Procedimento – Atto amministrativo – Configurazione e requisiti del conflitto di interessi ex art 6 bis legge n. 241 del 1990

Procedimento – Atto amministrativo – Configurazione e requisiti del conflitto di interessi ex art 6 bis legge n. 241 del 1990

1.- I ricorrenti, signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, chiedono col ricorso odierno l’annullamento:

-a) della nota 20.11.2024, prot. n. 0012364/x/11, notificata in pari data, con la quale il Responsabile del Servizio tecnico del Comune di -OMISSIS- ha disposto di “rigettare/non accogliere/archiviare la S.C.I.A. edilizia presentata in data 19./10/2024, prot. 11193 del 21/10/2024”;

-b) della nota 8.11.2024, prot. n. 0011913/x/11, con la quale lo stesso Responsabile ha vietato la prosecuzione dell’attività oggetto della S.C.I.A. del 19.10.2024, comunicando i motivi ostativi all’accoglimento della S.C.I.A. presentata dai ricorrenti in data 19.10.2024.

2.- I signori -OMISSIS- e -OMISSIS- avevano presentato una S.C.I.A. edilizia per la realizzazione di un impianto di irrigazione a servizio dell’area verde antistante il fabbricato di proprietà ai sensi dell’art. 61, comma 1, lett. r), della legge regionale n. 11/1998 e s.m.i. su un’area pertinenziale al fabbricato di proprietà in località -OMISSIS- del comune di -OMISSIS-.

3.- Dall’istruttoria avviata sulla base della S.C.I.A. edilizia succitata, rubricata quale pratica edilizia n. 4045/24, sono emersi elementi ostativi. Con la nota prot. n° 0011913/x/ 11 dell’8 novembre 2024, l’Ufficio edilizia privata del Comune di -OMISSIS- comunicava ai ricorrenti il “divieto di prosecuzione dell’attività e avviso di possibile rigetto e richiesta di elementi ai sensi dell’art. 61, comma 5 della L.R. 11/1998 e dell’art. 16 della L.R. 19/2007”.

Con il preavviso venivano comunicate le criticità emerse nel corso dell’istruttoria svolta dall’Ufficio tecnico. Nello specifico veniva evidenziato:

– lo stato di fatto presentato risultava in difformità dagli ultimi titoli abilitativi autorizzati e al riguardo non risultava accoglibile il documento definito “stato di legittimità dell’immobile sito in -OMISSIS-, regione -OMISSIS-, -OMISSIS-, ed individuato in catasto con il n. 365 sub. 20 del fog. 36 del Comune di -OMISSIS- –relazione esplicativa ed attestazione ex. artt. 59bis e 80bis L.R. 11/98”;

– non essendo accoglibile, per le motivazioni esplicitate, il documento “stato di legittimità dell’immobile sito in -OMISSIS-, regione -OMISSIS-, -OMISSIS-, ……–relazione esplicativa ed attestazione ex. artt. 59bis e 80bis L.R. 11/98”, risultava che il prato oggetto di intervento era abusivamente modificato in assenza di titolo abilitativo;

– quindi non era possibile accogliere la S.C.I.A. edilizia in considerazione del fatto che non possono essere legittimamente autorizzati interventi su aree o manufatti accertati, anche solo parzialmente, come abusivi.

In particolare si rimarcava che non potevano essere consentiti gli interventi edilizi segnalati (realizzazione di impianto di irrigazione), tenuto conto che erano riferiti ad un’opera abusiva (terrapieno/muro di sostegno realizzato a suo tempo nel giardino dei ricorrenti).

4.- A seguito del citato preavviso i proprietari interessati non fornivano alcun contributo o integrazione documentale.

5.- Con la nota del 20.11.2024, prot. n. 0012364/x/11, notificata in pari data, il Responsabile dell’Ufficio edilizia privata comunicava ai ricorrenti il rigetto della S.C.I.A. edilizia.

