Previdenza e assistenza – Lavoro subordinato – Rimborsi forfettari per lo svolgimento di attività di volontariato e riqualificazione del rapporto di lavoro

Previdenza e assistenza – Lavoro subordinato – Rimborsi forfettari per lo svolgimento di attività di volontariato e riqualificazione del rapporto di lavoro

1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 2 Legge n. 266/1991, nonché degli artt. 2094 e 2697 cod.civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. La sentenza della Corte di Appello appare viziata in quanto ha ritenuto insussistente un rapporto di lavoro subordinato, operando un malgoverno dell’onere probatorio in materia, nonché un’erronea interpretazione della normativa in materia di lavoro volontario. In particolare, nonostante consolidato orientamento giurisprudenziale che – in applicazione dell’art. 2 cit. – ritiene che l’attività di volontariato non possa essere retribuita in alcun modo, salvo rimborsi per spese effettivamente affrontate dal volontario (con inclusione, tra i compensi, vietati, dei rimborsi spese “forfettari”, in quanto non specificamente collegati con effettive spese), la sentenza impugnata ha escluso la violazione della disposizione normativa, fondandosi sull’assunto, indimostrato da parte dell’Associazione, che i rimborsi fossero connessi al sostenimento di spese per il vitto, il carburante o per l’acquisto di schede telefoniche. Il collegamento dell’erogazione, per ciascun volontario, di euro 25,00 (per ogni prestazione giornaliera di 8 ore) con le spese è stato espressamente escluso nell’ambito dell’istruttoria e non diversamente provato dall’Associazione sulla quale gravava il relativo onere.

2. Il ricorso non è fondato.

3. La legge n. 266 del 1991, art. 2, prevede che “l’attività del volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse”.

4. La previsione (sostanzialmente confermata, anzi maggiormente circostanziata, dall’art. 17 del d.lgs. n.117 del 2017, che prevede espressamente il divieto di rimborsi spese di tipo forfetario) ha evidente carattere antiabusivo, al fine di evitare commistioni tra attività lavorativa e volontariato.

5. Questa Corte (Cass. n. 23890/2015Cass. n. 24451/2018) ha precisato che la prima parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese – e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione – gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario, ossia senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori. Ciò implica, sul piano probatorio, che grava sulla parte contribuente che contesti la pretesa erariale (associazione, per quanto riguarda la ritenuta alla fonte, ed associato, per quanto riguarda l’intero prelievo IRPEF) l’onere di documentare il sostenimento delle spese di cui le somme erogate dall’associazione costituirebbero specifico rimborso.

6. La disposizione in esame – inserita in un articolo di legge che definisce normativamente l’attività di volontariato – tende a garantire che i rimborsi spese non mascherino l’erogazione di compensi, ossia, in definitiva, che il rapporto associativo non mascheri un rapporto di lavoro (si veda, sul punto Cass. Sez. Lav. nn. 12964/0810974/109468/13) e a tal fine prescrive che i rimborsi a ciascun singolo volontario, per un verso, siano connessi a “spese effettivamente sostenute” – il che risulta intrinsecamente incompatibile con la determinazione dell’entità del rimborso con criteri forfettari – e, per altro verso, rientrino in “limiti preventivamente stabiliti”. Pertanto, ove l’attività sia svolta a fronte di un rimborso spese forfetario deve escludersi la sussistenza di un rapporto di volontariato e la configurazione di un rapporto di lavoro, di natura autonoma o subordinata (a seconda dell’accertamento che il giudice effettua sulle concrete modalità di svolgimento del rapporto stesso).

7. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale – in ossequio alla previsione di cui all’art. 2 della legge n. 266 del 1991 e in conformità con l’orientamento di questa Corte innanzi richiamato – ha correttamente ritenuto di escludere la configurazione di un rapporto di volontariato, in considerazione della corresponsione, ai soci dell’ente, di un rimborso di carattere forfetario (quindi a fronte della erogazione di rimborsi che non corrispondevano a spese effettivamente sostenute, che dovevano essere provate dall’associazione). Dovendo, conseguentemente, ritenersi sussistente tra associazione e soci un rapporto di lavoro (autonomo o subordinato), la Corte territoriale ha, peraltro, escluso – secondo accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo non censurato, della individuazione dei criteri generali ed astratti da applicare – l’esistenza di un vincolo di subordinazione, avuto riguardo alla specificità degli incarichi conferiti ai lavoratori ed al modo in cui venivano svolti, rilevando che non era percepibile un assoggettamento alle puntuali direttive del datore di lavoro e facendo riferimento ai criteri complementari e sussidiari usualmente utilizzati quali indizi probatori della subordinazione (cfr., ex plurimis, Cas. n. 9256/2009).

8. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

9. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

Cass. civ., lav., ord., 21.08.2025, n. 23665

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