(omissis), assunto da (omissis) (in prosieguo soltanto (omissis)) in data 01/03/1988 con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time ed impiegato dal mese di novembre 2021 presso il CD di Modica (RG) con la qualifica di Quadro A2 – Responsabile di Struttura di cui al CCNL per il personale non dirigente di (omissis), deduce l’illegittimità del licenziamento intimatogli in data 22 febbraio 2024.
Tale atto di recesso datoriale si fonda su una serie di addebiti, molti dei quali – ad opinione del ricorrente – insussistenti e comunque meritevoli, tutt’al più, di sanzione disciplinare conservativa.
Dedotte le numerose ragioni che implicherebbero l’illegittimità del licenziamento di cui trattasi (ivi compresa la mancata affissione del codice disciplinare), il ricorrente chiede che il giudice adito voglia: “- Accertare e dichiarare nullo, illegittimo, inefficace o, comunque, annullare il licenziamento intimato da (omissis) al sig. (omissis), con nota datata 22/02/2024 e, per l’effetto, ordinare l’immediata reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro e la condanna di (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in 00144 Roma, Viale (omissis) (P.IVA: (omissis)), al pagamento di un’indennità pari a 12 mensilità dell’intera retribuzione globale di fatto, parametrata ad Euro 2.832,26 mensili, ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre rivalutazione ed interessi al tasso legale annuo dal giorno del licenziamento fino alla effettiva reintegra; – In via subordinata dichiarare illegittimo ex art. 18, comma 5, L. n. 300/1970 il licenziamento intimato al ricorrente, con nota datata 22/02/2024, dalla Società convenuta e, per l’effetto, condannare (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in 00144 Roma, Viale (omissis) (P.IVA: (omissis)), al pagamento in favore del ricorrente del risarcimento del danno pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto parametrata ad Euro 2.832,26 mensili, oltre rivalutazione ed interessi al tasso legale annuo dal giorno del licenziamento al saldo”.
(omissis), benché ritualmente e tempestivamente citata, ha trascurato di costituirsi in giudizio, sicché di tale società dev’essere dichiarata la contumacia.
Ai fini del thema decidendum rilevanza fondamentale assume la contestazione riguardante l’improprio ricorso a timbrature virtuali da remoto. All’odierno ricorrente, più specificamente, è stata rivolta la seguente contestazione: “Si è appurato che Lei, nel corso del 2023, ha impropriamente ed arbitrariamente espletato la Sua prestazione lavorativa giornaliera, parzialmente o integralmente, secondo modalità assimilabili al cd Lavoro Agile (cui Lei non è autorizzato), mediante un uso illegittimo/abusivo della connessione VPN e delle timbrature virtuali… Dai riscontri forniti dalle competenti Strutture sono emerse n. 43 timbrature virtuali con connessioni in VPN (Virtual Private Network) … dal 19 aprile al 05 Novembre 2023. … Come già detto, si è riscontrato un ricorrente ed improprio ricorso, da parte Sua, a timbrature virtuali da remoto in concomitanza di connessioni VPN (spesso della durata complessiva superiore a 3/4 ore), esplicando di fatto una buona parte se non l’intera prestazione lavorativa in “Lavoro Agile”, modalità non prevista per il Suo ruolo ricoperto (poiché l’attività operativa non “remotizzabile”). Dal 01/01/23 al 12/10/23 risultano n. 42 timbrature virtuali (inclusa quella del 12/10) e di queste n. 26 risultano accompagnate da collegamenti in VPN……
Tale modus operandi fa emergere una condotta altamente censurabile, tenuto conto che in caso di assenza della verifica da parte della Struttura FMSI, Lei avrebbe continuato a lavorare da casa senza avvisare i propri collaboratori e senza richiedere giorni di ferie. La circostanza per cui Lei arbitrariamente ed impropriamente abbia lavorato reiteratamente da casa senza averne alcuna autorizzazione, ha determinato una gestione del tutto monocratica in spregio alle disposizioni Aziendali previste per i Quadri di cui agli artt. 21-29 e 52 del vigente CCNL nonché al Codice Etico aziendale in uso al personale del Gruppo (omissis) e un non corretto utilizzo delle risorse informative aziendali”.
