1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), delle clausole 4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43), nonché degli articoli 31 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il Ministero della Giustizia (Italia), il datore di lavoro, a NZ, una magistrata onoraria, in merito alle conseguenze derivanti dalla partecipazione di NZ a una procedura di valutazione al fine di essere definitivamente confermata nelle sue funzioni.
Contesto giuridico
Diritto dell’Unione
Accordo quadro
3 La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», prevede, al punto 1, quanto segue:
«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».
4 La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», enuncia, al punto 1, quanto segue:
«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».
5 Ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi»:
«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
a) devono essere considerati “successivi”;
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».
Direttiva 2003/88
6 L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali».
Diritto italiano
7 L’articolo 29 del decreto legislativo del 13 luglio 2017, n. 116 – Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57 (GURI n. 177, del 31 luglio 2017), come modificato dalla legge del 30 dicembre 2021, n. 234 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 (GURI n. 310, del 31 dicembre 2021) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 116/2017»), dispone, ai commi da 1 a 3, 5 e 9, quanto segue:
«1. I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere confermati a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età.
2. I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto che non accedano alla conferma, tanto nell’ipotesi di mancata presentazione della domanda, quanto in quella di mancato superamento della procedura valutativa di cui al comma 3, hanno diritto, salva la facoltà di rifiuto, ad un’indennità pari, rispettivamente, ad euro 2 500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per almeno ottanta giornate, e ad euro 1 500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio prestato nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per meno di ottanta giornate, e comunque nel limite complessivo procapite di euro 50 000 al lordo delle ritenute fiscali. Il servizio prestato per periodi superiori a sei mesi, ai fini del calcolo dell’indennità dovuta ai sensi del periodo precedente, è parificato ad un anno. La percezione dell’indennità comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario cessato.
3. Ai fini della conferma di cui al comma 1, il Consiglio superiore della magistratura procede con delibera ad indire tre distinte procedure valutative da tenere con cadenza annuale nel triennio 2022‑2024. Esse riguardano i magistrati onorari in servizio che rispettivamente, alla data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano maturato:
a) oltre 16 anni di servizio;
b) tra i 12 e i 16 anni di servizio;
c) meno di 12 anni di servizio.
(…)
5. La domanda di partecipazione alle procedure valutative di cui al comma 3 comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo il diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma.
(…)
9. I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano dal servizio qualora non presentino domanda di partecipazione alla procedura valutativa di cui al comma 3».
8 Questa disposizione è entrata in vigore il 1º gennaio 2022.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
9 NZ esercita, dal 14 febbraio 2001, le funzioni di magistrato onorario presso il Tribunale di Vasto (Italia). Inizialmente nominata per un periodo di tre anni, il suo incarico è stato prorogato e rinnovato ogni quattro anni, fino al 13 dicembre 2022. A quest’ultima data, essa è stata definitivamente confermata nelle sue funzioni fino all’età di 70 anni, in applicazione dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 116/2017, che introduce la possibilità, per i magistrati onorari in servizio alla data del 1º gennaio 2022, di chiedere di partecipare a una procedura di valutazione ai fini di una conferma definitiva nelle loro funzioni.
10 Tra il 14 febbraio 2001 e il 13 dicembre 2022, NZ ha percepito delle indennità calcolate, segnatamente, in funzione del numero di udienze tenute.
11 NZ non ha esercitato le funzioni durante i periodi di sospensione dell’attività giudiziaria fissati dalla normativa nazionale, compresi tra il 1º e il 31 agosto di ogni anno. Durante tali periodi essa non ha dunque percepito alcuna indennità.
12 Essendo altresì iscritta all’Ordine degli avvocati, NZ ha potuto continuare ad esercitare, in parallelo, fino al 13 dicembre 2022, la professione di avvocato in una circoscrizione territoriale diversa da quella del Tribunale presso il quale prestava servizio.
13 Come avvocata, essa era iscritta al regime obbligatorio di previdenza sociale gestito dalla Cassa Nazionale Forense (Italia). A tale titolo, essa era tenuta a versare dei contributi il cui ammontare dipendeva dai redditi provenienti dalla sua attività di avvocato, nonché dall’indennità percepita a titolo delle sue funzioni di magistrato onorario.
