Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Terzo ipotecario di buona fede e possibile restituzione dei beni confiscati

Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Terzo ipotecario di buona fede e possibile restituzione dei beni confiscati

1. Il ricorso è fondato.

2. Secondo quanto risulta dall’ordinanza impugnata la confisca di cui la ricorrente lamenta l’indebita esecuzione per l’intero, per non essere stato considerato il proprio credito assistito da ipoteca iscritta anteriormente alla disposizione della confisca e anche alla esecuzione del sequestro preventivo strumentale a tale confisca, è stata disposta nei confronti della S.r.l. (omissis), poi dichiarata fallita, ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001. Tale disposizione stabilisce che con la sentenza di condanna è sempre disposta, nei confronti dell’ente di cui sia stata affermata la responsabilità amministrativa, la confisca, anche per equivalente, del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, e che sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.

La società ricorrente, cessionaria della originaria creditrice ipotecaria, (omissis), di cui è stata accertata la buona con ordinanza del Tribunale di Milano dell’11 gennaio 2024, ha domandato alla Corte d’appello di Milano, quale giudice dell’esecuzione, la restituzione, nella proporzione di cui all’art. 2782 cod. civ., della somma confiscata.

Tale istanza è stata disattesa dalla Corte d’appello con il provvedimento impugnato a causa della sua tardività, oltre che in considerazione del mancato accertamento della buona fede della richiedente, quale cessionaria del credito assistito da ipoteca.

3. Osserva, dunque, il Collegio che entrambe le ragioni poste a fondamento del rigetto della richiesta della ricorrente non sono condivisibili.

Per quanto riguarda la rilevata tardività della richiesta, va osservato che la confisca di cui si controverte (in conseguenza del fatto che la società ricorrente, quale terza ipotecaria di buona fede, ha chiesto l’assegnazione dj parte delle somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati, sui quali vantava una ipoteca iscritta anteriormente al sequestro e alla confisca) è stata, come già osservato, disposta ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001: ne consegue che a tale confisca, e dunque anche alle controversie con i terzi che vantino diritti sui beni confiscati, non si applica la disciplina di cui all’art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen., secondo cui “ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall’articolo 240 bis del Codice Penale o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice, si applicano le disposizioni del titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159“, in quanto il suddetto art. 19 non richiama, né al primo né al secondo comma, né la disciplina dell’art. 240-bis cod. pen., né quella del d.lgs. n. 159 del 2011, né l’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen., dettando, al primo e al secondo comma, una disciplina propria, e richiamando espressamente quella di cui all’articolo 104-bis, commi 1-septies, 1-octies, 1-novies e 1-decies, disp. att. cod. proc. pen., solamente al comma 2-bis, allorquando “la confisca abbia ad oggetto stabilimenti industriali o parti di essi che siano stati dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva”.

Risulta, pertanto, improprio il richiamo compiuto nel provvedimento impugnato ai termini di decadenza di cui all’art. 58 d.lgs. n. 159 del 2011 e di cui all’art. 1, comma 199, I. n. 228 del 2012, che non sono richiamati dal citato art. 19 d.lgs. n. 231 del 2011, né dall’art. 240-bis cod. pen., né dall’art. 104-bis disp. att. cod., decadenza che, quindi, è stata indebitamente rilevata (come chiarito nella sentenza Uniland, Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263681 – 01, che, in motivazione, ha chiarito che la disposizione di cui all’art. 19 cit. “… nel disporre che in caso di confisca debbano essere salvaguardati i diritti dei terzi acquisiti in buona fede, non pone alcun limite temporale alla prova della acquisizione del diritto, nel senso che non è vero che la titolarità del diritto al terzo debba essere riconosciuta prima che venga disposta la confisca; può benissimo accadere, infatti, che al terzo venga riconosciuta l’acquisizione in buona fede del diritto dopo che sia stata disposta la confisca…; anche in siffatta situazione deve essere salvaguardato il diritto del terzo”).