In relazione a tale addebito, l’odierno ricorrente rileva: di non aver posto in essere assenze ingiustificate dal lavoro nel corso del 2023, avendo soltanto svolto la propria attività per n. 42 giorni (“42 timbrature virtuali”) in modalità di “lavoro agile”, modalità asseritamente priva di autorizzazione; che, per contro, ai sensi del combinato disposto dell’art. 90 commi 1 e 2, D.L. n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020, dell’art. 42 comma 3bis, D.L. n. 48/2023 convertito in Legge n. 85/2023 e dell’art. 18bis, D.L. n. 145/2023 convertito in Legge n. 191/2023, lo svolgimento della prestazione lavorativa in “modalità agile” è assicurato sino al 31 marzo 2024 per i dipendenti con almeno un figlio minore di 14 anni e con l’altro genitore lavoratore; di essere in possesso di tutti requisiti occorrenti ai fini della fruizione delle suddette modalità di lavoro; che per la prestazione del “lavoro agile” non è necessario stipulare alcun accordo individuale né occorre alcuna preventiva autorizzazione; che la prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente; che la prestazione di “lavoro agile” costituisce, in presenza di determinati presupposti, un vero e proprio diritto del dipendente, per l’esercizio del quale non occorre autorizzazione alcuna; che nessuna disposizione di legge o di contratto collettivo prevede che l’attività di Pt_2 sia un'”attività operativa non remotizzabile”; che nessuna delle norme di cui al vigente CCNL del 23/06/2021, citate da (omissis) […] prevede che il “lavoro agile” debba essere autorizzato preventivamente dal datore di lavoro e che senza detta autorizzazione venga considerato arbitrario; di avere comunque comunicato al proprio superiore gerarchico le giornate di svolgimento del “lavoro agile” da casa, come comprovato dallo scambio di messaggi whatsapp allegate al ricorso; che l’art. 27 del CCNL, concernente il “lavoro agile”, non dispone che lo stesso debba essere preventivamente autorizzato da (omissis) ; che, analogamente, l’art. 28 (in tema di “telelavoro”) e l’art. 29 (riguardante “l’orario di lavoro”) nulla statuiscono in ordine alla necessità di una preventiva autorizzazione; che la contestazione in discorso é pertanto ingiusta, infondata e priva di rilievo disciplinare, stante l’insussistenza di qualsivoglia disservizio da cui sia derivato “un forte pregiudizio alla Società o a terzi ” e/o di qualsivoglia reclamo da parte degli utenti”; che, in via di mero subordine, la condotta ascritta al ricorrente, ove ritenuta illecita sotto il profilo disciplinare, risulterebbe di lieve entità e tale da non giustificare di certo la sanzione espulsiva oggetto del giudizio, giacché una simile condotta non rientra nel novero degli illeciti per i quali l’art. 54 del CCNL prevede l’irrogazione del licenziamento.
La trama difensiva sopra sintetizzata va disattesa.
Il lavoro agile (o smart working) costituisce una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, disciplinata dalla legge n. 81 del 22 maggio 2017, come modificata dal D.L. n. 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni) convertito con modificazione dalla legge n. 122/2022.
Il comma 1 dell’art. 18 di tale legge definisce il lavoro agile come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che viene definita attraverso un accordo tra le parti, anche mediante forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa; l’ultima parte del predetto comma 1 precisa che nel lavoro agile l’attività lavorativa è svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; il successivo comma 2 dispone che il “.. datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
L’art. 19 della menzionata legge n. 81 indica poi i contenuti essenziali dell’accordo individuale, stipulato per iscritto, relativo alla modalità di lavoro agile, prevedendo: “1.L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. 2. L’accordo di cui al comma 1 può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato”.
L’art. 21 della legge in rassegna, con riferimento alle modalità per l’esercizio del potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro, dispone: ” 1. L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. 2. L’accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.”.
In merito al contenuto dell’accordo individuale di smart working il 7 dicembre 2021 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha sottoscritto l’accordo con le Parti sociali riguardante il “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato.
In data 7 dicembre 2021, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, é stato raggiunto un accordo con le Parti sociali per il primo “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato (accordo al quale hanno aderito Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi, Ania, Confprofessioni, Confservizi, Federdistribuzione, Confimi e Confetra.).