6.- Quest’ultimo provvedimento è stato impugnato formulando i seguenti due motivi di gravame:

I- presunta violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 59-bis e 80-bis della legge regionale n. 11/1998, nonché alla deliberazione della Giunta regionale n. 670/2021. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 34-bis del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per difetto d’ istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà intrinseca e ingiustizia manifesta;

II- presunta violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 6-bis della legge regionale n. 19/2007, all’art. 6-bis della legge n. 241/1990 e all’art. 97 della Costituzione. Violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento.

7.- In fatto i coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS- riferiscono di essere proprietari – sulla scorta dell’atto di assegnazione di immobili ai soci della cooperativa edilizia “OMISSIS” in data 18.1.1996, registrato il successivo 22.1.1996 – di un’unità immobiliare facente parte del Condominio “-OMISSIS-”, sito nel comune di -OMISSIS-, località -OMISSIS- n. -OMISSIS- (individuato al catasto del predetto Comune al foglio 36, mappale n. 365, sub 20) con annesso giardino pertinenziale, individuato in mappa con il numero 798, di proprietà degli esponenti per la parte in sottosuolo e in uso esclusivo agli stessi per la parte soprassuolo.

Riferiscono altresì che l’intero complesso edilizio, di cui fa parte l’unità immobiliare di proprietà dei ricorrenti, è stato edificato prima dell’assegnazione ai soci, in forza della concessione edilizia n. 74/1991 e delle successive varianti. Prima del rilascio dell’abitabilità, nel terreno di proprietà degli esponenti sono stati interrati, in prossimità del confine con il terreno censito al foglio 36, mappale n. 600, di proprietà di terzi, tre serbatoi di GPL, per la distribuzione del gas al Condominio “-OMISSIS-”, ciascuno avente altezza superiore a due metri e capacità di circa 1,65 m³.

Dopo alcuni lavori di sistemazione dell’area, a distanza di quindici anni dalla rimozione di una fioriera e dall’esecuzione del ripristino della scarpata, a seguito dell’esposto di una vicina in ordine alla presunta esistenza di un muro di fabbrica a valle di detta scarpata, in data 7.12.2018 i tecnici del Comune di -OMISSIS- hanno effettuato un sopralluogo, senza accedere nella proprietà degli esponenti ed effettuando le operazioni peritali dal terreno di proprietà della vicina. Il sopralluogo in questione è stato formalizzato nel verbale prot. n. 010677/x/11, cui ha fatto seguito la diffida n. 16/2018 a firma del Responsabile del Servizio tecnico comunale.

È stata quindi contestata la presenza di “… un terrapieno ricoperto da geotessuto e da arbusti con base situata a 50 cm di distanza dal centro della recinzione verso il mappale n. 600 (che si suppone essere il confine di proprietà), alto circa 250 cm e con parte superiore arretrata di circa 170 cm rispetto al confine e sormontata da una siepe di notevole altezza”, intimando il ripristino dell’originario andamento del terreno.

7.1.- I ricorrenti hanno impugnato la diffida n. 16/2018 dinanzi al T.A.R. per la Valle d’Aosta (giudizio R.G. 10/2019), che ha respinto il ricorso con la sentenza n. 43/2019, pubblicata in data 7.8.2019.

I signori -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno interposto appello avverso la suddetta pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato (giudizio R.G. 8047/2019), che ha dichiarato l’improcedibilità del gravame con la sentenza n. 9419/2023 in ragione della sopravvenienza degli artt. 59-bis e 80-bis della legge regionale n. 11/1998 e dell’adozione, da parte del Comune di OMISSIS, dell’ordinanza di demolizione n. 49/2019, con la quale era stata superata e sostituita la diffida n. 16/2018.

Con la sentenza del TAR per la Valle d’Aosta n. 24/2020 veniva respinto il ricorso avverso detta ordinanza. Gli esponenti hanno impugnato anche tale pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato (R.G. 5841/2020), che ha accolto l’istanza di sospensiva e, nel contempo, ha sospeso il processo fino alla definizione del giudizio di falso in sede civile.

