*Procedimento – Atto amministrativo – Il Consiglio di Stato dice no alle automatiche interdittive

*Procedimento – Atto amministrativo – Il Consiglio di Stato dice no alle automatiche interdittive

1. Oggetto del presente giudizio è la verifica della legittimità del diniego dell’istanza di rinnovo dell’iscrizione nella White List della -OMISSIS- (di seguito anche “-OMISSIS-”) emanato dall’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Emilia.

2. Con appello notificato il -OMISSIS- e depositato il -OMISSIS- successivo, la -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 30 maggio 2024, n. 144, con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna-Parma, Sezione I, dopo aver respinto la domanda cautelare con ordinanza 31 agosto 2023, n. 171, riformata da questa Sezione ai fini della sollecita fissazione del merito con ordinanza 1° dicembre 2023, n. 4842, ha rigettato il ricorso proposto dalla società per l’annullamento “del provvedimento del Prefetto di Reggio Emilia n. prot. -OMISSIS- del -OMISSIS-, con il quale è stata rigettata l’istanza di rinnovo dell’iscrizione nella “White List” della Prefettura di Reggio Emilia, presentata ai sensi dell’art. 5 bis del decreto legge n. 74/2012, convertito dalla legge 1 agosto 2012, n. 122, ed è stata disposta la contestuale cancellazione della ricorrente dall’elenco delle imprese iscritte”.

2. L’appellante affida il proprio gravame a quattro motivi di gravame, con i quali, anche in chiave critica della sentenza impugnata, ripropone le argomentazioni svolte in primo grado censurando il provvedimento impugnato e lamenta:

“1) ERROR IN PROCEDENDO ET IN IUDICANDO: VIOLAZIONE DELL’ART. 94 BIS D.LG.VO N. 159/2011.”: il diniego del Prefetto e la sentenza avrebbero erroneamente applicato l’articolo 94-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che introduce misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale;

“2) ERROR IN PROCEDENDO ED IN IUDICANDO: CARENZA E ILLOGICITA’ DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO DEI FATTI”: secondo l’appellante, l’Amministrazione procedente avrebbe enfatizzato, senza adeguata istruttoria e con motivazione carente, i rapporti parentali e alcune operazioni commerciali in gran parte preesistenti alla prima iscrizione della società nella White List -OMISSIS-;

“3) ERROR IN PROCEDENDO ET IN IUDICANDO: CARENZA DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTE DEI FATTI, OMESSO ESAME DEI MOTIVI DI RICORSO”: il motivo è teso a dimostrare l’irrilevanza delle evidenze dell’inchiesta giudiziaria “-OMISSIS-” concernente una frode fiscale per fatture inesistenti emesse da alcune società nei confronti dell’appellante, che, tuttavia, non risulta coinvolta nel procedimento penale;

“4) ERROR IN IUDICANDO: MOTIVAZIONE PERPLESSA, CONTRADDITTORIA, ILLOGICA, INSUFFICIENTE”: da un ulteriore angolo prospettico, la -OMISSIS- sostiene che il primo giudice avrebbe erroneamente valorizzato l’elemento delle parentele dell’-OMISSIS- e del -OMISSIS-, anche in questo caso già sussistenti anteriormente alla prima iscrizione nella White List.

3. Il Ministero dell’interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Emilia si sono costituiti in giudizio con atto depositato il 3 luglio 2024 ed hanno prodotto memoria ex articolo 73 c.p.a in data 11 novembre 2024 in vista dell’udienza pubblica del 13 febbraio 2025, nella quale la causa è stata rinviata su istanza dell’appellante, che ha depositato memoria di replica il 16 maggio 2025.

4. All’udienza del 3 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. In via preliminare, si rende opportuno ricostruire i canoni ermeneutici entro cui si sviluppa correttamente l’esercizio del sindacato di legittimità nella materia disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Da questo punto di vista, osserva il Collegio che la ratio della normativa è proprio quella di evitare il “rischio” di contaminazione con la criminalità organizzata, che può verificarsi anche senza la necessaria ed immediata connivenza (contiguità soggiacente) dell’operatore economico oggetto di interesse da parte delle organizzazioni malavitose (in tema, la giurisprudenza ha più volte affermato che “la pluralità ed eterogeneità dei dati sintomatici di un pericolo di infiltrazione, anche solo in forma di contiguità c.d. soggiacente, è infatti tale, ad una valutazione congiunta degli stessi, da far ritenere non implausibile e non irragionevole la valutazione ritenuta dall’Amministrazione in relazione al complessivo quadro indiziario”; così, Consiglio di Stato, Sezione III, 29 dicembre 2022, n. 11600; cfr., altresì, Consiglio di Stato, Sezione III, 15 novembre 2022, n. 10033 e 3 novembre 2022n. 9629).

