Il ricorrente ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Siracusa n. 2024-1789 in data 10 gennaio 2024.
Nel ricorso, in sintesi, si rappresenta in fatto e diritto quanto segue: a) il ricorrente aveva presentato domanda per accertamento della compatibilità paesaggistica in relazione ad una procedura di condono edilizio riferita ad un immobile sito in Priolo Gargallo; b) la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali aveva adottato il provvedimento negativo n. 2022/98352 in data 14 dicembre 2022, risultando carente la documentazione prodotta; c) è stata, quindi, presentata una nuova istanza corredata da ulteriore documentazione, ma l’Amministrazione ha ritenuto la domanda improcedibile, sostenendo che il parere già espresso costituiva un “atto unico”, quindi non reiterabile; d) con il provvedimento impugnato l’Amministrazione ha utilizzato in modo improprio la procedura semplificata di cui all’art. 2 della legge regionale n. 7/2019, la quale consente di definire il procedimento in modo semplificato solo se la causa di improcedibilità sia effettivamente manifesta; e) nel caso di specie la Soprintendenza non ha chiarito perché la seconda istanza – corredata da nuova documentazione – dovesse essere automaticamente respinta senza alcun esame nel merito; f) è mancata la verifica effettiva in ordine alla novità degli elementi prodotti e l’improcedibilità non era affatto “manifesta”, risultando invece necessario un debito approfondimento istruttorio da parte dell’Amministrazione; g) la motivazione del provvedimento appare del tutto inadeguata, non chiarendo i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche per cui la reiterazione della domanda sarebbe impedita; h) non è sufficiente richiamare un precedente parere negativo senza specificare se la nuova istanza contenga elementi innovativi o integrativi; i) l’art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004 non impedisce la valutazione di una nuova domanda supportata da documenti diversi o integrativi e soprattutto nell’ambito dei condoni edilizi (che sono procedimenti straordinari e complessi) può risultare sovente necessario integrare o correggere la documentazione; l) come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, n. 2253/2023), la reiterazione di un’istanza di sanatoria risulta possibile a condizione che siano apportati elementi nuovi e significativi e in tal caso l’Amministrazione ha l’obbligo di riesaminare l’istanza e di pronunciarsi nel merito, non potendo respingere la richiesta per il solo fatto che vi sia un precedente provvedimento negativo; m) la posizione della Soprintendenza è apodittica, non motivata, formalistica e contraria ai principi di buon andamento e imparzialità, oltre a non trovare fondamento nella normativa regionale o nazionale e nella giurisprudenza amministrativa.
Con memoria in data 13 aprile 2024 l’Amministrazione regionale ha svolto, in sintesi, le seguenti difese: a) il ricorrente aveva presentato una prima istanza in relazione al secondo condono edilizio (legge n. 724/1994) e la Soprintendenza ha espresso il proprio diniego in ordine alla compatibilità paesaggistica, rilevando abusi consistenti in nuovi ambienti e ampliamenti non sanabili; b) sono stati richiesti chiarimenti e integrazioni – non riscontrati dall’interessato – e il diniego è stato preceduto dal rituale preavviso e dal deposito di osservazioni da parte del ricorrente; c) il diniego si è consolidato; d) la seconda istanza (presentata nell’anno 2023), relativa al medesimo immobile e sostanzialmente identica alla precedente, è stata dichiarata improcedibile perché ritenuta meramente ripetitiva; e) l’atto impugnato è meramente confermativo, quindi non impugnabile; f) va anche precisato che vi è difformità tra le generalità dichiarate dal ricorrente (Nicola Luigi) e quelle risultanti dal procedimento amministrativo (Nicola Luca); g) il precedente diniego si basava su rilievi vincolanti ai sensi dell’art. 146, quarto comma, del decreto legislativo n. 42/2004 (divieto di sanatoria nel caso di aumenti di superfici o volumi); h) la nuova istanza non ha apportato elementi innovativi o emergenze documentali tali da giustificare un nuovo procedimento, sicché il ricorrente non aveva diritto ad una nuova valutazione in punto di merito; i) la motivazione appare adeguata in quanto il provvedimento impugnato si limita a ribadire quanto già stabilito in precedenza, in assenza di elementi di novità (sul punto, cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, n. 3001/2023).