14 Ritenendosi vittima di una illegittima disparità di trattamento concernente la retribuzione delle sue funzioni prima dell’entrata in vigore dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 116/2017 e della conferma definitiva nelle sue funzioni di magistrato onorario, NZ ha proposto, dinanzi al giudice di primo grado, un ricorso inteso a vedersi riconoscere, per quanto riguarda le sue funzioni di magistrato onorario, la qualifica di «lavoratrice subordinata», ai sensi del diritto italiano, o quella di «lavoratrice», ai sensi del diritto dell’Unione, e, pertanto, il diritto di beneficiare di un trattamento economico e giuridico equivalente a quello dei lavoratori che svolgono funzioni comparabili alle dipendenze del Ministero della Giustizia, comprensivo di ferie, congedi annuali, congedi di maternità e di malattia, indennità di malattia ed infortunio, trattamento di fine rapporto, tutela previdenziale ed assicurativa. Essa ha altresì chiesto il risarcimento del danno subìto in ragione dell’asserito mancato rispetto degli obblighi previsti dal diritto dell’Unione concernenti il godimento di ferie, congedi di maternità e qualsiasi altra tutela. Inoltre, NZ ha chiesto a detto giudice di constatare che il ministero summenzionato aveva abusivamente reiterato nei suoi confronti la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato e di condannare detto ministero a risarcire il danno da essa subìto.
15 Con sentenza del 14 marzo 2022, il giudice di primo grado ha parzialmente accolto tale ricorso. Esso ha statuito che, nell’esercizio delle sue funzioni di magistrato onorario, NZ doveva essere qualificata come «lavoratrice», ai sensi del diritto dell’Unione, ed aveva il diritto di percepire la stessa retribuzione del magistrato ordinario. Tuttavia, detto giudice ha considerato che tale qualifica non era idonea a conferirle il diritto di essere affiliata, presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (Italia), al regime di previdenza sociale dei dipendenti pubblici, in assenza di un rapporto di pubblico impiego. Di conseguenza, il giudice suddetto ha condannato il Ministero della Giustizia a versare a NZ le retribuzioni dovute per il periodo antecedente al suo ricorso, entro i limiti della prescrizione quinquennale. Inoltre, questo stesso giudice ha considerato che il rapporto di lavoro a tempo determinato di NZ era stato reiterato in maniera abusiva ed ha condannato detto ministero a risarcire il danno subìto da NZ in misura pari a nove mensilità della retribuzione spettante a un magistrato ordinario.
16 Il Ministero della Giustizia ha interposto appello contro tale decisione dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila (Italia), odierno giudice del rinvio, contestando sia la comparabilità delle funzioni di magistrato onorario e di quelle di magistrato ordinario, sia il carattere abusivo del ricorso ai contratti a tempo determinato.
17 NZ ha proposto un appello incidentale, contestando la qualificazione delle sue pretese come domanda di retribuzione, e non di risarcimento, che era stata effettuata dal giudice di primo grado, nonché l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale, anziché decennale, che era derivata dalla qualificazione suddetta. Essa contesta altresì il fatto che la sua qualificazione come «lavoratrice», ai sensi del diritto dell’Unione, non le abbia conferito il diritto di essere affiliata all’INPS.
18 In pendenza del procedimento di appello, NZ ha condotto a termine la procedura che prevedeva la possibilità, per i magistrati onorari in servizio alla data del 1º gennaio 2022, di chiedere di partecipare ad una procedura di valutazione ai sensi dell’articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 116/2017.
19 In quanto magistrato onorario così confermato, NZ beneficia, dal 13 dicembre 2022, di un trattamento retributivo fisso, calcolato sulla base dello stipendio di un funzionario amministrativo alle dipendenze del Ministero della Giustizia, di un’indennità giudiziaria e di buoni pasto. Tale remunerazione viene versata anche durante il periodo di sospensione dell’attività giudiziaria, durante il quale l’interessata non svolge attività. Inoltre, avendo optato per il regime di esclusività delle funzioni onorarie, NZ è stata cancellata dall’Albo degli avvocati e dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ed è stata iscritta all’INPS.