Quanto alla durata dei rapporti tra appartenenti alla impresa (soci o dipendenti) con ambienti della criminalità organizzata, il loro carattere occasionale da cui potrebbe dedursi l’illegittimità del provvedimento interdittivo può consentire, al più, alla società di essere ammessa al controllo giudiziario (Cassazione penale, VI, 16 luglio 2021, n. 27704), il cui buon esito consente “all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva.” (Consiglio di, Stato Adunanza plenaria, 13 febbraio 2023, n. 7, che ha anche fissato i confini del rapporto tra provvedimento prefettizio e controllo giudiziario, stabilendo che questo “sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose”, aggiungendo che ”da un lato il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia; dall’altro lato la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.”).

Da un concorrente angolo prospettico, la giurisprudenza ha stabilito che gli elementi posti a base dell’informativa antimafia non devono essere letti ed interpretati in una visione atomistica e parcellizzata, ma nel loro insieme, così da avere un quadro complessivo, da cui si possano inferire dati di un possibile condizionamento della libera attività concorrenziale dell’impresa (a partire da Consiglio di Stato, Sezione III, 3 maggio 2016, n. 1743, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 19 maggio 2022, n. 3973, 11 aprile 2022, n. 2712, 22 aprile 2022, n. 2985).

Specularmente, è stata più volte ribadita l’autonomia tra la sfera dell’indagine penale e quella del procedimento amministrativo che conduca ad un provvedimento interdittivo, considerata la funzione di misura preventiva e non inquisitoria del secondo.

Con argomentazioni dalle quali il Collegio non vede ragioni di discostarsi, la Sezione ha stabilito quanto segue:

“3.- La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).

3.1. Lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 (qui in avanti, per brevità, anche codice antimafia) – riconosce quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di «eventuali tentativi» di infiltrazione mafiosa «tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate».

3.2- Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di queste ad influenzare la gestione dell’impresa sono all’evidenza tutte nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzate, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

3.3- Il pericolo – anche quello di infiltrazione mafiosa – è per definizione la probabilità di un evento e, cioè, l’elevata possibilità e non mera possibilità o semplice eventualità che esso si verifichi.

3.4- Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona perciò fatti, penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto “evento” si realizzi.” (Consiglio di Stato, Sezione III, 31 marzo 2023, n. 3338).

E ciò pur nella consapevolezza che “il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, “non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” – si badi: può – desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali «unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»” (cfr. Consiglio di Stato, III, n. 6105/2019).

6. Nel quadro complessivo che precede, ritiene il Collegio che l’appello meriti accoglimento nei sensi e nei limiti che seguono e che i motivi ai quali è affidato possano essere esaminati congiuntamente per ragioni di economia processuale.

7. La censura di fondo su cui ruota tutta l’impugnativa della -OMISSIS- fa leva sulla contraddittorietà del diniego di cui al provvedimento n. prot. -OMISSIS- rispetto alla prima iscrizione nella White List -OMISSIS-, atteso che, in larga parte, gli elementi posti alla base dell’atto impugnato in primo grado (rapporti di parentela e operazioni commerciali con imprese sospettate di contiguità con la criminalità organizzata) erano già esistenti in data antecedente al primo provvedimento favorevole per la società appellante.

Rileva al riguardo il Collegio che – seppure si debba tener conto della possibilità per l’Amministrazione di valutare diversamente elementi preesistenti secondo l’ampio margine di discrezionalità che connota gli atti come quello per cui è causa, rispetto ai quali l’Autorità può (e deve) muovere in una prospettiva di valutazione complessiva di anticipazione della soglia di difesa da contaminazioni dell’economia da parte delle organizzazioni criminali – la nuova valutazione degli elementi già conosciuti dalla Prefettura avrebbe dovuto comportare una intensificata istruttoria e una più adeguata motivazione per giungere al rigetto.

Se da un lato la giurisprudenza sul punto ha stabilito che “le sopravvenienze favorevoli all’interessata possono giustificare la richiesta di aggiornamento del provvedimento di interdizione antimafia, ma non possono inficiare la valutazione resa dall’Amministrazione sulla base di circostanze preesistenti, successivamente modificatesi” (Consiglio di Strato, Sezione III, 5 febbraio 2024, n. 1142), dall’altro, con riguardo alla rilevanza da attribuire alle risultanze dell’esito positivo del controllo giudiziario in sede penale, ha anche chiarito che il Prefetto può utilizzare elementi “preesistenti ma non precedentemente rilevati o semplicemente meritevoli di una diversa valutazione in chiave preventiva” (Consiglio di Strato, Sezione III, 7 febbraio 2023, n. 1275), ben potendo l’interdittiva (la cui disciplina è comune alla fattispecie in esame per quanto di rilievo) essere “fondata sui medesimi elementi indiziari della precedente, essendo comunque indubitabilmente frutto di una nuova istruttoria e di un riesame del già ritenuto pericolo di condizionamento, che l’Amministrazione ha ritenuto perdurante all’attualità” (Consiglio di Stato, Sezione III, 16 maggio 2025, n. 4216).

