*Procedimento – Atto amministrativo – Pericolo di infiltrazione mafiosa accertato mediante ragionamento probabilistico e applicazione dell’interdittiva antimafia

*Procedimento – Atto amministrativo – Pericolo di infiltrazione mafiosa accertato mediante ragionamento probabilistico e applicazione dell’interdittiva antimafia

1. Oggetto del presente giudizio è la verifica della legittimità del provvedimento di conferma dell’informazione antimafia interdittiva.

2. Con appello notificato e depositato il 28 aprile 2025, la -OMISSIS- (di seguito l’appellante o la Società) ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 27 marzo 2025, n. 237, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio-Latina, Sezione I, ha in parte dichiarato inammissibili e in parte respinti il ricorso e i tre ricorsi per motivi aggiunti per l’annullamento “quanto al ricorso introduttivo:

– della nota prot. n. -OMISSIS-del 27 maggio 2021, recante conferma dell’informazione antimafia interdittiva della Prefettura di Caserta prot. n. 1673/12b.16/ANT/AREA I del 10 marzo 2008, trasmessa con nota prot. n. 36457 del 27 maggio 2021;

– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e conseguenti, tra i quali, in particolare: la nota della Questura di Latina, di cui si ignorano estremi e contenuto, ed a cui la Prefettura di Latina avrebbe dovuto rivolgersi per verificare la permanenza degli indizi di permeabilità mafiosa a carico della ricorrente; la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, di cui si ignorano estremi e contenuto, ed a cui la Prefettura di Latina avrebbe dovuto rivolgersi per verificare la permanenza degli indizi di permeabilità mafiosa a carico della ricorrente; la nota del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Latina o Roma, di cui si ignorano estremi e contenuto, ed a cui la Prefettura di Latina avrebbe dovuto rivolgersi per verificare la permanenza degli indizi di permeabilità mafiosa a carico della ricorrente; la Relazione redatta dai rappresentanti delle forze dell’ordine incaricate di procedere alle verifiche nei confronti della ditta ricorrente; la nota della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli o Roma, di cui si ignorano estremi e contenuto, ed a cui la Prefettura di Latina avrebbe dovuto rivolgersi per verificare la permanenza degli indizi di permeabilità mafiosa a carico della ricorrente; la segnalazione del CED del Dipartimento della P.S. del Ministero dell’Interno; la relazione del GIA (Gruppo Ispettivo Antimafia);

– di tutti gli atti collegati connessi e consequenziali, ivi compresi:

– il D.lgs. n. 159/2011 e la circolare del Ministero dell’interno n.11001/119/20(6) Uff.II-Ord.Sic.Pub. dell’8 febbraio 2013;

quanto al primo atto di motivi aggiunti, presentato il 14 gennaio 2022 ex art. 116 cod. proc. amm.:

– della nota prot. n. 2232 del 14 gennaio 2022, notificata in pari data, recante diniego sull’istanza di accesso proposta il 6 gennaio 2022;

quanto al secondo atto di motivi aggiunti, presentato il 14 settembre 2023:

– di tutti gli atti gravati con il ricorso introduttivo, all’esito dei nuovi elementi acquisiti mediante l’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi rilevanti;

quanto al terzo atto di motivi aggiunti, presentato l’11 aprile 2024:

– di tutti gli atti gravati con il ricorso introduttivo e con i precedenti ricorsi per motivi aggiunti;

– della nota della Prefettura di Latina prot. n. 18735 del 27 marzo 2024, con la quale è stata confermata l’istruttoria svolta a sostegno del provvedimento impugnato”.

