Possesso e diritti reali – Condominio – Reati contro il patrimonio condominiale, proposizione di querela e legittimazione ad agire dell’amministratore

Possesso e diritti reali – Condominio – Reati contro il patrimonio condominiale, proposizione di querela e legittimazione ad agire dell’amministratore

1. Il ricorso è inammissibile.

2. L’unico motivo di impugnazione è incentrato sulla denegata sussistenza di una rituale condizione di procedibilità, alla luce della querela depositata in assenza di un formale incarico dell’assemblea condominiale.

I giudici di appello hanno obliterato del tutto la questione della ritualità della delibera assembleare (così, implicitamente, assumendo l’inidoneità formale del mandato apparentemente così rilasciato), motivando direttamente in ordine alla autonoma legittimazione dell’amministratore a presentare querela, in forza dei soli poteri suoi propri.

Tale conclusione appare pienamente conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte regolatrice, di modo che le censure articolate dal ricorrente appaiono manifestamente infondate.

3. La questione della ritualità della querela presentata dall’amministratore di condominio, in assenza di autorizzazione formale dei condòmini è stata oggetto di una significativa evoluzione nella giurisprudenza di legittimità (con cui l’impugnazione evita ogni effettivo confronto).

3.1. Secondo un più risalente orientamento, in effetti, poiché il condominio negli edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti (ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condòmini), la presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale presupporrebbe uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea.

In base a tale interpretazione, l’amministratore esplica, come mandatario dei condòmini, soltanto le funzioni esecutive, amministrative, di gestione e di tutela dei beni e servizi a lui attribuite dalla legge, dal regolamento di condominio o dall’assemblea, e, esclusivamente in tale ambito operativo, ha la rappresentanza dei condòmini e può agire in giudizio. Anche quando si verte di un fatto lesivo del patrimonio condominiale, la querela non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio e, poiché costituisce un presupposto della validità del promovimento dell’azione penale e non un mezzo di cautela processuale o sostanziale e il relativo diritto compete in via strettamente personale alla persona offesa dal reato, deve escludersi che – in assenza dello speciale mandato previsto dagli artt. 122 e 336, cod. proc. pen. – tale diritto possa essere esercitato da un soggetto diverso dal suo titolare (Sez. 4, n. 36545 del 23/09/2021, Adam, non mass.; Sez. 6, n. 2347 del 18/12/2015, dep. 2016, Vecchio, Rv. 266325-01; Sez. 5, n. 6197 del 26/11/2010, dep. 2011, Arcari, Rv. 249259-01; Sez. 2, n. 6 del 29/11/2000, dep. 2001, Panichella, Rv. 218562-01).

3.2. Altro più recente indirizzo afferma, al contrario, che l’amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall’art. 1130 cod. civ., è legittimato a sporgere querela in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni (Sez. 2, n. 19194 del 06/05/2025, Bergamini, non mass.; Sez. 3, n. 36925 del 12/09/2024, Gioia, non mass; Sez. 5, n. 33813 del 26/05/2023, Breda, Rv. 284991-01).

Questa conclusione muove, innanzitutto, dalla ricostruzione della disciplina privatistica: l’art. 1130 cod. civ., come sostituito dall’art. 10, l. 11 dicembre 2012, n. 220, delinea le attribuzioni dell’amministratore del condominio, in ragione delle quali egli deve: «[…] 2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio; […] 10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni […]». Secondo l’art. 1131, primo comma, cod. civ., poi, nei limiti delle suddette attribuzioni, «l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi».

3.3. Ritiene il Collegio di dover aderire a tale ultimo percorso esegetico (peraltro, mai contraddetto sin dai suoi esordi e rapidamente consolidatosi, di modo che deve ritenersi affatto superata la precedente antitetica lettura della problematica in esame, in assenza di un effettivo attuale contrasto), in considerazione della sua aderenza alla corretta collocazione sistematica della figura dell’amministratore di condominio e della sua coerenza con il principio del favor querelae, in un’ottica di massima tutela contro le aggressioni patrimoniali.

3.3.1. In primo luogo, neppure la giurisprudenza civile dubita che l’amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall’art. 1130 cod. civ. (nel testo in vigore dal 17 giugno 2013 e, quindi, ratione temporis applicabile al caso di specie), sia legittimato a sporgere querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio comune senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni (Sez. 2 civ., n. 16260 del 03/08/2016, Rv. 641005-01. Conseguentemente, secondo Sez. 2 civ., n. 10865 del 25/05/2016, Rv. 639968-01, l’amministratore non necessita di alcuna autorizzazione assembleare, neanche per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell’ambito delle proprie attribuzioni, e, ove anche intervenga una delibera sul punto, ad essa deve attribuirsi il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall’amministratore medesimo).