7.2.- Replica l’Amministrazione che si costituisce con memoria e chiede il rigetto del gravame.

Il Comune di -OMISSIS-, come in epigrafe rappresentato, in particolare eccepisce l’inammissibilità, l’irricevibilità e l’improcedibilità del ricorso e comunque la sua infondatezza nel merito. Ritiene che nel procedimento avviato sulla base della S.C.I.A. edilizia succitata, rubricata quale pratica edilizia n. 4045/24, sono emersi i seguenti elementi ostativi:

– lo stato di fatto presentato risulta in difformità dagli ultimi titoli abilitativi autorizzati e al riguardo non risulta accoglibile il documento definito “stato di legittimità dell’immobile […]”;

– non esiste agli atti un titolo abilitativo legittimante gli interventi effettuati sull’area verde oggetto della presente e ciò è comprovato dai giudizi conclusisi innanzi al TAR per la Valle d’Aosta e al Consiglio di Stato;

– il citato art. 80-bis, comma 3, recita: “Nell’osservanza del principio di certezza delle posizioni giuridiche e di tutela dell’affidamento dei privati, costituiscono altresì tolleranze costruttive le parziali difformità, realizzate nel passato durante i lavori per l’esecuzione di un titolo abilitativo, cui sia seguita, previo sopralluogo o ispezione da parte di funzionari incaricati, la certificazione di conformità edilizia e di agibilità nelle forme previste dalla legge, nonché le parziali difformità rispetto al titolo abilitativo legittimamente rilasciato, che l’amministrazione comunale abbia espressamente accertato nell’ambito di un procedimento edilizio e che non abbia contestato come abuso edilizio o che non abbia considerato rilevanti ai fini dell’agibilità dell’immobile”.

– la disposizione citata non risulta applicabile nel caso concreto in quanto l’Amministrazione comunale ha contestato come abuso edilizio alcuni interventi effettuati; tale contestazione è stata espressamente avvalorata nella relazione del C.T.U. che ha dichiarato il terrapieno in contrasto sia con il piano regolatore generale vigente all’epoca di realizzazione degli interventi sia con quello attuale;

– non essendo accoglibile per le motivazioni descritte il documento “stato di legittimità dell’immobile […]”, il prato oggetto di intervento risulta abusivamente modificato in assenza di titolo abilitativo e quindi non può essere ammessa la proposta S.C.I.A. edilizia, in considerazione del fatto che non possono essere legittimamente autorizzati interventi su aree o manufatti anche parzialmente abusivi.

8.- La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 8 luglio 2025 ed è quindi passata in decisione.

9.- Il ricorso deve essere respinto.

9.1.- Il primo motivo si palesa infondato.

Occorre osservare che nel caso di specie né l’originario titolo abilitativo edilizio, né la variante del 1995 che ha interessato l’edificio e l’area pertinenziale hanno mai avuto ad oggetto il terrapieno realizzato successivamente alla costruzione dell’edificio di proprietà dei ricorrenti. La costruzione del terrapieno, di contro, è sempre stata riconosciuta come abusiva nelle sedi giurisdizionali.

Il carattere abusivo è riconosciuto dalla stessa difesa di parte ricorrente laddove afferma che l’ultimo titolo abilitativo riguardante l’immobile è costituito dalla concessione edilizia in variante del 1995 e non contesta che vi sia stata una modifica del terreno pertinenziale dell’unità di proprietà degli esponenti, rispetto al progetto allegato alla variante del 1995, ritenendo tuttavia che essa possa essere considerata una semplice difformità parziale.

Non si tratta, contrariamente a quanto asserito, di una “lieve modifica del terreno pertinenziale”, ma di un terrapieno di metri 2,50 di altezza, ricoperto da geotessuto e da arbusti, realizzato in assenza di titolo abilitativo, per il quale il Comune ha tempestivamente emesso la diffida n. 16/2018, ordinando di eliminare, entro novanta giorni, il citato terrapieno, con conseguente obbligo di ripristinare l’originario andamento del terreno.

