Il ricorso è fondato per le ragioni che s’indicano di seguito.
1. L’art. 30 cit. dispone, al primo comma, che, nel caso d’imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l’infermo e, al secondo comma, stabilisce che analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità.
Questa disciplina è interpretata nel senso, condiviso e ribadito dal Collegio, che – inequivoca la situazione specificamente descritta dal primo comma dell’imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente – allo scopo della concessione del permesso di necessità previsto dal secondo comma della norma devono sussistere i tre requisiti dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare e il relativo accertamento va compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto (Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210).
Il secondo comma dell’art. 30 cit., quindi, prevede la possibilità eccezionale di concedere ai detenuti e agli internati il permesso di uscire dal carcere, con le necessarie cautele esecutive, per eventi familiari di particolare gravità, analogamente a quanto stabilito dal primo comma della medesima norma per il caso estremo d’imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente del soggetto interessato.
Questa Corte ha evidenziato che i requisiti della particolare gravità dell’evento giustificativo e della sua correlazione con la vita familiare sono indispensabili per la concessione del permesso e che, inoltre, vanno verificati con riguardo alla capacità dell’evento stesso – inteso nella sua accezione di fatto storico specifico e ben individuato – di incidere in modo significativo nella vicenda umana del detenuto, senza che, tuttavia debba trattarsi necessariamente di un evento luttuoso o drammatico. Quel che si ritiene assuma determinante importanza è la sua natura di evento non ordinario e del tutto al di fuori della quotidianità, sia per il suo intrinseco rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita del detenuto, sempre in relazione alla sua sfera familiare, e conseguentemente nell’esperienza umana della detenzione carceraria. In tal senso, si è ritenuta – in coerenza con la funzione rieducativa della pena e con le esigenze di rango costituzionale di umanizzazione della stessa (ex art. 27 Cost.) – di grado molto rilevante, se non decisivo, l’incidenza che assumono il contatto coi familiari e il ruolo della famiglia nel contesto interpretativo dei requisiti sopra individuati, caratterizzanti l’evento legittimante la concessione del permesso di necessità (Sez. 1, n. 48284 del 26/05/2017, Perrone, n. m.; Sez. 1 n. 52820 dell’11/10/2016, Zhu, n. m.).
2. Ciò premesso, nel caso in esame il Collegio ritiene che l’utilizzazione del permesso di necessità per la finalità, certamente commendevole, del perseguimento della concreta espansione della sfera rieducativa e della compiuta risocializzazione del condannato detenuto incontri decisivi ostacoli derivanti dalla struttura stessa dell’istituto di cui all’art. 30 Ord. pen. che si è appena indicata, che convincono dell’eccedenza della sua applicazione nel caso di specie, in relazione al perimetro fissato dalla lettera e dallo spirito della norma.
E’ ben vero che il permesso di necessità viene talvolta inquadrato come un beneficio di eccezionale applicazione rispondente a finalità di umanizzazione della pena, e non invece come un istituto di natura trattamentale, in guisa da farsi discendere, nella chiave costituita da una nozione molto circoscritta dell’evento rilevante a tal fine, il corollario secondo cui questo tipo di permesso va concesso esclusivamente al verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, non anche in funzione dell’esigenza di attenuare l’isolamento del medesimo attraverso il mantenimento delle relazioni familiari e sociali (Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, Graviano, Rv. 272400), laddove, in altra occasione, seguendosi un concetto più ampio dell’evento rilevante, si è ritenuto che, ai fini della concessione del permesso di necessità, sia sussumibile nella nozione della particolare gravità di cui all’art. 30 Ord. pen. anche l’evento afferente alla strutturazione progressiva di una condizione che, all’esito di un periodo sensibilmente lungo, si faccia apprezzare in termini di particolare gravità per la vita familiare del detenuto (Sez. 1, n. 56195 del 16/11/2018, Arena, Rv. 274655, la quale, in applicazione di questo principio, ha ritenuto legittima la concessione del permesso di necessità fondata sull’assenza di visite dei familiari protrattasi per più di un biennio a causa di oggettive difficoltà dei medesimi di raggiungere il luogo in cui il congiunto era ristretto).
Quel che è, però, certo è che – in piena armonia con il preciso disposto normativo – che il perimetro entro cui l’evento deve inscriversi per l’applicazione dell’istituto sia esclusivamente quello familiare (da ultimo, esattamente in termini, Sez. 1, n. 38220 del 01/04/2019, Ambruoso, Rv. 276846 – 01).
3. La carenza assoluta del riferimento a un evento familiare di particolare gravità determina la chiara collocazione della situazione presa in considerazione dei Giudici di sorveglianza al di fuori della sfera oggetto della disciplina di cui all’art. 30 Ord. pen.
Conseguentemente e – ferma la possibilità che l’Amministrazione persegua il dichiarato fine di risocializzazione con gli altri strumenti previsti dall’ordinamento quali, ad esempio, quello di cui all’art. 30-ter Ord. pen., ove ne ricorrano i presupposti – l’ordinanza impugnata va annullata e, con essa, deve essere annullato il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza, confermato dalla prima.
L’accertata estraneità della situazione dedotta all’ambito applicativo dell’art. 30 Ord. pen. impone che l’annullamento avvenga senza rinvio.
Cass. pen., I, ud. dep. 23.09.2025, n. 31801