Tale documento delinea il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in smart working, individuando le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale, nel rispetto della disciplina di cui alla L. 22 maggio 2017, n. 81 e degli accordi collettivi in essere, e affidando alla contrattazione collettiva quanto necessario all’attuazione nei diversi e specifici contesti produttivi. Il Protocollo, più precisamente, esprime i seguenti principi: a) l’adesione allo smart working avviene su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso: l’eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare; b) dev’essere sottoscritto un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore come definito dagli articoli 19 e 21 della L. n. 81/2017 e secondo quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva; tale accordo, in armonia con le linee di indirizzo definite nel Protocollo stesso, deve indicare la durata dell’accordo (che può essere a termine o a tempo indeterminato), l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali (anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi), gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione, le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto sia dall’art. 4 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), sia dalla normativa in materia di protezione dei dati personali, l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile, le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali, c) in presenza di un giustificato motivo, sia il datore sia il lavoratore possono recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato oppure senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato. Il Protocollo precisa inoltre: l’attività lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati, nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali; la prestazione in smart working può essere articolata in fasce orarie, dovendo individuarsi, in ogni caso, la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa; a tal fine, devono essere adottate specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione; nei casi di assenza c.d. legittima (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, etc.), il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione; il lavoratore può richiedere la fruizione dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge (a titolo esemplificativo, i permessi per particolari motivi personali o familiari, di cui all’art. 33 della L. n. 104/1992); non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario; il lavoratore è libero di individuare il luogo ove svolgere la prestazione in modalità agile purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione, in condizioni di sicurezza e riservatezza; salvo diversi accordi, il datore di lavoro di norma fornisce la strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile (fermo restando che, se le parti concordano l’utilizzo di strumenti tecnologici e informatici propri del lavoratore, provvedono a stabilire i criteri e i requisiti minimi di sicurezza e possono essere previste eventuali forme di indennizzo per le spese); per i lavoratori agili trova applicazione la disciplina di cui agli artt. 18,22 e 23 della L. n. 81/2017, nonché il rispetto degli obblighi di salute e sicurezza previsti dal D.Lgs. n. 81/2008; la prestazione di lavoro in modalità agile deve essere eseguita esclusivamente in ambienti idonei, ai sensi della normativa vigente in tema di salute e sicurezza e di riservatezza dei dati trattati; il lavoratore agile ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovendo a tal fine, il datore di lavoro garantire la copertura assicurativa (omissis) contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche derivanti dall’uso dei videoterminali, nonché la tutela contro l’infortunio in itinere, secondo quanto previsto dalla legge.
La complessa disciplina sopra sintetizzata impone di affermare che lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non costituisce un diritto pieno del lavoratore, risultando esso comunque subordinato all’autorizzazione della parte datoriale ed alla sottoscrizione di specifico accordo nel contesto del quale vengano dettagliatamente descritti gli aspetti rilevanti della prestazione stessa secondo quanto disposto dalla legge e dal menzionato Protocollo.
Non può dunque ragionevolmente sostenersi che il lavoratore eventualmente in possesso dei requisiti idonei a consentire l’accesso preferenziale allo smart working possa in maniera del tutto autonoma decidere se e quando rendere la propria attività lavorativa in non meglio precisato locali diversi dalla sede aziendale.
Il dipendente interessato, per contro, é tenuto ad ottenere dal datore di lavoro una autorizzazione preventiva, da integrare indefettibilmente con la stipulazione dell’accordo di cui sopra.
Analogamente, non è plausibile affermare che la formalizzazione dell’accordo scritto possa essere validamente sostituito dalla mera notizia (informale e implicita) offerta dal dipendente al proprio superiore gerarchico (quale la comunicazione che (omissis) afferma di aver posto in essere tramite i messaggi whatsapp allegati al ricorso), essendo evidente la distinzione tra simili comunicazioni (inerenti ad una ordinaria conversazione telefonica) ed il complesso contenuto dell’accordo al quale fanno riferimento tanto la legge n. 81 del 2017 quanto il suddetto Protocollo.
Poste le superiori considerazioni, la circostanza eventuale che il CCNL non contenga disposizioni di dettaglio riguardo all’autorizzazione al lavoro agile ed al conseguente accordo scritto non determina quindi l’automatico sorgere di un pieno ed indiscriminato diritto allo smart working, ma impone piuttosto al dipendente interessato di attivarsi al fine di ottenere la redazione e sottoscrizione dell’accordo, con assoluto divieto (nelle more dell’iter in tal modo attivato) di svolgere attività lavorativa secondo una modalità agile del tutto autonomamente ed arbitrariamente stabilita; del resto, ove si ritenesse legittima l’unilaterale ed estemporanea decisione del dipendente di svolgere attività lavorativa in smart working, non potrebbe trovare applicazione l’art. 23 della citata legge n. 81 disciplinante gli “Obblighi di comunicazione e assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, laddove si prevede: che il datore di lavoro debba (a pena di sanzione) comunicare in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile; che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali; che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
L’avere l (omissis) fatto indebito ricorso allo smart working (per un considerevole numero di giorni) si configura come condotta dotata di disvalore disciplinare, relativamente alla quale l’irrogato licenziamento costituisce sanzione proporzionata e legittima, alla stregua degli artt. 52 e 53 del CCNL di settore.