20 Tenuto conto della partecipazione di NZ alla procedura di valutazione prevista dall’articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 116/2017 e del fatto che tale articolo 29 stabilisce, al comma 5, che tale partecipazione implica, per i magistrati onorari confermati nelle loro funzioni all’esito di detta procedura, la rinuncia ex lege a qualsiasi altra pretesa derivante dal loro rapporto di lavoro onorario pregresso, il Ministero della Giustizia ritiene che il procedimento principale sia divenuto privo di oggetto.
21 NZ si oppone a tale domanda di non luogo a statuire e chiede al giudice del rinvio di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 116/2017, segnatamente per quanto riguarda la suddetta rinuncia ex lege prevista dal comma 5 di tale articolo.
22 Il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità dell’articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 116/2017 con la clausola 4 dell’accordo quadro, con l’articolo 7 della direttiva 2003/88, nonché con gli articoli 31 e 47 della Carta, segnatamente per il fatto che la suddetta rinuncia ex lege incide sul diritto alle ferie annuali retribuite equivalente a quello di cui beneficiano i magistrati ordinari. Esso giudica opportuno sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale al riguardo, tenuto conto dell’efficacia diretta delle suddette disposizioni e del susseguente potere di cui esso dispone di disapplicare una normativa nazionale contraria ad una norma provvista di una siffatta efficacia.
23 Inoltre, detto giudice si chiede se l’articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 116/2017 risponda alle prescrizioni scaturenti dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro. Esso reputa opportuno interrogare la Corte anche in ordine a tale aspetto, nella misura in cui una risposta di quest’ultima a questa seconda questione renderebbe più agevole la valutazione relativa alla necessità di sottoporre alla Corte costituzionale (Italia) la questione di costituzionalità della disposizione nazionale in questione.
24 Alla luce di tali circostanze, la Corte d’appello di L’Aquila ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli articoli 31, paragrafo 1, e 47 della [Carta], l’articolo 7 della [direttiva 2003/88] e la clausola 4 dell'[accordo quadro] ostino ad una normativa nazionale che prevede che un giudice onorario, qualificabile come “lavoratore” e “lavoratore a tempo determinato”, che venga confermato nell’incarico fino a 70 anni di età, perda il diritto alle ferie retribuite in relazione al periodo precedente la conferma.
2) Se la clausola 5, punto 1, dell'[accordo quadro] osti ad una normativa interna che, come misura volta a sanzionare l’utilizzo abusivo di rapporti a tempo determinato, prevede la conferma del giudice onorario fino al raggiungimento di 70 anni di età, previo superamento di una procedura valutativa di natura non concorsuale, e – in caso di mancato superamento della procedura valutativa – prevede una indennità pecuniaria, con rinuncia in entrambi i casi a qualsiasi diritto pregresso».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
25 Il governo italiano contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
26 Esso fa valere, in primo luogo, che la Corte è già stata investita, ad opera del Giudice di pace di Fondi (Italia), di una domanda di pronuncia pregiudiziale, registrata con il numero C‑548/22, che ha sollevato questioni identiche e riguardanti le medesime disposizioni nazionali che sono attualmente in discussione nel procedimento principale. Detto governo ritiene, per ragioni attinenti, in sostanza, all’economia procedurale, che il presente rinvio pregiudiziale sia privo di utilità e che il procedimento principale avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della risposta della Corte nell’ambito della causa C‑548/22.
27 In secondo luogo, il giudice del rinvio non stabilirebbe alcun collegamento tra i principi del diritto dell’Unione ai quali fa riferimento e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale.
28 Infine, in terzo luogo, la seconda questione sarebbe ipotetica, in quanto riguarderebbe una situazione diversa da quella della ricorrente di cui al procedimento principale, nella misura in cui quest’ultima ha sostenuto con successo le prove orali della procedura di valutazione e non ha dunque beneficiato dell’indennità pecuniaria prevista per il caso di mancato superamento della procedura stessa, menzionata in tale questione.
29 Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità della decisione giurisdizionale che verrà adottata, valutare, alla luce delle particolarità della causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate vertano sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire (sentenza del 17 settembre 2020, Burgo Group, C‑92/19, EU:C:2020:733, punto 39 e giurisprudenza citata).
30 Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in maniera manifesta che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in maniera utile alle questioni che le vengono poste (sentenza del 17 settembre 2020, Burgo Group, C‑92/19, EU:C:2020:733, punto 40 e giurisprudenza citata).