9.2.- La legittimità dell’obbligo di ripristino dell’originario andamento del terreno è stata già sancita dalla sentenza n. 43/2019 resa dal TAR per la Valle d’Aosta, che ha respinto il ricorso proposto dai coniugi in epigrafe per l’annullamento della diffida n. 16/2018, datata 28 dicembre 2018, del Comune di -OMISSIS- a firma del Responsabile del Servizio tecnico edilizia privata, notificata il 21 gennaio 2019 e di ogni altro atto o provvedimento antecedente, conseguente o connesso, tra cui il verbale di sopralluogo del 7 dicembre 2018, prot.010677/X/11, a firma del Responsabile del Servizio tecnico edilizia privata.

Risulta che nel 1999 l’area pertinenziale esterna all’immobile era stata oggetto di lavori

per la posa di una fioriera con riporto di terreno, che tuttavia erano stati oggetto di ordinanze comunali di demolizione – la n. 50/99 del 30 agosto 1999 e, dopo la conclusione negativa di un procedimento di sanatoria, confermata dalla sentenza di questo Tribunale n. 84/2002, la n. 5/03 del 20 gennaio 2003.

Pertanto è stata già accertata la legittimità delle ordinanze e del pregresso diniego di sanatoria, poiché il terrapieno risultava essere stato realizzato in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 33, lett. a, punto 5, del regolamento edilizio comunale, dalla menzionata sentenza n. 84/2002.

Si riporta stralcio della sentenza n. 141/2006, passata in giudicato, resa dal TAR per la Valle d’Aosta:

“In esito a quanto già statuito con la sentenza 84/2002 citata, non meritevoli di accoglimento risultano pertanto le censure rivolte avverso gli impugnati provvedimenti di demolizione (diffida a demolire del 10.12.2002 e ordine di demolizione del 20.1.2003). In merito va infatti rilevato che questo Tribunale Amministrativo Regionale con la sentenza 84 del 2002 ha già chiarito che il manufatto oggetto di demolizione (che i ricorrenti qualificano come fioriera eseguita in funzione dell’abbellimento e del consolidamento della preesistente scarpata, previo riempimento con riporto di terreno), per le sue caratteristiche tecniche, non costituisce “mero ornamento, ma che sia inconfutabile che l’opera, avente funzione di consolidamento della scarpata comporti una consistente alterazione del territorio sotto il profilo ambientale ed estetico tale da conferirgli una autonomia funzionale rispetto al preesistente edificio di cui non può evidentemente costituire una mera pertinenza”. In considerazione di ciò si è correttamente ritenuto che il manufatto non può ricomprendersi fra quelli indicati dall’articolo 61, primo comma, lett. i), della legge regionale n. 11/1998, relativi a strutture pertinenziali di piccole dimensioni e prive di funzionalità autonoma, essendo volto alla realizzazione di un vero e proprio muro di contenimento che, in conformità alle previsioni del regolamento edilizio (art. 33, quinto comma), doveva essere costruito in pietra nel rispetto della altezza massima prevista, previo rilascio di concessione edilizia. Gli impugnati provvedimenti, dunque, sono stati legittimamente emessi ai sensi e per gli effetti dell’articolo 75 della legge regionale n. 11 del 1998”.

9.3.- Nel caso di specie non esiste quindi un titolo abilitativo che abbia legittimato la realizzazione del muro di contenimento (i.e. terrapieno) e pertanto, essendo il manufatto abusivo, non è in alcun modo invocabile il regime delle tolleranze esecutive che presuppone, appunto, solo difetti esecutivi di minima entità rispetto ad un intervento legittimamente assentito con adeguato titolo edilizio.

Si deve pertanto concludere che il prato oggetto di intervento è stato abusivamente modificato in assenza di titolo abilitativo e pertanto il “rigetto” della SCIA risulta legittimo.