In base al citato art. 52, “Il dipendente è tenuto ad osservare le norme del presente contratto nonché le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dalla Società. Inoltre, in ossequio ai principi enunciati negli artt. 2104 e 2105 del codice civile, deve tenere un comportamento disciplinato e rispondente ai doveri inerenti all’esplicazione delle attività assegnategli, ed in particolare: a) rispettare l’orario di lavoro ed adempiere alle formalità prescritte dalla Società per il controllo delle presenze; b) svolgere con assiduità, diligenza e spirito di collaborazione, le attività assegnategli; (omissis)”.
Per come appare evidente, la scelta dell'(omissis) di lavorare da remoto in assenza di alcuna autorizzazione integra violazione delle vigenti “disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro” nonché del generale obbligo di “tenere un comportamento disciplinato e rispondente ai doveri inerenti all’esplicazione delle attività assegnategli”, avendo egli vistosamente disatteso le disposizioni (anche) logistiche relative allo svolgimento dell’attività lavorativa.
I rilievi che precedono rendono vana la disamina degli ulteriori illeciti disciplinari posti anch’essi a base del licenziamento, dovendo l’illecito fin qui descritto considerarsi sufficiente a giustificare la dedotta risoluzione contrattuale.
Quanto all’adeguatezza della sanzione inflitta al ricorrente, l’art. 53 del CCNL di categoria prevede che “IV. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni e avuto riguardo alla gravità della mancanza, in conformità con quanto previsto nell’art. 7 della legge n. 300 del 20 maggio 1970, l’entità di ciascuno dei suddetti provvedimenti sarà determinata in relazione: – alla intenzionalità del comportamento o al grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell ‘evento; – al concorso, nella mancanza, di più lavoratori in accordo tra loro; – al comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio. (omissis)”).
Con riferimento alla vicenda in oggetto, è agevole notare che trattasi di condotta indebita reiterata un rilevante numero di volte (per un totale di 42 timbrature virtuali nel periodo dal 1 gennaio 2023 al 12 ottobre 2023), nella piena consapevolezza dell’illiceità della stessa, come evincibile dalla circostanza (dedotta in seno alla lettera di contestazione e non contestata specificamente dall’interessato) che il ricorrente “in data 12/10/1923, ha timbrato virtualmente alle ore 10.42, antecedentemente alla telefonata del (omissis) avvenuta alle 12.45 circa e successivamente alla stessa, alle ore 12.54, ha richiesto un giorno di ferie, tramite mail, ossia subito dopo aver parlato al telefono con gli incaricati di FMSF. Del tutto logico e condivisibile si reputa, di conseguenza, il contenuto della lettera di contestazione, nella parte in cui (omissis) rappresenta all'(omissis) quanto segue: “Lei era consapevole di non poter espletare la propria attività lavorativa da remoto, poiché se così non fosse non solo avrebbe comunicato immediatamente agli incaricati FMSI (giorno 12/10) di trovarsi in Lavoro Agile (senza la necessità di richiedere, successivamente al colloquio telefonico, il giorno di ferie al proprio responsabile RAM, ma avrebbe anche continuato tale modalità operativa anche dopo il 13/10”; è evidente, quindi, che “in assenza della verifica da parte della Struttura FMSI, Lei (il ricorrente, n.d.r.) avrebbe continuato a lavorare da casa senza avvisare i propri collaboratori e senza richiedere giorni di ferie”.
Tenuto conto della natura intrinsecamente e palesemente illecita della condotta di cui si discute, del tutto infondato si rivela il motivo di ricorso facente leva sulla mancata affissione del codice disciplinare; costituisce infatti ius receptum il principio alla cui stregua la pubblica affissione di tale codice non è necessaria laddove si tratti di sanzionare condotte che il lavoratore abbia posto in essere in violazione di norme di legge o di norme rientranti nel c.d. minimo etico (e dunque suscettibili di reazione sanzionatoria secondo il senso comune), risultando invece indispensabile ogni qualvolta rilevino obblighi derivanti da specifiche prassi operative aziendali o locali potenzialmente non conosciute dai lavoratori (cfr. Cass. n. 4826/2017).
Avuto riguardo al contegno tenuto dal ricorrente, al ruolo professionale del medesimo (presuntivamente implicante la piena conoscenza della disciplina sopra diffusamente richiamata) e alle nozioni comunemente in possesso di qualsivoglia lavoratore dipendente, è da ritenere – in conclusione – che l’espletamento della prestazione lavorativa secondo modalità agile autonomamente ed unilateralmente decisa dall'(omissis) si atteggi quale comportamento immediatamente percepibile dal suo autore come illecito, riconoscibile nel suo disvalore disciplinare pur in assenza di specifica previsione nel contesto di un codice disciplinare affisso in luogo accessibile a tutti i dipendenti.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla va disposto sulle spese, stante la contumacia della (omissis) resistente.
Trib. Ragusa, sent., 11.07.2025