31 A questo proposito, al fine di permettere alla Corte di fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale, l’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte esige che la domanda di pronuncia pregiudiziale contenga l’esposizione delle ragioni che hanno portato il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di talune disposizioni del diritto dell’Unione, ed illustri il nesso che detto giudice istituisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 27 aprile 2023, AxFina Hungary, C‑705/21, EU:C:2023:352, punto 26).
32 In primo luogo, occorre rilevare che, se le circostanze della causa sfociata nella sentenza del 12 settembre 2024, Presidenza del Consiglio dei ministri e a. (Retribuzione dei magistrati onorari) (C‑548/22, EU:C:2024:730), con la quale la Corte ha, peraltro, dichiarato irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale, sono paragonabili a quelle della controversia di cui all’odierno procedimento principale e queste due cause sollevano questioni simili, ciò non toglie che, alla luce, in particolare, della consolidata giurisprudenza citata ai punti 29 e 30 della presente sentenza, fatto salvo il rispetto delle prescrizioni che ne derivano, il giudice nazionale resta libero di effettuare un rinvio pregiudiziale vertente sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione pertinenti ai fini della risoluzione della controversia sottoposta alla sua cognizione. Infatti, l’esistenza di una giurisprudenza consolidata su un aspetto di diritto dell’Unione, se può indurre la Corte ad adottare un’ordinanza ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, non può assolutamente inficiare la ricevibilità di un rinvio pregiudiziale nel caso in cui un giudice nazionale decida, nell’ambito del suddetto potere discrezionale, di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 49).
33 In secondo luogo, esponendo, in maniera motivata, i propri dubbi riguardanti, da un lato, la questione se, alla luce della clausola 4 dell’accordo quadro, dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31 della Carta, la ricorrente di cui al procedimento principale possa vedersi privata del diritto alle ferie retribuite di cui beneficia ogni lavoratore e, dall’altro, la compatibilità della procedura di valutazione in discussione nel procedimento principale con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, il giudice del rinvio illustra in maniera sufficiente il collegamento che esso istituisce tra le disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione e la normativa nazionale applicabile alla controversia nel giudizio a quo.
34 Tuttavia, per quanto riguarda l’articolo 47 della Carta, occorre rilevare che il giudice del rinvio non ha spiegato in maniera sufficientemente concreta in che modo l’interpretazione di tale disposizione sarebbe necessaria per statuire sulla controversia pendente dinanzi ad esso, né ha descritto il collegamento che esisterebbe tra tale disposizione e la normativa nazionale applicabile a tale controversia, tenuto conto, in particolare, del fatto che, da un lato, detta controversia concerne l’esercizio del diritto della ricorrente di cui al procedimento principale all’indennizzazione a titolo di ferie annuali retribuite, nonché la legittimità del meccanismo inteso a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato, e che, dall’altro lato, detta ricorrente ha adito i giudici nazionali competenti al fine di ottenere la tutela di tali diritti.
35 Per quanto riguarda, in terzo luogo, il carattere asseritamente ipotetico della seconda questione, come risulta inequivocabilmente dalla decisione di rinvio, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità, alla luce del diritto dell’Unione, della misura che impone ai magistrati onorari che chiedono di partecipare alle procedure di valutazione di rinunciare a ogni diritto afferente al periodo anteriore alla procedura di valutazione e, in particolare, al diritto alle ferie annuali retribuite. Dato che la ricorrente di cui al procedimento principale è stata costretta, dalla normativa nazionale di cui trattasi, a rinunciare al suddetto diritto per il fatto di aver chiesto di partecipare alla summenzionata procedura di valutazione, il rapporto tra la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione e l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale consta in maniera manifesta e tale seconda questione non presenta alcun carattere ipotetico per quanto riguarda la perdita del diritto di cui sopra.
36 Tuttavia, è pacifico che la ricorrente di cui al procedimento principale ha superato con successo la procedura di valutazione ed è stata definitivamente confermata nelle sue funzioni di magistrata onoraria. Pertanto, i quesiti del giudice del rinvio relativi alle modalità di organizzazione di tale procedura e alla normativa nazionale che prevede un indennizzo pecuniario in caso di mancato superamento della procedura stessa non sono in discussione nel procedimento principale. Di conseguenza, la seconda questione è ipotetica in quanto riguarda questi due quesiti.