Va, peraltro, aggiunto che, come evidenziato nelle conclusioni del Procuratore Generale, una tale decadenza non era stata rilevata dal Tribunale di Milano investito, quale giudice dell’esecuzione, della richiesta dell’Istituto Bancario (omissis) (dante causa della ricorrente) di accertamento della sua buona fede, cosicché ne risultava precluso il rilievo da parte della Corte d’appello nei confronti della (omissis), che ha agito quale avente causa di tale creditore, subentrata nella sua posizione, anche sul piano processuale, e di cui, come notato, non era stata rilevata la tardività o la carenza di legittimazione o di interesse.

Inoltre, anche volendo ritenere applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 159 del 2011 non risulta, come sottolineato dal Procuratore Generale, che vi sia stata una udienza per la verifica dei crediti ai sensi dell’art. 57 e che il giudice delegato abbia assegnato alle parti e ai creditori il termine perentorio di cui all’art. 58 di detto d.lgs. 159/2011, cosicché neppure in questa prospettiva poteva essere dichiarata la decadenza della ricorrente, quale terza creditrice di buona fede che ha proposto istanza di assegnazione di parte del ricavato dalla vendita dei beni confiscati.

5. La Corte d’appello di Milano ha, poi, del tutto omesso di esaminare la richiesta della terza creditrice ipotecaria di buona fede e di verificarne tale stato soggettivo, costituente il presupposto per la opponibilità del credito dalla stessa vantato nei confronti dell’Erario ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 231/2001 citato, nonostante l’avvenuto accertamento della buona fede della dante causa della ricorrente, ossia l’Istituto Bancario (omissis), e l’ampia allegazione della propria buona fede da parte della ricorrente medesima, che ha dimostrato l’estraneità dell’originario creditore all’attività delittuosa e l’incolpevole affidamento dello stesso, l’anteriorità della costituzione del diritto reale di garanzia al provvedimento di sequestro e l’assenza di irregolarità nella gestione del credito, nonché la propria buona fede, trattandosi di ente costituito al solo fine dell’acquisto di finanziamenti e altre attività finanziarie in blocco da banche o altri intermediari finanziari; in proposito la ricorrente ha evidenziato che la cessione del credito relativo al mutuo fondiario concesso alla S.r.l. (omissis) si inseriva in una più ampia operazione di cartolarizzazione, tra operatori istituzionali e soggetta controllo della Banca d’Italia, avvenuta in blocco, sulla base di criteri predeterminati e tali da assicurare l’omogeneità giuridico – finanziaria dei crediti, con la conseguente evidenza, ad avviso della ricorrente, della insussistenza di qualsiasi intendimento fraudolento tra la cessionaria e l’imputato volto ad aggirare la pretesa ablativa dello Stato.

Tali allegazioni, astrattamente idonee a dimostrare la buona fede della cessionaria (cfr., quanto alla sussistenza solamente di un onere di allegazione a carico del terzo, Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263684 – 01, cit.), non sono state affatto considerate dal giudice dell’esecuzione, benché la verifica della effettiva condizione di soggetto terzo – pregiudicato dalla confisca nella legittima aspettativa di soddisfacimento del credito – spetti sempre al giudice penale in ambito esecutivo, che deve stabilire in che misura l’effetto di trasferimento del bene confiscato allo Stato possa o meno essere limitato dalla incidenza di un diritto soggettivo ammissibile a una qualunque forma di tutela, da esperirsi nei confronti dell’attuale titolare del bene (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa, Rv. 263683 – 01, cit., nonché, già in precedenza, Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511 – 01; v. anche Sez. 1, n. 22048 del 26/2/2021, Italfondiario Spa, non massimata).

6. L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, non essendo ravvisabile la decadenza rilevata dalla Corte d’appello di Milano, con rinvio a tale giudice in diversa composizione personale, affinché provveda ad esaminare la richiesta della ricorrente sulla base delle specifiche allegazioni da questa compiute.

Cass. pen., III, ud. dep. 17.10.2025, n. 34079

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