Resta fermo, in questo quadro, l’onere motivazionale posto a carico dell’Amministrazione di dimostrare le ragioni che abbiano imposto di discostarsi dai propri precedenti orientamenti.

Nel caso per cui è causa, non risultano adeguatamente documentati in termini di sufficienza di istruttoria e motivazionale i motivi che hanno indotto il Prefetto a negare il rinnovo alla White List.

8. Il provvedimento impugnato in prime cure si basa su tre elementi fondamentali:

i) una serie notevole di rapporti di parentela con soggetti gravati da pregiudizi penali o comunque indirettamente collusi o aderenti a realtà criminali;

ii) alcune operazioni commerciali con società ritenute esposte al rischio di influenza criminale o addirittura contigue alla criminalità organizzata;

iii) l’emersione della -OMISSIS- all’interno dell’indagine -OMISSIS- concernente dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture inesistenti.

9. Quanto ai primi due dati, ritiene il Collegio che la Prefettura non abbia sufficientemente dato conto dell’attualità del rischio di contaminazione del tessuto imprenditoriale legati ai (peraltro, numerosi) legami parentali e ai rapporti commerciali, che, quanto ai primi, vada richiamata “la giurisprudenza in tema di utilizzabilità, a fini prognostici, dei legami parentali (ex multis, Cons. St., sez. III, 24 aprile 2020, n. 2651; C.g.a.r.s. 16 aprile 2021, n. 323), secondo la quale tali elementi fattuali possono legittimamente fondare la formulazione di un pericolo di infiltrazione, secondo un procedimento di inferenza logica, non in assoluto ma in presenza di una serie di condizioni che colleghino la mera condizione parentale all’attività economica” (Consiglio di Stato, Sezione III, 27 gennaio 2025, n. 593).

Sul punto, ritiene la Sezione che il provvedimento impugnato in primo grado risulti carente sul piano istruttorio e motivazionale con riferimento alle conseguenze dei legami di parentele dei soci dell’appellante, non essendo stato dimostrato in quale misura il semplice legame (di parentela o, spesso, di mera affinità) possa incidere sull’affidabilità dell’impresa rispetto ai tentativi di ingerenza gestionale da parte della criminalità organizzata.

10. Con riguardo all’indagine di carattere fiscale, neanche in questa sede le Amministrazioni appellate hanno dimostrato la possibilità di collegare il diniego alle risultanze dell’indagine che – vale la pena ricordarlo – non attiene a vicende cui la Legge attribuisce automaticamente valore di controindicazione (reati spia), ben potendo, tuttavia, essere considerate ai fini del diniego, laddove questo sia adeguatamente motivato.

In altre parole, la (nuova) istruttoria che ha preceduto l’emanazione del provvedimento impugnato e la motivazione che ne ha rivelato le ragioni non hanno dato adeguatamente conto dell’iter seguito, così da poter dimostrare il reale rischio, anche solo potenziale, che dietro le attività economiche della -OMISSIS- si celasse una regia clanica, come sostengono le Amministrazioni appellate (cfr. pagina della memoria in data 11 dicembre 2024).

11. Merita, da ultimo, accoglimento la doglianza di cui al primo motivo di appello, con cui la -OMISSIS- lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 94-bis del Codice antimafia, considerato che né la Prefettura né il primo giudice hanno adeguatamente dimostrato l’impossibilità per la società di essere ammessa alle misure amministrative di prevenzione collaborativa, non risultando provato che i rapporti con realtà imprenditoriali controindicate non potessero essere di natura occasionale.

L’articolo 94-bis del codice antimafia consente l’ammissione ai vari istituti volti al risanamento del tessuto imprenditoriale, a condizione che il Prefetto accerti “che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale”, prescrivendo all’impresa, società o associazione interessata, con provvedimento motivato, l’osservanza, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi il rispetto di determinate misure di self-cleaning, che, nel caso di specie, l’appellante ha adottato, come risulta dal decreto -OMISSIS- del Tribunale di Bologna, Sezione Misure di Prevenzione, versato in atti e da cui, ferma restando l’autonomia del giudizio di legittimità rispetto a quello dinanzi all’a.g.o., è emerso che la -OMISSIS- si è “dotata in data -OMISSIS-, di un Modello di Organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e di aver nominato l’organismo di Vigilanze, al fine di dimostrare la piena volontà di realizzare concretamente misure si self-cleaning aziendale”.

12. In questa prospettiva, l’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere in conformità alla presente decisione, dovrà adeguatamente esaminare e valorizzare tutti gli elementi in suo possesso.

13. In base a tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, l’appello va accolto nei sensi e nei limiti indicati e, in riforma della sentenza appellata, va annullato il provvedimento amministrativo impugnato, fatti salvi gli ulteriori atti.

14. Sussistono sufficienti ragioni per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Cons. Stato, III, sent. 07.07.2025, n. 5836

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