37 Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile, ad eccezione della seconda questione laddove questa riguarda le modalità di organizzazione della procedura di valutazione dei magistrati onorari in vista della loro conferma definitiva nelle loro funzioni e l’indennizzo pecuniario in caso di mancato superamento di tale procedura.
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
38 Secondo una consolidata giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli permetta di dirimere la controversia di cui è investito. In quest’ottica, incombe, se del caso, alla Corte riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 30 aprile 2025, Genzyński, C‑278/24, EU:C:2025:299, punto 41 e giurisprudenza citata).
39 Nel caso di specie, risulta che esiste uno stretto collegamento tra le due questioni sollevate dal giudice del rinvio. Infatti, queste ultime si riferiscono ai diritti che i magistrati onorari confermati nelle loro funzioni all’esito della procedura di valutazione non possono, per tale motivo, più far valere. Nello specifico, la prima questione verte sull’interpretazione della clausola 4 dell’accordo quadro, dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, nonché dell’articolo 31 della Carta e riguarda, in particolare, la perdita del diritto alle ferie retribuite per il periodo antecedente a detta conferma, mentre la seconda questione verte sull’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro e ha ad oggetto, più estesamente, la rinuncia a qualsiasi diritto relativo a tale periodo antecedente.
40 Per quanto riguarda, in primo luogo, le disposizioni richiamate nelle questioni sollevate, il giudice del rinvio osserva che la procedura di valutazione costituisce una misura adottata per rispondere alle sollecitazioni della Commissione europea e alla sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572). In questa prospettiva, si suppone che detta procedura attui l’obbligo, risultante dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, di adottare misure effettive per prevenire e sanzionare l’utilizzazione abusiva di una successione di contratti a tempo determinato.
41 Detto giudice si chiede, infatti, se la procedura di valutazione sia sufficientemente dissuasiva per poter essere qualificata come misura volta a sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti siffatti, ai sensi della citata clausola 5, punto 1, e, di conseguenza, se essa rispetti le prescrizioni derivanti da tale disposizione, come interpretata dalla Corte.
42 A questo proposito, detto giudice rileva che la normativa in discussione nel procedimento principale ha permesso a NZ di ottenere la stabilizzazione del suo incarico nonché garanzie per il periodo successivo a tale stabilizzazione, al pari delle riforme esaminate nell’ambito delle sentenze del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401), e dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti (C‑494/17, EU:C:2019:387). Tuttavia, a differenza di queste riforme, detta normativa prevede che la domanda di partecipazione alle procedure di valutazione comporti, per i magistrati onorari, la rinuncia a qualsiasi altra pretesa derivante dal rapporto di lavoro a titolo onorario pregresso e, pertanto, la rinuncia a far valere il principio di non discriminazione previsto dalla clausola 4 dell’accordo quadro a sostegno delle loro pretese.
43 Il giudice del rinvio si interroga dunque, in sostanza, in merito alla compatibilità di detta normativa con la disposizione che essa intende attuare, vale a dire la clausola 5 dell’accordo quadro, intesa a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, letta in combinato disposto con la clausola 4 di tale accordo, nonché con l’articolo 7 della direttiva 2003/88, che concretizza il diritto alle ferie annuali retribuite, sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, che un lavoratore può far valere nei confronti del suo datore di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2023, Keolis Agen, da C‑271/22 a C‑275/22, EU:C:2023:834, punto 28). Risulta pertanto opportuno procedere ad un esame congiunto delle questioni pregiudiziali.
44 A questo proposito, occorre rilevare, inoltre, che, anche se il giudice del rinvio menziona, nel testo della prima questione sollevata, l’articolo 31, paragrafo 1, della Carta, che sancisce il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, risulta dalla decisione di rinvio nonché dal contesto di detta questione, che quest’ultima verte, in realtà, sul paragrafo 2 di detto articolo 31.
45 In secondo luogo, occorre constatare che, se risulta dal tenore letterale delle questioni sollevate che i quesiti del giudice del rinvio concernono l’articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 116/2017, il quale impone ai magistrati onorari, al momento della loro domanda di partecipazione alla procedura di valutazione in questione, di rinunciare a qualsiasi diritto derivante dal rapporto di lavoro onorario pregresso, detto giudice prende però specificamente in considerazione, nella motivazione della decisione di rinvio, la rinuncia al diritto alle ferie annuali retribuite, diritto del quale non beneficiano i magistrati onorari nel corso dei periodi di ferie giudiziarie, a differenza dei magistrati ordinari.