Alcuna sanatoria o tolleranza può infatti ammettersi in assenza di un valido titolo edilizio, come confermato dalle plurime pronunce di questo Tribunale (tra cui T.A.R. Valle d’Aosta, nel giudizio R.G. 10/2019, che ha respinto il ricorso avverso la diffida comunale con la citata sentenza n. 43/2019, pubblicata in data 7 agosto 2019).

10. – Con il secondo motivo di ricorso viene contestata la violazione dell’art.6-bis della legge n. 241/1990 e 6-bis della legge regionale 6 agosto 2007, n. 19; in forza di quest’ultima disposizione “Il responsabile del procedimento e i dirigenti degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando senza indugio al soggetto titolare del potere sostitutivo, come individuato ai sensi dell’articolo 5 bis, ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

Secondo la parte ricorrente il RUP che ha adottato l’atto impugnato si sarebbe trovato in una situazione di conflitto di interessi rispetto alla SCIA presentata dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS- e avrebbe quindi dovuto astenersi. Il conflitto di interessi dovrebbe dedursi: a) dal procedimento per querela di falso instaurato dai ricorrenti nei confronti del RUP; b) dal procedimento penale instauratosi a seguito di denuncia-querela dei medesimi proprietari.

Il motivo è infondato.

10.1.- Occorre anzitutto richiamare le considerazioni dianzi esposte in ordine alla piena legittimità degli atti dell’Amministrazione comunale, assunti nella lunga vicenda in esame, come confermato dalle plurime pronunce del Giudice amministrativo, che ha affermato il carattere abusivo degli interventi edilizi realizzati nella proprietà dei ricorrenti.

10.2.- Sul piano fattuale, in ordine ai procedimenti penali citati, l’Amministrazione riferisce che risulta ad oggi pendente avanti la Corte di appello di Torino un giudizio instaurato dai ricorrenti avverso la sentenza n. 133/2024 – RG 689/2023 – del Tribunale di Aosta, limitato al solo capo della sentenza relativo alla attestazione della distanza del terrapieno dal confine, con rinuncia agli altri profili di falso di cui al richiamato verbale dedotti in primo grado, nonché alla querela di falso relativa alla diffida n. 16/18 e all’ordinanza 49/19.

Ad avviso del Collegio il richiamo a dette vicende processuali non ha rilievo alcuno ai fini del prospettato conflitto d’interessi, che si vuole attribuire al funzionario comunale. Esso non dimostra in alcun modo l’esistenza di un interesse privato del funzionario, tale da condizionarne le decisioni assunte nel procedimento in causa.

10.3.- Sul piano normativo giova rilevare infatti che il conflitto d’interessi ex art. 6-bis della legge n. 241/1990 deve essere concreto e presuppone la titolarità di un interesse privato in capo al funzionario pubblico che procede, in proprio o per conto di terzi, tale da ingenerare un pericolo serio per l’imparzialità dell’azione amministrativa e per il corretto perseguimento dell’interesse pubblico.

Il conflitto di interessi nel procedimento amministrativo, quale quello in esame, si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse funzionalizzato: in una siffatta situazione sorge, quindi, l’obbligo del dipendente di informare l’Amministrazione e di astenersi (Cfr. Cons. Stato, sezione VI, 22 marzo 2022, n. 2069; Cons. Stato, sezione V, 25 luglio 2023, n. 7289).

10.4.- Le vicende contenziose descritte e puntualmente documentate dall’Ente in atti evidenziano la strumentalità delle affermazioni dei ricorrenti, che appaiono in effetti pretestuose e tese ad ostacolare e contrastare la legittima azione dell’Ufficio comunale e del suo Responsabile tecnico.

In definitiva i presupposti del conflitto d’interessi del citato funzionario comunale sono all’evidenza assenti nel caso di specie, con la conseguenza che anche il secondo motivo di gravame si palesa infondato.

11.- Le considerazioni esposte conducono alla reiezione dei motivi dedotti, che si mostrano infondati, e quindi del ricorso.

12.- Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

TAR VALLE D’AOSTA – AOSTA – sentenza 25.08.2025 n. 29

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