3. L’appellante affida il gravame a tre motivi, con i quali, riproponendo, anche in chiave critica della sentenza impugnata, le doglianze dedotte in primo grado, lamenta:

“1. ERROR IN IUDICANDO – ERROR IN PROCEDENDO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. – VIOLAZIONE DI LEGGE ART. 3 L.241/90 IN RELAZIONE ARTT. 91 E 84 D.LGS. DEL CODICE ANTIMAFIA-SVIAMENTO”: il primo giudice, in sostanza, avrebbe erroneamente ricostruito i rapporti di parentela tra i soci dell’appellante e figure di spicco della camorra casertana, che non potrebbero assurgere ad elementi significativi dei tentativi di infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale dell’appellante:

II. ERROR IN IUDICANDO – ERROR IN PROCEDENDO – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 41, 42 E 97 DELLA COST. – VIOLAZIONE E FALSA DEL CODICE ANTIMAFIA – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241 DEL 1990”: da un concorrente angolo prospettico, con questo mezzo viene contestata la sentenza impugnata anche nella parte in cui non avrebbe adeguatamente considerato la rilevanza della documentazione in atti, che sarebbe di per sé idonea a demolire l’impianto motivazionale dei provvedimenti impugnati in primo grado, che sarebbero in ogni caso da annullare perché le note degli organi di polizia su cui si basano e da cui emergono incontri di scarsa rilevanza dei soci dell’appellante con personaggi altamente controindicati, non sarebbero sufficienti a predicarne la legittimità;

III. ERROR IN IUDICANDO – ERROR IN PROCEDENDO – SEGUE LA INATTUALITA’ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 COST. – VIOLAZIONE DEL CODICE ANTIMAFIA – INATTUALITA’ DEGLI”: la Società lamenta l’erroneità della sentenza impugnata anche nella parte in cui il Tribunale territoriale non avrebbe adeguatamente valorizzato la risalenza nel tempo dei rapporti di parentela con soggetti controindicati.

4. Il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Latina si sono costituiti in giudizio con atto depositato il 19 maggio 2025. Entrambe le parti hanno prodotto memorie ex articolo 73 c.p.a. rispettivamente il 4 e il 5 luglio 2025, l’appellante ha depositato memoria di replica il 12 settembre 2025 e all’udienza del 9 ottobre 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Prima di esaminare l’appello, si rende opportuno ricostruire i canoni ermeneutici entro cui si sviluppa correttamente l’esercizio del sindacato di legittimità nella materia disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Da questo punto di vista, osserva il Collegio che la ratio della normativa è quella di evitare il “rischio” di contaminazione con la criminalità organizzata, che può verificarsi anche senza la necessaria ed immediata connivenza (contiguità soggiacente) dell’operatore economico oggetto di interesse da parte delle organizzazioni malavitose (in tema, la giurisprudenza ha più volte affermato che “la pluralità ed eterogeneità dei dati sintomatici di un pericolo di infiltrazione, anche solo in forma di contiguità c.d. soggiacente, è infatti tale, ad una valutazione congiunta degli stessi, da far ritenere non implausibile e non irragionevole la valutazione ritenuta dall’Amministrazione in relazione al complessivo quadro indiziario”; così, Consiglio di Stato, Sezione III, 29 dicembre 2022, n. 11600; cfr., altresì, Consiglio di Stato, Sezione III, 15 novembre 2022, n. 10033 e 3 novembre 2022, n. 9629).

Quanto alla durata dei rapporti tra appartenenti alla impresa (soci o dipendenti) con ambienti della criminalità organizzata, il loro carattere occasionale da cui potrebbe dedursi l’illegittimità del provvedimento interdittivo può consentire, al più, alla società di essere ammessa al controllo giudiziario (Cassazione penale, VI, 16 luglio 2021, n. 27704), il cui buon esito consente “all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva.” (Consiglio di, Stato Adunanza plenaria, 13 febbraio 2023, n. 7, che ha anche fissato i confini del rapporto tra provvedimento prefettizio e controllo giudiziario, stabilendo che questo “sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose”, aggiungendo che ”da un lato il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia; dall’altro lato la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.”).

Da un concorrente angolo prospettico, la giurisprudenza ha stabilito che gli elementi posti a base dell’informativa antimafia non devono essere letti ed interpretati in una visione atomistica e parcellizzata, ma nel loro insieme, così da avere un quadro complessivo, da cui si possano inferire dati di un possibile condizionamento della libera attività concorrenziale dell’impresa (a partire da Consiglio di Stato, Sezione III, 3 maggio 2016, n. 1743, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 19 maggio 2022, n. 3973, 11 aprile 2022, n. 2712, 22 aprile 2022, n. 2985).