46 Infatti, per quanto riguarda questo diritto, il giudice del rinvio ritiene che la ricorrente di cui al procedimento principale si trovi in una situazione comparabile a quella di un magistrato ordinario. Detto giudice rileva, a questo proposito, che, prima dell’entrata in vigore della normativa in discussione nel procedimento principale, detta ricorrente avrebbe dovuto, in quanto «lavoratrice» e «lavoratrice a tempo determinato», vedere accolta la propria domanda di pagamento della retribuzione per il periodo delle vacanze giudiziarie, fatta salva l’applicazione delle pertinenti norme sulla prescrizione.
47 Per quanto riguarda, invece, il diritto alla tutela previdenziale, il giudice del rinvio ritiene che la situazione dei magistrati onorari e quella dei magistrati ordinari non siano comparabili e che, in ogni caso, un’eventuale differenza di trattamento sarebbe giustificata.
48 Sulla scorta di tali considerazioni preliminari, occorre dunque esaminare uno solo degli aspetti della normativa in discussione nel procedimento principale, evidenziato dal giudice del rinvio nella sua decisione, ossia l’esigenza di rinunciare al diritto alle ferie annuali retribuite per il periodo antecedente alla procedura di valutazione.
49 Di conseguenza, occorre considerare che, con le sue questioni, da esaminarsi congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, letta in combinato disposto con la clausola 4 di tale accordo, con l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, volta a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, la quale subordini la domanda, per i magistrati onorari in servizio, di partecipare ad una procedura di valutazione al fine di essere confermati nell’esercizio delle loro funzioni fino all’età di 70 anni, all’esigenza di rinunciare al diritto alla retribuzione delle ferie annuali scaturente dal diritto dell’Unione, relativo al loro rapporto di lavoro onorario antecedente.
Nel merito
50 La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, di adottare almeno una delle misure che essa elenca, nel caso in cui il diritto interno degli Stati suddetti non contenga strumenti giuridici equivalenti (sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 24 nonché giurisprudenza citata).
51 In tal modo, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro assegna agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di abusi di questo tipo, lasciando loro al contempo la scelta dei mezzi per conseguirlo, purché essi non rimettano in discussione l’obiettivo o l’effetto utile dell’accordo quadro (sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 26 nonché giurisprudenza citata).
52 Inoltre, qualora, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non preveda sanzioni specifiche per l’ipotesi in cui siano stati comunque accertati degli abusi, incombe alle autorità nazionali adottare delle misure che devono presentare un carattere non soltanto proporzionato, ma anche sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2024, DG de la Función Pública, Generalitat de Catalunya e Departamento de Justicia de la Generalitat de Catalunya, C‑331/22 e C‑332/22, EU:C:2024:496, punto 67 nonché giurisprudenza citata).
53 Ne consegue che, qualora si sia verificato un ricorso abusivo ad una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, dev’essere possibile applicare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori per sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 28 nonché giurisprudenza citata).
54 Occorre ricordare che non spetta alla Corte pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno, dato che questo compito incombe esclusivamente al giudice del rinvio o, eventualmente, ai competenti organi giurisdizionali nazionali, i quali devono stabilire se i criteri ricordati ai punti da 50 a 53 della presente sentenza siano soddisfatti dalle disposizioni della normativa nazionale applicabile (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 81).
55 Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare in che misura i presupposti di applicazione nonché l’effettiva attuazione delle pertinenti disposizioni del diritto interno rendano queste ultime una misura adeguata per sanzionare l’utilizzazione abusiva di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato e per cancellarne le conseguenze. Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, se del caso, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punti 82 e 83 nonché giurisprudenza citata).
56 A questo proposito, occorre ricordare che, come sottolineato dalla Corte, l’accordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Infatti, la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro lascia, in linea di principio, agli Stati membri il compito di stabilire a quali condizioni i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato si considerano conclusi a tempo indeterminato. Da ciò discende che l’accordo quadro non detta le condizioni in presenza delle quali si può fare uso dei contratti a tempo indeterminato (sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 80 nonché giurisprudenza citata).
