio 2024, reso dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, in quanto tardivamente adottato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
La complessità delle questioni giuridiche dedotte e la natura pubblica di entrambe le parti in lite giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
TAR SICILIA – PALERMO, IV – sentenza 15.10.2025 n. 2249