Il ricorrente, appartenente al Corpo della guardia di Finanza e con sede di servizio presso il nucleo di Palermo, ha presentato istanza di trasferimento temporaneo presso la sede di Napoli motivando la richiesta in relazione all’esigenza di assistere la madre, ai sensi dell’art. 33 L. 104/1992.
Premette l’interessato di aver in precedenza avanzato istanza di trasferimento definitivo e di aver quindi proposto autonomo e più risalente ricorso giurisdizionale innanzi questo T.A.R. avverso il provvedimento di diniego (R.G. 893/2024) nel cui contesto la relativa domanda cautelare è stata rigettata proprio in considerazione dell’esistenza, ai fini del bene della vita ambito dall’interessato, del diverso istituto del trasferimento temporaneo per cui oggi è controversia.
Ciò posto, per quanto rileva in questa sede in relazione ai fatti e provvedimenti oggetto dell’odierno giudizio, parte ricorrente rappresenta che, previa comunicazione dei motivi ostativi, l’Amministrazione ha rigettato la domanda con il provvedimento in questa sede impugnato.
Con il ricorso in esame, infatti, parte ricorrente ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione degli effetti.
In particolare, il ricorrente afferma che:
-le richiamate scoperture organiche del Nucleo di Palermo sarebbero del tutto fisiologiche e rispecchierebbero “le note e generalizzate condizioni di carenza strutturale di ogni ufficio su tutto il territorio nazionale”,
-nell’ambito della procedura ordinaria dei trasferimenti sarebbero stati banditi più posti per la provincia di Napoli (18 unità) rispetto a quella di Palermo (7 unità);
-alla luce delle sue continue assenze dal reparto di appartenenza per assistere i genitori, un eventuale trasferimento alla sede campana “avrebbe certamente potuto migliorare la funzionalità di tutti gli uffici coinvolti”;
– l’Amministrazione avrebbe contraddittoriamente rigettato l’istanza di trasferimento in discussione pur avendone suggerito la presentazione nell’ambito della precedente istruttoria relativa ad un’istanza di trasferimento presentata dall’interessato per “situazioni straordinarie”;
-i tre fratelli, pur essendo residenti in loco, non sarebbero in grado, per motivi di lavoro o familiari, di occuparsi dell’assistenza alla disabile e per tale motivo, “sebbene stanziato a Palermo con il proprio nucleo familiare”, egli sarebbe “l’unico ad aver voluto/potuto assumere il ruolo di caregiver per entrambi i genitori”.
Resiste l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.
La domanda cautelare è stata accolta, ai sensi del comma 10 art. 55 cod. proc. amm., ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di trattazione.
In prossimità dell’udienza pubblica, nessuna delle parti ha presentato memoria.
Quindi all’udienza del 7 ottobre 2025, presenti le parti, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio, come da verbale.
Il ricorso è fondato e va accolto per le considerazioni e nei limiti che seguono.
Con un unico articolato motivo di censura, parte ricorrente lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere, sotto diversi profili. In particolare, ad avviso del ricorrente, l’Amministrazione: a) non avrebbe debitamente motivato il provvedimento di rigetto; b) no avrebbe debitamente bilanciato i rispettivi interessi della stessa Amministrazione con quello del ricorrente; c) non avrebbe tenuto conto che a fronte di carenza di organico presso la sede di Palermo, ben maggiori sono le carenze di organico presso la richiesta sede di Napoli.
Nel caso in esame, l’amministrazione -dopo aver ampiamente dedotto sulla natura della pretesa del richiedente- ha motivato il rigetto essenzialmente: a) sulla incompatibilità del trasferimento attese le esigenze istituzionali del comando di appartenenza, dove nel reparto in cui opera l’interessato (Sezione Polizia Economica e Altre Attività di Polizia Giudiziaria), “su un organico di 18 unità della compagine di riferimento presenta un effettivo di 4 unita”; b) deducendo che, in assenza del ricorrente, le esigenze dei familiari potrebbero essere soddisfatte mercé l’avvalimento, alternativo e complementare, di opportune fome di collaborazione degli altri componenti il nucleo originario.
Le motivazioni dell’Amministrazione, tuttavia, non reggono ai profili di censura dedotti dal ricorrente.
La più attuale giurisprudenza espressasi in relazione all’istituto in esame, relativo alla domanda di trasferimento temporaneo del militare per esigenze legate all’accudimento di un familiare che versa nelle condizioni descritte dall’art. 33 comma 5 L. 104/1992, ha affermato che l’istituto sia posto essenzialmente a tutela della persona affetta dalla patologia invalidante e non a beneficio del militare richiedente (ex plurimis: C.G.A.R.S., 2 novembre 2023, n. 754;Consiglio di Stato, IV, 3 aprile 2023, n. 819; Consiglio di Stato, IV, 26 gennaio 2021, n, 787; Consiglio di Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 956).
Ovviamente, il trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 (da disporre “ove possibile”) coinvolge invero interessi legittimi e, di conseguenza, implica la necessità di un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato (che, comunque, non assume la natura di diritto soggettivo) e gli interessi pubblici che al citato interesse potrebbero, in astratto, contrapporsi.