57 Risulta dalla disposizione summenzionata che gli Stati membri hanno la facoltà, a titolo delle misure idonee a prevenire o a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 39).
58 È così che la Corte ha, in sostanza, considerato che una normativa, la quale stabilisca in maniera imperativa che, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con esclusione di qualsiasi risarcimento in denaro, è idonea a costituire una misura che sanziona in modo efficace un siffatto ricorso abusivo ai contratti suddetti (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 40 nonché giurisprudenza citata).
59 Pertanto, la giurisprudenza non esige un cumulo di misure. Per giunta, né il principio del ristoro integrale del pregiudizio subìto, né il principio di proporzionalità impongono il versamento di un risarcimento a titolo di danni punitivi. Infatti, detti principi impongono agli Stati membri di prevedere un ristoro adeguato, che deve andare oltre un indennizzo puramente simbolico, senza tuttavia eccedere una compensazione integrale (sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punti da 41 a 43 nonché giurisprudenza citata).
60 L’accordo quadro non impone dunque agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto a risarcimento che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sentenza dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 45).
61 Nel caso di specie, il governo italiano sottolinea che l’obiettivo della normativa in discussione nel procedimento principale è di concedere ai magistrati onorari in servizio tutte le garanzie di cui beneficia un lavoratore dipendente, prevedendo la possibilità di una permanenza nelle funzioni fino all’età di 70 anni, a condizione di superare con successo la procedura valutativa, mirante a verificare che i requisiti per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali sono tuttora soddisfatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte costituzionale.
62 Risulta dalla decisione di rinvio che, in primo luogo, la ricorrente di cui al procedimento principale ha superato con successo la procedura di valutazione in vista della sua conferma definitiva nelle funzioni di magistrata onoraria prevista dalla suddetta normativa.
63 In secondo luogo, prima della sua conferma definitiva, la ricorrente di cui al procedimento principale non ha tenuto udienze durante il periodo di ferie giudiziarie annuali del tribunale presso il quale essa esercita le funzioni di magistrato onorario e non ha percepito remunerazioni per questi periodi.
64 In terzo luogo, la domanda di partecipazione alla procedura di valutazione implica la rinuncia al diritto alle ferie annuali retribuite per il periodo antecedente a detta conferma definitiva, garantito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.
65 Secondo il governo italiano, il fatto di rinunciare «ad ogni ulteriore pretesa», e dunque al diritto alle ferie annuali retribuite relativo ad un periodo pregresso, costituisce una contropartita adeguata della conferma definitiva nelle funzioni di magistrato onorario, dato che il superamento della procedura di valutazione non fa nascere una semplice chance di ottenere la stabilizzazione del rapporto di impiego precedente, bensì determina la stabilizzazione effettiva di tale rapporto di impiego. Il fatto di rinunciare a precedenti pretese sarebbe dunque la diretta conseguenza del risarcimento in forma specifica riconosciuto ai magistrati onorari che sono stati confermati.
66 Detto governo sostiene inoltre che occorre evitare una discriminazione alla rovescia nei confronti dei magistrati ordinari per i quali trovano piena applicazione il principio del concorso e l’esclusività della funzione giurisdizionale.
67 A questo proposito, occorre ricordare che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro vieta che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di svolgere un’attività in forza di un contratto a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive (sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punto 38 e giurisprudenza citata).
68 Qualora sia accertato che dei magistrati onorari, come la ricorrente di cui al procedimento principale, si trovano in una situazione comparabile a quella dei magistrati ordinari – aspetto questo che spetta al giudice del rinvio valutare –, occorre verificare se sussistano ragioni oggettive che giustificano una tale differenza di trattamento (sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punto 50).
69 A questo proposito, occorre rilevare che, secondo detto giudice, non è giustificato non concedere alcun giorno di ferie retribuite ai magistrati onorari.