Con memoria in data 16 maggio 2025 il ricorrente, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) deve in primo luogo chiarirsi che effettivamente il ricorrente è stato erroneamente indicato in ricorso come Luigi, invece che Luca; b) l’atto impugnato non è meramente confermativo, in quanto il ricorrente ha prodotto nuova documentazione; c) va censurato il tentativo dell’Amministrazione di introdurre in giudizio nuovi motivi (aumento di superfici e volumi) che non emergono dai provvedimenti impugnati.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio osserva quanto segue.
Il primo provvedimento di diniego della Soprintendenza è intervenuto a causa della carenza documentale dell’istanza di sanatoria, avendo l’istante omesso – benché più volte sollecitato – di produrre la concessione edilizia nonché di fornire i necessari chiarimenti in merito agli aumenti di superfici o volumi realizzati, non riscontrabili dall’istanza di condono né dagli elaborati presentati in relazione alla stessa.
La Soprintendenza, nell’esprimere il proprio diniego, ha escluso che possano essere sanate opere non qualificabili come “piccoli abusi che non hanno comportato aumenti di superficie utile o volume”, al riguardo richiamando l’art. 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004.
Detto provvedimento (avente natura co-decisoria) è divenuto definitivo.
Il ricorrente ha successivamente reiterato l’istanza di parere alla Soprintendenza, producendo rappresentazioni grafiche, documentazione fotografica ed una relazione tecnica, dalla quale emerge che le opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia consistono, tra l’altro, in aumenti di superfici e volumi (quali la chiusura di una veranda e l’ampliamento del vano cucina).
L’Amministrazione, come risulta espressamente dal provvedimento in questa sede gravato, ha esaminato la suddetta documentazione ed ha rilevato di avere già reso il parere di competenza e di non essere tenuta ad adottare un nuovo provvedimento sull’istanza come reiterata dal ricorrente.
In via generale, il Collegio osserva che se un provvedimento amministrativo è divenuto definitivo non può essere rimesso in discussione, a meno che l’Amministrazione non ritenga – discrezionalmente – di procedervi in autotutela (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 9 aprile 2025, n. 3038; Sez. V, 4 marzo 2025, n. 1850).
Alla definitività del provvedimento, invero, si ricollega l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, dovendosi escludere che il privato possa, senza limiti, riavviare il medesimo procedimento già instaurato e definitivamente concluso (peraltro, come nel caso di specie, per una condotta negligente dell’interessato), potendo l’Amministrazione soltanto decidere, eventualmente e sulla base di una valutazione discrezionale, di rivedere il precedente provvedimento.
Nel caso in esame l’Amministrazione non ha ritenuto di rivedere il provvedimento ormai consolidato e a ciò si è determinata all’esito dell’esame della documentazione allegata alla seconda istanza, evidentemente ritenendo che non fossero riscontrabili elementi di novità tali da giustificare il riavvio del procedimento, precedentemente concluso per la mancata specificazione dell’entità degli abusi realizzati e degli effettivi incrementi di superficie o volume posti in essere rispetto a quanto assentito con concessione edilizia n. 1071/91 (invero, neppure chiaramente desumibili dalla documentazione prodotta in seconda istanza).
È pur vero che, in particolari casi, la giurisprudenza ha precisato che “la reiterazione di un’istanza procedimentale incontra il limite del precedente diniego non impugnato. Il rigetto dell’istanza originaria, infatti, legittima l’Amministrazione a non intraprendere alcuna attività istruttoria sulla seconda identica istanza, non essendo configurabile qualsivoglia obbligo di riesame della stessa, al punto da consentire l’adozione di un provvedimento meramente confermativo del precedente diniego” e che “Laddove, invece, la seconda istanza presenti un quid novi l’Amministrazione è tenuta a riesaminare la domanda pronunciandosi all’esito di una nuova e rinnovata istruttoria procedimentale” (Cons. Stato, Sez. VII, 16 agosto 2023, n. 7767).
Nondimeno, a fronte di un provvedimento ormai definitivo, la riproposizione dell’istanza non può ritenersi ammissibile, e tale da giustificare la riapertura del procedimento amministrativo e dell’istruttoria, ove non consista nell’apporto di elementi significativamente innovativi, idonei a mettere in discussione sostanzialmente il contenuto del provvedimento in precedenza adottato, venendo altrimenti ingiustamente sacrificate le esigenze di certezza giuridica nonché di necessaria economicità dei mezzi e dell’azione amministrativa.
Per quanto precede, il ricorso va respinto.
La novità della questione decisa giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali.
TAR SICILIA – CATANIA, II – sentenza 21.08.2025 n. 2550