Specularmente, è stata più volte ribadita l’autonomia tra la sfera dell’indagine penale e quella del procedimento amministrativo che conduca ad un provvedimento interdittivo, considerata la funzione di misura preventiva e non inquisitoria del secondo.

Con argomentazioni dalle quali il Collegio non vede ragioni di discostarsi, la Sezione ha stabilito quanto segue:

3.- La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758; Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).

3.1. Lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 (qui in avanti, per brevità, anche codice antimafia) – riconosce quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di «eventuali tentativi» di infiltrazione mafiosa «tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate».

3.2- Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di queste ad influenzare la gestione dell’impresa sono all’evidenza tutte nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzate, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

3.3- Il pericolo – anche quello di infiltrazione mafiosa – è per definizione la probabilità di un evento e, cioè, l’elevata possibilità e non mera possibilità o semplice eventualità che esso si verifichi.

3.4- Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona perciò fatti, penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto “evento” si realizzi.” (Consiglio di Stato, Sezione III, 31 marzo 2023, n. 3338).

E ciò pur nella consapevolezza che “il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, “non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” – si badi: può – desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali «unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»” (cfr. Consiglio di Stato, III, n. 6105/2019).

Il provvedimento prefettizio, in questa prospettiva, si pone come atto di prevenzione del rischio di contaminazione del tessuto imprenditoriale, con la conseguenza che l’operatore economico può continuare ad operare nei rapporti con privati, ma gli è impedito di assumere impegni negoziali con la P.A., essendo così colpito della sola “particolare forma di incapacità giuridica, parziale e relativa, in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, e tendenzialmente temporanea, che si traduce nella insuscettività del soggetto che del provvedimento è destinatario a essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive che determinino sul proprio c.d. lato esterno rapporti giuridici con la p.a. (Cfr. Cons. Stato, ad. pl., 6 aprile 2018, n. 3; id., sez. VI, 26 luglio 2023, n. 7317; id., sez. V, 16 giugno 2023, n. 5968; id., sez. III, 30 giugno 2022, n. 5462; id., 6 giugno 2022, n. 4616; id., sez. V, 20 agosto 2017, n. 4680; id., sez. IV, 20 luglio 2016, n. 3247; C.g.a.r.s., 8 febbraio 2016, n. 34)” (ex multis,Consiglio di Stato, Sezione III, 8 settembre 2025, n. 7228).

6. Nel quadro complessivo che precede, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata resista a tutte le contestazioni mosse e che l’appello sia infondato con riguardo a tutti i motivi ai quali è affidato e che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di economia processuale.

7. Va in primo luogo ricordato che l’interdittiva della quale l’appellante ha chiesto l’aggiornamento è stata emanata dalla Prefettura di Caserta il 10 marzo 2008, e la legittimità di tale originaria interdittiva è stata accertata dal giudice amministrativo (Consiglio di Stato, Sezione VI, 21 marzo 2011, n. 1718).

Nel caso all’esame del Collegio, il provvedimento impugnato in prime cure è atto plurimotivato, fondandosi sui seguenti e concorrenti elementi, ciascuno dei quali contribuisce a supportarlo sul piano motivazionale.

L’interdittiva prefettizia di basa tra l’altro su:

i) i rapporti tra la Società e la società La -OMISSIS- soc. coop. a r.l. (di seguito anche “-OMISSIS-”), a sua volta colpita da interdittiva;

ii) il trasferimento deliberato dall’appellante il 4 dicembre 2014 della propria sede legale nel Comune di -OMISSIS– (LT), pur mantenendo la sede operativa a -OMISSIS- e rimanendo assegnato il ruolo di Responsabile Tecnico della società all’ingegner -OMISSIS- senza soluzione di continuità dal 13 marzo 2007 a al 2020;