Peraltro, appare opportuno distinguere tra le «parti comuni dell’edificio», indicate dall’art. 1117 cod. civ. e la più ampia nozione di «cose comuni» (più ampia delle sole suddette porzioni di beni immobili ed evidentemente comprensiva anche dei rapporti patrimoniali), il cui uso è «disciplinato» dall’amministratore, ai sensi dell’art. 1130, comma 1, n. 2, cod. civ.

3.3.2. In sede penale, la legittimazione a sporgere querela è stata costantemente riconosciuta anche al detentore qualificato del bene sottratto (cfr. Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255975-01, secondo cui, in tema di furto, il possesso non va inteso negli stretti termini di cui all’art. 1140 cod. civ., ma in senso più ampio, comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo, quale mera relazione di fatto qualunque sia la sua origine, ivi compresa la detenzione qualificata con la cosa. Pertanto, anche il diritto di querela non deve spettare solo al proprietario o al suo rappresentante, poiché persona offesa del reato è il detentore).

È, dunque, principio consolidato che la qualità di persona offesa cui compete il diritto di querela debba essere attribuita non solo al titolare di diritti reali, ma anche ai soggetti responsabili di tali beni, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, avuto riguardo alle responsabilità gestionali attribuite e alla titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice (cfr. in tema di titolarità della querela per il delitto di truffa, Sez. 2, n. 24495 del 19/04/2023, Di Donato, non mass., e Sez. 2, n. 39069 del 15/06/2018, Meocci, non mass., che hanno riconosciuto questa titolarità al responsabile di una filiale di banca; Sez. 2, n. 50725 del 04/10/2016, Filannino, Rv. 268382-01, quanto all’addetto alla vendita per una transazione di cui si era personalmente occupato; Sez. 2, n. 37012 del 30/06/2016, Miari, Rv. 267914-01, analogamente, quanto al gestore dell’esercizio commerciale, senza poteri di rappresentanza, nonché, in tema di furto all’interno di un supermercato, Sez. 5, n. 3736 del 04/12/2018, dep. 2019, Lafleur, Rv. 275342-01, quanto alla legittimazione del responsabile della sicurezza, Sez. 5, n. 11968 del 30/01/2018, Piricò, Rv. 272696-01, quanto alla legittimazione del capo reparto).

Per quanto attiene, nello specifico, all’amministratore di condominio ne è stata affermata la legittimazione anche alla proposizione, iure proprio, di istanza di riesame del sequestro preventivo avente ad oggetto beni di proprietà condominiale, potendo vantarne il diritto alla restituzione in quanto detentore qualificato degli stessi e titolare del potere di agire in giudizio ex art. 1131, comma 1, cod. civ. (Sez. 3, n. 36925 del 12/09/2024, Gioia, Rv. 286924-01).

3.3.3. Alla luce delle considerazioni che precedono, i compiti gestionali e di controllo dell’amministratore di condominio, previsti dal diritto civile a salvaguardia delle cose comuni, possono essere esercitati – anche mediante iniziative autonomamente adottate – per tutte le controversie che rientrino nell’ambito delle sue attribuzioni, come quelle dirette a salvaguardare la consistenza patrimoniale del conto corrente condominiale, ove confluiscono i contributi dei singoli condomini, funzionali all’espletamento dei servizi comuni.

Qualora l’ordinamento conceda una tutela in sede sia civile, sia penale, non si ravvisano impedimenti di sistema per comprimere lo svolgimento delle proprie funzioni, negando la possibilità di usufruire della tutela penale. Tale tutela, in particolare, è accessibile solo allorquando il reato di appropriazione indebita si sia consumato; la consumazione, secondo costante giurisprudenza, si ha soltanto all’atto della cessazione della carica del precedente amministratore (nel caso di specie, con il subentro del nuovo amministratore, nell’aprile 2018), quando, in mancanza di restituzione degli importi ricevuti nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso – cfr. Sez. 2, n. 22550 del 06/06/2025, Ruffinengo, non mass.; Sez. 2, n. 11323 del 09/02/2021, Bianchini, Rv. 280807-01; Sez. 2, n. 19519 del 15/01/2020, Grassi, Rv. 279336-01; Sez. 2, n. 40870 del 20/06/2017, Narducci, Rv. 271199-01).

3.4. Sussiste, dunque, la piena legittimazione a presentare querela, in relazione al delitto di appropriazione indebita commesso dal precedente amministratore di condominio, del nuovo amministratore subentratogli, in quanto responsabile della gestione e conservazione dei beni e dei diritti comuni e, nello specifico, dei conti correnti del condominio e del denaro ivi giacente, e delle eventuali conseguenze pregiudizievoli di una sua eventuale inerzia per l’interesse del condominio medesimo.

4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.

Cass. pen., II, ud. dep. 18.08.2025, n. 29548

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