70 Inoltre, la Corte ha già statuito che l’esistenza di una modalità di assunzione tramite concorso riservata ai soli posti di magistrati ordinari ai fini dell’accesso alla magistratura, la quale non si applica dunque all’assunzione dei magistrati onorari, consente di escludere che questi ultimi beneficino integralmente dei diritti riconosciuti ai magistrati ordinari. Tuttavia, sebbene talune differenze di trattamento possano essere giustificate dalle differenze di qualifiche richieste e dalla natura dei compiti di cui i magistrati ordinari devono assumere la responsabilità, l’esclusione dei magistrati onorari da ogni diritto alle ferie retribuite non può essere ammessa alla luce della clausola 4 dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punti 53 e 54 nonché giurisprudenza citata).
71 Infatti, tale diritto è stabilito all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, in forza del quale «gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane».
72 Una giurisprudenza consolidata riconosce che tale disposizione riflette e concretizza il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite, sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta (sentenza del 9 novembre 2023, Keolis Agen, da C‑271/22 a C‑275/22, EU:C:2023:834, punto 18 e giurisprudenza citata).
73 Inoltre, il diritto a un periodo di ferie annuali retribuite, riconosciuto in capo ad ogni lavoratore dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, presenta, nella sua stessa esistenza, un carattere al tempo stesso imperativo e incondizionato, dato che tale disposizione non necessita in effetti di essere concretizzata da disposizioni del diritto dell’Unione o di diritto nazionale, le quali sono solo chiamate a precisare la durata esatta delle ferie annuali retribuite e, eventualmente, talune condizioni di esercizio di queste ultime. Ne consegue che la suddetta disposizione è di per sé sola sufficiente a conferire ai lavoratori un diritto invocabile come tale, in una controversia che li opponga al loro datore di lavoro in una situazione disciplinata dal diritto dell’Unione e rientrante, di conseguenza, nell’ambito di applicazione della Carta (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 74).
74 Pertanto, la clausola 4 dell’accordo quadro, l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta ostano ad una normativa nazionale la quale, a differenza di quanto essa prevede per i magistrati ordinari, escluda, per i magistrati onorari che si trovino in una situazione comparabile, qualsiasi diritto al versamento di un’indennità durante il periodo delle ferie nel corso del quale le attività giudiziarie sono sospese (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2024, Peigli, C‑41/23, EU:C:2024:554, punto 59).
75 Ne consegue che, da un lato, come discende dalla giurisprudenza ricordata ai punti 53 e 57 della presente sentenza, per soddisfare le condizioni enunciate dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, una normativa nazionale deve prevedere, in caso di ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, garanzie effettive per sanzionare tale abuso e per cancellarne le conseguenze, tenendo presente che la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato costituisce, in linea di principio, una sanzione effettiva di un tale abuso.
76 Dall’altro lato, come risulta dal punto 73 della presente sentenza, il diritto ad un periodo di ferie annuali retribuite costituisce un diritto soggettivo di ciascun lavoratore, che gli è riconosciuto in maniera imperativa e incondizionata dal diritto dell’Unione.
77 Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro non può essere interpretata nel senso che l’applicazione delle misure adottate da uno Stato membro per sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e per cancellarne le conseguenze possa essere subordinata ad un’esigenza, per il lavoratore interessato, di rinunciare a un diritto riconosciutogli dal diritto dell’Unione in applicazione della clausola 4 di detto accordo. Infatti, la clausola 5, punto 1, e la clausola 4 dell’accordo quadro hanno ambiti di applicazione autonomi, intesi, rispettivamente, a sanzionare un abuso siffatto e ad assicurare il trattamento equivalente dei lavoratori allorché questi lavorano sulla base di un rapporto di lavoro a tempo determinato.
78 Pertanto, la normativa nazionale che sanziona il ricorso abusivo ad una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato, prevedendo la possibilità per un magistrato onorario di vedere i suoi rapporti trasformati in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non può essere subordinata ad un’esigenza, per tale magistrato, di rinunciare ai diritti che gli sono conferiti dal diritto dell’Unione.
79 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, letta in combinato disposto con la clausola 4 di tale accordo, con l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e con l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, volta a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, la quale subordini la domanda, per i magistrati onorari in servizio, di partecipare ad una procedura di valutazione al fine di essere confermati nell’esercizio delle loro funzioni fino all’età di 70 anni, all’esigenza di rinunciare al diritto alle ferie annuali retribuite scaturente dal diritto dell’Unione, relativo al loro rapporto di lavoro onorario antecedente.
Sulle spese
80 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
CGUE, Quarta, sentenza 04.09.2025, causa C 253/24