iii) il nuovo assetto sociale con l’acquisto da parte del signor -OMISSIS- del 51% delle quote societarie dal signor -OMISSIS-, restando la parte residua in capo al signor -OMISSIS-

iv) l’emersione di intrecci societari tra la Società e la -OMISSIS-, interdetta, di cui il signor -OMISSIS-, amministratore unico e socio di maggioranza dell’appellante, è risultato essere l’attuale responsabile tecnico, dopo aver svolto il ruolo di -OMISSIS- del C.d.A. e consigliere, nonché titolare dell’impresa individuale -OMISSIS- anch’essa interdetta come il socio dell’appellante;

v) il trasferimento, solo apparente, della residenza del signor -OMISSIS-, avendo egli conservato il proprio centro di interessi nel territorio casertano;

vi) i rapporti familiari e parentali con esponenti di spicco del clan dei -OMISSIS-e il riacquisto di un autocarro da una società interdetta;

vii) l’utilizzo della medesima ditta individuale per la conservazione delle scritture contabili utilizzata dalla -OMISSIS-;

viii) le frequentazioni dei soci dell’appellante con soggetti controindicati.

Deve essere al riguardo richiamata la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo la quale “per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni espresse; con la conseguenza che il rigetto delle doglianze svolte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento”, sicché “il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall’ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze” (cfr., di questa Sezione, pareri n. 357/2022 e n. 205/2022, nonché sentenze Sez. VI, 18 luglio 2022, n. 6114 e Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2403, 13 settembre 2018, n. 5362, 3 settembre 2003, n. 437” (Consiglio di Stato, sezione I, parere n. 11/2023; in terminis, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione VI, 29 maggio 2024).

8. Le censure di fondo su cui ruota tutta l’impugnativa fanno leva sulla risalenza di rapporti, in larga parte contestati, con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, la cui pericolosità è da escludersi perché molti di loro nel frattempo morti, sull’erronea attribuzione di rapporti parentali e di amicizia con esponenti della camorra, sull’assenza di ragioni di attuale rischio di contaminazione societaria legato a sporadici contatti con soggetti controindicati e sull’insussistenza di procedimenti penali a carico dei soci dell’appellante.

9. Ritiene la Sezione che la sentenza di primo grado abbia fatto corretta applicazione delle norme in materia antimafia e dei principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa.

10. Assume una portata di per sé significativa in questo quadro di riferimento il legame tra la Società appellante e la -OMISSIS-, rispetto al quale questo Consiglio di Stato ha a suo tempo accertato l’emersione di un evidente collegamento esistente tra le due società, stabilendo quanto segue:

a) la s.r.l. -OMISSIS- è stata costituita (il 30 gennaio 2007) pochi mesi dopo l’adozione della misura preventiva avverso la società La -OMISSIS- (avvenuta il 17 luglio 2006), e pochi mesi dopo la costituzione acquisisce il ramo di azienda di tale società, afferente agli appalti pubblici;

b) il collegamento tra le due società è reso evidente dal fatto che il signor -OMISSIS-, presidente del consiglio di amministrazione, nonché direttore tecnico della cooperativa, è diventato amministratore unico della s.r.l. -OMISSIS-

Si tratta di elementi indiziari di sicuro rilievo, che sorreggono le argomentate conclusioni cui è giunta la nota prefettizia impugnata e confermano che la vicenda traslativa in oggetto presenta forti elementi indiziari di una sostanziale continuità della stessa attività d’impresa già inibita con informativa emessa nei confronti della cedente -OMISSIS- s.c.a.r.l.” (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1718/2011, cit.).

A ciò si aggiunga che lo stesso signor -OMISSIS- è stato colpito da interdittiva con provvedimento della Prefettura di Caserta n. -OMISSIS-del 3 giugno 2015 in qualità di titolare della ditta individuale -OMISSIS-.