In conformità all’indirizzo sopra indicato, quindi, il Collegio non può che ribadire che, nel ponderare gli interessi in ipotesi contrapposti, occorre tener conto del fatto il trasferimento viene disposto (ove ne sussistano le condizioni normativamente previste) a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell’assistito. Detto principio trova fondamento nel riconoscimento dell’importanza della cura del disabile nell’ambito familiare, dovendosi affermare che la famiglia “resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap” (Corte Cost. n. 213 del 2016).
Ad avviso del giudice di appello amministrativo siciliano (sent. n.754/2023 cit.) detto principio deve, anche, ritenersi ulteriormente rafforzato da quanto disposto dall’art. 24, l. n. 183/2010: Assume valenza interpretativa di ordine generale la circostanza che l’amministrazione, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 24 della legge n. 183/2010 all’art. 33 della legge n. 104/1992, non possa più pretendere i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza per la concessione al dipendente pubblico dei permessi per l’assistenza a persona con handicap in situazione di gravità, ma deve unicamente valutare, da un lato, le proprie esigenze organizzative ed operative, dall’altro, l’effettiva necessità del beneficio, al fine di evitare l’uso strumentale ed immotivato di quanto consentito dalla norma. Alla stregua di tali principi deve essere rigorosamente interpretato l’art. 981 del Codice dell’ordinamento militare ove si circoscrive la possibilità del riavvicinamento all’esistenza di “posizioni organiche previste per il ruolo e il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione”.
Detto altrimenti, l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione – e, dunque, la verifica della compatibilità del trasferimento ex art. 33, comma 5 con le esigenze generali del servizio – deve consistere in una verifica e ponderazione accurate delle esigenze funzionali, la quale deve risultare da una congrua motivazione: sicché, per negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente, così come del resto oggi testualmente previsto dall’art. 981, comma 1, lett. b) del c.o.m. (cfr. Cons. St., sez. IV, 19 giugno 2020, n. 3929).
Anche nell’odierna fattispecie, il provvedimento impugnato non fornisce una idonea e sufficiente motivazione del diniego opposto alla richiesta dell’interessato. Le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alla sussistenza o meno di scoperture di organico nella sede richiesta, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi riferiti al grado e alla posizione di ruolo e specialità propri del richiedente, così come del resto oggi testualmente previsto dall’art. 981, comma 1, lett. b) del c.o.m.: in concreto, nel caso in esame l’Amministrazione si è limitata ad una mera evidenziazione delle scoperture di organico della sede di servizio senza tuttavia evidenziare le specifiche competenze e specializzazioni dell’interessato di cui reputa di non poter, ancorché temporaneamente, fare a meno.
Con la sopra indicata sentenza, per altro, il C.G.A.R.S. ha precisato altresì che le eventuali “condizioni di sottoalimentazione sono imputabili alla gestione del potere organizzativo da parte dell’amministrazione, e non è dunque ragionevole farne carico al soggetto che debba prestare assistenza a un familiare non autosufficiente, e ancor meno che dette inefficienze ridondino in termini negativi sulle necessità di cura del parente fragile”.
In relazione al secondo profilo di motivazione adottata dall’Amministrazione in ordine alla sussistenza di altri familiari in loco che potrebbero meglio assicurare l’assistenza agli anziani genitori, si osserva quanto segue.
L’Amministrazione non ha debitamente controdedotto alle osservazioni di parte circa l’impossibilità, per gli altri familiari, di poter apprestare adeguata assistenza.
Sotto tale profilo risulta condivisibile il richiamo operato dalla parte ricorrente al precedente di questa Sezione di cui alla sentenza n. 1968/2024: Una motivazione di tal fatta non sfugge però alla deduzione di apoditticità e contraddittorietà fatta valere in gravame. Invero l’atto impugnato non esplicita affatto le concrete esigenze di cura ed assistenza della madre e della nonna del ricorrente ed il modo in cui gli altri familiari possano fronteggiarle in modo congruo anche senza l’ausilio del -OMISSIS-; incombente motivazionale che invece l’Amministrazione era tenuta ad osservare – come chiarito dal C.G.A. – per potere considerare completa la giustificazione delle sue determinazioni. In altri termini, e conclusivamente, ogniqualvolta siano coinvolti nell’ambito di una richiesta di trasferimento di sede gli interessi sussumibili negli artt. 32 e 38 Cost. la P.A., non può esimersi dal ponderare le ricadute che la determinazione, che intende assumere, può avere sulla loro tutela.
Nei predetti termini e limiti, quindi, il ricorso è fondato e va quindi accolto,
a causa del difetto di motivazione e di istruttoria riscontrati, con conseguente annullamento degli impugnati, fatta salva la facoltà dell’Amministrazione intimata di rideterminarsi in modo appropriato sull’istanza del ricorrente.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
TAR SICILIA – PALERMO, III – sentenza 27.10.2025 n. 2370