11. Quanto al trasferimento della sola sede legale della società in provincia di Latina (nel corso di attività di controllo del territorio, è emerso che l’immobile sito nel Comune di -OMISSIS– è sostanzialmente utilizzato come abitazione dal signor -OMISSIS-) permanendo la sede operativa sempre a -OMISSIS- (mentre la moglie del socio dell’appellante, signora -OMISSIS-, ha mantenuto il proprio domicilio fiscale dove precedentemente era domiciliato il marito, a -OMISSIS-, in Via -OMISSIS-, dove ha sede legale la società interdetta -OMISSIS-, di cui lo stesso signor -OMISSIS- è amministratore unico dal dicembre 2004), il provvedimento impugnato in prime cure dà atto, senza che siano state mosse contestazioni di rilievo da parte della Società appellante, che dalle risultanze della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Caserta risulta che “la società ha trasferito la propria sede legare mantenendo l’attività in questa provincia”.

12. E la continuità sostanziale con le precedenti operazioni svolte è testimoniata anche dal mantenuto ruolo di Responsabile Tecnico della società all’ingegner -OMISSIS- senza soluzione di continuità dal 13 marzo 2007 a al 2020.

13. Le informazioni assunte dagli organi di Polizia e sulle quali si fonda l’interdittiva per cui è causa, rimandano, inoltre, ad una fitta serie di intrecci societari e di rapporti parentali e di altra natura con vari soggetti controindicati, che assumono una propria connotazione inquinante, nonostante in alcuni casi si tratti di persone ristrette in carcere, ovvero che hanno svolto il ruolo di collaboratori di giustizia o, infine, che sono morte.

I soci della Società appellante sono figli del signor -OMISSIS-, cugino del collaboratore di -OMISSIS–OMISSIS-, affiliato al clan camorristico dei -OMISSIS-e figura di spicco della criminalità organizzata locale.

La stessa Società appellante deduce a pagina 12 dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio che “le uniche parentele, peraltro, remote sono quelle con -OMISSIS- classe 43 (parente di 5 grado!), deceduto nel 2017 e quelle con -OMISSIS- (parente di 3 grado) deceduto nel 2020 e quelle con -OMISSIS- classe -OMISSIS-(parente di quarto grado!), detenuto dal 2003 e con il quale non ci sono mai stati rapporti di nessun genere (viene registrato un controllo risalente addirittura agli anni 90)” e che “quello che è emerso è che -OMISSIS-, controllato in una unica occasione con -OMISSIS-, era stato “testimone di nozze” del pregiudicato -OMISSIS-”, ritenendo, quanto alle risultanze dell’attività svolte sul territorio dalla Forze di polizia, che non “può rappresentare un elemento serio il controllo risalente al 2002 (ovvero 23 anni fa!) tra -OMISSIS- e -OMISSIS- classe -OMISSIS-(soggetto peraltro detenuto e su cui non è neanche ipotizzabile un contatto futuro).

Si tratta, dunque, di elementi che si aggiungono, oltre al riacquisto di un autocarro dalla interdetta -OMISSIS-, al quadro già fortemente compromesso dei rapporti tra i soci dell’appellante con esponenti della camorra, a poco rilevando la risalenza nel tempo delle frequentazioni segnalate o l’assenza di pregiudizi penali a carico dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS-, considerata la citata autonomia del processo penale, nel quale deve raggiungersi la certezza della prova della colpevolezza, rispetto al procedimento amministrativo interdittivo, in cui l’Amministrazione è tenuta a valutare il rischio di contaminazione del tessuto imprenditoriale da parte della criminalità organizzata.

In altre parole, al di là di eventuali incongruenze presenti nell’interdittiva nella ricostruzione dei precisi rapporti di parentela, si è in presenza di legami di sicuro interesse con una realtà affaristica e dedita ad attività illecite che ben può contribuire a conferire consistenza al quadro complessivo di rischio di contaminazione mafiosa della società appellante.

La ricostruzione operata dal Prefetto risulta adeguatamente motivata con riguardo alle risultanze documentali considerate nel loro insieme, anche con riguardo alle frequentazioni con soggetti controindicati (l’interdittiva riferisce che il 29 aprile 2019 “-OMISSIS-è stato segnalato a bordo di un mezzo controllato dagli operatori della Stazione Carabinieri di -OMISSIS- (CE) unitamente, tra gli altri, a -OMISSIS- e a -OMISSIS-, ed in data 2 aprile 2018 è stato controllato a bordo di un mezzo in compagnia di -OMISSIS-” e che il 23 febbraio 2001, il signor -OMISSIS-, personaggio noto alle Forze dell’ordine, nonché compare di matrimonio del pluripregiudicato affiliato al clan dei -OMISSIS–OMISSIS-, cl. ‘58, è stato controllato unitamente a -OMISSIS- cl. -OMISSIS-detto “-OMISSIS-”).

14. Rileva al riguardo il Collegio che – seppure si debba tener conto della possibilità per l’Amministrazione di valutare diversamente elementi preesistenti secondo l’ampio margine di discrezionalità che connota gli atti come quello per cui è causa, rispetto ai quali l’Autorità può (e deve) muovere in una prospettiva di valutazione complessiva di anticipazione della soglia di difesa da contaminazioni dell’economia da parte delle organizzazioni criminali – la (ri)valutazione degli elementi già conosciuti dalla Prefettura ha comportato un’adeguata istruttoria e una coerente motivazione per giungere al rigetto.

Se da un lato la giurisprudenza sul punto ha stabilito che le sopravvenienze favorevoli all’interessata, laddove fossero state nel caso di specie sussistenti,“possono giustificare la richiesta di aggiornamento del provvedimento di interdizione antimafia, ma non possono inficiare la valutazione resa dall’Amministrazione sulla base di circostanze preesistenti, successivamente modificatesi” (Consiglio di Stato, Sezione III, 5 febbraio 2024, n. 1142), dall’altro, con riguardo alla rilevanza da attribuire, in ipotesi, alle risultanze dell’esito positivo del controllo giudiziario in sede penale (non sussistente nella fattispecie), ha anche chiarito che il Prefetto può utilizzare elementi “preesistenti ma non precedentemente rilevati o semplicemente meritevoli di una diversa valutazione in chiave preventiva” (Consiglio di Stato, Sezione III, 7 febbraio 2023, n. 1275), ben potendo l’interdittiva (la cui disciplina è comune alla fattispecie in esame per quanto di rilievo) essere “fondata sui medesimi elementi indiziari della precedente, essendo comunque indubitabilmente frutto di una nuova istruttoria e di un riesame del già ritenuto pericolo di condizionamento, che l’Amministrazione ha ritenuto perdurante all’attualità” (Consiglio di Stato, Sezione III, 16 maggio 2025, n. 4216).

15. Nel caso per cui è causa, risultano adeguatamente documentati in termini di sufficienza di istruttoria e motivazionale i motivi che hanno indotto il Prefetto a negare la revoca.

In applicazione dei principi giurisprudenziali applicabili in materia, la sentenza appellata risulta, dunque, immune dei vizi denunciati, perché adeguatamente motivata con riferimento alle circostanze rilevanti nel caso di specie e considerate nel provvedimento impugnato in primo grado, che denotano il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Proprio nel quadro della necessità di una valutazione complessiva, non atomistica e parcellizzata delle risultanze istruttorie, ritiene la Sezione che, nel caso di specie, il Tar abbia adeguatamente valorizzato tutti gli elementi a sua disposizione, per come emergenti dalla documentazione versata in atti.

Avendo riguardo all’apparato motivazionale del provvedimento impugnato, se ne deduce, in conclusione, che l’Amministrazione ha svolto un’attenta e scrupolosa istruttoria, di cui ha dato conto in modo esaustivo e sufficientemente supportato in ordine all’iter logico-giuridico seguito per la sua adozione, unitamente ai tanti altri elementi adeguatamente valorizzati dall’atto gravato e largamente considerati dal Tar secondo i canoni ermeneutici sopra richiamati e che avvalorano l’impostazione generale e complessiva del provvedimento impugnato.

16. In base a tutte le considerazioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

17. Le spese del grado possono essere compensate.

CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 13.10.2025 n. 7985

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live